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Autore: Uragano    03/04/2013    5 recensioni
"[...] Se nasci uragano, non muori col cielo sereno."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ouragan.

Louis,


 

"Se fuori fa freddo, è perché gli uragani sono straripati dagli occhi dei loro guardiani.
Oggi, quelli dimenticati, sono parecchi.  
Ruzzolano dalla pelle.
Come lacrime, solcano le vie proibite delle emozioni..."

Quando Louis chiude il suo diario, si chiede in quanti, alla fermata del Bus, stamane, abbiano pianto anche l'anima.
Tre, quattro, forse sei. Li guarda tutti e, a occhio e croce, sono comunque troppi.
Mrs. Evans è oramai così anziana che forse, di lacrime, non ne ha nemmeno più. Le concede un sorriso grinzoso, come a voler imitare la sua pelle insabbiata da false maree, finte gioie.
Mr. Hudson è ormai così gracile che probabilmente se solo provasse a piangere, franerebbe a terra con i cocci ingialliti della sua vecchiaia. Sorride anche a lui, nonostante tutti i palloni persi e mai riavuti indietro, tutti i biscotti annusati e mai mangiati.
Gli altri sono solo piccole comparse. Visi pallidi e stanchi, entrati nella sua vita e già ansiosi di uscirne. Guarda anche loro, di sfuggita, e alcuni sono così corpulenti che, quasi quasi, hanno visto andar via più di un solo uragano. Cento. L'uomo pelato, dalla giacca malconcia e i pantaloni unti d'olio, forse, addirittura mille. Louis incrocia il suo sguardo burbero e con un soffio va già via, assetato d'aria nuova.
In lontananza, tre cani si rincorrono. L'erba dei prati è spenta, umidiccia. Nessun spicchio di luce fa capolino dai rami intrecciati degli alberi.
"Voglio andarmene da qui, Brah" Sputa qualcuno, e "Via, via, via".
Ma Brah, sempre che quello sia il suo nome, non risponde.
"E' uno schifo" Digrigna ancora "Tutto uno schifo. Andiamo a Londra, Brah. Andiamoci."
Louis si sporge un poco dalla panchina della fermata, il tanto che basta per guardare il volto dei due. Brah è carina, una cascata di ricci neri e due labbra rosse, ma sembra terribilmente stanca di ascoltare l'amico, o chiunque esso sia, che, invece, alto com'è, non fa che andare avanti e indietro e sbattere i piedi.

"Hai sentito il meteo?" Incalza, insisente.
Louis strabuzza gli occhi e si chiede se il ragazzo abbia tutte le rotelle a posto.
"Eh?" Continua.
"No, non l'ho sentito" sospira Brah, finalmente.
"Bene." Ride di gusto "Dicono che è in arrivo una... una tempesta, una bufera, un ciclone!" Disegna un'esplosione con le mani "E io non sono venuto qui per rischiare, Brah. No, no. Io scappo. La faccio finita."

"Uragano!" Strilla, allora, lei, come se ne avesse appena visto uno. "Non c'è nessuna tempesta, nessun ciclone in arrivo. Tu hai solo un enorme, folle, uragano dentro lo stomaco che ti uccide le ossa! E' inutile fuggire. Il nemico è dentro di te e, se non lo sconfiggi, continuerai a portartelo dietro. Per sempre." 

"Se fuori fa freddo, è perché gli uragani sono straripati dagli occhi dei loro guardiani.
Oggi, quelli dimenticati, sono parecchi.
Ruzzolano dalla pelle.
Come lacrime, solcano le vie proibite delle emozioni.
Ma il loro è un viaggio con ritorno.
Non basta una vita.
Se nasci uragano, non muori col cielo sereno."

Quando Louis finisce di scrivere il suo diario, il Bus è già andato via.  Si guarda intorno ed è solo. Non c'è più nessuno. Come ha potuto? Farà tardi anche 'sta volta.
Gli occhi turchini corrono a per di fiato, ma di Brah non c'è più traccia. Solo la sagoma delle parole che è riuscita a suggerirgli con la sua rabbia. Louis avrebbe voluto ringraziarla, ma tanto è inutile. Lei nemmeno lo sa, di averlo aiutato a concludere il vuoto dei suoi pensieri d'inchiostro.
Sfrecciando lungo le strade allagate, si maledice per non aver accettato il passaggio di suo padre. Il tappo della penna tra i denti, la borsa stracolma e l'ombrello che si rompe quando non deve. Si ferma un secondo e gli duole lo stomaco. Gli uragani pesano più di quanto pensasse.
Doncaster non è male come dice quel tipo. Niente a che vedere con Londra, certo, ma correndo per le sue vie, assaporando il ghiaccio dell'aria mattutina, fluttuando nella nebbia urbana, Louis si sente in paradiso. Di più, Louis si sente di più. Dentro ad un libro. Pure se il cielo è sempre grigio e le case sembrano tutte uguali. Pure se piove così tanto che pare non ci siano mai ombrelli a sufficienza.
Doncaster è di più.
E' urgano, e lui è felice di farne parte.
"Tomlinson, panchina" sbraita il coach.
"Ma ho perso il Bus!" 
"Appunto" La vena del collo sembra sul punto di esplodere. Louis la osserva con un certo disgusto e la solita aria beffarda cucita sul viso. 
"Dai, coach, tanto lo sa che se non gioco io, la squadra non vincerà mai"
"Seduto" E non c'è niente al mondo di più fastidioso.
Louis odia Mr. Brown. Odia lui, la sua voce roca, la sua pancia enorme, il modo in cui mastica il suo chewing gum e il suo dare ordini con quel tono che non ammette repliche. A scuola, tutti lo chiamano "La Cosa", come l'eroe dei Fantastici 4, ma la verità è che non fa paura a nessuno, tanto meno a lui.
Che poi Brown è un colore e come cognome non ci azzecca un bel niente, ed è assurdo che un allenatore di calcio mangi così tanto da non avere nemmeno più il collo.
"Tomlinson, in campo"
"Ma ha appena detto.."
"In campo"
E forse, più che uragani, alcuni, nello stomaco, hanno solo un mare di acidità.


L'uragano, Louis, lo immagina verde.
Verde, come i calzettoni che indossa oggi.
Verde, come l'erbetta del campo da calcio.
Verde, come gli occhi di Harry.
E sono occhi, quelli, che non sembrano finire mai. Smeraldi impigliati fra le ciglia. Fotografie d'una vita passata. 
Ogni volta che li guarda, Louis, vede l'essenza della vita, gli sembra di riuscire a leggere i passi incerti dei suoi silenzi più bui.
Fiumi di parole sgorgano e forse sono troppe per un cuore solo, forse potrebbe provare ad aiutarlo. 
A scuola, tutti dicono che è uno sfigato e che gli sfigati sono contagiosi, ma la verità è che Harry è solo strano. E "strano" è bello, è nuovo, è originale. E "strano" sarebbe anche un bel nome, per un uragano.
Oggi è lì, in mensa. Seduto al suo tavolo, quello più lontano, nell'angolo più buio della sala. Beve il caffé e mangia un muffin che, probabilmente, ha comperato allo Starbucks vicino.
Manovra la sua macchina fotografica professionale e sorride, come se non esistesse altro al mondo. I ricci si affacciano dalla cuffia di lana e la pelle nivea sbuca dallo scollo a V del maglione blu. Le labbra imbronciate e l'aria da bambino. 
Un diario non basterebbe, per scrivere di lui. 
Nessun inchiostro saprebbe descriverne l'immensità. Finirebbe con il consumarsi, con il perdersi, e Louis sa che i giorni potrebbero poi ingiallirsi come le pagine, cadere a terra come foglie stropicciate dal vento e andare via, volare altrove, consumare chi è senza patria, e nessuno gli garantisce che riuscirebbe anche a vivere senza, che in lui non vi sia l'animo che lo dirige, l'ardore che alimenta le sue passioni. Potrebbe anche essere la sua forza gravitazionale, quel gioco che spinge, spinge, ma ti salva sempre un secondo prima di schiantarti a terra. Magari è l'equilibrio che vorrebbe, quello necessario per non farsi mai male abbastanza, quello senza il quale, una volta passato l'uragano, non si respira più.


"Ciao, Harry. 
Io sono Louis e catturo parole."

Ma è già suonata la campanella. 
Ma gli uragani verdi son più difficili da vincere.









  
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