Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: IneedLemons    03/04/2013    3 recensioni
- Ciao. – gli dico con calma. Sembra confuso e continua a scrutarmi. Ha degli occhi bellissimi, chiari.
- Che stai facendo con quel…coso? – chiede lui con una voce melodiosa. Forse fa il cantante. Osservo a cosa alludeva e butto il bastone per terra.
- Io…credevo che eri morto. – enuncio veritiera. Lui mi sorride. Quei denti bianchi erano qualcosa di incredibile.
- Naaah, schiacciavo un pisolino, visto che là non posso. – mi risponde indicando la struttura in legno che avevo avvistato poco fa. Mi siedo e gli sorrido di rimando.
- Mi chiamo Larissa. – gli dico. La sua reazione è quella di poco prima. Mi mostra un suo sorriso.
- Io mi chiamo Louis. – risponde. A differenza di altri, porta il berretto in testa.
Tema un po' diverso. Spero gradiate. Buona lettura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                                                                   19 Marzo 1943.
 Caro diario,
Mi chiamo Larissa e questo è il primo giorno che ti scrivo. E’ strano ma devo abituarmi a te visto che sarai il mio primo e unico amico che avrò. Perché? Mio padre è stato trasferito a Bunchenwald; il comandante tedesco lo ha promosso e questa promozione implicava anche un trasferimento. Mia mamma dice che la nostra nuova casa è molto lontana dal paese e che non posso invitare i miei amici. Non voglio restare senza le uniche persone che mi facevano stare bene. Non voglio restare da sola con mia sorella Scarlett e le sue idee patriottiche. Non voglio restare chiusa in una casa che non sento mia. Non voglio andarmene da Ettersburg. Lo so, ti ho già stufata…ma se non ci fossi tu, che farei? Ora vado, mia madre già urla per il fastidio del trasloco. A presto.
 
Baci.
Larissa.
 
In sedici anni non ho mai desiderato restare a casa come ora. Scendo tremolante le scale, non voglio far rumore; le liti dei miei genitori hanno alterato i miei timpani, ho paura di dover andare da un otorino prima o poi. Sento lo scricchiolio di una porta, è mia sorella Scarlett. Non siamo mai andate d’accordo io e lei. Mi giro e la osservo. Le sue trecce bionde lunghe e i suoi occhi azzurri, le danno l’aria della perfetta ragazza ariana. Io odio le trecce. I miei capelli scendono morbidi sulle mie spalle. Mia sorella mi sorpassa e scende le scale saltellando.
- Scarlett. – la chiamo a bassa voce. Ho paura che non mi senti ma il suo viso ha accennato un movimento quindi il mio richiamo non è passato inosservato. Si gira verso di me con quegli occhi gelati.
- Che vuoi, nanerottola? – il suo tono è sempre rude con me. Nonostante avessimo due anni di differenza, lei mi tratta come una cosa da eliminare. Non mi ha mai sopportata. Sospiro e continuo a parlare.
- I nostri genitori dove sono? – chiedo. Mi guarda e dopo pochi secondi risponde.
- Che ne so io, muoviti a prepararti la valigia che domani dobbiamo andarcene da questo schifo di posto. – la sua voce è ferma e sicura.
Scarlett non ha mai amato Ettersburg, forse perché qui le persone odiano quelle come lei. Un punto in favore al dolce paesino e uno in sfavore alla mia nuova vita a Bunchenwald. Chissà se lì ci sono le margherite. A Ettersburg ce ne sono in quantità smisurata. La casa è già svuotata. Mentre cammino per le stanze, incrocio mia madre. Il suo viso è rigato dalle lacrime…che succede? Mi avvicino e la scuoto per farla parlare.
- Mamma, che hai? – chiedo per sapere. Lei si volta verso di me e accenna un sorriso. Tira su col naso e scaccia le lacrime dai suoi occhi con le mani.
- Niente, tesoro. Hai preparato la valigia? – risponde lei deviando l’argomento, evidentemente non ne voleva parlare. Annuisco e lei mi accarezza i capelli.
- Dobbiamo proprio partire? – le domando. Quanto vorrei che rispondesse di no ma il suo sospiro scaccia via le mie speranze.
- Per tuo padre è una cosa meravigliosa. Non sarà per sempre non preoccuparti. – mi rassicura dandomi un bacio sulla fronte. Si allontana svelta sulle sue scarpe che echeggiano nella grande sala vuota.
 
- La casa è davvero grande, ci hanno dato anche un gatto…pazzesco. – esordisce mio padre mentre addenta la bistecca. E’ davvero felice. Mia mamma non ha la stessa espressione di stamattina. Ora è contenta anche lei. Scarlett ha gli occhi che le si illuminano. Ha già pensato di fare la corte a qualche recluta di papà. Idiota. Invece io navigo con la forchetta nella brodaglia che orna il piatto, non ho fame.
- Larissa. – mi chiama papà. – tu che ne pensi? – finisce la sua domanda continuando a tagliare la carne. Sospiro e, posata la forchetta, risposi.
- Io non voglio trasferirmi. Amo Ettersburg, i suoi fiori, le sue persone. Amo il mio paese. – urlo. Non riesco a controllarmi. Il pensiero di lasciare tutti è struggente. Mi alzo dalla tavola facendo fare rumore alla sedia e mi incammino nella mia camera.
Mio padre non emette parola. Meglio così. La mia camera è vuota, la carta da parati con i fiori sta per essere lasciata. I quadri che adornavano i muri, le foto, i peluche, tutto via. Mi stendo sul letto, non voglio neanche togliermi i vestiti, non ne ho la forza. Mi assopisco così…tra una lacrima e un’altra.
- Lari, Lari. Svegliati. – è la voce di mia mamma a richiamarmi; è una dolce sveglia ma quel giorno non era adatto.
Mi alzo di malavoglia dal mio bel letto, le mie valigie sono già state prese. E’ ufficiale. Andiamo via.
Non faccio domande quando scendo; Scarlett ha di nuovo quelle trecce perfette, e la divisa della scuola. Il suo sorriso è nauseante. Faccio una smorfia e lei mi da un pizzico sul braccio. Fa male. Papà scende con la divisa da militare e una macchina ci aspetta lì fuori. Ci salgo di malavoglia. Porta in alto la bandiera dei nazisti. Io ancora non l’ho capita questa cosa. Perché nazisti?? Cosa fanno? Sono cattivi…o no? Quel che so è che nessuno ha intenzione di dirmelo. Appoggio il braccio vicino al finestrino e mi adagio con il mento su di esso. Scarlett, come sempre, comincia a blaterare sulla nuova casa e su tutto quello che vi farà all’interno.
Ettersburg si allontana sempre di più, pineti adornano le strade; intorno a noi non c’è niente, solo verde. Il viaggio dura un bel po’ e arriviamo verso sera. Non ho neanche il tempo di osservare la mia nuova casa ma una cosa è nota ai miei occhi: siamo soli.
 
- Non andiamo a scuola? – chiedo con ovvietà, visto che mi sono alzata due ore più tardi del solito. Mia sorella rotea gli occhi al cielo e mia madre è pronta a rispondere.
- No, ci vorrebbe troppo tempo, verrà qui un maestro per istruirvi. – risponde lei terminando così il discorso, bene. Soli per sempre.
- Papà dov’è? – chiedo ancora facendo scattare mia sorella.
- Larissa, non iniziare con il tuo terzo grado. Papà è a lavoro, va bene ? – risponde lei al posto di mia madre. Ultimamente è strana. Si alza e va fuori. Il suo atteggiamento non passa vano a mia madre che la segue con gli occhi sorseggiando il suo caffè. Incrocia poi i miei e mi sorride.
- Vai anche tu fuori. C’è un bel giardino e anche un micione. – mi consiglia lei terminando la sua colazione. L’ascolto, in effetti ho voglia di visitare il nuovo ambiente che mi circonda.
Esco fuori e vengo colpita da una luce accecante. C’è veramente un bel giardino, che arriva sino sul retro. Scarlett gioca con un gatto, forse è lui quello a cui si riferisce la mamma. Mi avvicino a loro e Scarlett, stranamente, mi lascia giocare con l’animale.
- Si chiama Loffy, bello vero? – dice lasciandomi spiazzata. Davvero strana. Annuisco con la testa e riprendo ad accarezzare il gatto. E’ davvero bellissimo. Scarlett ci lascia da soli.
- Allora non sono del tutto sola, eh? – parlo con l’animale. Questo risponde facendomi le fusa…è davvero tenero. Sorrido e lo lascio correre.
Corre per tutto il giardino dopodiché si inoltra in un passaggio coperto dalle piante.
- Loffy – lo chiamo. Mi alzo dalla panchina e lo seguo. Riesco con facilità a spostare quegli arbusti. Sembrano esser stati messi apposta per nascondere qualcosa.
Mi incammino in quello che sembra essere un altro spicchio di giardino che si conclude con altrettante piante da spostare. Mi avvicinai svelta ma…
- Larissa, Larissa. Il pranzo è pronto. – mia madre mi richiama a gran voce. Peccato. Corro indietro e sistemo le piante così come le avevo trovate.
 
                                                                                                                                                                                       21 Marzo 1943. 

Caro Diario,
Sono un po’ imprecisa con il tempo, non riesco ad aggiornarti quotidianamente, scusami. Di Bunchenwald non ho visto granché, non posso permettermi di uscire. I miei genitori me l’hanno vietato. Ho conosciuto Loffy, un gatto delizioso ma ho avuto il piacere di fare un’altra scoperta. Ho trovato un passaggio che porta all’esterno, un passaggio coperto con delle piante. Che collegasse al paese?? Non lo so, ho una voglia matta di scoprirlo. Grazie Loffy! A presto.
Baci.
Larissa.
 
Non voglio dirlo a Scarlett, farebbe la spia. Esco dalla mia stanza riponendo il diario nel nascondiglio prefissato. Ora contiene un’informazione che potrebbe alterare la mia famiglia, specialmente mio padre. Non lo vedo spesso, è sempre impegnato. Scendo le scale e vado in cucina. C’è un uomo. Indossa un abito inusuale…una specie di tuta. A righe. Blu e bianca. Taglia le patate che serviranno per la cena. I suoi occhi celano paura, una paura nera. Le sue mani ossute tremano su quel coltello, ho paura che si tagli. Mi congedo da lui con uno sguardo fugace. Lì fuori è ancora giorno, il clima primaverile si fa sentire. Ritorno al posto di stamattina, Loffy è lì che gioca con un’ape. Appena nota la mia presenza si avvicina. Abbiamo stretto una buona amicizia. Come se sapesse cosa voglio fare, si allontana di nuovo verso quel luogo. Lo seguo senza indugi. Sposto di nuovo le piante e mi inoltro. Ora noto qualcosa in più. Vi sono dei fiori…dei tulipani rossi. Sono bellissimi. Corro verso la fine. Non c’è nessuno ora a chiamarmi, posso fare tutto senza problemi. Sposto le radici ingombranti e giungo lì…
Filo spinato, filo spinato ovunque. E’ una sorta di campo. Un campo enorme. Una rete, caricata elettricamente, fa da recinto a quel posto che non ho mai visto prima. Perché papà non ce l’ha detto? Lui lo sapeva? Non è vuoto. Ci sono delle persone e hanno lo stesso indumento del vecchio in cucina, quella strana tuta. Nessuno ha i capelli ma alcuni di loro portano un cappellino, dello stesso ornamento del vestiario. Cammino avanti. La terra sotto di me è fangosa. Dei vecchi trasportano delle carriole. Vi sono anche delle abitazioni, in legno. Continuo il mio viaggio di perlustrazione quando lo vedo. E’ seduto davanti alla rete, penso si sia appisolato o morto. Afferro un bastone di legno trovato per terra e cerco di punzecchiarlo. Il ragazzo non emette movimenti. Temo che sia morto davvero. Riprovo quel gesto e questa volta pare muoversi. Appena mi vede i suoi occhi si spalancano per la sorpresa.
- Ciao. – gli dico con calma. Sembra confuso e continua a scrutarmi. Ha degli occhi bellissimi, chiari.
- Che stai facendo con quel…coso? – chiede lui con una voce melodiosa. Forse fa il cantante. Osservo a cosa alludeva e butto il bastone per terra.
- Io…credevo che eri morto. – enuncio veritiera. Lui mi sorride. Quei denti bianchi erano qualcosa di incredibile.
- Naaah, schiacciavo un pisolino, visto che là non posso. – mi risponde indicando la struttura in legno che avevo avvistato poco fa. Mi siedo e gli sorrido di rimando.
- Mi chiamo Larissa. – gli dico. La sua reazione è quella di poco prima. Mi mostra un suo sorriso.
- Io mi chiamo Louis. – risponde. A differenza di altri, porta il berretto in testa.
- Cos’è questo posto? – cerco di catturare quante più informazioni su quel luogo misterioso. Louis tentenna un poco prima di rispondere.
- Penso sia un campo. Non lo so per certo. – mi spiega socchiudendo gli occhi per vi del sole. Annuisco.
- E come mai sei…qui dentro?  - chiedo con tono incredulo. In effetti essere rinchiusi non è una bella cosa.
- Non ne ho idea, mia mamma dice che siamo esseri speciali e che vogliono tenerci tutti insieme. – replica dondolandosi seduto. E’ davvero simpatico. Delle ciocche di capelli escono fuori dal cappellino. Nota che io le ho viste e si appresta a nasconderle. Si avvicina di più alla rete.
- Volevano rasarmi i capelli, ma sono scappato. – esordisce alla mia domanda inespressa. In quel campo erano tutti pelati, chissà perché. Rido al suo segreto. I lineamenti del suo viso sono delicati, quel ragazzo sembra la dolcezza fatta persona.
- Perché portate tutti delle tute a righe? – chiesi ancora. Volevo che le mie domande avessero una risposta. Louis si guardò la sua e osservò le altre, poi tornò a me.
- Dobbiamo distinguerci…e poi io adoro le righe. Guarda! Mi stanno d’incanto – dichiara girando su se stesso dopodiché si risiede. Io sono ancora perplessa. Delle persone, in un campo, senza via d’uscita…perché?. Il sole sta calando, meglio ritornare.
- Io devo andare…vengo domani, forse. – mi alzo titubante dalla mia postazione. Lui mi guarda e osserva i miei movimenti.
- Lo spero. Ciao Larissa. – mi saluta alzando la mano. Risposi con lo stesso gesto.
- Ciao Louis
Mi allontano da quel posto accumulando le informazioni ricevute. Sono un bel po’. Ritorno a casa cercando di stare attenta a non destare sospetti sulla mia fuga. Mia madre mi viene incontro. Bene!
- Dove sei stata? – domanda. Che dirle? Ho incontrato un ragazzo con la tuta a righe in un campo dietro casa?
- A giocare con Loffy. – rispondo con qualche incertezza. Mia madre scruta i miei occhi, spero che non si accorga che le sto mentendo.
- Va bene. – si allontana. Sospiro di sollievo.
 
Un mese dopo
                                                                                                                                                                            21 Aprile 1943

Caro Diario,
E’ circa un mese che sono qui, a Bunchenwald. E’ circa un mese che conosco Louis. Non te ne ho mai parlato vero? Louis ha la mia stessa età e vive in un campo dietro casa. E’ strano quel posto, non vi è via d’uscita. Bisogna rimanere lì per sempre. Lui dice che si trova lì perché è speciale. Secondo me è vero. Louis è davvero un ragazzo speciale. Diario penso che mi sto innamorando. Sai, non ho mai avuto occasione di incontrare l’Amore ma solo ora scopro che è un’emozione indescrivibile. Di Louis non sa nessuno, né Scarlett, né mamma, né papà. Ho paura di parlare di lui. E se lo uccidessero??? No, non penso. I ragazzi come lui non vanno uccisi, vanno amati. Io vado da lui, ora. A presto.
Baci.
Larissa.           
 
- Dove vai con quel pane, nanerottola?  - domanda mia sorella vedendomi con un pezzo di pane tra le mani, lo nascondo.
- Non sono fatti tuoi Scarlett. – rispondo a tono alla sua domanda. Fa una smorfia e la sorpasso andando fuori.
Il mio rituale si ripete e in meno di cinque minuti sono al campo. Louis è lì, a dormire.
- Hei dormiglione. – lo chiamo sorridendo. Al suono della mia voce si sveglia e mi regala uno dei suoi sorrisi.
- Ciao, Larissa. – mi saluta invitandomi a sedere. Faccio come mi dice.
- Che mi hai portato oggi? – chiede. Di solto gli porto sempre qualcosa da mangiare, ama le carote. Ma questa volta ho trovato solo del pane. Spero si accontenti.
- Del pane, ti piace? – gli domando curiosa. Glielo passo attraverso uno dei buchi della rete. Era più largo rispetto agli altri e il pane ci passa perfettamente. Lo addenta con fervore. Aveva fame.
- Ma qui non ti danno da mangiare?  - gli dico osservandolo. Annuisce e con la bocca piena risponde.
- Amo di più quando me lo porti tu. – replica. Sento le mie guance arrossire e il mio stomaco andare in percussione. Mi aggiusto i capelli e noto che ha già finito.
- Se potessi. – inizia. – ti porterei qui con me. Anche tu sei una persona speciale, Larissa. – rivela lasciandomi perplessa. Che carino era stato.
-  Anche io ti porterei con me. Solo che non puoi uscire di qui. – dico con tono frustrante. Lo capisce e il suo sguardo si rattrista.
Cerco di rompere il ghiaccio proponendogli di giocare a carta, sasso, forbici.
- Conosci questo gioco? – gli domando. Lui annuisce sorridendo.
-Iniziamo allora. La carta vince sul sasso ma perde con le forbici, il sasso perde con la cart…-
- Lo so Lari. – mi interrompe ridendo. Che divertente.
Finalmente iniziamo. 1,2,3, entrambi forbici. 1,2,3, entrambi sasso. 1,2,3, entrambi carta. Wow.
Riproviamo. La sua mano è oltre la rete grazie a quel buco maggiormente allargato. 1,2,3, sasso io e carta lui. La sua mano copre il mio pugno. Osservo il gesto arrossendo, alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi intenti ad osservare le nostre mani sovrapposte. Ritira lentamente la sua.
- Ho vinto. Yeee. – esulta felice con le mani in aria. Rido alla sua reazione.
- Solo perché hai avuto fortuna, ragazzo con le righe. – faccio la finta arrabbiata girandomi di spalle.
- Eddai Lari, non fare così…girati. – mi implora. Non sono arrabbiata con lui, voglio sapere solo se ci tiene a me. Non rispondo e aspetto.
- Voglio avere di nuovo la tua mano tra la mia. – replica lasciandomi interdetta.
Mai mi sarei immaginata una cosa del genere. Mi volto sorridendo verso di lui, la sua mano è di nuovo oltre la rete. Vi appoggio la mia sopra, a quel contatto la mia pelle sussulta. Quel tocco è davvero meraviglioso. Nessuno dei due parla ma pare che Louis stia per emettere suono…
- Avrei tante cose da dirti. – inizia rimanendo con lo sguardo fisso sulle nostre mani. – sai, la tua mano combacia con la mia come se fosse stata fatta apposta per me. – conclude. In effetti avevano la stessa forma e grandezza. Osservo come l’accarezza e la sfiora.
- Allora non lasciarla mai, ti prego. – replico con tutto il desiderio. Louis mi guarda con i suoi occhi e sorride.
- Hai le guance rosee…sono morbide, vero? – chiede. Le tocco e sento il loro calore sotto di me.
- Si
- Non sai quanto vorrei toccarle. – mi rivela con tono di impossibilità. Non può toccarmele perché con la mano non arriva al mio viso. Sto quasi per piangere. Il mio sentimento è confermato. Io lo amo. Amo Louis.
All’improvviso sento un rumore. Da uno dei camini del campo esce del fumo…capita spesso. Una volta a settimana, di giovedì.
- Cos’è? – chiedo finalmente con tono alterato. Louis è perplesso quanto me.
- Di giovedì, dice mamma, arrostiscono la carne per tutti noi. Solo che non ce l’hanno mai data. – dichiara. Continuai a guardare quel fumo che, in un certo senso, mi spaventava.
- Come mai? – cerco di informarmi, forse papà può fare qualcosa per queste persone.
- Non lo so, forse la conservano. – prova a trarre una conclusione.
Decido che avrei aiutato questa povera gente. Mi alzo sotto il suo sguardo interrogativo.
- Già vai via? Ti prego, resta con me, Larissa. – mi implora. Non ce la faccio. Mi sento legata a lui in una maniera incredibile. C’è solo una rete a dividerci.
- Tornerò domani, te lo prometto. – lo saluto correndo via.
All’entrata della casa noto papà parlare con un generale. Rimango ad origliare.
- Altri 5 eserciti sconfitti. Mi dispiace. – annuncia lo sconosciuto. Papà annuisce. All’improvviso Scarlett accorre da papà e osserva il generale. Lui le sta tendendo una mano. Oddio. Papà sorride dopodiché lo congeda e ritorna con Scarlett in casa.
 
- Scarlett tu ne sai qualcosa…di quel fumo che esce ogni giovedì? – domando a mia sorella. Forse lei può rispondermi. Mi guarda con aria disinvolta e comincia a ridere.
- Ci cuociono la carne. – risponde ridendo. Era una bugia.
- Davvero? – tento di credere alla sua risposta, ma so che è falsa.
- Ovvio che no! Quel fumo sono tutti gli ebrei che vengono uccisi col gas, sorellina. Gli ebrei, vengono rinchiusi in un campo e sterminati poco alla volta. Ce ne è uno qui dietro, lo hai visto? – cerco di ordinare tutte quelle informazioni date così.
- Perché? Cosa hanno fatto? – domando con esasperazione. Mia sorella si volta e torna a ridere istericamente.
- Sono nati, Larissa. Sono inferiori a noi, devono sparire per sempre. – in quella frase c’è un pizzico, anzi no c’è odio puro. La sua bocca è digrignata e i suoi occhi emettevano disgusto.
- Hai notato come puzzano? Dio, che schifo. – continua lasciandomi scioccata. Sbarro gli occhi, quella frase mi ha colpita nel profondo.
Non pensavo che mia sorella fosse così crudele, ora invece lo so. Lascio che vada via e poi mi sfogo lasciando scorrere il mio dolore. Il cuscino è zuppo delle mie lacrime, il pensiero di Louis nella camera a gas che muore è atroce. Con la mente rivivo gli ultimi momenti…
Dobbiamo distinguerci…e poi io adoro le righe. Guarda! Mi stanno d’incanto”
“Voglio avere di nuovo la tua mano tra la mia.”
“sai, la tua mano combacia con la mia come se fosse stata fatta apposta per me.”
Pensieri, pensieri che rimbombano nella mia testa in modo assordante. Porto le mani al capo come per sfuggire e dimenticare…ma non posso. La persona che si ama non v abbandonata…né dimenticata. Va salvata.
 
                                                                                                                                                                            22 Aprile 1943.

Caro Diario,
Ho appena scoperto una cosa orrenda. Il campo dietro casa mia è un campo di sterminio. In quel luogo c’è un ragazzo di cui mi sono innamorata. Quel ragazzo se non viene salvato, verrà ucciso. Ho paura…mai in 16 anni. Voglio proteggerlo, voglio portarlo via da lì. Mentre scrivo, le lacrime bagnano il foglio. Penso a mio padre, agli eserciti. Diario non mi piace più la mia razza. E’ crudele. Elimina persone senza colpa, senza accuse solo perché sono diversi…perché??? Non volevo nascere così… Credo di dover andare ora. Vado a prendere lui…Louis. A presto.
Baci.
Larissa

Corro come una furia, ora sembra che il tempo sia oro. In effetti, lo è. Louis potrebbe essere catturato in qualsiasi momento ed io non voglio. Forse se sanno che sono la figlia di un comandante, lo lasceranno libero. Devo tentare.
Giungo al campo con l’affanno; cerco Louis disperatamente ma non lo trovo. Mi avvicino alla rete e lo vedo dormire dietro la carriola.
- Louis. – lo chiamo ad alta voce. Sussulta dalla sua posizione e mi fissa sorridendo. Cerco di eliminare l’ipotesi di non poter ammirare più il suo sorriso. No! Louis verrà salvato dalla sottoscritta. Si alza e si posiziona di fronte a me in piedi.
- Ciao, Lari. – mi saluta con la sua ingenuità. Tutto a lui è estraneo. Gli afferro la mano da quel buco della rete.
- Devo farti uscire di qui. – gli annuncio sussurrando. Piega la testa di lato come per riflettere su quello che gli ho detto. Ride.
- E perché? – domanda indifferente. Lo guardo ansiosa. Non so come spiegargli.
- Louis questo è un campo di sterminio. – a quelle parole, Louis ritira la mano e si allontana da me accennando un no con la testa. Successivamente la prende tra le mani e si piega sulle ginocchia.
- Non è vero. – il suo sguardo è triste e angosciato. Delle lacrime iniziano ad uscire dai suoi occhi meravigliosi. Inizio a piangere anche io…perché non vuole ascoltarmi?
- Si, ti prego…vieni via con me. – lo incito con le guance umide. Lui si alza e si avvicina alla rete.
- No, non voglio lasciare questo posto. – riprende con tono arrabbiato. – ora ho capito veramente chi sei. Vuoi solo accaparrarti il luogo e buttarmi fuori, eh? Non accadrà, Larissa. – termina. Non aveva capito un bel niente.
Ora inizio piangere sul serio. Piango perché Louis non mi crede e per di più è anche arrabbiato. Asciugo quelle goccioline con la mano dopodiché lo guardo con amore. Lui pare stranito dalla mia espressione.
- Se faccio tutto questo…è perché ti amo, Louis! – gli confesso lasciandolo perplesso. La sua reazione non è quella che mi aspettavo.
- Allora se mi ami, vattene da qui. – risponde con tono duro. Mi allontano lentamente ma dopo inizio a correre e fuggo da lì, da lui.
 
Una settimana dopo
                                                                                                                                                                                        29 Aprile 1943.

Caro Diario,
Come si dice:” Quando si ama qualcuno devi lasciarlo andare” , io così ho fatto. Ho lasciato la cosa più bella che potessi avere. E’ circa una settimana che non vado a trovare Louis al campo. Questo non vuol dire che non mi importi di lui. Sai Diario, prego Dio ogni notte affinché lo protegga e non lo faccia catturare. Voglio che rimanga vivo, voglio rivederlo un giorno…fuori da lì. Vorrei potergli dire davvero quello che lui è per me…ma ora non è il momento. Mi è venuta voglia di vederlo, ci vado o no? Penso di si…ho bisogno di ammirare i suoi occhi e la sua bocca un’ultima volta, prima di sparire dalla sua vita. Addio.
Baci.
Larissa.
 
Non corro, ora ho solo voglia di camminare. Loffy sta giocando con una farfalla, che cucciolo. Mi intrufolo tra gli arbusti e ripercorro quello che per un mese è stato il mio corridoio preferito. Mi avvicino ai tulipani rossi e ne stacco uno. Continuo la mia camminata. Ce l’ho fatta. Sono arrivata.
L’aria è fresca ma il caldo comincia a farsi sentire. Sento una strana sensazione ma cerco di non darle peso. Mi avvicino al mio solito posto ma Louis non c’è. Guardo dietro alla carriola ma lui non c’è. Al suo posto, trovo un foglio bianco…una lettera. Con la mano l’afferro e noto che c’è un incisione a matita leggerissima. “Larissa”. La apro e comincio a leggere.
 
Ciao Lari,
Sono io, quel coglione che si è fatto imbambolare da una stupenda ragazza come te. Ti ho aspettato venerdì, ma non sei venuta. La stessa cosa ho fatto sabato ma tu non ti sei presentata lo stesso. Ho pensato che ti eri ammalata e che quindi non potevi farmi visita. Mi sei mancata un sacco, lo sai? Ho giocato da solo a carta, sasso e forbici ma non c’era sfizio. Non c’era la tua mano sulla mia. Non c’eri tu. Ti ho scritto questa lettera per avvisarti che ho intenzione di venire con te. Anche io ho scoperto di amarti. Voglio passare con te tutto il mio tempo però ho paura che non mi vorrai più visto che mi hanno rasato i capelli. Si! Per avere un pezzo di carta e una matita ho dovuto rinunciare ai miei bellissimi amici castani ma dopotutto, non sono niente in confronto a te. Voglio prepararti una stupenda cena, per riconciliarci. Mia mamma ha sempre lodato le mie doti culinarie e quindi mi sono detto: “Perché non preparo qualcosa di buono per la mia Larissa?”, perciò sono andato al forno per racimolare un po’ di carne. Oggi è giovedì…sai? Il giorno della carne! A presto, non vedo l’ora di rivederti.
Ti amo, piccola Lari.
Tuo, Louis.
 
Non appena finisco di leggere sento di nuovo quel rumore assordante. Le ciminiere cacciano fumo. Il mio sguardo va di nuovo alla lettera. La mia mente non riesce a connettere tutto quello che sta succedendo ma la bocca agisce prima di pensare.
- Louis! – urlo a squarciagola. Il suo nome si leva come un grido, il più forte. Mi accascio a terra piangendo, le lacrime non servono a niente.
E’ stata colpa mia. Louis voleva venire con me ed io non l’ho cercato più. Louis a quest’ora poteva essere ancora vivo. Il Louis sorridente non era più davanti a me. Quegli occhi chiari erano scomparsi, per sempre. Continuai a piangere, non so per quanto tempo…forse per ore. Solo colpa mia. Se non avessimo litigato a quest’ora stavamo giocando a sasso, carta e forbici. Volevo salvarlo e ho finito per ucciderlo. Non merito di esistere, non merito di continuare a vivere. Mi alzo da terra e poso il tulipano rosso accanto alla rete, spicca in mezzo a tutte quelle persone con le righe.
-Dio. – imploro guardando il cielo. – Fammi quello che vuoi, indifferentemente! Tanto lo do che per te io non sono niente. E dammi questo veleno, non aspettar domani che, differentemente, se tu mi uccidi, io non dico niente! – termino con le mani giunte. Voglio che Dio porti via la mia vita…solo così potrò ricongiungermi a quel meraviglioso ragazzo con le righe.

 


ANGOLO AUTRICE :D
Questa One Shot l’ho scritta per ricordare quel giorno, il 27 gennaio 1945. E’ vero, non sono precisa con i tempi ma la giornata della memoria non è solo il 26 Gennaio ma ogni singolo giorno. Oggi mi è passato per testa di mettere per iscritto questa storia, spero vi sia piaciuta. Non è il mio genere. Se è così, mandatemi una recensione!
Buona Lettura <3
 

 
 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: IneedLemons