Il suono delle nostre risate si propaga nell’aria, tiepida e fruttata, scontrandosi con la musica del locale vicino. Siamo appoggiati alla tua macchina, timidamente vicini: i nostri corpi si sfiorano appena, approfittando di quando in quando del contatto apparentemente inconsapevole favorito dai nostri movimenti.
Ti guardo: hai in bel profilo, con il tuo naso dritto e le labbra un po’ carnose. Hai un aspetto vagamente assorto, come se fossi costantemente concentrato su qualcosa di parecchio interessante. La tua voce esprime quello stesso interesse pacato, mai eccessivo. Si capisce che non lo fai per darti un tono, e nonostante i tuoi modi di fare riescano a rubare qualche anno dalla tua età effettiva, c’è qualcosa in te che emana maturità.
Tutto questo è rassicurante ai miei occhi, sono stanca dei troppi pensieri che rovinano i rapporti.
Ti eri descritto come timido, imbranato: in questo momento mi stai guardando, sorridendo leggermente, e non mi sembri affatto così. Leggo in te qualcosa di familiare, come se avessi incontrato il tuo sguardo da qualche parte negli anni della mia infanzia e me ne ricordassi solo adesso.
Sono attratta da chi mi somiglia, per questo non mi ritraggo quando il tuo braccio mi avvicina a te. Mi parli dei fiori che io tanto amo, stiamo parlando da ore.
“Andiamo?”
Non voglio andare, non voglio andare da nessuna parte: questa notte è infinita, non so che ore sono e nemmeno voglio saperlo. Ma dalla bocca mi esce solamente un “Dove?”.
Le tue labbra si posano sulle mie, e la tua risposta è la più bella di tutte.