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Autore: FitzChevalier    04/04/2013    7 recensioni
Lo chiamano il vizio di Merlino. Ma è solo un nome come un altro, per indicare una perversione tra le tante. Al mondo ci sono maghi che giacciono con altri maghi, maghi che giacciono con i bambini, maghi che giacciono con gli animali... e maghi che giacciono con i babbani.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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IL VIZIO DI MERLINO


 


Questa storia partecipa(va) al contest Dramione, Dramione e ancora Dramione indetto da Kiraeteru94 con la frase n° 10
Spero di non aver fatto una cazzata, E che vi piaccia, naturalmente D:



 

«Mezzosangue.»

La Granger si volta. «Che vuoi?»

«Oh, solo sapere come sta quel tuo amico Weasley. Non dev’essere il massimo passare un’intera giornata vomitando lumache, dico bene?» Draco ghigna alla Granger che arrossisce per la rabbia.

«Tu!» sibila lei. «Tu, brutto... brutto...»

Ma Draco le si avventa contro. La spinge contro la parete, le chiude una mano attorno al collo mentre con l’altra le tiene bloccati i polsi. La borsa che la ragazza stava portando le scivola dalla spalla e cade per terra, in un tintinnare di boccette d’inchiostro rotte. Nel silenzio del corridoio, quel suono cristallino equivale a un boato.

«Prima che tu finisca la frase...» le soffia Draco ad un orecchio, «... lascia che ti dia qualche indicazione sul posto in cui sei finita. Regola numero uno: mai, mai mancare di rispetto ad un membro della famiglia Malfoy. Impara qual’è il tuo posto, mezzosangue, e potrai sperare di arrivare alla fine del settimo anno.» Lascia andare la Granger e lei arretra di due passi, massaggiandosi il collo, in viso un’espressione ancora più furente di prima.

«Dovrei dirlo alla McGranitt! Anzi, al preside!»

Draco si stringe nelle spalle. «Fallo.»

La Granger si morde un labbro, alza di scatto la testa. Si china a raccogliere la sua borsa, col fondo macchiato di nero, e si allontana, incurante dell’inchiostro che le struscia sul retro della gonna. Draco la guarda immergersi nell’oscurità che avvolge il castello la sera. Le mani, abbandonate lungo i fianchi, gli tremano.

Ha toccato una mezzosangue. Ed è una cosa sbagliata. Concettualmente e moralmente, è una cosa sbagliata.

 

 

I vestiti bagnati pesano sulle spalle di Draco, il vento freddo gli taglia le mani e il viso screpolato.

Ancora un'altra ora, si dice. Solo un'altra ora, e sarà al sicuro.

 

 

Da oltre la porta chiusa proviene un singhiozzare strozzato. Draco accosta l’orecchio al pesante battente in legno scuro, ascoltando la Granger piangere per chissà quale motivo.

Quando l’ha vista passare di gran carriera davanti a sé, con la testa china nascosta dalla massa di capelli crespi, lui ha iniziato a seguirla. Stava vagando per i corridoi di Hogwarts senza nulla da fare, e aveva pensato che così almeno si sarebbe divertito per una mezz’ora. Senza contare che al mattino successivo avrebbe avuto qualcosa con cui punzecchiare Potter e il suo fidanzatino Weasley.

Aveva seguito una Granger che passava da un corridoio all’altro senza logica, spesso passando diverse volte davanti allo stesso quadro, i cui abitanti sghignazzavano al passaggio di Draco.

«Che ci hai fatto, alla tua ragazza?» gli aveva chiesto un pastore, appoggiato al suo lungo bastone. Il ragazzo gli aveva cortesemente suggerito il posto dove infilarsi il suddetto bastone, e aveva proseguito il suo furtivo inseguimento.

Ma ora, con la testa appoggiata contro la porta chiusa, Draco ne capisce ancor meno di prima. Apre la porta e si ritrova in un’aula coperta di polvere, sul pavimento, sui banchi e con l’immensa vetrata opaca per il luridume.

La Granger siede sui primi gradini del palco, accasciata contro il muro. Quando vede Draco avanzare tra le due file di banchi si asciuga gli occhi e scatta in piedi, una mano che corre verso la bacchetta. «Vattene!»

«Ahi, ahi, ahi...» dice Draco. «Come mai questo pianto disperato? Non dirmi che hai visto Potter sbattersi il tuo caro Weasley. Ah, dev’essere stata una visione orribile... Weasley preferisce prenderselo nel culo o succhiarlo? O tutt’e due le cose?»

«Non dire queste porcate, Malfoy. Guarda che ti prendo di nuovo a pugni se non te ne vai subito!» La Granger sarebbe potuta sembrare minacciosa, se non avesse mugugnato l’avvertimento tra un singhiozzo e l’altro e con le guance rigate dalle lacrime.

«Servirebbe a qualcosa, prendermi a pugni?» Draco si avvicina alla Granger, sfila dalla tasca un fazzoletto di seta e glielo porge. «Io sono un signore» risponde allo sguardo interrogativo della ragazza. «Oh, e il fazzoletto tienitelo pure. Ora che l’ha toccato una mezzosangue non lo rivoglio più.»

 

 

Draco chiude gli occhi, con la mente vola sopra la foresta in cui si nasconde, in cerca di lei. Sotto le sue dita le foglie secche diventano ciocche crespe, e poi fango, e poi pelle liscia. I polmoni si riempiono del suo profumo, poi dell’odore della terra bagnata. Draco si culla avanti e indietro, inebriato dalla sua stessa immaginazione.

 

 

C’è decisamente un chiasso insopportabile sul binario 9 e ¾. Per la verità è insopportabile ogni volta, ma a Draco la sensazione di avere il cranio penetrato da mille voci stridule non è mai piaciuta. È per questo che il primo settembre per lui è sempre il giorno più sfiancante dell’anno.

Affiancato da Tiger e Goyle fende la fiumana di gente che si accalca a ridosso dell’Espresso per Hogwarts, immerso nel fumo acre del treno che lo fa tossire. Raggiunge a spintoni una delle porte e si issa sul predellino.

Goyle gli prende un braccio. «Ehi, Draco, guarda di là.» Indica con una mano grassoccia in mezzo alla folla del binario. «C’è Potter! Ehi, Potter!»

E Draco lo vede, più o meno nello stesso istante in cui Potter si gira. Assieme a lui c’è la Granger e il branco dei Weasley al gran completo.

«Che dici, Draco, andiamo a chiedergli qualcosa sull’udienza al Ministero?» chiede Tiger con un sorriso ebete.

«No» risponde Draco a voce abbastanza alta perché il gruppetto di Potter lo senta. «Lasciamoli perdere. Prendere per il culo quegli idioti è così facile da non essere neanche divertente. Ho sentito che una tipa di Tassorosso ha il padre ad Azkaban. Andiamo a ricordarle il motivo.» Salendo di un altro gradino, Draco si gira ancora una volta verso il gruppo di Potter. Lui sta sussurrando qualcosa al suo amico, ma la Granger lo sta guardando fisso.

Lei non capisce, ma Draco sì.

 

 

Draco reclina la testa. Chiude gli occhi e lascia che la pioggia gli lavi via un po’ dello sporco che gli copre il viso. Si chiede se non sia stato tutto un terribile errore, o se, in qualche modo, ne sia valsa la pena.

, pensa con un sorriso. Ne è valsa davvero la pena.

 

 

Lo chiamano il vizio di Merlino. Ma è solo un nome come un altro, per indicare una perversione tra le tante. Al mondo ci sono maghi che giacciono con altri maghi, maghi che giacciono con i bambini, maghi che giacciono con gli animali... e maghi che giacciono con i babbani.

Draco si sente sporco dentro mentre affonda in quel corpo caldo sotto di lui, e questo lo eccita. Lo eccita sapere che da un momento all’altro qualche creatura della foresta proibita potrebbe scoprirli, che suo padre potrebbe venirlo a sapere. Ma forse è proprio per quello che Draco si sente così strano: sapere che quello che sta facendo è moralmente sbagliato, sapere che sta facendo una cosa che getterebbe nella vergogna tutta la sua famiglia.

Sotto di lui Hermione piega all’indietro la testa e inarca la schiena; spalanca la bocca in un urlo muto, mentre i suoi capelli si confondono con il muschio del sottobosco. Un’ondata di piacere, l’ultima, travolge Draco. Spazza via tutto il resto, e a lui non resta che lasciarsi trasportare. Non sarà finita qui, pensa.

 

 

Una volta le ha detto che si può cambiare per una persona speciale. L’aveva detto solo per potersela fare, ma ora... ora quella frase lo perseguita.

 

 

«Allora?»

Quando Draco aveva sentito la sua spilla a forma di serpe scaldarsi si era avviato con calma fino alla Camera delle Necessità, come d’accordo. Hermione ci stava prendendo gusto, con quel tipo di sortilegi.

Dentro, la camera si era trasfigurata secondo i gusti della ragazza: un ambiente piccolo, con le pareti in legno che ricordano una casetta in montagna. Un divano in stoffa rossa e ai suoi piedi un cumulo di tappeti. Hermione sta seduta vicino ad un camino acceso, con un vassoio di dolciumi sulle ginocchia e due calici di burrobirra accanto a sé.

«Meritiamo anche noi la nostra gita di coppia a Mielandia, no?» dice, quando Draco si siede davanti a lei. «Assaggia questi Dolcetti Strilloni, non so che cosa ci sia dentro ma sono buonissimi.»

Draco affonda i denti nella pasta frolla scura del biscotto, ignorando le sue stridule proteste. Al baccano si aggiungono i biscotti rimasti nel vassoio, in un coro di pianti e lamenti. Snervante, pensa mentre manda giù.

«Vorrei poterlo dire anche a Herry e Ron» mormora Hermione, danto un piccolo morso ad un singhiozzante Dolcetto Strillone. «Di noi due, voglio dire. Sono stanca di sgattaiolare fuori dalla nostra Sala Comune quando non c'è più nessuno. Mi sento una ladra.»

«Beh, se è per questo non dovrai più preoccupartene» le risponde Draco.

«Perché?»

Draco inspira. «Non voglio vederti più.»

Hermione strabuzza gli occhi. Apre e chiude la bocca, senza pronunciare una sillaba.

«Farsi una mezzosangue è eccitante, e vederti affannarti per me è uno spasso, ma dopo un po’ stufa. Insomma... invitarmi alla cena di Lumacorno, scrivermi bigliettini durante le lezioni, e ora parlare di me a Harry e Ron. Hai oltrepassato il limite, Hermione. Questo gioco non è più divertente.»

«M-ma... tu... hai detto di voler cambiare. Di essere cambiato.»

Draco piega la testa e sorride. «Te la sei bevuta? Allora è proprio vero che i mezzosangue sono stupidi per loro natura.»

Il vassoio dei dolci si ribalta quando Hermione gli dà un calcio alzandosi, e il coro di proteste dei Dolci Strilloni si somma ai singhiozzi della ragazza. Draco sente la porta di legno aprirsi con un cigolio e richiudersi forte. Con un sospiro si china sul vassoio, lo rigira e vi rimette sopra i Dolci Strilloni, intenti a lamentarsi per essere caduti nella polvere.

«Certo che sei proprio un bastardo, però» gli dice uno.

Draco lo prende in mano, lo sbriciola fra pollice e indice. Tu non hai idea di quanto mi sarà grata tra un po’, pensa.

Se anche il Signore Oscuro dovesse usare l’Occlumanzia su di lui, vedrebbe solo un ragazzo annoiato che butta via il proprio giocattolo. Gli ha fatto male parlarle così, molto più male di quanto avesse immaginato. Ma quello è l’unico modo se la vuole proteggere, almeno per un altro po’.

 

 

È una parola, una sola, quella che continua a martellare la testa di Draco. Lui l’ha ignorata per molto, molto tempo, eppure... Perché continuare a mentire? E a chi, poi?

Draco alza il braccio armato. Punta la bacchetta davanti a sé, contro un masso.

 

 

«Allora, vieni?» Draco tende la mano verso il buio delle segrete di villa Malfoy.

«No» bisbiglia una voce. Se Draco non conoscesse così bene la voce di Hermione, non la riconoscerebbe. «Ci hai traditi tutti. Perché dovrei fidarmi ancora di te?»

Draco alza gli occhi al cielo. «Ti fiderai ancora di me perché questo è l’unico modo che hai per sopravvivere. Hanno ammazzato tutti i tuoi amici; tu quanto ancora speri di poter vivere? Afferra la mia mano e sta’ zitta.»

«E se non volessi farlo?»

«Ti Crucerò così tante volte che perfino i tuoi genitori di sentiranno gridare. Ovunque essi siano. Allora, vieni sì o no?»

 

 

«Voldemort.»

 

 

«Perché l’hai fatto?»

Tra tutte le domande, perché l’hai fatto? è quella che Draco teme di più. Semplicemente, perché non sa come rispondere. «Perché di sì» sbotta dopo un attimo di silenzio.

La campagna attorno a loro è ancora silenziosa, ma il rosa dell’alba ricorda a Draco che il tempo inizia a scarseggiare. Si guarda attorno. Sono nascosti in mezzo ad un boschetto, e non crede che i Mangiamorte partiranno da lì con le ricerche. Di Dover aveva solo sentito parlare, e proprio per quello gli era sembrato un buon luogo dove Materializzarsi. Eppure non riesce a togliersi di dosso la sensazione di essere spiato.

«Senti, qui a Dover c’è un porto» dice a Hermione. «Voglio che tu prenda una nave, la prima in partenza; non importa dove, purché sia fuori dai confini del Regno Unito.»

«Una nave? No, tu, aspetta.... Aspetta un momento.» Hermione incrocia le braccia. «Vuoi che me ne vada via, il più lontano possibile? Tu... no, tu non capisci! Dobbiamo avvisare la McGranitt, richiamare l’ES, organizzare la resistenza, riprenderci Hogwarts...» Hermione conta sulle dita le cose da fare. «Garantirò io per te. Dobbiamo anche cercare gli ultimi Horcrux, e mi servirà una nuova bacchetta, una tenda, e... oh, tutto quello che avevo in quella vecchia. Mi serviranno anche un paio di persone disposte ad accompagnarmi, e... e...» La sua voce si fa sempre più incrinata, fino a sbocciare in un pianto incontrollato, ed Hermione si nasconde il viso tra le mani. «Ho bisogno di Harry e Ron! Ho bisogno di loro, e di Luna, di Ginny, della signora Weasley, del professor Silente... Ho bisogno di tutti loro!»

«Sta' zitta» le dice Draco, irritato. «Lui ha vinto, è chiaro? Non c’è più una resistenza da portare avanti, né gente disposta a farlo da contattare. Chi poteva è fuggito tempo fa, perché chi è rimasto è stato ucciso.»

Hermione, per tutta risposta, gli piange sul petto. «Non doveva finire così» singhiozza.

«No, ma è successo. Quindi vattene di qui. Non è più posto per babbani, questo.» Draco sfila la bacchetta dalla tasca. Hermione è ancora aggrappata a lui, e non vedrà niente. Le punta la bacchetta alla nuca. Perdonami, ma questo è il metodo più sicuro. «Oblivion

La presa sulle vesti da mago di Draco si allenta. Hermione si raddrizza, ma i suoi occhi sono vuoti, come se stesse guardando un punto oltre il ragazzo con cui è stata per un anno.

«Ascoltami bene, Hermione» le ordina Draco. «Tu ora dimenticherai di essere una strega. Dimenticherai il mondo magico e tutti i maghi e tutte le streghe che hai conosciuto. Imperio: andrai al porto di Dover, e salperai con la prima nave disponibile per l’estero, non importa quale. Perché tu hai deciso di dimenticare chi sei e di farti una nuova vita in un’altra nazione.» Un movimento del polso. «Verto

I capelli di Hermione si scuriscono si accorciano fin sopra le spalle, gli occhi diventano azzurri e il viso squadrato. Quando Draco scioglie tutti gli incantesimi, quella che ha davanti non ha più l’aspetto di Hermione.

La ragazza sbatte gli occhi, lo fissa seria per qualche secondo prima di aprirsi in un gran sorriso. «Ciao,» dice, «Io sono Hermione Granger. Tu chi sei?»

«Draco Malfoy.»

«Draco? Draco Malfoy?» Hermione ridacchia. «Scusa, è che hai un nome proprio buffo.»

«Non è vero, è un nome normalissimo. Comunque, Hermione Granger, cosa ci fai qui a Dover?»

«Io ho deciso di dimenticare chi sono e di farmi una nuova vita in un’altra nazione!» Hermione è radiosa mentre parla. Draco è sicuro di non averle mai visto un sorriso così aperto e innocente. «Non è un’idea meravigliosa?»

«Oh, sì... Davvero meravigliosa.»

«E tu? Cosa fai?»

«Io mi assicurerò che nessuno tenti di impedirtelo.»

«Oh, sei così dolce... Perdonami, mi sono scordata il tuo nome.»

«Draco» risponde lui con un filo di voce. «Mi chiamo Draco.»

«Draco? Come drago? Ah-ah, te l’hanno mai detto che è un nome buffo?»

«Sì.» Draco sente le lacrime pungergli gli occhi. «Me lo dicono... spesso.»

 

 

Il sangue gli pulsa nelle tempie. Draco alza la testa, una fitta gliela fa ricadere contro il petto. Trascinato via dai due Mangiamorte, alle sue spalle lascia solo una frase, una sola, incisa con la magia nella pietra:

 

L’amore è una grave malattia mentale.



 

   
 
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