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Autore: sheneedsbenzo    02/04/2013    0 recensioni
'Il mio nome è Avery e sono complicata'. È un nome affascinante, secondo il mio parere.
Avery è solo una diciassettenne, e in quanto tale è molto confusa.
Il personaggio può essere considerato una fusione tra le quattro 'bugiarde' della serie televisiva americana Pretty Little Liars.
Questa non è una delle solite storie strappalacrime, non parla di amore, o forse sì, ma più avanti; è il racconto della vita di una semplice diciassettenne americana. Niente di più, niente di meno.
Ho cercato di far scorrere le mani sulla tastiera in modo da ottenere un racconto interessante e diverso. Spero che la storia vi piaccia. Sono più che gradite delle recensioni.
Buona Lettura a tutti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ero in ospedale, al St. Lucas di Nashville, Tennessee, a trovare mia zia Mandy, che aveva subìto un intervento all’anca. Io e Beb, come la chiamavo da piccola, abbiamo sempre avuto uno splendido rapporto, anche se abbiamo circa dieci anni di differenza, lei è sempre stata la mamma che non ho mai avuto, così come la sorella che non ho mai avuto, ed è stata anche mia zia, naturalmente.
Quando ero piccola lei cercava sempre di rendermi felice, spesso mi chiamava mentre stavo studiando, dopo venti minuti si presentava a casa con una cioccolata calda e i cornetti appena sfornati; quando andavamo al cinema insieme mi portava gli orsetti gommosi, e me li porta ancora, perché secondo lei i popcorn fanno venire la cellulite sulle cosce… questa cosa non l’ho mai capita.
Io ho diciassette anni, lei quasi ventisette, dopo il diploma ha smesso gli studi e fa qualche lavoretto part-time per mantenersi, ma suo nonno le ha lasciato quasi tutto ciò che aveva messo da parte e così non ha problemi di soldi.
Amo le giornate che passiamo insieme, sono speciali perché ci siamo solo noi due, io e Beb, noi e basta. Prima un frappuccino con il caramello da Starbucks, poi un’occhiatina da Urban Outfitters, un giretto da Forever 21, e poi di corsa da Prada, Stella McCartney, e Juicy Couture. Oh, e un paio di Dr Martens nuove al mese era d’obbligo. Verso le diciannove mangiamo qualche cupcake da Starbucks, di nuovo, e mi riaccompagna a casa. Semplice. Amo la semplicità.
Beb era la zia che chiunque avrebbe desiderato, almeno se si parla di diciassettenni che passerebbero le giornate intere per negozi.
Tornando a quel pomeriggio, stavo cercando un distributore automatico per comprare qualcosa di decente da mangiare per mia zia, sarebbe stata dimessa a breve dalla clinica, ma il cibo dell’ospedale era disgustoso e lei aveva bisogno di un po’ di schifezze, m&ms, chipster, qualche bounty e cose del genere. Presi un pacchetto di patatine alla paprika, dopo aver girato mezzo ospedale, e tornai di sopra. Beb era all’ottavo piano, ma in quel momento me ne ero completamente dimenticata, la mia mente era invasa da altri pensieri, pensieri che ritornavano alla mente senza un particolare motivo, si stavano aprendo dei ‘cassetti’ nel mio cervello senza che io me ne rendessi conto, così iniziai a girovagare nell’ospedale, camminavo e camminavo, pensavo, riflettevo, fissavo il vuoto, iniziai a piangere, senza motivo, inconsciamente, le lacrime scendevano da sole, le sentivo bruciare sulla cicatrice che mi è rimasta da quando sono caduta dall’altalena a cinque anni, era come se dentro di me ci fosse stato un altro cervello che comandava il mio corpo mentre io ero occupata da altro.
Quell’atmosfera incuteva tristezza, mi impediva di essere felice, era una prigione dai colori ancora più grigi del cielo quando sta per piovere; le pareti erano colorate, ma l’aria offuscava tutto, era impossibile respirare e all’improvviso mi sentii diversa, un brivido corse lungo la mia schiena e mi ritrovai di fronte un’immagine insolita, qualcosa che i miei occhi non avevano mai visto né immaginato. 
‘Oh s-s-scusa’ disse dopo avermi urtata con una voce appena percepibile una ragazza all’incirca della mia età, tremava, era bianca cadaverica, se non avesse parlato probabilmente avrei pensato che fosse morta, era così bella e angelica.
Bellezza sovrrannaturale
Io le risposi con un semplice ‘tranquilla, non è successo nulla’, non sapevo cosa dire, la mia bocca era paralizzata.
Di lei non sapevo niente, non sapevo perché fosse in un ospedale, ma avevo la sua immagine fissa nella mia mente: pelle candida, pulita, bianca, anche più del latte, alcune lentiggini sul naso, degli enormi occhi azzurri, chiari, un po’ spenti, riuscivo a percepire la sua debolezza; i suoi capelli erano molto chiari, quasi bianchi, lisci, lunghi, morbidi e fini, il loro profumo mi ricordava vagamente la vaniglia.
L’unica cosa che sapevo in quel momento era che volevo scoprire qualcosa di più su di lei, volevo conoscerla, parlarle, ed ero determinata a rivederla.
Non sapevo perché e né volevo saperlo, ma quella ragazza esercitava una specie di attrazione su di me, non fisicamente, ma era qualcosa oltre il naturale; come ho detto prima: BELLEZZA SOVRANNATURALE.
Dopo aver fissato il vuoto per una decina di minuti abbondanti mi sentii chiamare dall’altra parte del corridoio:
‘Signorina Avery, signorina’
‘Eccomi, sono qui, cosa c’è?’
‘Sua zia la sta cercando, venga con me, la riaccompagno nella sua camera’.
Aveva sicuramente intuito che mi ero persa dallo sguardo con cui lo fissai, ero ancora un po’ sconvolta credo, così si presentò:
‘Piacere signorina, sono il dottor Weasley, ho in cura sua zia’ Disse a bassa voce, così bassa che feci fatica a sentirlo.
‘Oh, ok, io sono Avery, ma questo già lo sa, evidentemente’.
‘È successo qualcosa, signorina?’ Evidentemente aveva notato che il mio viso era un po’ pallido.
‘No, nulla di importante, mi ero solamente persa nei corridoi, non si preoccupi.’
‘Oh, ma possiamo darci del tu, se tu sei d’accordo.’
‘Ma certo, se preferisci così. Da quanto tempo lavori qui?’
E così la conversazione continuò per una mezz’oretta buona, era tutto così strano e non ci rendevamo neanche conto che il tempo stava passando e che le lancette scorrevano, mentre mia zia si chiedeva dove fossimo andati a finire.
Lessi su un cartello ‘reparto psichiatrico – ragazzi’, mi incuriosii e chiesi al dottore di quella ragazza, bastò una rapida descrizione della ragazzo e subito capì di chi stavo parlando. ‘Si chiama Victoria’ disse. ‘È una nostra paziente da due mesi circa, ma purtroppo non posso dirti di più.’
‘Non ti preoccupare, è solo che mi aveva incuriosito.’
Tornai da Beb insieme al dottor Weasley, era un uomo sulla trentina, abbastanza intrigante, sì, era davvero misterioso.
Ebbi appena il tempo di salutare mia zia che mi ricordai di dover ancora finire la presentazione di inglese per il giorno successivo, così scappai di corsa a casa, presi di corsa il bus delle 7.30 e passai tutta la notte a riflettere ancora e ancora su quella giornata.
 
  
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