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Autore: Faffina    03/04/2013    10 recensioni
C'è Daniel che è sempre stato etero.
Scott è gay ma non lo sa nessuno.
Gabriel, bello e ricco, è deciso a vedere il mondo da solo.
Ely, dalle ciglia lunghe e dai lineamenti delicati rischia di sembrare ciò che non è.
Kyle è scappato da casa all'età di 15 anni e non sa nemmeno più da cosa sta fuggendo.
Cinque ragazzi che vogliono iniziare una nuova vita a New York. Quattro di loro nascondono un segreto.
Scappano spinti dal bisogno di stare soli, senza sapere che è proprio la cosa da cui fuggono.
Impareranno a conoscere sé stessi, la paura, l'odio, l'amore e il sesso, che a volte si nascondono dietro l'amicizia.
Quando Dan alzò lo sguardo, Scott aveva le lacrime agli occhi. Abbassò il viso sulla sua pizza per nasconderle. Un posto in cui sentirsi a casa. Non era ciò che cercavano tutti?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 6

Lasciarsi andare

 

 

Live your life with arms wide open
today is where your book begins
the rest is still unwritten

Natasha Bedingfield - Unwritten

 

 

Il foglio misterioso ed il biglietto erano stati scritti dalla sua ex, ma questo non spiegava nulla. Scott non ebbe tempo per rifletterci che Gabriel si sporse oltre il bordo del divano e vomitò sul pavimento, mancando di un soffio le sue scarpe. «Oh, merda» lo sentì mormorare prima di appoggiare la testa sulle sue ginocchia con un lamento. Scott lo osservò preoccupato, che il miscuglio di antidolorifici e alcool gli avesse fatto male? Anche lui si sentiva ubriaco, ma non così ubriaco.
«Ehi Gabe, ti senti male? Andiamo a dormire» mormorò picchiettandogli la guancia con un dito per fargli riaprire gli occhi. Daniel alzò lo sguardo al cielo. «Lascia che dorma sul divano, scommetto che non riesce nemmeno a reggersi in piedi» disse e si diresse verso la propria stanza, schivando abilmente le bottiglie di birra vuote che costellavano il pavimento. A quanto pare i giochi erano finiti, avrebbe avuto un'altra domanda da fare a Scott, era una cosa che gli era balenata in testa in quel momento, forse dovuta al troppo bere, ma l'avrebbe tenuta per un momento migliore.
Raggiunse il suo letto e vi si buttò sopra ancora completamente vestito, magari sarebbe riuscito a farsi una notte di sonno decente, senza strani pensieri a tormentarlo. Fu allora che tornò, familiare e non richiesta, l'immagine delle labbra morbide di Ely, il loro sapore, lo scintillio malizioso nei suoi occhi, la voce bassa e un po' roca che gli sussurrava di chiamarlo quando avrebbe voluto rivederlo.
No dannazione, non voleva vederlo. Anche se il suo corpo diceva il contrario. Strofinò nervoso il gonfiore che riempiva i suoi jeans, un'eccitazione che nemmeno due bottiglie di birra e vodka erano riuscite a placare.

 

Scott aggiustò il braccio di Gabriel intorno alle proprie spalle e lo rimise in piedi a fatica, erano alti uguali, ma Gabriel era più grosso e più pesante, allenato da anni di sport, non sarebbe riuscito a trascinarlo fino al letto. Per fortuna il ragazzo si dimostrò più lucido di quanto sembrasse e riuscì a barcollare fino alla propria stanza aggrappandosi alla spalla di Scott e appoggiando cautamente il gesso in terra con una serie di smorfie. Zoppicò fino al letto e vi si lasciò cadere con un sospiro «Non mi sento per niente bene » disse con la faccia sprofondata nel cuscino. C'era qualcosa nel suo tono che fece esitare Scott, in qualche modo capì che non si riferiva solamente all'alcol. Probabilmente era stato lui, che con le sue domande aveva riportato a galla un dolore che avrebbe voluto dimenticare. Si inginocchiò accanto al letto in modo da essere alla stessa altezza di Gabriel «Vuoi che ti porti qualcosa, cosa posso fare?»
Finalmente il ragazzo alzò il viso dal cuscino e lo squadrò socchiudendo gli occhi verdi «Adesso sì che mi sembri l'infermiera Gill» sorrise, nascondendo ogni traccia di dolore dallo sguardo. Poi tornò serio «Resta ancora un po'» gli disse, facendosi più in là nel letto. Per un attimo quel ragazzo bellissimo e misterioso gli apparve fragile e provò di nuovo il senso di protezione che aveva sentito vedendolo all'ospedale.
Come poteva pensare di proteggere qualcuno? Lui, che non riusciva nemmeno a guardarsi negli occhi allo specchio, che non era riuscito ad ammettere chi era nemmeno con il suo migliore amico. Tuttavia si sdraiò accanto a Gabriel, sfiorando il suo petto con la spalla e rimanendo a pancia in su a guardare il soffitto in attesa che l'altro si addormentasse. Poteva sentire il suo sguardo su di sé e il respiro che gli faceva sfiorare il suo braccio.
«Dovresti tagliarti i capelli» mormorò Gabriel a pochi centimetri dal suo orecchio, allungando una mano e sollevandogli una ciocca scura che arrivava a solleticargli il collo. «Ti porterò da un tizio che conosco, è bravo ed è un amico.» Gabriel alzò lo sguardo su di lui e sorrise. «Ed ora qualcosa per conciliare il sonno» disse allungando una mano sotto il letto ed estraendo un posacenere con una sigaretta rollata a mano ed un accendino.
Prima che Scott potesse obiettare se ne era infilato un'estremità in bocca e l'aveva accesa con gesti automatici e precisi. Il caratteristico aroma di marijuana si diffuse per la stanza, intenso ma non fastidioso; Gabriel chiuse gli occhi inspirando profondamente e soffiando fuori il fumo con grande concentrazione.
«Hai mai fumato?» chiese Gabriel senza riaprire gli occhi.
«No» rispose Scott a bassa voce, si sentì in imbarazzo ad ammetterlo e si maledisse per questo.
L'amico gli passò la canna senza parlare e lui la prese con le dita che tremavano leggermente, era così leggera e fragile che ebbe paura di rovinarla o farla cadere. Non aveva mai voluto fumare prima, suo padre era contrario e non l'avrebbe perdonato se lo avesse sorpreso a farlo. Aspirò cautamente sentendo il fumo rovente bruciargli la gola e piccoli fastidiosi grumi fermarsi in bocca dopo aver oltrepassato il filtro arrotolato grossolanamente. Aspirò un paio di volte in maniera superficiale, fermandosi appena prima di iniziare a tossire e la restituì al proprietario. La testa gli girava leggermente ma era probabilmente colpa dell'alcol «Non sento niente».
Gabriel non rispose, era immobile ad occhi chiusi e fumava con movimenti lenti e regolari, quasi ipnotici. Chissà cosa gli passava per la testa?
Spense la canna terminata nel posacenere e si mise più comodo, ripiegando un braccio sotto la testa. Stranamente Scott non era a disagio, forse era l'effetto dell'alcol, o del fumo, ma la presenza di un altro corpo contro al suo aveva qualcosa di rassicurante. Probabilmente era lo stesso anche per Gabriel, che dopo un attimo chiuse gli occhi e abbandonò la testa sul cuscino. Forse sarebbe stato il momento giusto per andarsene, ma cullato dai respiri regolari di Gabriel anche Scott si addormentò.

 

Il mattino successivo Ely si alzò di buon ora e si preparò in silenzio, era di turno al bar in cui aveva trovato lavoro part time ed iniziava alle sette. Era un lavoro piacevole, un bar piccolo ma affollato di turisti e uomini d'affari. Le persone erano sempre troppo di fretta o troppo distratte per fermarsi a far caso a lui, e quello era il pregio più grande. Gli piaceva osservare senza essere osservato, era attento a tutto ciò che lo circondava come solo un animo artistico sa essere. Aveva imparato a riconoscere l'uomo che si sedeva sempre nell'angolo e faceva lunghe telefonate ad una fidanzata lontana, la donna di mezza età che veniva sempre alle dieci in punto e si metteva a scrivere su un portatile sorseggiando almeno due cappuccini di fila. Era impossibile non notarla, con i capelli rossi cotonati e le dita cicciotte coperte da anelli vistosi. Chissà se sarebbe mai diventata famosa. Un po' sarebbe stato anche merito suo e del suo cappuccino. Quel mattino erano già le dieci e cinque e ancora non si era presentata, lanciò un'occhiata alla porta e ciò che vide lo lasciò di stucco. Daniel?

Dan si era alzato con i postumi di una sbronza, ma con una luce risoluta negli occhi, era deciso a chiudere quella questione in sospeso una volta per tutte, poi finalmente sarebbe riuscito di nuovo a dormire bene. I sogni degli ultimi giorni lo avevano tormentato anche da sveglio.
Un'ora dopo varcava la soglia del piccolo bar in cui era sicuro che Ely lavorasse. Era dietro il bancone, infatti, e stava passando una spugna umida sulla macchinetta per il caffè, approfittando di un attimo di calma. Si accorse subito di lui e per qualche secondo rimase a fissarlo con gli occhi azzurri sgranati, prima di riscuotersi e raggiungerlo. «Daniel, che sorpresa, cosa ti porto?» gli chiese facendolo accomodare ad un tavolino. Indossava una camicia nera con le maniche arrotolate, un grembiule rosso scuro legato attorno ai fianchi sottili e una targhetta argentata con scritto "Elijah" gli brillava sul petto. Era molto professionale, sempre aggraziato e... bello.
«Io voglio... voglio un caffè. Per favore.» Dan incespicò nelle parole, vittima di nuovo della strana timidezza che gli incuteva quel ragazzo. In realtà voleva solo parlargli, ma ormai che era lì poteva anche bere un caffè. Dopo pochi minuti Ely ritornò, con una tazzina in equilibrio su un vassoio. Scivolava nel poco spazio tra i tavoli con grazia e leggerezza, quasi come se stesse ballando. Chissà se ne era capace.
«Sai ballare?» chiese senza pensarci.
Ely ridacchiò perplesso «Sì, direi di sì. Perché? Vuoi portarmi a ballare?» ondeggiò scherzosamente i fianchi proprio all'altezza degli occhi di Dan, che distolse lo sguardo arrossendo. «No! Era solo curiosità» borbottò abbassando la testa sulla tazzina. Dicevano che chi era bravo a ballare lo era anche a letto. Allora lui doveva fare schifo in entrambe le cose. Non aveva la leggerezza e la sensualità inconsapevole di Ely. Solo il pensiero di Ely a letto gli provocò un miscuglio si sensazioni contrastanti.
Lo afferrò per un braccio un attimo prima che tornasse al bancone e finalmente riuscì a fissare quegli occhi azzurri e limpidi. «Dobbiamo parlare» sussurrò Dan.
Ely annuì «Tra dieci minuti vado in pausa. Aspettami» la sua voce era tranquilla, ma quegli occhi sempre troppo sinceri non riuscirono a nascondere un barlume di apprensione.
Dan attese in silenzio per cinque minuti che sembrarono eterni, cercando di farsi venire in mente il motivo per cui si era precipitato nel bar. Dovevano parlare, ok, ma come fare a tradurre in parole tutto ciò che stava passando? Si maledisse per essersi lasciato prendere dall'impulsività, avrebbe dovuto capirlo che non era una buona idea. Improvvisamente il caffè ormai freddo gli diede un senso di nausea, e i minuti presero a scorrere troppo rapidamente. Senza riflettere lasciò qualche moneta sul tavolino e si precipitò fuori dal bar, scontrandosi con una donna grassa dai capelli rossi che entrava proprio in quel momento.

«Buongiorno, il solito cappuccino per favore.»
«Arriva subito, si accomodi pure.» Ely sorrise affabile alla donna che era appena entrata, mentre un altro barista gli batteva sulla spalla «Vai pure in pausa, non ti sei ancora fermato un attimo.»
Fu solo in quel momento che alzò lo sguardo sul tavolino all'angolo. Daniel se ne era andato.
Ely passò le successive quattro ore a chiedersi cosa lo avesse spinto ad arrivare fin lì per poi sparire nel nulla, ma era un lato di Dan che non gli dispiaceva, quel suo essere sempre vittima dei suoi sentimenti. Tutte le volte che lo guardava negli occhi vedeva agitarsi in lui decine di emozioni contrastanti. Sperava solo che riuscisse a trovare un ordine in quel caos prima o poi. Per quanto lo riguardava Dan gli piaceva, gli piaceva un po' troppo, forse. Era rischioso innamorarsi di un ragazzo etero, ma non era stata una scelta.
Ci stava ancora pensando quando lasciò il bar alla fine del turno, era indeciso se andare a casa e chiamarlo o raggiungere Kyle nel posto in cui sapeva di trovarlo a suonare. Si incamminò pensieroso sfiorando il muro con le dita nello stretto passaggio tra due palazzi, prendendo la strada più breve per la metropolitana quando un braccio lo afferrò con violenza e lo costrinse a voltarsi.
Il cuore di Ely prese a battere più forte, preparandosi alla fuga, ma non si trattava di uno sconosciuto.
«Merda, Daniel! Mi hai spaventato.» Smise di strattonare il braccio ancora stretto nella presa ed alzò gli occhi su di lui. «Cosa ci fai qui? Prima sei fuggito.»
«Lo so, mi dispiace, io...» la voce di Dan si spense, era così vicino che nei suoi occhi poté leggere paura e confusione. Poi prese Ely per le spalle, spingendolo bruscamente conto il muro, e lo baciò.
Ely sgranò gli occhi e Dan premette con più forza le labbra sulle sue, fu un contatto inaspettato e un po' rude. Le sue mani risalirono fino ad infilarsi tra i suoi capelli, stranamente delicate, e lo sentì sospirare approfondendo il bacio. Ely rispose, scuotendosi dalla sorpresa e socchiudendo le labbra, era diverso dalle volte precedenti, finalmente Dan si lasciava andare. Finalmente sentiva che lo voleva. Gli circondò il collo con le braccia, attirandolo più vicino e facendo aderire il petto al suo, entrambi avevano il respiro affannato e le mani leggermente tremanti mentre si esploravano e si accarezzavano.
Fu Dan a staccarsi per primo, ancora sotto shock per ciò che aveva fatto. Tolse lentamente le mani dai capelli di Ely e si allontanò di un passo. Nel silenzio si potevano udire chiaramente i rumori del traffico sulla strada principale e quello dei loro respiri affannati.
Ely si decise a parlare per primo. «Era questo che mi volevi dire?» chiese con il suo immancabile sorriso che mise di nuovo in evidenza la piccola fossetta sulla guancia sinistra.
«A dir la verità sono uscito di casa e sono venuto qui senza sapere cosa volessi di preciso» ammise Dan.
«Forse tu no, ma mi sembra che il tuo corpo lo sappia.» Sorrise e Dan arrossì, una leggera spruzzata di colore che gli inondò il viso rendendolo ancora più carino. O almeno così pensò Ely, che guardandolo si sentì per un attimo incredibilmente felice. Gli passò una mano sul volto, tracciandone i contorni per imprimerselo bene nella memoria, già pensando a come l'avrebbe disegnato.

 

Il rumore dei clacson e il vociare indistinto delle persone segnalarono un probabile ingorgo sulla strada. Fu questo a svegliare Scott, o il borbottio di Gabriel al suo orecchio. Ritornò alla realtà emergendo da un sogno nebuloso in cui suo padre imprecava contro tutti i froci del mondo e gli sbatteva la porta di casa davanti.
Dopo un attimo di smarrimento il suo cuore si calmò e i brandelli dell'incubo iniziarono impercettibilmente a svanire dalla memoria; la testa gli faceva male e aveva la gola secca ed amara. Ci mise un minuto a realizzare la presenza di Gabriel di fianco a lui, con i capelli castani incollati alla fronte dal sudore ed un'espressione corrucciata era ancora perfettamente addormentato. Scott avrebbe voluto alzarsi senza svegliarlo e sgattaiolare nella propria stanza, ma nel sonno la gamba sana di Gabriel si era intrecciata alle sue rendendogli impossibile la fuga.
A giudicare dalla luce che inondava la stanza attraverso le imposte rimaste aperte, doveva essere almeno mezzogiorno. L'alcol li aveva storditi tanto da fargli perdere la cognizione del tempo che passava. Sfilò la spalla da sotto la testa di Gabriel, e spostò delicatamente la gamba che lo teneva bloccato, ma il ragazzo probabilmente aveva dormito abbastanza, perché si stiracchiò ed aprì gli occhi.
«Ma che...» Si voltò verso di lui con un'espressione interrogativa negli occhi verdi.
«Scusa, mi sono addormentato.» Scott arrossì in preda all'imbarazzo, sperando che Gabriel ricordasse di essere stato lui a chiedergli di rimanere.
«Non c'è problema, non mi ricordo cosa fai qui, ma presumo che ci debba essere un'ottima spiegazione.» Disse Gabriel con l'intento di rassicurarlo, passandosi le mani tra i capelli arruffati. Scott arrossì ancora di più e prese a balbettare, scatenando le risate di Gabriel.
«Certo che c’è un’ottima spiegazione. Mi hai chiesto tu di rimanere!» disse Scott distogliendo lo sguardo.
Questo sembrò mettere a tacere Gabriel, che si fissò le mani «E perché?» chiese in tono neutro.
«Non lo so.» Scott scosse la testa, più tempo passava insieme a quel ragazzo e meno gli sembrava di conoscerlo. C’era qualcosa di imprevedibile in tutto ciò che diceva e faceva. Il fatto che fosse così misterioso, però, riusciva solo ad accrescere la sua curiosità nei suoi confronti.

 

 

 

______________________

* Angolo dell’Autrice *

Ciao bellissime ragazze che mi seguite! Scusate il filino di ritardo. E’ vero che non do mai una data per l’aggiornamento, ma sono andata un po’ oltre la settimana che mi prefisso sempre. A mia discolpa c’è che tra Pasqua, Pasquetta e compagnia bella sono stata un bel po’ fuori casa.

Un’altra cosa che mi sa che non mi perdonerete è il fatto che Kyle in questo capitolo non compaia. E’ triste anche lui, lo so! Ma inserirlo sarebbe stata una forzatura. Consolatevi, la settimana prossima scoprirete cosa facevano i brutti ceffi sulle sue tracce :) E come lo scoprirete… eheh!

Vi ringrazio come sempre per non avermi fatto mai mancare il vostro appoggio! Poi ringrazio le 25 persone che mi seguono, tutti coloro che mi ricordano/preferiscono e anche chi legge.

Un abbraccio speciale va alle ragazze che perdono qualche minuto per farmi sapere cosa ne pensano. Non mi stancherò mai di ribadire l’importanza delle recensioni. Non tanto numericamente, ma la carica e il buon umore che mi danno è fondamentale (e in questo periodo ne ho davvero bisogno…)

Domanda della settimana: Gabriel vi piace o lo prendereste a schiaffi? :) Io sotto sotto credo di adorarlo ^^ 

A presto belle fanciulle!

Un bacio

Faf

   
 
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