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Autore: A q u i l e g i a    02/04/2013    7 recensioni
La fioritura dei ciliegi è il ricordo più prezioso di Akio, legato alla nascita dell'amore con Midori. Eppure, il tempo comincia inesorabilmente a segnare la mente dell'uomo, che inizia il suo cammino all'interno di una delle più temibili malattie.
Che sia proprio questo, a poterli nuovamente riunire?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è nata da uno dei miei sogni più strampalati, ma fin da subito ho avuto in testa l'obiettivo di poter trascrivere quella che, secondo me, poteva essere una storia originale.

Ci sono riuscita? Sarete voi a dirmelo!

Fatemi sapere se vi è piaciuta :D





Tempio di Ikegami, Shibuya

23 marzo 1976

 

Nell’aria aleggiava un profumo intenso, una fragranza vellutata che si effondeva tra i ciliegi in fiore. Nella brezza primaverile i petali volteggiavano dolcemente, posandosi teneri sull’erba rigogliosa, che avida traeva a sé le rosee sfoglie di fiore.

Akio era seduto sui gradini del tempio avvolto dal rosa dei ciliegi. Mirava l’etra celeste, scevra di nuvole ed impurità, mentre il sole irraggiava il viale alberato e dava calore al volto del ventenne.

 

Dei flebili passi si facevano strada tra il silenzio del lido sacro. Deboli e sommessi, quasi impercettibili, ma abbastanza forti da infrangere la quiete.

Un’amena ragazza in tenuta scolastica, stringeva tra le mani un quaderno. La sua espressione era intensa, accattivante. I suoi occhi color nocciola sfidavano quelli d’ebano del ragazzo.

 

Timidamente gli si avvicinò, avvolta da un turbine di petali rosati che si poggiavano delicatamente sui capelli mori di lui e su quelli castani di lei.

Akio si alzò dagli scalini in pietra e si appressò a sua volta alla ragazza.

 

Midori...” - Sussurrò impercettibile.

Lei strinse il collo del giovane con un’audacia improvvisata. Con la mano sinistra gli accarezzò la nuca e avvicinò le labbra purpuree a quelle del ragazzo. In un attimo il bacio fu coperto dal volteggiare dei petali trasportati dalla brezza.

 

Aoyama Gakuin Univeristy, Shibuya

23 ottobre 2012

 

La via alberata era ricoperta da un tappeto di foglie. Cadevano dagli alberi con una delicatezza unica, in un lento volteggiare elegante.

Un'esplosione di colori, l'autunno.

 

Akio camminava lungo il viale che conduceva all'università, stringendo nella mano destra una cartella in pelle con sopra incise le iniziali “A.S.”, ovvero Akio Suzuki.

Sentiva le voci di ragazzi e ragazze che ridevano e scherzavano. Di certo il periodo universitario è uno dei più belli della vita e va vissuto al meglio.

 

Akio era spesso sommerso da pensieri simili e in diverse occasioni ha perso la cognizione del tempo aggiudicandosi dagli studenti il nomignolo di “Nentō”, ossia “Mente”.

D'altro canto non poteva obiettare, sicché già da piccolo la mente è stata la sua migliore amica, perché mai l'avrebbe potuto tradire o rifiutare. La mente era lui stesso.

 

Quella mattina la confusione regnava sovrana nella facoltà. Il giorno prima un importante esame aveva fatto ingresso nelle aule di Letteratura e, pertanto, andava bene sfogarsi dopo ore di studio. Akio lo capiva bene; del resto anche lui era stato uno studente.

Nell'università è definito veterano grazie ai suoi trentanove anni di insegnamento e alla cifra sbalorditiva di oltre duemila studenti. Poteva andarne fiero.

 

Tutto sommato la sua vita poteva sembrare rosea, almeno all'apparenza. Ma questa spesso inganna.

Quella ragazza, la dolce Midori. Le frasi d'amore che le ripeteva, ormai erano svanite nel fiume inesorabile del tempo che senza alcun riguardo aveva consumato quell'acceso amore, nato come una favola.

In ogni caso, un matrimonio che inoltra le radici a più di trent'anni nel passato deve per forza essere perfetto, giusto?

Inoltre le due figlie nate da quell'unione ideale potevano esserne una valida prova.

 

Ma la realtà era ben un'altra. Non era di certo una convivenza segnata dai conflitti di coppia, ma il loro rapporto, nel corso degli anni, è regredito tanto da trasformarsi in un'amicizia benevola.

Inoltre le due pupette che tanto scaldavano il cuore ai conoscenti e amici, non erano rimaste tali. Non più innocenti e pure.

 

L'apparenza inganna, il più delle volte. È maligna, questa; si cela dietro la realtà quasi a tenderle un agguato.

 

Akio amava quei pensieri sulla vita. Astratti, ma con vere fondamenta; per quanto esse possano essere oscillanti.

Le sue giornate le passava così. La sua mente si scindeva in due: la parte operativa, ovvero quella che mantiene vivo il corpo facendolo proseguire nelle azioni di tutti i giorni e la parte profonda, avvolta da una coltre nube di pensieri che vanno al di là di ciò a cui pensa normalmente.

 

La sera avvolse Tokyo in tutta la sua eleganza, imbrunendo i lati più vivi della città. Era sempre una sensazione magica. Quel tramonto che, malgrado la colorazione così viva e accesa, dona sempre un'aria sognante a tutto ciò che incontra, non faceva eccezione quella sera.

 

Il rosa era sempre il colore che lo accompagnava a casa. Nella metropolitana era la linea che lo avrebbe condotto ad Ōta, in quella casa dove viveva con quella sua amica o, come odiava chiamarla, sua moglie.

Mai s'era perso in quel groviglio di fermate e di percorsi intricati. Era la forza dell'abitudine, quella parte razionale di lui stesso che lo guidava.

 

È presto quest'oggi. Che mi sia dimenticato di fare qualcosa?” - Pensò distrattamente Akio mentre leggeva un libro, illuminato dalla luce del vagone.

Eppure so che dovevo fare una cosa. Una cosa insignificante, ma al contempo di grande rilevanza.” - Continuò, ponendosi l'indice sulla tempia, cercando di far rinascere il ricordo affondato nella memoria.

Il treno partì dolcemente, prendendo rapidamente velocità scivolando sui binari.

Il viaggio procedeva talmente liscio, che Akio poté continuare a leggere senza distogliere lo sguardo dal libro. Certo, però, preferiva sbirciare fuori dal finestrino immergendosi in quella gigantesca metropoli.

La pace e la tranquillità non erano per lui. Se avesse potuto scegliere, avrebbe optato sempre per la vita urbana.

 

Le luci degli edifici brillavano come lucciole nella notte scura. Perdersi uno spettacolo così, saerebbe stato davvero un peccato.

Chi dice che solo la natura intatta dalle mani dell'uomo dev'essere meravigliosa?

 

Prossima fermata Stazione di Magome” - Gracchiò una voce alterata dall'altoparlante, interromendosi nei pensieri di Akio.

Si alzò riponendo il libro nella borsa in pelle, uscendo furtivo dalla calma della metro.

Una giornata come le altre...” - Sospirò l'uomo a bassa voce, quasi senza muovere la bocca.

 

Osservò da lontano il condominio. Era grigio, ben tenuto, ma privo di qualsiasi vitalità. Del resto era uno come tanti.

L'uomo salì le scale facendo attenzione al vecchio Daidai, un gatto arancione ormai datato anni novanta, con una storia alle spalle.

 

Midori? Sono tornato” - Disse aprendo la porta.

Si levò di dosso il cappotto autunnale, buttandolo sul divano facendo arricciare il naso alla consorte che tanto odiava la confusione.

Te l'ho detto tante di quelle volte Akio...” - Riprese il marito, come una mamma severa al figlio pasticcione.

Non hai fatto la spesa?” - Domandò perplessa la donna guardando le mani del marito.

Ecco che cosa dovevo fare...” - Pensò con un certo rammarico - “Devo averla dimenticata alla metro...” - Rispose con finta convinzione.

Beh, quanto meno sarà l'abbondante cena di un barbone” - Sospirò lei.

 

Come ho potuto scordarmi di fare la spesa?” - Pensò mentre si preparava ad andare a dormire - “Lo faccio da una marea di anni... Possibile che oggi sia più sbadato del solito?”

Si osservò nello specchio della sua camera. Vedeva l'uomo di sempre: non molto alto, pancia pronunciata e espressione da ebete quasi sessantenne. Non era cambiato nulla. E allora come mai si era scordato una cosa così semplice?

 

Akio si svestì rapidamente, fiondandosi nella letteratura giapponese del sesto secolo. Sotto le coperte sentiva che tutti i problemi gli scivolavano semplicemente via, immergendo la mente nei caratteri della lettura.

Si addormentò così, con la luce ancora accesa e il chiaro di luna che penetrava tra le tende bianche. Forse era il modo più classico per chiudere una giornata, ma quel pensiero gli era rimasto nel sonno.

 

Aoyama Gakuin Univeristy, Shibuya

31 ottobre 2012

 

Professore, come ha in mente di passare la notte di Halloween?” - Domandò uno studente ad Akio con fare spiritoso.

Mi trasformerò in Dracula e ti convincerò a studiare, Bakana...” - Rispose malizioso il professore, abbassandosi gli occhiali sulla punta del naso e fissando il ventenne dritto negli occhi.

La classe cominciò a ridere rumorosamente di fronte alla spiritosa frecciatina dell'uomo. Normalmente non era quasi mai di buon umore, e di solito spiegava seguendo di pari passo libri ammuffiti di poca utilità.

 

Che sia il primo passo verso un cambiamento?” - Pensò amaro mentre era di ritorno da lavoro.

Stava lentamente cambiando, giorno dopo giorno, come se stesse diventando un'altra persona. Stringeva tra le mani la borsa della spesa e sulle gambe giaceva la borsa in pelle a lui tanto cara. Doveva tenere a mente di non dimenticarsele sulla metro, non poteva quindi più perdersi tra i suoi pensieri.

 

La voce gracchiante, come suo solito, avvertì della fermata a Magome. Akio tenne a mente di prendere con sé la borsa per la spesa e la cartellina, dirigendosi verso casa con passo svelto. L'aria delle sera era talmente leggera da poter essere respirata a pieni polmoni.

Salì velocemente le scale, schiacciando dolorosamente la coda al povero gatto arancione che placidamente si godeva la pace surreale della sera.

 

Midori!” - Gridò mentre apriva la porta in legno.

Akio? Sei in ritardo, pensavo ti fossi scordato del nostro anniversario.” - Sorrise la donna agghindata per la grande serata che le si prospettava.

L'uomo diede un'occhiata alla borsa della spesa mostrandola alla moglie.

 

Vuoi un biscottino? Oggi non c'era il bisogno di andare a fare compere.” - Disse la donna, dandosi le ultime occhiate vanitose allo specchio.

Dai vestiti piuttosto, se no arriviamo in ritardo” - Aggiunse in modo sbrigativo.

L'uomo, sebbene perplesso, si svestì.

 

Come posso essermi dimenticato di una cosa di questa importanza? Ho un incredibile vuoto negli ultimi giorni, è mai possibile che stia diventando vecchio?” - Pensò, cercando di rivestirsi con gli abiti per le grandi occasioni.

Akio si guardò distrattamente allo specchio. Si vedeva sfatto, stanco, con le occhiaie agli occhi. Era davvero sempre lui?

 

Aoyama Gakuin Univeristy, Shibuya

7 novembre 2012

 

Le foglie cominciarono lentamente a cadere, ultime sul viale che conduceva alla facoltà. Gli alberi erano spogli in attesa dell'inverno e la tristezza della stagione morta entrava prepotentemente nelle aule.

La giornata passò dolce e nulla di particolare accadde durante le lezioni. Proprio nulla. Chi la chiamerebbe tranquillità o chi monotonia.

 

In vista dell'esame di mercoledì...” - Cominciò l'uomo in tono solenne alla classe - “Preparatevi sui testi di Akinari Ueda.”

Akio cominciò ad essere stanco, depresso. Le cose più semplici, banali, gli sfuggivano dalla mente come se fossero delle gru in origami che spiccavano il volo.

 

La sera pervase puntualmente la facoltà di letteratura e con lei l'intera metropoli di Tokyo. Akio cominciò a sentirsi confuso, spaesato.

Uscì dall'università, dirigendosi verso la strada affollata.

 

L'aria era sporca, resa impura dagli scarichi delle auto. Gli alberi che avrebbero potuto depurare l'etere rovinata dall'azione dell'uomo erano spogli e ormai inutili. Allora quel paesaggio che Akio aveva sempre visto ogni sera dalla metropolitana era solo un sogno?

L'atmosfera che respirava era carica di stress, odio, rabbia. Dov'era finita la magia?

La massa di gente per la strada affollata creava un senso tale di oppressione, tanto da voler uscire da quella realtà così in confusione e priva di logica.

 

I grattacieli sembravano oscurare quel cielo privo di stelle. Akio cominciò a correre. Tutto quel caos era troppo, per evitare la confusione bastava evadere da quella bolgia soffocante. Bastava un luogo; uno solo in cui poter sopravvivere in pace alla nottata.

 

Dove sono?” - Si domandò Akio mentre camminava per la strada - “Mi sento soffocare qua, ho bisogno di aria!” - Si gridò nella mente.

 

Nel cielo cominciò a diffondersi un odore familiare. Pungente, ma fresco. Si sentiva pervaso da quell'aroma inconfondibile.

Si guardò attorno tra i palazzi che ora si abbassavano. Non era più nel centro di Shibuya, cuore pulsante di Tokyo, ma si ritrovò disperso, quasi naufragato in una terra che non era la sua, malgrado pensava di riconoscerla. Ne percepiva l'odore, ma dove l'aveva già sentito?

 

Il grande portone di ciliegio era socchiuso, quasi lo volesse invitare ad entrare. Sentiva la brezza che gli accarezzava dolcemente il volto, come se ne volesse percepire le forme segnate dagli anni. Era di nuovo una sensazione magica, quella che credeva avere perso nel suo viaggio confuso all'interno della grande città.

Quel volteggiare infinito di foglie cullate dalla frescura vellutata sembrava essere causato dalla mano di una divinità.

 

Il cuore di Akio cominciò inspiegabilmente a battere forte, come se sapesse quale luogo fosse in realtà. Quelle pulsazioni al petto creavano un'emozione unica ed inimmaginabile.

Akio si avvicinò furtivamente al cancello, aprendolo, per poter entrare in quel luogo così arcano e misterioso.

Gli scalini avevano qualcosa di già vissuto. L'uomo salì, gradino per gradino, sentendone la durezza così familiare. Quella pietra sembrava averla toccata, una volta.

 

L'edificio che si ritrovò dinanzi era piccolo. Una costruzione in legno dipinto di rosso, con qualche rigatura aurea. Per molti aspetti le forme che prendeva ricordava la cultura cinese, ma lo stile era inconfondibilmente giapponese; era un tempio del Periodo Kamakura.

 

Sembrava come se lo invitasse ad entrare, come se gli potesse parlare e controllarne la mente. Si sentiva pervaso da una sensazione di pace e benessere. Senza neanche accennare al primo passo, l'uomo crollò pesantemente.

 

Poteva essere un sogno? Poteva sperare nello svegliarsi in camera sua? Poteva ritrovare il sorriso di Midori?

Tempio di Ikegami, Shibuya

8 novembre 2012

 

La luce del sole mattutino cominciava a penetrare nell'atmosfera del tempio. I raggi di calore riscaldavano gentilmente il volto di Akio, sdraiato a terra come se fosse svenuto.

Aprì lentamente gli occhi color ebano, intravedendo sfuocata una figura umana. Era familiare, dai lineamenti dolci e il profumo di vaniglia.

L'uomo sollevò lievemente la vita, cercando di poggiare i gomiti sul pavimento in legno che scricchiolava ad ogni movimento.

 

Akio...” - Si sentì pronunciare gentilmente - “Tesoro, stai bene?” - Continuò la voce indistinta che rimbombava nella sala.

L'uomo sgranò gli occhi, cercando di focalizzare l'immagine che aveva davanti a sé. Era Midori.

Il suo comportamento elegante e le sue maniere così dolci e delicate erano tratti peculiari della stessa. Inoltre la sua giacca verde la rendeva una figura molto pura, quasi angelica.

 

Midori, credo di non stare bene.” - Cominciò con un fil di voce, quasi impercettibile all'udito.

Ti porto dal Dottor Taji, lui saprà cosa fare.” - Decretò la donna, cercando di sorreggere il marito per il braccio destro.

 

Nel viaggio in auto, Akio osservò sua moglie. Come faceva a sapere che si trovava là? Poteva trattarsi di telepatia?

 

Midori...” - Sussurrò lui.

La donna si voltò verso il marito, continuando a prestare attenzione al traffico cittadino.

Sai, mi sei mancata.” - Continuò, cercando di alzare il tono della voce.

La donna sorrise. Quasi le vennero gli occhi lucidi. Come poteva una semplice frase cambiare il destino di una coppia?

Midori accarezzò la mano di Akio, cominciandola a stringere con passione.

Anche tu mi sei mancato, amore...”

 

Direi che non ci sono molti dubbi a riguardo. Dovremmo in futuro fare degli accertamenti, ma la diagnosi mi pare chiara” - Disse solenne il dottore nella clinica.

L'uomo, sulla sessantina, si avvicinò alla coppia dando una pacca sulla spalla ad Akio.

Hai l'Alzheimer, amico mio...”

 

Quelle parole non sembravano aver sconvolto particolarmente l'uomo. Probabilmente lo intuiva, in effetti c'era qualcosa che non andava. Non poteva essere normale ciò che gli era accaduto. Ma lo avrebbe affrontato a testa alta. È inutile piangere su fatti che non dipendono da noi.

 

La coppia tornò a casa. Sul viaggio del ritorno, nessuno dei due fiatò. Nessuno dei due ebbe il coraggio di aprire bocca o di proferire verbo.

Akio salì distrattamente le scale del condominio, facendo attenzione a non calpestare la coda del gatto color arancio.

Entrato, si accasciò pesantemente sul divano, cercando di trovare consolazione nell'affondare la testa nel cuscino rosa.

 

"Tesoro, come ci siamo innamorati?" - Chiese lui cercando di incontrare lo sguardo della moglie.

Questa sospirò pesantemente, accarezzando i capelli fulvi del marito.

"Non importa" - Sussurrò - "Non importa..."




Se siete arrivati fino a qui nella lettura, significa che almeno un po' la storia vi ha interessato... Spero sia veramente così. Comunque, ci tengo a sapere se ho fatto errori o se in qualche modo posso migliorarmi. Indi per cui mi farebbe davvero piacere ricevere la vostra opinione.

 

Sakura

  
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