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Autore: LoriStew    02/04/2013    1 recensioni
Lei è Tiffany,vive a New York e alle spalle ha un duro passato. Vive di cose nuove,ma la sua testa la fa andare oltre. Fino a che scopre delle cose allucinanti e cerca di cambiare la sua vita,cambiando quella degli altri. Trascurando per breve tempo la sua. Una storia che inganna e travolge a saperne di più,con mistero e amore.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“ Spesso ci indebitiamo con il futuro per pagare i debiti con il passato. “
-Kahlil Gibran
 
Non bisogna pensare che tutto possa andare per il bene,il sogno può durare finché dormi,ma poi ti svegli. Non è che per il semplice fatto che vivi in una grande città,come New York,non puoi sentirti sola. Io mi sento spesso sola.
Capitolo 1
 
Sono una semplice,per modo di dire, cittadina di New York,affascinata dalla città delle possibilità. Vivo in un piccolo appartamento,con la mia compagna universitaria,ma sto già cercando uno spazio tutto per me. Il mio vicolo è alla fine di una stradina buia anche di giorno,piena di gente in ogni ora. Pochi minuti da Times Square,il centro di vita. Dettagli,solo dettagli. I miei genitori li vedo di raro,anzi quasi mai. Lavorano in grandi uffici. Mia madre lavora per una ditta di cosmetici,mio padre si occupa di affari,da quel che so. Ho sempre fantasticato sul mio futuro,forse avevo altre aspirazioni,forse diventare qualcosa di importante. Invece sono qui,sepolta tra lavoro e vita a svolgere il mio compito. Conosco tante persone qui a New York,mi trovo bene. Ma a volte,in una immensa città,puoi sentirti sola. Mi accorgo della posta che penzolava dalla buca lettere quando esco di casa,la apro strappando la busta ed allargo il foglio. I caratteri sono battuti a computer,la lettera sembra formale. La leggo ben tre volte. E’ una lettera dell’ufficio immobiliare:ho notizie del mio appartamento. Finalmente buone notizie,ho il mio nuovo spazio,in cui sistemarmi. L’appartamento non è distante da quello attuale,però è decisamente migliore,è più grazioso e colorato e poi,si affaccia sul centro della spettacolare Times Square. Esco di corsa,infilando nella borsa quel foglio,cauta a non perderlo. E’ mattino e la strada è già affollata e buia,dopo qualche metro però il sole mi acceca. Continuo a passare tra la gente,di fretta. Mi fermo in una caffetteria e prendo il cappuccino. Sono abituata ogni mattino a berlo,mi dà carica per iniziare la giornata. Questa mi sembra stesse iniziando bene. Finalmente arrivo di fronte l’alto palazzo in vetro. Entro,e l‘agente dell’agenzia mi aspetta lì,consegno il foglio e saliamo in ascensore. Terzo piano. L’ambiente sembra tranquillo e colorato,abbastanza da dare il buon umore. Visito l’appartamento già arredato. E’ in stile moderno. Sull’entrata,a sinistra si intravede il salotto. Un divano di pelle bianca è adagiato su un tappeto scuro. Poi altri dettagli. Sulla destra,c’è la cucina in acciaio satinato,con decori rossi e bianchi. In centro,un corridoio con tre porte. Una stanza,anch’essa già arredata,un bagno ed una stanza vuota,con qualche mensola sulla parete. Accetto ed esco dall’abitacolo. Scendo al piano di sotto e attraverso la grande vetrata. New York di mattina è bellissima,non quanto lo è di notte,ma resta comunque incantevole. Anche dopo ventuno anni che vi abito,non mi sono abituata allo splendore. NY ti sorprende sempre. Soddisfatta del mio nuovo appartamento mi dirigo a lavoro. Sono impiegata ad un azienda pubblicitaria. Non amo usare la mia macchina,preferisco camminare a piedi. Tutto è così irreale. Continuo a passare tra la gente,sono solamente le nove del mattino e già la folla è presente. Finalmente arrivo. Entro dalla porta girevole.<> saluto il primo segretario del piano terra. Io lavoro ai piani alti. La solita storia di ogni mattina è quella di salutare tutti. E dopo due anni faccio ancora fatica a ricordare tutti i nomi. <> saluto tutti i segretari del primo piano. Finalmente salgo in ascensore,dove anche lì trovo gente. <> esclamo,salutando la bionda alta quanto me appoggiata ad una parete dell’ascensore. <> esclama lei e mi abbraccia gettandomi le mani al collo. Si,mi chiamo Tiffany. Io ed Ellie lavoriamo nello stesso piano,e quando c’è un momento di pausa passiamo il nostro tempo a bere caffè e chiacchierare. <> chiede. <> e scoppiamo a ridere entrambe. Beh,lei non è solo una mia collega di lavoro,lei è anche un po’ la mia migliore amica. La mia compagna universitaria si chiama Sonia,ma non ho molto contatto con lei. Non mi piace,è molto diversa da me ed inoltre ha dei vizi strani,per esempio drogarsi. Si,drogarsi. Le è morta la madre quando aveva solo nove anni,è restata traumatizzata,quindi si è gettata alla droga. Questo è un altro motivo per cui cambio casa. Le porte dell’ascensore si aprono,io ed Ellie scendiamo e ci dirigiamo alle nostre scrivanie. Noi due siamo un po’ le più “gettonate”. Siamo abituate ai corteggiamenti. Mi siedo sulla poltrona in pelle rossa e i miei occhi si posano su un mazzo di fiori. Freschi. Per esattezza rose rosse,wow! Insieme ai fiori c’è un bigliettino:
Tiff,sei splendida!                                                                                     Volevo farti i complimenti per il tuo secondo anno di lavoro,ti aspetto nel mio ufficio con champagne e pasticcini!                                      -il tuo capo Nick. ;)
Sono sbalordita! Adesso anche il capo mi fa la corte. Bene. <> grido e con cenno della mano le faccio capire di avvicinarsi. <> le porgo il bigliettino e lo legge con rapidità. <> fa una pausa,anche lei un po’ scioccata <> si,è davvero scioccata. <> a lei chiedo tutto,è  la mia dea. Io sono la sua. <> mi fa l’occhiolino. Uuumh,che nervi che mi fa salire questa donna! <> sibilo dandole una gomitata. <> dico cercando si chiudere argomento. <> mi alzo in piedi sistemandomi la gonna nera,corta e stretta. <>  si,anche lei corteggiata con regalini! <> nel mio tono c’è un pizzico di curiosità. <> abbiamo dato dei soprannomi a tutti qui,li distinguiamo da questi. <> lei non mi lascia il tempo di finire la frase. <> e mi abbraccia felice. <> chiedo ancora curiosa. <> ecco che la dea adesso sono io. <> Improvvisamente lei scappa e torna alla scrivania,si è accorta dell’arrivo del capo,che ancora oggi la intimorisce un po’. Si avvicina a piccoli passi,mentre lo fisso sconvolta. Indossa un completo nero e camicia bianca:il primo bottone è slacciato. Quando mi accorgo che lo sto fissando troppo abbasso lo sguardo e lo punto sul computer,mentre comincio a compilare schede. <> e sono costretta ad alzare gli occhi per guardarlo e faccio un sorrisetto forzato e nervoso. <> non è così brutto. Ellie ha ragione,è carino caspita! <> anche lui quel sorrisetto. “Nick,smettila” penso. Voglio dirglielo,ma costretta sto zitta. <> e mi porge la mano. Non so se prenderla,lui l’avvicina ancora di più e la prendo. Che sarà mai un goccio di Champagne? Spero niente. Mantengo le distanze,lui cerca di avvicinarsi,ma lo caccio via. Il tragitto fino al suo studio è breve,abbiamo tutti gli occhi puntati addosso,compresi quelli di Ellie. “Spero che non abbiano una cattiva idea”. Arriviamo,lui apre la porta in legno e mi fa entrare con un segno galante <> lo guardo scioccata e gli rivolgo una smorfia,lui ha un sorriso cretino. <> il mio tono di voce è seccato. “Povero lui”. Entro,dietro di lui,mi accomodo nella grande poltrona di pelle nera situata di fronte la sua scrivania e incrocio le braccia. Lui si siede di fronte a me. <> chiedo,sperando che tutto finisca presto. <> e continua con il suo sorriso cretino. <> uffa,non lo sopporto. Perché a me? Non poteva innamorarsi di qualcun altro? Ci sono circa cinquecento donne qui dentro e la “fortunata vincente” sono io. A dire il vero,sono la sfortunata. <> perché si sente così sicuro di se? Pensa davvero che mi crogioli sotto il suo sguardo? No,si sbaglia. <> anche il nervoso adesso! <> mi stuzzica. <> faccio finta di essere dispiaciuta. Ma non lo sono affatto! Finalmente si decide e prende la bottiglia. Ne verso una buona quantità in due calici ed in fretta ne afferro uno. Buono! Il liquido fresco scende giù per la gola in un secondo e finalmente credo sia tutto finito. <> e si alza in piedi per indicarsi. Dietro di lui si affaccia tutta Times Square,quasi mi sembra scortese non ascoltarlo. <> e mi alzo anch’io sistemando la gonna che si accorcia ogni volta che mi alzo. Sfreccio verso la porta e lui mi afferra un polso. <> lo guardo. I suoi occhi azzurri sono dolci e dispiaciuti. “Mi fai pena Nick” penso acida. <> e ritiro la mano. Lui ha un’espressione sconvolta. Esco dall’ufficio e mi dirigo verso la mia scrivania,senza guardare indietro. “Ho bisogno di parlare con Ellie”. Però non posso chiamarla. Oh Dio,perché a me? Per fortuna finisco presto la giornata lavorativo ed io ed Ellie usciamo insieme dall’enorme palazzo. Fuori è quasi buoi,anche se è difficile da dire,perché New York è tutta illuminata. Ecco,si,è splendida! C’è più gente di sera -anzi di notte- che il mattino. <> e mi passa una mano davanti al viso. <> a dire il vero ne sono sicura. <> oh che dolce quando fa la saggia. <>. Rimango in silenzio un attimo e lei mi distoglie dai mai pensieri. <> è al settimo cielo. Sono veramente felice per lei. Ma io non voglio tornare da Sonia. Quindi mi viene un’idea. <> le faccio la faccina da cucciolo ferito. So che lei non resiste a questa espressione,quindi sbuffa e mi rivolge un sorriso. <>. Cammino,guardando il pavimento pensierosa fino a che non sento qualcuno urlare il mio nome. <> alzo gli occhi per guardarlo in viso. E’ Will. Mi mette un braccio intorno alla vita e mi sussurra qualcosa. <> okay,oggi cos’è,San Valentino? No,è ancora il 15 Settembre. <> è una specie di migliore amico per me. Lui pensa ci sia di più. Non voglio toglierli la facoltà di fantasticare e gli faccio credere quel che vuole. <> è entusiasta,contento lui! <> nella sua espressione vedo curiosità,ma non dice niente. Si limita a fare un cenno del capo e andarsene con gli altri due suoi amici. Se non sbaglio sono Frank e Tony. Io ed Ellie ci avviciniamo al bancone. <> ci chiede la ragazza dai capelli rossi. E’ alta,magra e nel suo viso di porcellana spiccano gli occhi verdi. <> dico io. <> grida pure Ellie. Beviamo in fretta e scappiamo a casa sua. Entriamo. <> la rimprovero come quasi fossi sua madre. Lei ride. <> e mi porta in camera sua. Apre l’armadio enorme e stracolmo di vestiti. E ne tira fuori cinque. Li distende sul letto e fa gli abbinamenti. <> dico. Gli indico quello nero. Un tubino stretto,con brillantini sparsi ovunque,tacco alto e capelli morbidi. <> esce dalla stanza e si dirige in bagno. Mentre mi alzo dal letto per sbirciare le cose di Ellie,sento il rumore dell’acqua. Continuo a cercare qualcosa,non so cosa,ma cerco. Mi metto davanti lo specchio e prendo una spazzola. <> mormoro. Li spazzolo piano,mentre la mia immagine si riflette sullo specchio. Ho passato tutta la mia vita a rendermi bella. All’età di dodici anni,quando ero solamente un’adolescente,l’intera scuola mi prendeva in giro per i miei “chili di troppo”. Ero una taglia 44,quando tutti erano una 40. Mi sentivo diversa,mi facevano sentire diversa. Crescendo il mio corpo si è trasformato da solo. Io non ho fatto il minimo sforzo. Prima piangevo davanti lo specchio,adesso mi guardo e sorrido commossa. In me,vedo la perfezione. La vedo perché prima non ce l’avevo. Adesso ce l’ho,e la sfrutto a mio vantaggio. Mi sto ancora spazzolando i capelli quando Ellie entra nella stanza. Io poso la spazzola e le vado dietro. Ci accomodiamo in una sedia del bagno e comincio ad asciugarle i capelli. Dopo un’ora lei è pronta. Vestita,truccata – da me – e sorridente. <> dico commossa. Sto scherzando,non sono commossa. Faccio solo la vocina di una ragazzina del liceo che fa i complimenti alla sua amica spocchiosa. Ma io ed Ellie non c’entriamo niente con le ragazzine stupide liceali. Io e lei siamo mature e cresciute. Rido al pensiero. <> “cavolo vero”,accidenti. <> oh Dio,come faccio ad essere così sbadata. <> “oh si,ti adoro”. Scelgo quello rosa shock e lo indosso. Mi sta da Dio. Lei mi sistema i capelli e io mi do una leggera truccata. Attenta a non cavarmi l’occhio,mi metto la matita nera,infine il mascara. Okay,sono pronta. <> esclamo soddisfatta quando finisco. Mi guardo un’altra volta e mi giro verso Ellie. Sta controllando il BlackBerry,io prendo l’i-Phone e guardo l’orario. <> lei si avvicina. <>. Scendo le scale sui tacchi alti,sto cadendo. Ma per fortuna mi aggrappo al corrimano. Ci fermiamo davanti la porta girevole e in orario perfetto Will e l’altro:John,arrivano. Io ed Ellie ci salutiamo e saliamo in macchina,io con Will,lei con “l’altro”. <> gli do un bacetto sulla guancia. <> ricambia il bacio. C’è silenzio in auto. <> chiedo,sapendo che questa domanda lo mette a disagio. <> mi fa l’occhiolino. Uuumh che nervi,odio che i riflettori siano puntati su di me. E soprattutto odio le domande personali. <> rispondo con tono fermo. Arriviamo di fronte un ristorante cinese. C’è tantissima gente. Ecco la solita serata newyorkese. Entriamo. Ci sediamo su gli sgabelli alti e mangiamo con le bacchette il cibo che ci passa davanti. <> dico,per rompere il silenzio tra noi due. Perché di silenzio qui non c’è né proprio. <>“oh smettila William”. Non arrossisco ai complimenti,ormai c’ho fatto l’abitudine. <> mi alzo e getto sul piatto le bacchette. <> mi giro ed esco dal locale. Lui paga e mi raggiunge. <> dice dolce a calmo. <> è la verità.                                                        <>                                   
<> accidenti!
<> dolce.
<> “Tiff riprenditi! Che cacchio ti succede?” Sento qualcosa dentro. Sale,dal basso ventre ai polmoni. Arriva al cuore e sale su per la gola. Esplodo. Mi getto tra le sue braccia,in lacrime. Perché sto piangendo? Non lo so. Lo stringo forte a me,mentre lui mi culla accarezzandomi i capelli. Passa un po’ di tempo. Mi rimetto in forze e mi asciugo le lacrime. <>gli tappo la bocca con la mano. <> e saliamo in macchina. <> grido e sorrido. Lui mi fa spazio ed io mi accomodo al suo posto. Regolo il sedile e giro la chiave. <> gli porgo i tacchi,non so guidare con quelli. <> ci allacciamo le cinture e spingo sull’acceleratore. Qualcosa che ho imparato di New York,è che se non hai paura,non puoi scoraggiarti. Sfreccio tra i vicoli,passo tra quelli che sono isolati dal centro,vuoti. Proprio come me in questo istante. <> gli rivolgo un sguardo e noto il suo profilo perfetto. Capelli scompigliati. Arriviamo. Scendo dall’auto e i ricordi mi invadono la mente.
Rotolo nel prato,mio fratello vicino. Mi punzecchia. Continuiamo a rotolare. Mio padre mi prende in braccio,mia madre sorride. Il suo sorriso enorme. Ho solo cinque anni. Adoro il mio fratellone. La mia vita è perfetta.
Mi scende una lacrima,mi riga la guancia,come una lama che taglia. Scava in profondo e riemerge con un goccia di sangue,che la taglia nuovamente,sta volta,con più dolore. La lacrima non scende per il dolore del ricordo,scende per mancanza. Per mancanza di quel momento,in cui c’era una persona,che adesso non c’è più. Piango ancora,altre lame,altro sangue. Quella persone era mio fratello. Mike. Mi manca immensamente. Ma non c’è più,non posso tornare indietro. Anche se,avrei preferito dare la mia vita per risparmiare la sua,il destino era quello. Mi riprendo. Mi sono già gettata una volta tra le sue braccia. <> si avvicina verso di me. Ho gli occhi gonfi di lacrime,lui se ne accorge. <> è allarmato. <> mi stimola a parlare. <> camminiamo in silenzio. Mi sfilo le scarpe e mi butto a terra. Lui si siede vicino a me,io da distesa,mi siedo a gambe incrociate. <> continua a stimolarmi. Sospiro e inizio a parlare. “Parla Tiff”. <> un’altra goccia di sangue. <> dice interessato. Mi fa piacere parlare di questa cosa. <> stavolta niente lacrima. <> immaginavo una risposta del genere. <> si avvicina un po’ di più a me. <> non mi lascia finire.  <> cosa vorrà sapere di più? <> dico. <> ah,ecco. <> non voglio più parlare di questa cosa. <> finalmente si parla lui. <> chissà cosa deve dirmi. <> fa una pausa e la sfrutto per parlare. <> lui mi ignora. <> rimango in silenzio,lui anche. <> cosa? Cosa sta facendo? Perché? No,no,no! Io volevo parlare? Mi accorgo che le sue labbra sono sulle mie. Le sfiora,con delicatezza. Continua. Questa cosa va avanti per qualche minuto. Si stacca da me dolcemente. <> si alza,confuso. Le mani dietro la testa. Io mi alzo. <> lo zittisco. <> lo rassicuro. <> Perché mi ha baciata? Ma soprattutto,perché non l’ho fermato? Sono confusa. <> la rimprovero. <> è ubriaca fradicia. Mi siedo un attimo vicino a lei. <> a volte mi fa pena. Vorrei aiutarla. <> dice. <> sono fiera di me e di aver fatto questo discorso! Mi dirigo verso la mia stanza,la più ordinato e profumata dell’appartamento. <> Sonia mi afferra un polso. <> è arrabbiata,non con me. <> mi guarda,con gli occhi gonfi di lacrime. I suoi occhioni azzurri. <>.
  
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