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Autore: JoiningJoice    03/04/2013    4 recensioni
I suoi occhi erano un pozzo di verità dolorose, celate dietro il nero della notte. Le ciglia le tremavano leggermente, le sopracciglia erano corrugate in un’espressione di intensa preoccupazione, ma lo sguardo era fermo.
Immobile e freddo.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage, Tematiche delicate, Violenza
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Nocturne

 

 

 

I suoi occhi erano un pozzo di verità dolorose, celate dietro il nero della notte. Le ciglia le tremavano leggermente, le sopracciglia erano corrugate in un’espressione di intensa preoccupazione, ma lo sguardo era fermo.

Immobile e freddo.

Boccheggiai leggermente, alla ricerca di qualcosa da dire; non trovai nulla per cui valesse la piena sprecare fiato, così rimasi in silenzio.

Una ciocca di capelli di un rosso tendente al bruno le scivolò sul viso pallido; la riportò al suo posto, dietro l’orecchio, con uno scatto leggero della mano. Il tutto in modo armonioso, quasi estraniante, e senza mai distogliere lo sguardo dal mio.

Non capivo. Era sembrata fin da subito così disponibile, così accomodante. Dal momento in cui era venuta a sedersi al mio divanetto, lentamente, in modo che potessi notare quel poco che il miniabito celava, non avevo potuto staccarle gli occhi di dosso. Ero rimasto incantato a guardare quelle lunghe gambe sottili accavallarsi con sensualità e l’abito tirarsi ancora più su, rivelando al mondo parte della sua intimità.

La salivazione azzerata, avevo fatto un cenno al cameriere in modo che le portasse un Martini. Si era avvicinata scivolando sul divanetto, riducendo con una spinta dei fianchi la distanza tra noi due ed esordendo con un ringraziamento per il Martini.

C’era voluto poco perché le mani cominciassero a scivolare, l’odore di eccitazione a farsi più intenso. I capelli le carezzavano la schiena seminuda ogni volta che si alzava dal divanetto. Le avevo fatto scivolare la mano sulla schiena, provocandole un brivido.

La mano era scivolata più in basso, la sua espressione si era fatta estatica. Era giovane. Giovane e bella, e la volevo. Volevo farle male, sentirla urlare.

Il tragitto fino all’hotel più vicino sembrava essere durato un attimo, la prenotazione e l’arrivo in stanza una tortura infinita. Appena la porta era stata chiusa, avevo sentito la zip del miniabito aprirsi e la seta chiara scivolarle giù dal corpo. Mi aveva baciato con violenza.

Non le avevo nemmeno chiesto come si chiamasse.

Il suo corpo nudo e fresco, appena sbocciato, era stato sotto di me per lungo tempo. Era stato un atto selvaggio, privo di qualsiasi sfumatura d’amore. Tanto impetuoso da bruciarci.

Tutto il contrario di ciò che avevo di fronte agli occhi adesso. Abbassai lo sguardo quel tanto che mi riuscii e intravidi i segni dei morsi sui suoi seni, i graffi sul suo collo. Ero riuscito nel mio intento, nel mio desiderio di farla urlare.

Tornai a guardarla in volto. Impassibile, indifferente. Freddo ghiaccio sopra di me.

Sentii le parole tanto cercate delinearsi finalmente nella mia testa; mentre ripercorrevo mentalmente le immagini del suo corpo addormentato accanto al mio - ma a quanto pare stava solo fingendo di dormire -, delle sue natiche rossastre e violate, dei suoi piedi che si sfregavano leggermente l’uno contro l’altro, nel tentativo di riscaldarsi.

Schiusi le labbra nuovamente e sentii qualcosa di caldo e liquido scivolarmi fuori dalla bocca. Mi resi conto che mi bastava un’unica parola - quasi un sospiro - per avere la risposta che stavo cercando.

<< Perché?>> , sussurrai.

Lei mi guardò. Afferrò il manico del coltello e cominciò a tirarlo fuori, lentamente, in modo da provocarmi ancora più dolore.

E mentre gemevo in preda agli spasmi, qualcosa nella mia mente si illuminò. Immagini confuse, veloci, sbiadite nel tempo. Un parco giochi, dei bambini ridenti. Un corpo piccolo, martoriato da lividi violacei e sdraiato su un letto sfatto. Una donna, la mia prima moglie, la donna di quando ancora non ero nessuno, in preda a un pianto isterico.

Due occhi scuri che mi implorano di smetterla.

Anche la punta del coltello scivolò fuori dal mio corpo. Sentii i nervi cedermi e mi ritrovai a fissare il comodino accanto al letto, mentre lei si avvicinava a me per sussurrarmi qualcosa.

<< Perché te lo meriti, papà.>>

Ero ancora parzialmente cosciente quando calò il coltello contro il mio cuore.





Un paio di note.
Ho scritto questa oneshot nel giro di mezz'ora e completamente ignara di ciò che stavo facendo. Quando ho aperto l'elaboratore avevo solo in mente la prima frase. Il resto è venuto durante la stesura e devo dire che, qualsiasi saranno i commenti, mi ritengo più che soddisfatta del risultato.
Ovviamente spero di avervi provocato un minimo di sorpresa. Fatemi sapere che ne pensate, ci tengo veramente!
Alla prossima.
   
 
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