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Autore: Lotiel    03/04/2013    11 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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02
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02 - Un vecchio amico


Osaka
 
Era una casetta nella periferia di Osaka, a due piani e un meraviglioso giardino. Bianca, come la maggior parte delle case in quella zona.
Reila camminava tranquillamente, con i suoi inseparabili occhiali e il trench color kaki chiuso per bene sulla vita. Tirava un po’ di vento in quella stagione, ma non faceva tanto freddo.
Quello che non si notava dai gesti di Reila era il guardarsi sui due lati scoperti e ogni tanto le spalle, lo faceva sembrare un comportamento molto naturale.
Quando arrivò alla casetta bianca, che conosceva bene, premette il pulsante del citofono. Attese qualche istante prima che una voce dall’interno si facesse viva.
-Sì?
-I ciliegi in fiore sono bellissimi.
Reila conosceva bene la parola d’ordine per farsi riconoscere. Ma a Jin non serviva tutta quella trafila, avrebbe riconosciuto la voce della donna anche mascherata da qualche apparecchio.
Il cancelletto della casa si aprì e Reila, attenta a non inciampare a quel solito gradino, percorse il vialetto fino alla porta che si era dischiusa.
Entrò all’interno e subito abbracciò calorosamente il proprietario di casa, poco più basso di lei.
Jin era un signore di mezza età che era stato insieme al padre di Reila nell’esercito e del quale nutriva una profonda stima. Ormai prossimo ai sessant’anni, Jin era ormai distrutto dall’artrite e dai reumatismi, venuti precocemente.
-Jin, che piacere vederti.
Reila sorrise, contenta di rivedere il suo vecchio tutore. Erano ormai due anni che non gli faceva una visita.
-Non posso dire altrettanto, Reila.
Disse Jin, chinando leggermente il capo. Reila rimase interdetta per qualche istante.
-So perché sei venuta da me e non è certo per una visita di cortesia.
Reila storse le labbra portando lo sguardo verso il volto di Jin. Sapeva bene cosa volesse intendere il suo tutore, ma la decisione ormai l’aveva presa.
-Ti prometto che questa sarà l’ultima volta. Ho bisogno di lei.
Reila sorrise nel pronunciare quella frase, ma in cuor suo sapeva che non si sarebbe mai liberata di quella vita. Ormai l’aveva assorbita interamente e né Jin, né George avrebbero potuto farle cambiare idea.
Jin la guardò perplesso. Sapeva come la ragazza ragionava, però in quel momento voleva crederle. Il problema è che Jin sapeva bene che non sarebbe servito a salvarla dal guaio in cui si sarebbe messa da lì a poco.
-Seguimi.
 
__________________


Reila si rigirava nel letto senza riuscire a chiudere occhio. Come quando faceva un tempo, si era rifugiata per una notte a casa di Jin.
Fissava il soffitto e stringeva le coperte tra le mani. I suoi pensieri andarono a ciò che avrebbe fatto. E dire che aveva deciso di metterci una pietra sopra a tutta quella storia, almeno da quando aveva saputo che Dmìtrij era morto.
Un morsa prese il suo cuore, all’improvviso. Il solo pensare a lui la faceva ancora star male e non riusciva a togliersi il suo fantasma da davanti gli occhi in quell’ultimo istante, quando lo aveva ucciso.
 
Reila avvicinò la propria bocca a quella dell’uomo. Voleva ancora il suo sapore sulle labbra e il suo calore sul proprio corpo.
 
La donna non riusciva a pensare ad altro e l’immagine dell’uomo che la teneva stretta a sé, anche per qualche istante, non era scomparso. Era come se le avesse lasciato un pezzo di sé a torturarla nei giorni a venire. Continuava a tormentarsi per ciò che aveva fatto.
Si alzò dal letto e accese la luce, portandosi verso la finestra. Reila aveva scostato le tende con una mano e lo sguardo sfiorò quelle stesse mani che ancora ricordavano.
Le immagini si sovraffollarono e si confusero tra loro. Vorticarono rendendola cieca alla realtà per qualche istante. Era cose se stesse rivivendo alcuni ricordi, ma non erano tali. Erano veri, tangibili.
Le capitava spesso. I fantasmi del passato non avrebbero mai cessato di presentarsi.
Reila guardò fuori, nella notte, mentre le luci di una timida alba cominciavano ad intravedersi all’orizzonte. Era arrivato il momento di andare.
-Riuscirò a dimenticare tutto.
Lo disse a bassa voce. Una promessa che fece a se stessa e che doveva assolutamente mantenere.
 

Kyoto
 
Ricordava bene le parole di Jin. Non avrebbe mai potuto dimenticarle. Gliele aveva dette nel momento in cui aveva nuovamente stretto tra le sue mani la sua fedele compagna, lei almeno non l’aveva mai tradita.
-Reila, ricordati quello che mi hai promesso.
L’assassina aveva solo annuito e per qualche istante era rimasta in silenzio, accarezzando la canna lucida di Firestorm, come l’aveva chiamata. Quando ti affezioni ad una cosa, non si può resistere nel darle un nome. Sia pure un oggetto freddo e pericoloso.
A Jin gli aveva risposto di non preoccuparsi, che tutto sarebbe filato liscio. Che presto sarebbero ritornati ad essere una famiglia felice, come tantissimo tempo fa.
Reila camminava per le vie di Kyoto distrattamente e qualche volta era andata a sbattere anche contro qualche passante.
Quegli occhiali scuri le coprivano il volto, per paura che qualcuno la riconoscesse. Aveva fatto scintille un giorno nella cittadina di Kyoto e ancora se ne ricordava. Al solo pensiero un sorriso le sfuggì dalle labbra rosse come il sangue. A quegli occhi imploranti che aveva lasciato vivere.
Scosse il capo a scacciare quel pensiero. Era stata l’unica volta che si era lasciata sfuggire un’emozione, ma dopotutto, a quel tempo, era ancora all’inizio della sua carriera.
Quel giorno era stato abbastanza emozionante ed eclatante, tanto che i giornali ne parlarono per giorni e giorni. Per Reila era stato un lavoro come tutti gli altri.
Già, anche Dmìtrij era stato un lavoro come gli altri, solo che ci era rimasta scottata pesantemente.
Sul viso di Reila comparve un velo di tristezza, cosa che non volle per nulla nascondere anche perché nessuno l’avrebbe mai vista. Era una passante come tutti, solo con un po’ di tristezza ancora viva nel cuore.
La donna prese un profondo respiro, spostando la mano destra verso il fodero della pistola. Le infondeva sicurezza e null’altro l’avrebbe fatta calmare come faceva quel pezzo di metallo.
Era la sua garanzia ad una vita migliore in quel momento. Anche se lei non ci aveva mai creduto a questa favola.
Si soffermò per qualche istante, alzando il capo verso l’alto, guardando la croce sulla diocesi di Kyoto.
Quante volte aveva sperato di potersi sposare ed avere una vita senza rimpianti e ripensamenti.
Forse lei non era destinata ad avere tutto questo, era destinata solo a rovinare la vita a quelle persone che lei stessa invidiava.
Poi, dopo Dmìtrij era arrivato di nuovo George.
A quel pensiero si soffermò per qualche istante. Strinse leggermente le labbra e sorrise appena. Nonostante non fosse felice, non era quello che voleva, ma si era arresa all’idea che, forse, era lui l’uomo con cui doveva dividere quella misera esistenza.
Fatta di sotterfugi e incontri al buio. Non era questo però, non era quello che lei voleva e in un momento nel quale si sentiva così debole, George sembrava l’unica ancora di salvezza. Quella della disperazione.
Ora doveva concentrarsi solo a quello che era venuta a fare in Giappone e più precisamente a Kyoto, la sua città di origine.
Alzò nuovamente il capo e notò che il cielo si stava rabbuiando. Avrebbe agito da lì a poche ore e forse qualcosa sarebbe successo. Dipendeva tutto dalla sua capacità di dimenticare il passato.
Reila iniziò nuovamente a camminare. I suoi passi più decisi e i suoi movimenti più femminili, così come aveva dovuto imparare per far cadere gli uomini ai suoi piedi e poterli uccidere.
La donna sentiva dentro di sé qualcosa, non sapeva dargli forma e nome, ma sentiva che sarebbe successo qualcosa. Scosse il capo, sorridendo a quel pensiero. Sapeva bene che non sarebbe successo niente, anche perché sapeva fare il suo sporco lavoro.
 
__________________

Si era nascosta dietro le tende. Attendeva nella penombra della stanza il suo obiettivo. Sapeva che sarebbe arrivato da solo e che sarebbe stato molto semplice prenderlo di sorpresa.
In Russia era stata braccata e a stento era riuscita a sfuggire agli uomini di Natasha. Era stato debilitante e faticoso, ma alla fine era riuscita a tornare in Giappone, per poter risolvere quel piccolo problema scaturito a Mosca.
Sentì improvvisamente dei passi che si avvicinavano alla porta dell’appartamento. Si era acquattata ancora di più contro la finestra, sua unica via di fuga.
L’uomo entrò. Natasha era ai suoi comandi, poiché la donna fredda e calcolatrice non era solo una proprietaria di bordelli, ma era quella che forniva le armi e la droga all’uomo che avrebbe dovuto uccidere.
Dopo che Natasha aveva divulgato la descrizione del suo volto alle persone che erano in affari con lei, tra cui lo zio di Dmìtrij, Reila era dovuta scappare con la coda tra le gambe. Era stata braccata per tutta la Russia e adesso, ne era sicura, che altri erano sulle sue tracce. Doveva solo arrivare per prima. Pensavano volesse sabotare la loro missione, ma era stato solo un tremendo malinteso.
Solo un inutile malinteso.
Ora il suo uomo, Hideori, era a pochi passi da lei, che stava sollevando il bicchiere di whisky che si era preparato.
Ma altri passi sentì improvvisamente dirigersi verso la porta e Hideori, dopo che aveva sentito bussare, si era diretto verso l’uscio per aprire.
Reila strinse le labbra e si acquattò di più contro il muro. Questo imprevisto non ci voleva. Stringeva Firestorm nella mano destra come se fosse la sua unica ancora di salvezza e in effetti in quel momento lo era. Se fosse stato necessario avrebbe ucciso entrambi. Anche perché era la prima volta che era lei a decidere il bersaglio, la prima volta che gli ordini erano dettati solo dalla sua testa.
Prese un profondo respiro, attenta ad ogni movimento e rumore sospetto. Sentì nuovamente Hideori ritornare indietro e al suo seguito un altro uomo, dalla sua posizione non poteva distinguerne i tratti.
Non passò che un istante, il tempo di ideare un piano secondario per poterne uscire illesa, che sentì vibrare un colpo sordo e un corpo cadere a terra pesantemente.
Reila strabuzzò gli occhi, non avendo al momento il coraggio di uscire fuori dal suo nascondiglio. Strinse con più veemenza la pistola e sbirciò attraverso la tenda per vedere ciò che era successo.
-Reila.
La sua sorpresa si fece palese e sul suo volto accrebbe la paura di non comprendere quello che stava succedendo.
Sentì che i passi dell’uomo che era entrato con Hideori si avvicinavano a lei, senza avere la forza di reagire. Era stata troppo in inattività per avere la forza di andare e scappare. Ma la voce dell’uomo era tremendamente familiare, un uomo che si perdeva nei suoi ricordi.
E poi una domanda le affiorava nella mente. Come faceva a sapere che lei era lì?
L’uomo scostò la tenda e Reila, presente a se stessa, gli punto Firestorm alla testa, proprio in mezzo agli occhi. Alla fine era rinsavita, doveva pensare alla sua vita adesso. Ma proprio quando lei stava per premere il grilletto, la mano libera dell’uomo la disarmò e sentì la presa vigorosa sul polso bloccandola contro il proprio corpo, puntandole alla tempia la stessa pistola che aveva ucciso Hideori.
Reila, nel riconoscerlo, le si bloccò la voce in gola, sgranando gli occhi come se avesse visto un fantasma.
-Ka... jiro.
Reila fece uscire quel nome come vomitato dai meandri della sua mente. Cercò di guardarsi intorno senza avere a portata di sguardo la sua Firestorm, l’unico essere capace di difenderla adesso.
-Rivedermi non ti fa piacere?
La voce dell’uomo dagli occhi nocciola e dalla forma di mandorla appena accennata, la fece trasalire. Aveva fatto crescere i suoi capelli castani e i tratti erano come quelli di lei, molto occidentali, anche se c’era la predominante orientale.
Le labbra sottili di Kajiro erano stirate in un sorriso appena accennato.
-Non in questo modo e non in questa situazione.
Reila aveva ponderato per bene le parole da dirgli. Lui era l’unico che l’aveva sconfitta e l’unico a cui aveva risparmiato la vita.
La presa dell’uomo sui polsi di Reila si fece più prepotente per farla avvicinare abbastanza al proprio volto. Reila aveva accennato una smorfia di dolore sul volto pallido e scostò il viso più che poté dalla vicinanza che lui aveva assicurato.
-Ti dispiace che io sia diventato ciò che sono?
Reila non poté far altro che annuire e lasciare un sospiro che le provocò la stretta particolarmente violenta dell’uomo.
-Non pensavo che avresti scelto questa strada. Se lo avessi saputo, non ti avrei lasciato vivere.
Kajiro non fece altro che sorridere e rilasciare la presa da Reila pian piano, in modo che il sangue refluisse lentamente nelle mani della donna e che l’odore di lei gli si insinuasse nelle narici.
-Non sei cambiata per niente, Reila.
Reila corrugò leggermente le sopracciglia, ma non rispose. Il quel periodo era cambiata molto, ma cosa poteva saperne un pivello di ciò che era diventata ormai la sua vita?
L’assassina raccolse la sua pistola, riponendola nel fodero. Voltò le spalle all’uomo, sapeva bene che non le avrebbe fatto del male, almeno per adesso.
Reila non rispose, si limitò a spostare lo sguardo verso il basso. Persa nei ricordi di quegli ultimi anni. Non fece neanche caso a Kajiro che si era avvicinato talmente tanto da farle sentire il proprio alito sul collo.
-Ho una cosa da dirti.
La voce dell’uomo era bassa e il volto di Reila si fece più duro. Prese un profondo respiro e si voltò di scatto, facendo in modo di guardare Kajiro negli occhi e carpire le parole che le voleva dire, prima che lui pronunciasse realmente qualcosa.
Reila, nel volto dell’uomo, lesse qualcosa e fece qualche passo indietro.
-Mi hanno chiesto di ucciderti.
Reila non rispose, di rimando però le labbra si curvarono in un leggero sorriso. Naturalmente non si poteva uccidere facilmente chi uccideva per mestiere.
-E credi di potercela fare, Kajiro?!
L’uomo non poté far altro che spostare il suo peso sulla mano che si era appena poggiata al muro e guardare l’assassina con sicurezza. Reila non si era minimamente accorta che era finita con le spalle contro la parete.
-Oggi no, ho prima un conto da regolare con te e poi ti devo un favore.
Reila era bloccata tra il muro e l’assassino, e non poteva muoversi perché qualsiasi via le era stata preclusa. Ciò che non le piaceva di Kajiro era la voce, le faceva tremare le gambe e non per qualche emozione, assolutamente. Non sapeva dare il nome a ciò che provava.
-Allora fammi passare.
Sostenne lo sguardo di Kajiro fino in fondo senza più una parola, tanto che lui si scostò poco dopo alzando le mani in segno di resa.
Reila, senza voltarsi, uscì proprio da dove era entrata, dalla finestra, che fortunatamente era situata anche al piano terra. Non rivolse nessuna parola prima di andarsene, né Kajiro provò a fiatare. Non voleva sapere cosa l’aspettava, non ne aveva voglia.
Ora aveva solo un nuovo nemico da mettere sulla lista e naturalmente, questa volta, non avrebbe avuto rimorsi ad ucciderlo.
yin yang vettore

Per saperne di più

Osaka: (Ōsaka-shi, (letteralmente "grande pendio"), è una città del Giappone di 2,7 milioni di abitanti situata nella regione del Kansai, nell'isola di Honshu, alla foce dei fiumi Yodo e Yamato.
 È la capitale dell'omonima prefettura e la terza città del Giappone per numero di abitanti, posta al centro della popolata area metropolitana chiamata Keihanshin, di cui fanno parte Kobe e Kyōto, con le quali raggiunge il numero di 17.510.000 abitanti.
Osaka fu storicamente la capitale commerciale del Giappone, di cui ancora oggi è uno dei maggiori distretti industriali e portuali.
Diocesi di Kyoto: (in latino Dioecesis Kyotensis) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'arcidiocesi di Osaka. Nel 2004 contava 19.198 battezzati su 7.314.195 abitanti. È attualmente retta dal vescovo Paul Yoshinao Otsuka.
La prefettura apostolica di Kyōto fu eretta il 17 giugno 1937 con la bolla Quidquid ad spirituale di papa Pio XI, ricavandone il territorio dalla diocesi di Osaka (oggi arcidiocesi).
Il 12 luglio 1951 la prefettura apostolica è stata elevata a diocesi con la bolla Inter supremi di papa Pio XII.

Angolo dell'autrice


Rinnovo sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di questa storia. Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate.


   
 
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