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Autore: Morgiana    03/04/2013    1 recensioni
In un passato molto lontano le creature dei miti e delle fiabe si aggiravano libere per il mondo, uccidendo e derubando senza essere fermate. Come potevano difendersi gli uomini, così mortali, deboli e incapaci? Per secoli guerrieri, cacciatori e avventurieri avevano cercato di trovare delle armi efficaci, senza risultato. Ma la soluzione era molto semplice: la Magia, praticata da un ristretto numero di persone che ben presto si erano riunite in congregazioni, vere e proprie scuole e accademie.
Questa è la breve storia della nascita di una di queste persone, Alec Knight.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Viveva, in tempi lontani, verso Occidente, nel pieno rigoglio della vita, un giovane molto buono ma pure molto stravagante. Per un nonnulla si inquietava, per un nonnulla ritornava sereno; si appartava mentre allegri gli altri si divertivano, seguendo strani pensieri. Non era difficile trovarlo solo, con lo sguardo serio, quasi imbronciato, mentre leggeva quei lunghi rotoli di pergamena che portava sempre con sé. Si chiamava Alec Knight e la sua storia è stata tramandata per anni, spesso con errori o esagerazioni. Io sono Keira Heartly e questa è la mia versione, l'originale, quella di una testimone diretta.
Era un ragazzo di diciotto anni, alto e magro, con occhi chiari come il cielo d'estate e capelli castani sempre raccolti in una corta coda sulla nuca. La sua pelle era chiara, bianca e senza alcun difetto visibile, se non una piccola cicatrice all'altezza della scapola destra. Era rimasto orfano otto anni prima e viveva da solo, da un anno, in una piccola casa sulla riva del fiume, poco lontano dal villaggio. I suoi genitori erano comparsi dal nulla il giorno del solstizio d'estate ed erano stati trovati morti la sera nella locanda dove alloggiavano. Si parlò di una rapina, ma pochi sapevano quello che era successo realmente: i corpi erano intatti, senza alcuna ferita. Il bambino era stato trovato addormentato vicino ad una sacca contenente molte pergamene, scritte in una lingua sconosciuta. Una volta sveglio e venuto a conoscenza della morte dei genitori, la sua unica reazione fu quella di gettarsi a capofitto nella lettura di quei testi. Non chiese o disse mai nulla a proposito di quella notte. Per sette anni era stato affidato alle cure di mia madre, la moglie del capo villaggio e ora, adulto, aveva chiesto di abitare quella nuova casa. Da quel momento aveva cominciato a sparire per intere settimane, portando con sé solo una borsa e qualche provvista, per poi tornare senza dir nulla a nessuno. Si dirigeva verso il Sud, verso i Monti Acor, una zona oscura, coperta da alberi e inospitale, dove neppure i nostri cacciatori più esperti si avventuravano. Durante le sue assenze accadevano cose strane, come temporali di violenza estrema, notti buie senza luna, sparizioni di bestiame o persone che si svegliavano nel cuore della notte sentendo urla lontane. Si pensò subito ai mostri: chimere, incubi, folletti, streghe e mutaforma erano comuni, quanto ai fantasmi, erano di casa. Dopo alcuni mesi si decise di chiamare gli Hunters della città vicina, Aestrel.
Il gruppo e Alec arrivarono al villaggio la stessa mattina. Questi sembrava stanco, turbato per qualcosa, e appena mi vide mi raggiunse, dicendo: "Keira, devo parlare con tuo padre, subito". In quello stesso momento gli Hunters si avvicinarono a noi e ci osservarono con i loro occhi color rubino, prima di presentarsi. Erano due uomini e una donna: i primi erano gemelli, con gli stessi capelli chiari, la stessa statura imponente e si chiamavano Jhon e William. La donna era minuta, ma i capelli corvini incorniciavano un volto perfetto sul quale risplendevano due occhi di fierezza regale. Il suo nome era Fern.
"Sei tu la figlia del capo del villaggio? Ci avete chiamati per risolvere i vostri problemi e siamo disposti a farlo, ma prima dobbiamo discutere del pagamento". Mentre parlava scrutava Alec, il quale sembrava sul punto di dire qualcosa, ma non aprì bocca e si limitò a seguire il gruppo. Mio padre accolse gli stranieri con freddezza, così come avevano fatto tutti gli abitanti del villaggio. Gli Hunters non erano ben visti da nessuno. Anche se non erano stati chiamati, si recavano in ogni luogo in cui erano sospettate attività demoniache, e non si facevano scrupoli ad invadere le case altrui, a indagare sulle persone o a praticare le loro magie nel bel mezzo della gente. Secondo alcuni portavano sventura, secondo molti erano la causa principale dell'esistenza di demoni e creature simili e quasi tutti pensavano che non fossero umani. Ovviamente il loro aspetto rafforzava queste ipotesi: occhi cremisi, bellezza impareggiabile, forza e abilità superiori a quelle di qualsiasi individuo. Erano però necessari.
"Ho chiesto il vostro aiuto perché la situazione è diventata insostenibile e vogliamo porvi rimedio. Siamo disposti a pagare qualsiasi cifra, ma vi prego solo di una cosa: praticate le vostre magie fuori dal villaggio" cominciò a dire mio padre, seduto al tavolo che usava come scrittoio.
La donna fece un gesto di assenso e rispose: "Questo desiderio sarà realizzato. Per quanto riguarda la somma da pagare, decideremo in base a quello che troveremo. Naturalmente necessitiamo di una garanzia, nel caso in cui non siate in grado di supportare il costo".
"Certamente, cosa preferireste? Soldi o materiale?"
"Veramente vorremmo che il ragazzo qui presente venisse con noi durante la missione" disse la ragazza voltandosi verso Alec e avvicinandosi a lui: era comparso una sorta di ghigno sul suo viso, mentre sul volto del ragazzo era visibile paura, assieme alla sorpresa.
"Non ne vedo il motivo, non mi conoscete neppure e volete che venga con voi?"
"Posso anche non conoscere il tuo nome, ma riconosco l'essenza di una persona quando la vedo"- continuò Fern - "O lui o nulla".
"Alec, seguili, non discutere: è deciso. Keira, accompagna i signori alla locanda e informali sulle storie che abbiamo raccolto negli ultimi mesi. Se necessario accompagnali ai luoghi degli avvistamenti e mostra loro le aree circostanti", furono le ultime parole di mio padre.
Usciti dalla casa ci dirigemmo verso la locanda Ientil, dove gli Hunters pagarono una camera per due notti, e dove ci fermammo per mettere qualcosa sotto i denti. Alec ci seguiva con riluttanza, ma era ben consapevole di non poter disubbidire agli ordini del capo del villaggio. Non sapevo per quale motivo gli Hunters avessero deciso di portarlo con loro: sembrava un ragazzo comune, strano e misterioso, ma normale. Di quale utilità poteva essere? Di certo non conosceva le arti magiche, nè sapeva combattere.
Finito il pranzo portai il gruppo nei luoghi dove erano successi gli "incidenti" e ripetei le parole che gli abitanti di quelle case o i vari testimoni avevano detto in precedenza. Gli Hunters analizzarono con cura quei luoghi, studiando il suolo, le mura, gli oggetti, e conclusero che, sì, qualche creatura era nelle vicinanze. Chiesero di vedere la campagna e i boschi vicini al villaggio e li accompagnai in quella perlustrazione. La foresta di Nooyl era la più vasta del continente, copriva molti chilometri ed era considerata la casa dei mostri o dei ricercati. Tornati in città, verso il tramonto, chiesi a Fern se avessero qualche ipotesi sul mostro da cercare, ed ella mi rispose che probabilmente si trattava di una Lamia o di una Banshee, anche se era strano che si fosse spostata così tanto a Sud: entrambe le creature vivevano in zone di montagna o paludose, molto più a Nord di dove eravamo noi. Alla locanda gli Hunters pagarono una camera per la notte, mentre Alec decise di tornare alla sua abitazione e io rincasai aspettandomi di trovare mio padre in attesa di un preciso resoconto della giornata: non lo trovai, e pensai, prima di addormentarmi, che si fosse incontrato con gli altri membri anziani del villaggio, o che si fosse fermato alla locanda per farsi dire direttamente dagli Hunters quello che avevano scoperto.
La mattina dopo la creatura aveva un nome: durante la notte erano stati uccisi e sbranati alcuni animali e gli Hunters erano riusciti a seguire per un tratto le tracce e ad identificare il mostro. Era un mutaforma, in grado di cambiare il suo aspetto in ciò che voleva, che probabilmente prediligeva trasformarsi in un serpente o in uno spirito dell'aria. La sua tana venne identificata con una grotta alle pendici delle montagne, nascosta dalla vegetazione. Gli Hunters decisero di partire immediatamente, prima che il mostro se ne andasse, e chiesero a mio padre il permesso di portarmi con loro: un mutaforma poteva essere ucciso nel momento in cui mostrava il suo vero aspetto, e ciò avveniva solo al cospetto di una donna umana. Fern era una Hunters e l'unica a conoscere abbastanza la zona ero io. Mio padre fu inizialmente contrario, ma capì che anche in quel caso non vi era alternativa. Ci mettemmo subito in viaggio, e poco prima del tramonto arrivammo in prossimità della grotta. Il piano era semplice: io sarei entrata per prima e mi sarei mostrata al mostro, facendolo così trasformare, mentre gli Hunters mi avrebbero seguita non appena avessi mandato loro il segnale (due lunghi fischi); Alec avrebbe atteso in fondo al gruppo, in modo da ostacolare in qualche modo un'eventuale fuga. Si era presentato con una lunga spada in un fodero di pelle nera, allacciato alla schiena: non avrei mai pensato che sapesse combattere, ma riflettendo sulla sua persona, ricordando le strane pergamene che leggeva in continuazione e le sue sparizioni, realizzai che forse aveva imparato da esse e che nelle sue assenze si allenasse.
Era giunto il momento di entrare in azione. Presi coraggio e feci i primi passi nello stretto antro della grotta, facendomi luce con una torcia: dopo un breve corridoio giunsi in un'ampia cavità, dove il fetore era quasi insopportabile e dove il suolo era coperto da chiazze di colore scuro, simile a sangue. L'ansia stava cominciando a paralizzarmi.
"Ti SeI pErSa TeSoRo?" disse una voce femminile alla mia sinistra. Una donna bellissima, con capelli violetti e una pelle diafana, vestita di una semplice tunica nera, era in piedi al mio fianco. L'unico modo per sapere se quella era già la sua vera forma era osservarle gli occhi: se erano del colore dello smeraldo, quello era il suo aspetto originale. Immediatamente lanciai due lunghi fischi e mi spostai verso destra, contro la parete: la creatura non poteva trasformarsi in sua presenza ed era il momento giusto per attaccarla. Dall'entrata della grotta vidi giungere gli Hunters: Fern impugnava due coltelli ricurvi, illuminati da una strana luce, mentre i due gemelli maneggiavano una lancia ed una spada. Con velocità inumana la donna sferrò il primo colpo, riuscendo a colpire la mutaforma superficialmente. William e Jhon si spostarono subito ai suoi lati, formando un fronte che difficilmente sarebbe stato possibile oltrepassare. La creatura, intanto, aveva reagito sfoderando gli artigli, e guardandosi intorno alla ricerca di una via di fuga. Non trovandola aveva arretrato, ma improvvisamente mi aveva guardato e aveva cominciato a muoversi nella mia direzione: nel giro di un secondo me la trovai davanti, pronta a prendermi come ostaggio. Chiusi gli occhi, ma non sentii alcuna presa afferrarmi, sentendo invece una voce urlare : "Fire!". La grotta fu invasa dalla luce, mentre la creatura prese fuoco e cominciò a dimenarsi, colpita contemporaneamente dagli Hunters. Ben presto la figura divenne immobile e si sgretolò, formando un mucchietto di polvere nera. All'entrata della cavità era comparso Alec: era stato lui a lanciare un incantesimo.
"Ottimo lavoro, Guardiano", disse Fern, dandogli una pacca sulla spalla - "Pensavi veramente che non sapessimo chi eri?".
"Lo immaginavo, ma non ne ero sicuro e preferivo non rischiare di essere scoperto", fu l'unica risposta - "Stai bene?", continuò rivolgendosi a me, mentre uscivamo dalla grotta.
Risposi di si, ma in realtà ero molto confusa e perplessa. Alec era un Guardiano? Cosa voleva dire? Sapeva usare la magia, ma come aveva fatto ad impararla? Quelle pergamene potevano contenere incantesimi, ma la pratica andava insegnata da un maestro. Durante il viaggio del ritorno tra il gruppo regnava il silenzio: non osavo chiedere nulla ad Alec.
Giungemmo al villaggio verso notte fonda, venendo però accolti da molti abitanti. Sui loro visi era chiaramente visibile il dubbio: la creatura era morta? Tra la piccola folla vidi mio padre, e mi diressi subito da lui, con un grande sorriso stampato in faccia: il problema era stato risolto, la questione di Alec avrebbe potuto attendere.
"La creatura è morta!", urlai alle persone in attesa. Si levarono grida di entusiasmo e di sollievo, e il locandiere invitò tutti alla sua locanda per un boccale di birra gratis. La folla si diradò velocemente e rimanemmo solo io, mio padre, Alec e gli Hunters.
Mio padre era visibilmente felice, ma c'era qualcosa di strano nel suo aspetto: era pallido, sudato, e i suoi occhi erano infossati nelle orbite.
"Padre, va tutto bene?", chiesi prendendolo sottobraccio.
"Keira, allontanati da lui!", urlò Alec dopo qualche secondo - "E' posseduto da qualche cosa!". All'inizio non compresi molto le sue parole, ma quando vidi gli occhi di mio padre, fissi sul mio viso, diventare completamente neri, balzai via con un urlo. Aveva cominciato a ridere con una voce che non era la sua, più acuta e simile a quella di un bambino.
"E' un Trapassato, per eliminarlo deve rimanere nel corpo del posseduto o questi morirà", disse Jhon, riprendendo la sua lancia.
"Dovete uccidere mio padre?!" - "Uccidendo il corpo morirà lo spirito, non il posseduto. La ferita si rimarginerà immediatamente e non sarà fatale per tuo padre".
Lo scontro fu incredibilmente veloce: bastò un colpo al cuore e il capo del villaggio ritornò quello che era realmente. Dopo essersi ripreso aveva raccontato quello che aveva fatto la notte precedente, quando non era tornato a casa: si era avventurato nella campagna vicino alla città, per cogliere il mostro sul fatto, e trovare l'evidenza della sua esistenza. Non si fidava degli Hunters, pensando che fossero essi stessi a provocare le sparizioni o i fenomeni naturali, per poi essere chiamati dalle persone e rubare loro denaro. Non si fidava neppure di Alec, considerandolo un complice in quella truffa. Ora aveva capito la verità, e si sentiva terribilmente sciocco e dispiaciuto per quella mancanza di fede.
La mattina dopo gli Hunters erano in procinto di andarsene, dopo aver ritirato il pagamento della missione. Erano vicino al pozzo e stavano parlando con Alec. Non gli avevo ancora chiesto spiegazioni, e la curiosità non mi aveva quasi lasciato dormire. Mi avvicinai a quel gruppo e salutai i tre ragazzi con un "Arrivederci": non era la prima volta che erano stati chiamati in queste zone, e sicuramente li avremmo rivisti, prima o poi. Alec aveva dimostrato una grande capacità, ma non sembrava in grado di affrontare un vero e proprio mostro da solo. Quando se ne furono andati ottenni finalmente quello che volevo, una risposta alle mie domande. Non ero stata io a chiedergli di parlare, era stato lui a narrarmi la sua storia.
I suoi genitori erano entrambi dei Guardiani, persone con un istinto particolare verso la magia, il combattimento, e verso tutto ciò che riguardava il soprannaturale, che vengono affidati a diverse città o zone con il compito di rilevare le creature soprannaturali, eliminarle, o avvisare gli Hunters nel caso in cui siano troppo forti. I suoi Genitori furono costretti a cambiare in continuazione la loro identità e la città in cui vivere, perché erano stati presi di mira da un demone, sfuggito agli Hunters. Quella notte di otto anni prima il mostro era riuscito a trovarli e li aveva uccisi. Lui si era salvato solo perché in quel momento era uscito dalla stanza, e stava giocando con altri suoi coetanei nello spiazzo davanti alla locanda. Tornato dai suoi genitori aveva subito capito quello che era successo, ma non ne aveva parlato mai con nessuno, obbedendo a quello che suo padre gli aveva sempre detto. Aveva cominciato a studiare le pergamene che gli avevano lasciato, a portare avanti gli insegnamenti dei suoi genitori, e ad allenarsi nei boschi. Aveva incontrato spesso alcune creature e era riuscito ad ucciderle, ma si trattava di mostri minori, facili da sconfiggere.
Fern gli aveva proposto di presentarsi al Consiglio, la struttura che gestiva e preparava sia gli Hunters che i Guardiani, e aveva intenzione di seguire il suo suggerimento: aveva imparato da solo tutto quello che poteva, ma aveva bisogno di una guida per poter migliorare.
Dopo quello che avevo visto non mi risultava difficile credere alla sua storia. La sera seguente era già partito, senza salutare o avvisare nessuno, ma non perdemmo mai le sue tracce. Ogni tanto tornava al villaggio, mostrandomi i suoi progressi e eliminando qualche creatura nei dintorni. Quando mancava, sue notizie arrivavano dai forestieri o dagli abitanti delle città vicine. Era riuscito a uccidere il demone responsabile della morte dei suoi genitori, e si apprestava a scrivere un Bestiario, un elenco di tutti i mostri esistenti, contenente anche i rimedi per allontanarli o ucciderli. Poi, improvvisamente, molti anni dopo, era scomparso. Secondo alcuni era stato ucciso da qualche spirito, secondo altri aveva smesso di cacciare, e qualcheduno diceva che era partito per l'Ovest, verso terre poco conosciute. Ben presto si creò la leggenda del Guaritore. Nessuno, però, sapeva che quel ragazzo, divenato ormai uomo, non era morto, non era partito e non aveva smesso di essere quello che era.
Aveva costruito una piccola casa, all'interno di una foresta, e abitava là, insieme a suoi due figli e a sua moglie, vegliando da lontano le città vicine, tramandando le sue conoscenze, fino a quando la sua leggenda divenne mito.


[NdA: la prima frase non è farina del mio sacco, ma è un incipit di un libro del quale purtroppo non riesco a ricordare il titolo o l'autore. Questa storia l'ho scritta per un concorso letterario che aveva come condizione degli incipit, tra i quali compariva quello che poi ho qui utilizzato. Ho vinto il concorso alla terza posizione, ma non ho mai ricevuto una recensione effettiva sulla storia, cosa che mi dispiace molto.
Spero che il racconto vi piaccia !! :) ]
   
 
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