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Autore: _Sushi_    02/04/2013    5 recensioni
Un nuovo personaggio: Kim Jinhyun, detta Jin o J... importa davvero sapere quale sia il suo nome? E' davvero fondamentale scoprire chi è?
No e di sicuro non sarebbe mai importato a nessuno dei Super Junior, men che meno a Cho Kyuhyun.
Certo, se poi, per uno strano incidente, questa ragazza si ritrovasse a vivere sotto il tuo stesso tetto, se il suo comportamento insolito, le sue caratteristiche fuori dal comune, la sua incompatibilità con le consuete norme sociali, o peggio, la sua ambigua doppia faccia ti facessero dubitare di lei, al punto da crederla un pericolo per te stesso e per i tuoi Hyung... tu cosa faresti?
Una ragazza con un segreto sepolto in profondità, una serie di (s)fortunati eventi, il destino e mille storie che s'intrecciano per dare vita ad una trama folle e ricca di colpi di scena.
La fervida immaginazione dell'autrice vi saluta e v'invita a prender parte a questo piccolo delirio.
La storia prende in considerazione tutti i Super Junior, donando loro moltissimo spazio in maniera uniforme. Protagonisti della storia principale: Kyuhyun e Heechul; storie parallele con Siwon, Eunhyuk, Donghae, Leeteuk.
Buona lettura :)
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heechul, Kyuhyun, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Annyeong! *-* Quanto tempo è passato?
Tanto, troppo. 
Mi spiace tantissimo per questa lunga assenza e mi scuso col cuore con tutte le lettrici che si aspettavano un minimo di serietà in più da parte mia! 
Non ho mai smesso di pensare a questo racconto, nonostante la lontananza, perciò ecco qui un nuovo capitolo, che spero riceva un po' di amore da voi! 


Diciotto Gennaio – Ore dieci e trenta
 
La Signora Kim gestiva il fruttivendolo “Garak Market”, nella zona di Songpa, da ben trent’anni e, nonostante fosse passato tanto tempo dalla prima volta che aveva esposto la sua merce sulla strada affollata, non aveva mai smesso di amare il proprio lavoro.
Ogni giorno s’inventava nuovi modi per rinnovare l’immagine del negozio, assicurando alla clientela frutta fresca a buon mercato.
Quel mattino la Signora Kim si trovava in strada a sistemare una cassetta di mele. Aveva deciso di impilarle le une sulle altre, a partire da una grossa e solida base circolare, fino a culminare con un’unica mela come vertice. Ci mise un’ora ad assicurare alla torre la dovuta stabilità ma, dopo tanta fatica, non poté che dirsi soddisfatta: la torre era alta e slanciata, l’avrebbero notata anche dall’altra parte della strada!
Stava giusto rimirando il proprio splendido lavoro con soddisfazione quando Park Inyoung svoltò l’angolo ed entrò in scena.
Camminava spensierata, con la lunga tracolla della borsa di cuoio in spalla e il montgomery bianco, nelle cui tasche affondava le mani guantate. Incassò la testa tra le spalle, facendo sparire metà del viso dentro la lunghissima sciarpa di lana, quando notò la bella piramide esposta davanti al Garak Market. La fermata dell’autobus era proprio davanti al fruttivendolo, perciò Inyoung decise d’ingannare l’attesa facendo un salutare spuntino.
«Ajumma, quanto vengono queste mele?
»
«Quattromila won al chilo, sono freschissime, arrivate proprio stamani!» esclamò con fierezza la Signora Kim, infilando le mani in tasca e raddrizzando la vecchia schiena. «Gliene prendo un paio?» chiese, infilando la mano in un guanto di plastica trasparente.
«Ne basta una.
» disse Inyoung, aprendo la borsa per estrarre il portafogli. La Signora Kim allungò la mano verso il vertice della piramide quando Inyoung proseguì. «Mi scusi, potrei avere questa?» chiese, indicando una mela rosso fuoco situata proprio al centro della piramide. La negoziante la guardò per un attimo preoccupata: se avesse estratto quella mela la piramide non sarebbe crollata? Con tutta la fatica che aveva fatto per impilarle così bene, doveva proprio prendere quella?
Park Inyoung non notò lo sguardo preoccupato della Signora, intenta com’era a cercare degli spiccioli nel proprio portafogli, così alla fine la fruttivendola si risolse per tentare la sorte. Con estrema delicatezza sorresse la piramide mentre estraeva la mela desiderata, pregando perché la struttura reggesse. Entrambe le donne osservarono con vaga apprensione la torre traballare pericolosamente. La Signora Kim trattenne il fiato per un attimo ma, per fortuna, la piramide si assestò, facendole tirare un sospiro di sollievo.
«Ecco a lei!> disse, con rinnovato slancio, mentre porgeva la mela rosso fuoco alla cliente. Il sorriso pieno di gratitudine che la ragazza le riservò ricordò alla vecchia signora perché amava il proprio lavoro.
Le due si salutarono con un inchino, poi Inyoung si voltò e, addentando la mela, corse verso la fermata. La Signora Kim la guardò allontanarsi in silenzio, quindi infilò le mani in tasca e si voltò diretta verso l’ingresso del negozio.
 
Fu allora che il vento si alzò.
La proprietaria del Garak Market non fece in tempo a voltarsi ma sentì chiaramente il rumore delle mele che rotolavano giù dalla bancarella in strada. Non fu per quel motivo, però, che si girò spaventata verso il marciapiede.
Un urlo di dolore si unì al fragore delle mele ruzzolanti: un uomo doveva esserci inciampato sopra.
 
A trentasei minuti di autobus da Songpa…
 
J aprì gli occhi. Per un attimo non vide niente, poi il profilo dei mobili della sua stanza emerse dall’oscurità e le fece tirare un sospiro. Le succedeva sempre così. Ogni notte impiegava ore e ore per addormentarsi. Quando finalmente ci riusciva aveva incubi ricorrenti di cui, però, non si ricordava mai e non appena riapriva gli occhi, per un solo, eterno secondo non riconosceva nulla di ciò che aveva intorno, come se fosse un’altra persona. Poi però si ricordava del giorno prima, di quello prima ancora e di tutti i giorni tragicamente uguali che aveva passato nell’ultimo mese e sospirava.
In quelle ultime due settimane era raro che uscisse dalla propria stanza, se non per sgattaiolare in cucina a prendere del cibo. I Super Junior non sospettavano minimamente cosa le stesse succedendo: dopo il Natale non avevano fatto che lavorare così ininterrottamente che rientravano a casa solo per le tre ore necessarie a farsi una doccia e dormire un poco, ammesso che tornassero. I concerti di fine anno, il comeback del gruppo principale, seguito da quello dei Super Junior T, uniti ai vari progetti personali, avevano tenuto tutto il gruppo talmente impegnato tra esibizioni all’estero, promozioni, programmi, riprese e interviste, che praticamente J non li aveva più visti se non sullo schermo del televisore.
Non era quello, però, il motivo della sua confusione.
Si rigirò nel letto un paio di volte, sbuffando. Infine allontanò la coperta scalciando e si alzò in piedi talmente in fretta da sentire la testa girare.
La stanza era totalmente buia ma i suoi occhi si erano abituati all’oscurità. Erano giorni che non alzava le persiane. Mosse i primi passi barcollanti e, dopo pochi secondi, si ritrovò sola nel corridoio scuro. Il pavimento era gelido sotto i suoi piedi scalzi. Scivolò silenziosa verso la cucina, accarezzando il muro con la mano. I capelli spettinati ricadevano in ciocche disordinate attorno al volto. Il respiro vagamente affannato spingeva quei fili di seta nera lontano dalle labbra.
Un attimo dopo J era in cucina, con la mano sulla maniglia del frigo. Alle sue spalle sentì il rumore delle zampe di Helena, segno che lo struzzo era dietro di lei. Non si voltò ma osservò l’animale riflesso sulla superficie dello sportello. Sembrava confusa anche lei: forse non l’aveva mai vista in quel modo.
Senza dire niente J abbassò lo sguardo e aprì il frigo. Afferrò un pomodoro e lo morse così com’era, sbrodolandosi del suo succo lungo il mento. Stava ancora masticando quando agguantò un panetto di burro e gli diede un grosso morso. Lo ripose con i segni dei suoi denti stampati sopra.
Continuò a mangiare in silenzio e, infine, rubò del pane dalla credenza, seguita passo dopo passo da Helena. Stava giusto per avviarsi in camera, quando sentì il campanello suonare. Sorpresa si voltò verso lo struzzo, come se all’animale fosse dato sapere chi fosse. Lasciò scivolare lo sguardo verso la porta, meditando sull’idea di lasciar perdere e fingere di non essere in casa.
Poi però pensò che potesse essere lui, Kyuhyun.
Corse alla porta.
«Chi è?
»
«Ya, mi hanno mandato a vedere come stavi!» quando J udì quella voce femminile si afflosciò: era solo Inyoung, la sorella di Leeteuk.
«Grazie, sto bene, Noona.
» replicò, nella speranza di mandarla via.
«J, fammi entrare.
»
Silenzio. Inyoung temette per un attimo che la ragazza se ne fosse andata ma, alla fine, la porta si socchiuse.
«J?
» quando la più grande entrò, fece appena in tempo a vedere la più piccola sparire in direzione delle camere. Arricciò il naso: la situazione era peggio di quanto lei e i Super Junior immaginassero. Si chiuse la porta alle spalle e la seguì in silenzio.
«Ew, che puzza!
» esclamò disgustata, quando si ritrovò nella sua stanza. «Da quant’è che non apri le finestre?»
«Mi sono abituata agli spazi ristretti.» replicò J, di nuovo infagottata sotto le coperte a sbriciolare il pezzetto di pane.
«Sciocchezze!
» borbottò l’amica più grande, andando alla finestra e spalancando le tende con un movimento secco.
«A-aspettAAAH!
» un attimo dopo la stanza venne inondata dalla fredda luce di quel mattino d’inverno, costringendo J a coprirsi gli occhi, abbagliata.
«Ti presento il mondo… Oh, guarda: nevica!
» Inyoung respirò l’aria fredda di fuori, quindi si appoggiò al davanzale osservando il cielo puntellato di giovani fiocchi di neve. Cadevano morbidamente, senza fretta di arrivare a destinazione. Un attimo dopo J era al suo fianco, con le mani, nascoste dalle ampie maniche del pigiama, serrate attorno al pezzetto di pane che rosicchiava con aria curiosa. Non aveva mai visto la neve.
«E’ stato un mese difficile per te.
» disse Inyoung.
«Non sono abituata a questo.
»
«Nessuno è abituato a stare da solo, tesoro.» replicò, tirandosi indietro per sfilarsi il cappotto.
«Non è la solitudine il problema.
»
«Giusto, c’è anche Cho Kyuhyun.» a J andò quasi il pane di traverso quando sentì quel nome.
Sì, quel nome.
L’aveva accompagnata ogni minuto, ogni secondo di quell’ultimo mese. L’aveva sentito urlare nella propria testa e aveva in tutti i modi cercato di estirparlo dai propri pensieri, fino ad anestetizzarsi completamente, fino quasi a dimenticarlo. Lui però era lì, era sempre stato lì: nascosto in attesa di riemergere. La confusione che Inyoung vide sul volto della ragazza sembrò bastarle come risposta.
«Non essere sorpresa, tutti lo sanno.
»
«T-tutti?»
«I ragazzi non fanno altro che parlarne, ogni volta che lui si allontana per più di cinque minuti. Sono molto preoccupati.»
«Davvero?!» Inyoung sospirò.
«Rischierebbero la carriera per ospitarti, se non si preoccupassero per te?
» J abbassò lo sguardo, tornando a osservare la neve. Tutte le volte che sentiva quella frase ripensava a ciò che Kyuhyun le aveva detto quella sera sulla terrazza. Dopo un mese passato a rimuginarci su aveva finalmente capito, era addirittura arrivata a ringraziare il Maknae: dirle la verità l’aveva aiutata a guardare le cose in modo diverso. Le aveva aperto gli occhi. «C’è dell’altro, però…» Inyoung aveva capito che J non avrebbe detto nulla di sua spontanea volontà. «Dicono che tu e Heechul-shi state insieme, è così?» la vide sorridere divertita a quelle parole.
«Non so ancora bene cosa voglia dire stare insieme.
»
«Significa che tu sei sua e lui è tuo.»
«Stanno insieme due persone che non si vedono da un mese?»
«Vi sentite spesso però, non è vero? Ryeowook-shi mi ha detto che Heechul-shi passa molto tempo al telefono ultimamente.» J annuì.
«Parliamo molto.
» non disse altro. Si limitò ad abbassare lo sguardo sulla strada brulicante di macchine. Passò un altro minuto di silenzio, poi Inyoung sospirò.
«Che ti succede, tesoro? Non ti riconosco.
» le disse preoccupata, facendo un passo verso di lei.
«Sono confusa.
» replicò la più piccola, chiudendo gli occhi per un attimo. «Che cos’è tutto questo?» cominciò a dire, voltandosi.
«Questo cosa?
»
«Non lo so, questo! Prima era diverso: non avevo nessun filtro, non mi chiedevo cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Agivo e basta, naturalmente, come mi veniva. Se avevo voglia di dormire nell’armadio di Shindong lo facevo…»
«Hai dormito nell’armadio di Shindong?»
«Profumava di lavanda.» tagliò corto J. «Ora è tutto cambiato e non capisco perché. Mi faccio mille domande prima di agire: sarà la cosa giusta, sarà sbagliata, cosa succederà dopo e cosa penserà lui? Prima non m’importava neanche di sapere chi fossi, anzi, ero seriamente decisa a non scoprirlo perché stavo bene così, ora quella domanda mi assilla. Chi sono io? Ho una famiglia, una vita, un lavoro? Quanti anni ho, ho mai avuto un ragazzo? C’è qualcuno là fuori che piange per me?»
«E’ normale farsi queste domande.»
«E’ proprio questo il punto, Noona: è normale.»
«Non ti seguo.»
«Io non sono mai stata normale.» Inyoung non seppe replicare alle parole della ragazza. L’aveva vista qualche volta dopo la Vigilia ma non sentiva ancora di conoscerla a fondo. Fu J a proseguire «Mi chiedo se la persona che sono stata fin’ora ero davvero io, se ricordando il mio passato cambierò e diventerò qualcos’altro, una cosa che non riconoscerò, che i Super Junior non riconosceranno e che non riusciranno ad amare. Prima era tutto bianco e nero, ora le sfumature sono centinaia e non so più da che prospettiva guardarmi intorno. Amo Kyuhyun Hyung…» la sua voce s’incrinò appena a quelle parole. «…ma lui mi detesta. Disprezzo Heechul Hyung ma lui vuole stare con me e io…»
«Perché hai accettato se lo disprezzi?»
«Ero arrabbiata, furiosa per quello che Kyuhyun mi aveva detto. Lo Hyung si sta prendendo cura di me, dopotutto.» c’era dell’altro ma J non volle dire di più a proposito del rapporto tra lei e Heechul.
«Giusto, gli altri continuano a chiedersi che cosa sia successo su quella terrazza.
»
«Lui non ne ha parlato?»
«Lui non ti ha neanche più nominato. Si comporta come se non esistessi.» Inyoung pronunciò quelle parole con cautela ma, nonostante la sua voce si fosse fatta sottile e incerta verso la fine della frase, poté riconoscere il dolore sul volto di J. Tuttavia si sorprese della velocità con cui la ragazza indurì la propria espressione e la tramutò in ghiaccio. Aveva un controllo decisamente fuori dal comune. «Mi dispiace.» aggiunse.
«Non devi dispiacerti, in fondo lo sapevo già. Conosco Cho Kyuhyun.
» disse J con un sorriso amaro.
«E’ vero, il che ci riporta all’unica persona che devi ancora imparare a conoscere.
» la sorella di Leeteuk si avvicinò a J e le posò le mani sulle spalle, guardandola decisa negli occhi. J ricambiò lo sguardo curiosa per un attimo, poi capì. Il terrore si fece largo sul suo volto di bambola.
«No…
» sussurrò con un filo di voce.
«Oh, sì!
» replicò Inyoung, mentre stringeva la presa sulle spalle della ragazza. «Ora ci andiamo a lavare!»
«Nooooo, non voglio!» si lagnò J, mentre l’amica la tirava.
«Domani tornano i Super Junior, vuoi farti trovare in queste condizioni dal tuo ragazzo?
» tentò di convincerla la Unnie mentre l’altra si dimenava cercando di scappare.
«Non m'importa del mio ragaz...
» J si era aggrappata al davanzale mentre Inyoung la tirava per i fianchi. S’interruppe perché anche Helena si era unita alla lotta, tirandola per i pantaloni con il becco appuntito. Inutile dire che non fu difficile per le due avere la meglio sui quarantatre chili di ossa e pelle di J.
Neanche si accorse che il pezzetto di pane che stringeva nel pugno le sfuggì di mano e cadde dalla finestra.
 
Fu un volo veloce ma durò un’eternità. Cadde in mezzo ai fiocchi di neve, rotolando nell’aria fino a infrangersi in una pozzanghera, schizzando dappertutto.
Spike era uno dei pochi cani randagi della zona. Si vantava di essere sfuggito all’accalappiacani per ben quattordici volte e nessuno osava mettersi contro di lui.
Solo Spike sapeva la verità. Non era un campione di coraggio, non aveva affrontato nessun accalappiacani: era semplicemente un fifone che sapeva correre molto veloce.
Stava giusto camminando sul marciapiede, affondando le bianche zampe nella neve quando qualcosa si schiantò a terra davanti a lui, terrorizzandolo a morte. Con un guaito cambiò rotta e s’infilò in uno dei vicoli, deciso a correre più veloce che poteva, lontano dal pericolo.
Spike non seppe mai che si trattava solo di un pezzo di pane.
 
«Amore ma che dici?
» Lee Hyukjae alzò gli occhi al cielo, non credeva possibile che stesse succedendo di nuovo. «Quella è una ballerina della SM, è normale che balli insieme a me, chiaro?!» esclamò, urlando l’ultima parola nel microfono del cellulare. In quei momenti si pentiva di avere un debole per le belle ragazze. Perché dopo tanti anni si faceva ancora bistrattare da Jieun? Forse perché era dolce, bellissima, di successo, brava a letto, sì, però era così tremendamente gelosa! I membri continuavano a dirgli di lasciarla perdere, che non avrebbe dovuto perdonarla dopo che aveva pubblicato quella foto di loro insieme su Twitter, scatenando il panico in tutta la Nazione.
Lee Hyukjae, però, non era il tipo che portava rancore. Aveva finito addirittura per chiederle scusa, dal momento che quella ripicca era dovuta al fatto che lui si era lasciato baciare sulle labbra da una trainee in erba. In momenti come quelli, però, Eunhyuk aveva solo voglia di sbatterle il telefono in faccia.
«Ascolta, ne abbiamo già parlato, il lavoro è lav… di nuovo con questa storia della EunHae? Come sarebbe a dire che preferisco lui a te?
» il discorso durò ancora a lungo. L’autista del SUV era stato pagato profumatamente per non parlare a nessuno di quelle conversazioni. Nulla, però, gli vietava di godersi i battibecchi quotidiani tra Eunhyuk e la sua fidanzata, l’artista IU. Lo stava osservando dallo specchietto retrovisore quando una macchia di colore bianco attirò la sua attenzione.
 
Spike stava correndo veloce, il suo cuore martellava forte. Era talmente terrorizzato che attraversò la strada senza pensare e, quando sentì il clacson e lo stridio dei freni di un SUV nero che prese a sbandare nel tentativo di evitarlo, scappò via ancora più in fretta, sparendo alla vista.
 
«Eunhyuk-shi, sta bene?
» l’autista si voltò di scatto preoccupato. Era andato a sbattere contro un cassonetto e dal cofano del veicolo usciva del fumo bianco. Fortunatamente Lee Hyukjae era illeso ma terrorizzato. Si teneva una mano sul petto e respirava affannosamente. Il telefono doveva essergli caduto di mano ma lui non ci pensò.
«Sto bene.
» ansimò il ragazzo. «Tu?» aggiunse, troppo buono per non preoccuparsi del prossimo.
«Sto bene, signore, mi dispiace: un cagnolino ha attraversato all’improvviso e…
» Hyukjae tagliò corto sfarfallando la mano.
«L’hai investito?
» chiese già con le lacrime agli occhi cercando di guardare oltre il parabrezza. Quando l’autista scosse il capo il ragazzo sospirò e si abbandonò contro lo schienale del sedile. «Dove siamo? È tardi! Devo correre agli studi.» esclamò, guardandosi intorno.
«A dieci minuti d’auto dalla sua destinazione. Purtroppo però non penso che il veicolo ripartirà, signore!
» replicò affranto il guidatore, aprendo lo sportello. Eunhyuk fece lo stesso poco dopo, mentre un paio di auto si fermavano per prestare soccorso.
Il primo ballerino si guardò intorno: cominciavano ad arrivare troppe persone, era meglio per lui allontanarsi di lì.
«Kibum Hyung, ti spiace se mi avvio a piedi?
»
«No, signore, me ne occupo io!»
«Grazie, Hyung.» replicò Hyukjae con un lieve sorriso e, con il cuore ancora martellante per lo spavento, attraversò la strada di corsa.
Non si accorse che il suo telefono era rimasto sul sedile del minivan, né che lo schermo s’illuminò, segno che qualcuno lo stava chiamando.
 
Cinquecento metri più avanti…
 
«Boia deh, ch’è successo?
» una ragazza era ferma davanti a un camioncino bianco. Era rivolta a un signore che stava scaricando dal retro del furgone due enormi casse di fragole sul marciapiede.
«Eh, niente. il signor Jung ha avuto un incidente stamani. Pensa te: è inciampato su un cumulo di mele ruzzolanti e si è rotto un braccio, ti pare normale? Comunque non può venire ad aiutarti!
»
«Maremma ‘mpestata, oh come fo adesso?! Un ce la farò mai a porta’ queste du’ hasse fino alle hucine da sola!» e giù imprecazioni di varia natura. «Gnamo, dammi ‘na mano, via!»
«Su su, non ti lamentare, sono solo un centinaio di metri, lo sai che non posso arrivare fin là con il pulmino e poi ho un’ernia, non posso trasportare pesi. Mia moglie mi uccide se lo scopre!»
«Via, Ajusshi, non le hai appena scarihate le hasse?! E poi quando mai ci parlo con la tu’ moglie io?!»
«Mi dispiace, ok? Devo fare altre consegne, veditela un po’ da sola.» tagliò corto il signore, chiudendo con un tonfo il retro del furgone e saltando sul sedile del guidatore senza neanche salutarla.
«Accident’a te, popò di stron…
» La ragazza assottigliò lo sguardo verso il pulmino che si allontanava, mandando tuoni e fulmini dagli occhi, quando una voce giunse alle sue spalle.
«Oh, fragole!
» esclamò Eunhyuk fermandosi in prossimità delle casse con il viso illuminato dalla meraviglia. La ragazza si voltò crucciata, poi lo riconobbe.
«Cazzo maiale!
» esclamò, tappandosi la bocca subito dopo con le mani, mentre continuava a fissarlo con gli occhi castani sgranati. Per fortuna lui non l’aveva sentita: era troppo impegnato a guardare il contenuto delle casse.
«Posso averne una?
» continuò il ragazzo, felice come un bambino, allungando la mano verso il frutto più grosso che riuscì a vedere.
«No.
»
Fu a quella risposta che l’Acciuga alzò il capo.
«No?
» era un idol, non era abituato a sentirsi rispondere in quel modo. Proprio grazie a quella parola Eunhyuk guardò in faccia la ragazza di fronte a lui.
Aveva un viso regolare, un corpo slanciato e longilineo ma non lo colpì particolarmente fino a che non la vide sorridere. Quando lo fece il suo viso divenne talmente luminoso e dolce che per un attimo il primo ballerino pensò di trovarsi su una spiaggia delle Hawaii e non su un marciapiede innevato di Seoul.
«No.
» ripeté la ragazza, senza smettere di sorridere. «Ma te ne lascerò prende’ due se mi aiuti a porta’ queste hasse alle hucine.» proseguì, lasciando che il sorriso si allargasse. Non sapeva dove trovava la forza di rivolgersi così a un Super Junior, anzi, a quel Super Junior. Forse lo conosceva troppo bene per non sentirsi totalmente a proprio agio con lui.
«Ci sto.
» replicò senza esitazioni il ragazzo, per nulla dispiaciuto all’idea di mostrare la propria prestanza fisica a una bella ragazza e ricevere pure due fragole in regalo. In barba a Jieun e al suo rompere le scatole di continuo!
Con quel pensiero in testa, il ragazzo sollevò le maniche del felpone di dubbio gusto che indossava, scoprendo gli avambracci dalla pelle chiara e dalla muscolatura soda e definita, quindi si piegò in avanti e afferrò dai lati la cassa inferiore.
«No, guarda, so’ troppo pesanti, un penso che tu possa sollevalle entrambe!
»
«Pfff, sciocchezze, sono leggerissime!» replicò il ragazzo con la voce contratta per lo sforzo. Fece per tirarsi su ma una tremenda forza lo spinse nuovamente verso il basso. Ok, forse erano pesanti davvero.
Arrossì furiosamente quando sentì la ragazza in piedi accanto a lui ridere. Il fatto che avesse una risata meravigliosa non lo confortò affatto, perciò fece per sollevare le casse ancora quando improvvisamente il peso si dimezzò e il ragazzo si tirò su talmente in fretta che quasi non cadde.
Lei aveva afferrato la cassa superiore e stava già camminando verso il vicolo, senza smettere di ridere.
Eunhyuk scosse il capo imbarazzato, quindi accelerò per raggiungerla.
«Allora, sei di Mokpo?
» le chiese una volta che riuscì ad affiancarla. Ansimava appena: anche da sola la cassa era davvero pesante.
«Seh, vivevo nella stessa via di Lee Donghae-shi.
»
«Oh, davvero? Ah, quel Pesce maledetto si cucca sempre le fan migliori.» azzardò il primo ballerino con un sorrisino, lanciandole un’occhiata di nascosto.
«In realtà mi garbano parecchio di più le acciughe.
» ammise lei timidamente. Per lo stupore Eunhyuk si fermò e rimase indietro di qualche passo.
«D-davvero?!
» non sapeva perché ma era tremendamente felice all’idea. La fissò con un sorriso ebete.
«Seh…
» replicò la ragazza, senza osare guardarlo. Hyukjae non poté che notare che lei non faceva nessuna fatica a trasportare la cassa, mentre lui si sentiva come se le braccia fossero in procinto di staccarsi di netto dal tronco. Dal canto suo la ragazza era troppo impegnata a evitare il suo sguardo e a festeggiare interiormente quell’inaspettato incontro per pensare alle fragole che trasportava. Si voltò verso di lui solo quando lo sentì ridere.
«Che c’è?
» gli chiese sorpresa, sbattendo le folte ciglia.
«Niente, è che fa uno strano effetto sentire una ragazza parlare un dialetto così.
» quelle parole bastarono a farla morire d’imbarazzo.
«S-scusami, il mi’ Hapo lo dice sempre che un devo parla’ coi hlienti, però io so’ ‘na hiacchierona pe’ nathura e quindi…
»
«No, no, non me ne stavo lamentando!» si affrettò lui. «Lo adoro.» aggiunse, lasciandola letteralmente di stucco.
«Lo adori?
» la ragazza non riusciva a crederci. «Nel senso che ti garba proprio?!»
«Mi fa impazzire.»
Per poco lei non svenne. L’idea di far impazzire Lee Hyukjae… non aveva neanche la forza di pensarci, perciò ammutolì, tornando a fissare la strada.
«Come ti chiami?
» chiese quindi lui, dal momento che voleva distrarsi e non pensare alla pesantezza della cassa che stava trasportando.
«Cameriera di Mokpo.
»
«Come scusa?»
«Un scambiamoci i nomi, ok?»
«Ma tu sai benissimo come mi chiamo io!»
«Lo so… solo he chissà quante tue fan t’avranno detto il nome fin’ora! Te li rihordi?»
«Certo che me li ricordo!» replicò lui oltraggiato.
«Ah sì? Dimmene uno.
» fece lei, scettica.
«Ehm… Choi Yoona.
»
«Quella unnè ‘na fan, idiotha!» neanche lei sapeva come faceva a dirgli una cosa del genere, certo, il rapporto tra una Jewel e il suo bias era sempre stato qualcosa di unico e speciale. Per l’appunto Hyukjae non se la prese, ma rise.
«Allora non mi dirai il tuo nome?
»
«No, so’ sihura che mi rihorderai meglio se saprai solo he sono la hameriera di Mokpo.» il ragionamento di lei non faceva una piega, Eunhyuk dovette ammetterlo. Quella ragazza era solare e allegra, stare con lei era facile, piacevole. Oltretutto sembrava davvero forte, soprattutto considerando che era in grado di imporsi così sul suo idolo. Sentì un moto di ammirazione partire dalla bocca dello stomaco ma dovette reprimerlo: lui aveva Jieun.
Dopo pochi minuti di silenzio i due arrivarono davanti all’entrata di una cucina, sul retro di un locale dove lui non era mai stato.
«E’ qui.
» disse la ragazza, appoggiando la cassa a terra e preparandosi a salutarlo. Per la prima volta da quando aveva cominciato quel lavoro non aveva mai desiderato che il tragitto dalla strada al locale durasse tanto. Anche il primo ballerino appoggiò la cassa e sorrise: si sentiva come se un camion gli fosse passato sulle braccia.
«Scegli pure le fragole che vuoi…
» lo esortò quindi lei, riscuotendolo dai suoi pensieri. Aveva dimenticato di essere lì per le fragole. S’illuminò come un bambino al Lunapark e si sporse in avanti passando in rassegna le primizie. La ragazza lo guardò in silenzio mentre mangiava con soddisfazione: si sentì quasi mancare a quella vista ma tenne duro, mordendosi il labbro.
«Deh… se passi dal ristorante, fammi un fischio, ok?
» azzardò infine, quando lui finì di masticare. Persino quel tonto di Eunhyuk capì che quella di lei era una proposta, perciò le fece un sorriso amaro.
«Mi dispiace ma io…
»
«Sei impegnato?» gli occhi dispiaciuti di lei costrinsero il ragazzo ad abbassare lo sguardo: avrebbe potuto mentirle, eppure non volle farlo, con lei, anche se era rischioso. La cameriera si sentì come se le avessero riempito i polmoni d’acqua, così entrambi rimasero in silenzio ancora a lungo, incapaci di trovare un modo per allentare la tensione. Solo quando la ragazza sentì di poter tornare a respirare ricacciò indietro le lacrime e parlò. La sua voce suonò limpida e gentile.
«Ce l’hai una banconota da mille won?
» Hyukjae alzò il capo stupito.
«Vuoi che ti paghi?
» non poteva credere che lei gli chiedesse dei soldi in cambio delle fragole solo perché aveva già la ragazza.
«Allora, ce l’hai?
» insisté lei, allungando la mano in sua direzione, mentre con quella libera rovistava nella tasca del grembiule.
«S-sì…
» offeso e disorientato, il ragazzo non poté far altro che metter mano al portafogli e porgerle i soldi. Lei prese la banconota e, appoggiandosi al muro, disegnò su di essa un cuore, usando la penna rossa che aveva appena preso dalla tasca. Il primo ballerino la guardò sorpreso e lo stupore aumentò quando la ragazza gli rese indietro i soldi poco dopo. La guardò interrogativo.
«Credi nel destino, Lee Hyukjae-shi?
» furono le parole di lei in risposta alla sua domanda silenziosa.
«Sì.
»
«Allora vai e spendi ‘sti soldi, ovunque vuoi. Se un giorno, in tutta la tu’ vitha, rithroverai questa banconotha, allora vorrà di’ che è destino per noi due rivederci, ok?»
Eunhyuk non sapeva cosa dire ma si ritrovò inspiegabilmente a sorriderle. Per la ragazza quello era il sorriso in assoluto più radioso e spettacolare del mondo.
Non si dissero altro, lui annuì semplicemente e, facendo qualche passo indietro, strinse la banconota in mano, quindi si voltò e corse via, verso gli studi della SM.
La ragazza lo guardò in silenzio fino a che non lo vide sparire, poi si lasciò cadere seduta per terra, nella neve, in mezzo al vicolo. Non poteva credere a ciò che aveva appena fatto.

Siete riuscite a vedere la catena che percorre tutta la storia? Sono sicura di sì, siete più furbe di me, del resto! 
Non so voi ma a me il destino ha sempre affascinato. Pensare che una piccola azione trascurabile possa essere la causa di un grande stravolgimento, che ci sia qualcosa, o Qualcuno, lassù, che tira i fili della storia, è sempre stato un pensiero rassicurante e curioso. Ditemi che ne pensate,
un abbraccio sushioloso <3 
  
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