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Autore: RackyLPC    02/04/2013    2 recensioni
Finiti gli esami, il Professor Layton e Luke si preparano ad un'estate tranquilla, ma l'arrivo di una strana ragazza cambierà tutto. Non sanno ancora cosa li attende, tra lezioni di pianoforte, la ricomparsa di un vecchio nemico e una dura sfida per il Professore:il suo passato!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Clive Dove, Flora Reynolds, Hershel Layton, Luke Triton, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza rimase immobile, pietrificata davanti al ragazzo dal berretto blu. In qualche modo le ricordava Luke, anche se lui era più “adulto”.
Era indecisa: parlargli o non parlargli? E poi aveva la strana sensazione di essersi già incontrati. Ma dove, dove?!  Deglutì.
-I…io mi chiamo D-Diane.- disse con voce flebile e impaurita, con lo sguardo basso e il cuore che batteva all’impazzata.
-Onorato, signorina Diane- poi le si avvicinò e con la mano le accarezzò la guancia sinistra.
-Era sporca…- si giustificò lui davanti all’espressione sbalordita e confusa di lei. Era passata da un colorito pallido al rosa vivo, per finire con l’assomigliare a un pomodoro. D’istinto, chinò la testa e i suoi occhi puntarono l’orologio sul polso del ragazzo, che segnava le cinque meno un quarto.
-Ok, ehm, grazie, Clive, ora devo andare a preparare il the. Arrivederci- e si girò per aprire la porta.
-Quindi vuol dire che ci rivedremo?- chiese ansioso lui.
-Ehm, forse, non so. Ma lo spero- rispose alla svelta e senza pensare a cosa diceva.
-Allora arrivederci, milady- e si tolse il cappello in segno di educazione. Poi se lo rimise e se ne andò.
Entrata in casa con il cuore alla gola, si appoggiò al portone e aspettò di ritornare al suo colore di pelle naturale, ovvero un rosa pallido abbronzato sia d’estate che d’inverno.
Il cuore era schizzofrenico: nessuno prima di allora aveva mai espresso il desiderio di rivederla presto, nessuno mai l’aveva trattata come una vera signorina e pochi erano stati gentili in quel modo con lei. E in fondo, voleva anche lei rivederlo al più presto. Avrebbe doluto sbrigarsi a preparare l’acqua per il the, ma la sua testa era altrove, lontana da quella casa a Londra.
Verso le cinque e mezza il professore e Luke attraversarono la porta di casa. Sul tavolo c’erano le tazzine e la teiera con il the ormai freddo, ma di Diane nessuna traccia, a parte l’ordine e la pulizia che regnavano sovrani pappertutto.
-Professore, dove pensa che si sia cacciata?
-Non lo so Luke, ma…-e si interruppe. Alcune note formarono una melodia che invase la casa e riportò a galla ricordi dolci e amari, soprattutto amari. La canzoncina era composta da sole cinque note, ma erano bastate a far paralizzare il professore. Do, mi, re, do, si: come poteva conoscere quella serie di note? Come aveva fatto a suonare, se non ne era capace fin dal giorno prima? Qualche momento dopo uscì da una stanza la ragazza con lo sguardo perso nel vuoto.
-Bentornati, vi avevo preparato il the, ma si è raffreddato…- disse con voce piatta.
-Diane, dove hai sentito quella canzone? Rispondi, ti prego, è importante!- chiese Layton con ansia.
-Io… io non lo so. E’ venuta fuori da sola….- rispose, ma questa volta la voce era angosciata e malinconica.
Layton aveva lo sguardo fisso a terra e non poteva smuoverlo. La ragazza lo guardava con io cuore che faceva un battito si e tre no, abbandonandosi al senso di colpa e ai terribili ricordi dei quali avrebbe fatto volentieri a meno. Luke fissava entrambi. Avrebbe voluto infrangere quel monotono silenzio tombale, ma ci pensò il suo stomaco, il quale brontolò e il rumore riecheggiò un po’.
Layton ridacchiò, ma non per divertimento, bensì perché non voleva che Diane si angosciasse per colpa sua.
-Se vuoi posso farti una bella macedonia per merenda accompagnata da una tazza di the freddo di mezz’ora fa….- la ragazza sorrise al bambino e insieme andarono in cucina.
Intanto il professore si sedette sul divano e tirò fuori dalla tasca il suo taccuino di pelle marrone. Le pagine erano ingiallite e scritte fitte e storte ricoprivano alcune di esse. Le sfogliò ed arrivò all’ultima che aveva utilizzato. Conteneva il resoconto di ciò che aveva scoperto all’anagrafe londinese, e non era molto.
Di Diane nessuna traccia, e l’unico collegamento che poteva essere utile era riferito a Scott Sesther, ma alquanto improbabile perché era scapolo e defunto da undici anni. Nemmeno l’albero genealogico era servito perché incompleto e confusionario.
Avrebbe potuto recarsi a Oxford nel weekend per saperne di più, ma la spedizione sarebbe durata due giorni fra andata, ricerche e ritorno, e la scusa dell’università non avrebbe più tenuto. E poi non poteva lasciare a casa da sola Diane.
Il mistero si infittiva: come faceva quella giovane ragazza spuntata dal nulla sapere l’inizio di una canzone risalente a undici anni fa? L’unica volta che aveva insegnato a qualcuno a suonare il piano era stata con Claire. Claire. Tutto questo gli ricordò la donna che aveva amato più della sua anima. Le lezioni di piano erano state solo un pretesto per potersi vedere più spesso. Quella dolce melodia l’aveva udita una sola volta il giorno che era stato nominato professore all’università di Gressenheller, quando Claire gli aveva regalato il suo peculiare cappello, il giorno in cui…
Si prese la testa fra le mani e cercò di pensare e trovare un nesso, e improvvisamente si sentì toccare la spalla destra da qualcosa di fresco. Era la mano di Diane, e l’altra teneva un bicchiere colmo di frutta.
Lui prese in mano l’oggetto di vetro e guardò il suo volto preoccupato. Poi la ragazza si sedette accanto all’adulto e curva su se stessa fissava il parquet. Qualche minuto di silenzio.
-Le note… le note hanno un significato?
-Che vuoi dire Diane?
-Lo sa benissimo. Cosa vogliono dire do, mi, re, do, si?- poi alzò gli occhi. Erano lucidi e stavano per infrangersi  di mille gocce d’argento. Layton non voleva vederli in quel modo, così la rassicurò dicendole.
-Niente, cara, niente. Non importa più. Mi sembrava familiare e… ma lascia stare. Se ti va finita la macedonia possiamo continuare le nostre lezioni di piano, che ne dici?
La ragazza annuì con la testa, poi si alzò e se ne andò nella camera del professore. A piangere. Un pianto sommerso nel candido cuscino di piume, che le ricordavano i bei momenti nel letto di casa sua. La tristezza rendeva le lacrime amare, calde e salate. Come avrebbe voluto avere un vuoto di memoria, o un’amnesia permanente. Dimenticarsi della sua vita per sempre. Forse il modo migliore sarebbe stato quello di raggiungere i suoi avi. Ma non in paradiso, nell’inferno. E con quei terribili pensieri in testa si addormentò sul letto, gli occhi fessurati dalle lacrime e le mani strette a pugno.
Poco dopo Luke entrò nella camera alla ricerca della ragazza e la trovò in quelle condizioni stesa sul letto. Provò a svegliarla. Lei aprì leggermente gli occhi e intravide la sua sagoma.
-C-clive- disse a bassa voce ansimando, poi si riaddormentò. A quel nome Luke sgranò gli occhi: possibile che si riferisse a quel Clive? Come poteva essere?
E quando se ne tornò in salotto e il professore gli chiese di lei, cominciò a sudare a freddo. Il ragazzo gli disse della scena a cui aveva assistito e nella mente dell’uomo si crearono delle ipotesi che neanche lui avrebbe voluto pensare.
Possibile che…
  
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