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Autore: Gienah    04/04/2013    0 recensioni
Melina non è come le solite protagoniste di questo tipo di storie. Lei non è romantica, è indipendente, solitaria e soprattutto non rinuncerebbe mai alla sua libertà per un uomo. Ha paura di ciò che non conosce ma quando la sua gemella muore davanti ai suoi occhi non ha esitazioni ad entrare in quel mondo oscuro e misterioso scegliendo di trasformarla in un vampiro. Il suo primo incontro con un vampiro non è né romantico né voluto e soprattutto non è c'è amore tra lei e Vincent. Almeno questo è quello che sembra.
Genere: Horror, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< hey, scusa non ti avevo visto >>
Lanciai un’occhiata a metà tra l’indifferente e lo scocciato al ragazzo che mi era appena venuto addosso, facendo cadere gli auricolari dell’ipod. Sembrava in difficoltà più del necessario e non smetteva di guardarsi in torno con aria agitata. Aveva i capelli spettinati e gli occhiali storti che non volevano proprio stare dritti. Con il sorriso più sincero che riuscii a fare riavvolsi le cuffiette per poi infilare l’ipod nella tasca del cappotto.
<< non c’è problema >>
Stavo per allontanarmi quando venni fermata ancora una volta dalla voce incerta del ragazzo.
<< scusa se ti disturbo ancora, ma non ti ricordi di me? ti ho offerto un caffè neanche un’ora fa .. >>
Sbattei un paio di volte le palpebre e lo squadrai per la prima volta per bene. Non ero certa di non averlo mai visto prima, però una cosa era sicura: non mi aveva offerto nessun caffè. Nessun ragazzo mi ha mai offerto un caffè in effetti.
Che sciagurata.
<< mi dispiace ma ti sbagli, non l’hai offerto a me il caffè >>
<< non mi sto sbagliando! Eri proprio tu! Non sono mica così imbranato come posso sembrare! >>
Aveva il respiro affannoso, gli occhiali sembravano persino essersi appannati e non riusciva neanche a guardarmi in faccia. Provai un istintiva simpatia verso quel poveretto.
Quell’approfittatrice.
<< senti, me lo ricorderei se mi avessi offerto un caffè. Non ti sto prendendo in giro! Mi avrai confusa con la mia gemella >>
Lui non parve minimamente convinto da questa spiegazione. Infondo era comprensibile, all’università stavo il più possibile lontano da Andrea. Fosse stato un altro momento gli avrei fatto vedere l’unica foto che avevo di noi due sul cellulare, gli avrei spiegato che mia sorella dipendeva dai caffè ma che era solita farselo offrire da chiunque fosse a tiro. Gli avrei detto che era meglio dimenticarsi la sua cotta fulminante per lei perché era il genere di ragazza che si fa amare da tutti ma si innamora solo di chi non la degna neanche di uno sguardo. Gli avrei spiegato tutto questo e magari anche offerto un caffè per sdebitare quella testa di legno, ma ero in ritardo per la prossima lezione ed ero stufa di rimediare sempre alle turbe sentimentali che Andrea provocava, molto spesso inconsapevolmente.
<< senti ti assicuro che è come ti dico, ora però devo scappare >>
Mi voltai lasciando il ragazzo, a cui mi ero scordata di chiedere il nome, impalato in mezzo al cortile. Diedi uno sguardo al cellulare e imprecai a mezza voce. Come al solito ero di nuovo in ritardo.

Gettai la tracolla per terra, subito seguita da stivali e calzini, per poi buttarmi sul letto a peso morto. Che giornataccia. Avevo capito meno del solito dalla lezione, non avevo intenzione di chiedere gli appunti ad Andy di nuovo, avevo perso l’autobus e mi erano finite le sigarette. Non che io fumassi. Non si può definire fumare fare un paio di tiri una volta ogni 6-7 giorni, no? Proprio mentre stavo facendo il conto di quante sigarette mi ero fumata quella settimana una furia si abbatté contro la porta della camera, facendola sbattere contro il termosifone. Poggiai una mano sugli occhi stropicciandoli prima di alzarmi sui gomiti per fissare quell’imbucata di mia sorella rovistare tra i miei cassetti e buttare tutto all’aria. Non mi scomposi nemmeno, era una scena comune quella.
<< cosa stai cercando questa volta? >>
Quando si voltò a guardarmi non riuscii a trattenermi e scoppiai a riderle in faccia.
<< beh che cos’hai da ridere?! Invece dovresti farti anche tu una decolorazione dei baffetti! Ti ricordo che i miei peli sono i tuoi peli! >>
La guardai scettica mentre con quella roba bianca sul labbro e un’inguardabile cuffia rosa in testa osservava con aria critica due paia di calze ricamate.
<< devi uscire sta sera? >>
<< perspicace Sherlock. >>
<< e a chi hai intenzione di scroccare la cena? >>
<< tranquilla esco con un mafioso, mi porta in un casinò di sua proprietà, proverò solo qualche droga leggera ma tornerò presto, grazie per esserti preoccupata! >> mi rispose con un mezzo sorriso. La guardai male assottigliando gli occhi.
<< spero che tu stia scherzando >>
<< ironia, Melina! Una cosa che non conosci a quanto pare! >>
Abbandonò uno dei due paia di calze sul pavimento per poi scomparire nel bagno. La seguii quasi subito guardandola mentre dopo essersi sciacquata la faccia si truccava con la perizia di un restauratore di opere d’arte. Andrea era indubbiamente stupenda. Tutti lo sapevano, lei prima di tutti. Dovrei essere contenta, infondo avevamo la stessa faccia. Eppure non era il nostro viso ad attrarre gli uomini, anche perché se fosse stato così avrei dovuto avere lo stesso numero di corteggiatori di mia sorella. Erano le piccole differenze a calamitare l’attenzione su di lei. Perché non eravamo davvero identiche e solo un ragazzo imbranato come quello di sta mattina poteva non accorgersene. A partire dal carattere per finire ai punti neri. Andrea non ne aveva neanche uno. Quanto la odiavo per questo.
<< E questo mafioso ce l’ha un nome? >>
<< Gabriel. Come l’angelo. >> rispose senza distogliere l’attenzione dal suo operato.
<< perché non mi è nuovo? >>
<< perché te ne avrò parlato un centinaio di volte ma tu non ricordi mai i nomi di nessuno. >>
<< a che punto siete? >>
<< non abbiamo ancora fatto sesso, se è questo che volevi sapere. Tecnicamente stiamo nella fase del corteggiamento. In realtà io mi trattengo dal saltargli addosso ogni secondo. Il mio intuito dice che più o meno è la stessa cosa per lui >>
<< più o meno? >> a quel punto mi feci attenta. A discapito delle apparenze il suo intuito raramente sbagliava. Lei con un sospiro posò il mascara sul piano del lavandino, guardandomi di sfuggita.
<< non so, a volte ho come l’impressione che voglia saltarmi addosso, letteralmente saltarmi addosso >>
<< non capisco, di solito non ti fa piacere una cosa del genere? >> inutile negarlo, a chiunque fa piacere sentirsi desiderate e di sicuro mia sorella non faceva eccezione.
<< te l’ho detto, è una sensazione strana. Prima quando l’ho chiamato mafioso l’ho fatto senza pensarci, non perché sia davvero un mafioso, ma perché stare vicino a lui mi fa sentire costantemente in bilico. È difficile da spiegare >>
La guardai scettica mentre dopo aver scrollato le spalle ricominciò a prepararsi. Mia sorella amava il ‘’bad boy’’ e quindi non era da lei farsi questi scrupoli. Mi domandai con chi davvero se la stesse facendo e soprattutto mi maledissi per non aver ascoltato ogni singola stupidaggine detta da lei.
Quando uscì sbirciai dietro le tende in perfetto stile guardona. Ma si trattava pur sempre di mia sorella, avevo il diritto nonché il dovere di farmi i fatti suoi!
Inizialmente vidi solo una macchina nera lucida che, causa la mia ignoranza in materia, non riuscii ad identificare. Inaspettatamente quell’ ‘’angelo mafioso’’ di cui era cotta mia sorella scese dall’auto e con velocità ed eleganza aprì la portiera per farla entrare, non prima di averle posato un bacio sulla fronte. Sbattei le palpebre quando mi resi conto di essermi spiaccicata quasi contro il vetro nel tentativo di notare qualunque cosa che potesse insospettirmi e far accendere un campanello d’allarme. Inutile dire che tutto in quella scena mi puzzava di strano, ma era anche vero che il mio istinto faceva cilecca quasi sempre. Forse stavo diventando solo paranoica ed iperprotettiva. Ne ebbi la certezza quando mi sembrò di vedere gli occhi di quell’angelo mafioso brillare come rubini fendendo l’oscurità. Si, avevo decisamente bisogno di dormire. E anche di un fidanzato, ma non l’avrei mai ammesso ad alta voce.

Improvvisamente mi ritrovai seduta, sudata e con le coperte strette nei pugni. Quando mi resi conto di non stare più dormendo lasciai le coperte stropicciate per sfregarmi gli occhi. Tenni le tempie premute fra le dita fino a quando il mio respiro non tornò regolare. Sentii un rumore lieve ma che nel silenzio assoluto era risuonato come una palla di cannone. Controllai l’orario: 4.03. imprecando a bassa voce poggiai i piedi sul pelo nero del mio tappeto per poi alzarmi il più silenziosamente possibile. Arrivai all’ingresso guardandomi intorno per cercare di capire da dove provenisse quel suono. Non ci misi molto ad individuarlo: era Andrea, rannicchiata contro la porta con le guance rigate dalla matita nera sciolta mista ad altre scie più chiare in un immagine a dir poco inquietante. Rimasi qualche secondo immobile con la bocca semi spalancata, incapace di fare qualunque cosa. Dopo qualche istante deglutii inumidendomi le labbra cercando di calmare i nervi. L’unica cosa che volevo fare era trovare quella sottospecie di pennuto e spennarlo vivo, perché ero certa centrasse lui.
<< cosa ti ha fatto? >>
Lei sembrò non stupirsi della mia presenza e si limitò a stringere gli occhi per cercare di mettermi a fuoco dietro tutte quelle lacrime.
<< ho fatto una stronzata. >>
<< cosa hai fatto? >> strinsi i pugni cercando di controllarmi. Sbottare l’avrebbe fatta richiudere a riccio e una volta intimidita era impossibile cavarle qualcosa di bocca.
<< ho ignorato il mio istinto. >>
Passò qualche istante di silenzio e mi chiesi se non si fosse persa nei suoi pensieri ma poi continuò con voce spezzata dai singhiozzi.
<< Lo amo. Totalmente. È come se non potessi fare a meno di lui. Neppure volendo. E non voglio. >>
Rimasi interdetta, senza sapere cosa fare o cosa dire. Non era la prima volta che diceva di essersi innamorata di qualcuno, ma era la prima volta che diceva di amare qualcuno. Ci teneva a differenziare le cose. Ma perché stava piangendo? Non dovrebbe essere qualcosa di … felice? Erano forse lacrime di felicità? Perché sembrava così disperata allora? Non sapevo cosa fare. Ero così imbranata con i rapporti interpersonali, persino con mia sorella. Impacciata le strinsi una spalla sforzandomi di sorridere. Lei sembrò capire e ricambiò timidamente il sorriso. Poi un idea sembrò balenarle negli occhi
<< hai un aspetto pessimo. Che ti è successo? >>
<< senti chi parla. >> cercai di sdrammatizzare incamminandomi verso il bagno. Naturalmente lei non demorse rincorrendomi con i tacchi stretti in una mano e la borsetta nell’altra.
<< che mi stai nascondendo? >>
Sapevo che non avrebbe demorso facilmente, così mi voltai verso di lei incrociando le braccia
<< ho fatto un incubo >>


Nei giorni successivi fu uno strazio. Andrea non voleva dirmi cosa era successo esattamente quella sera e io non volevo raccontarle il mio incubo se lei non si ‘’confessava’’ per prima. Dato che questi due erano i nostri principali problemi al momento non avevamo la testa per pensare o parlare d’altro e perciò non ci parlavamo e basta. Perché tutto questo casino per uno stupido incubo? Per esperienza. In 20 anni di vita potevo contare sulla punta delle dita le volte in cui avevo avuto un incubo. Per la precisione erano 4. La prima volta avevo all’incirca 10 anni: sognai di essere travolta e schiacciata da un branco di tori dagli occhi fiammeggianti. Il giorno dopo mi persi al centro commerciale e nella calca un tale mi finì addosso provocandomi una distorsione al polso. Qualche anno dopo sognai Andrea che cadeva da un palazzo e qualche giorno dopo inciampò durante la recita scolastica cadendo dal palco: gamba ingessata per tutta l’estate e così via. Di tutte queste cattive esperienze mi rimanevano solo una cicatrice appena sotto l’attaccatura dei capelli sulla fronte e tanti brutti ricordi. Forse ero diventata eccessivamente superstiziosa, ma anche Andrea era diventata guardinga nei confronti dei miei incubi. Trasalii quando mi resi conto di aver scavato un buco sul foglio con la penna che stringevo quasi spasmodicamente. Sbuffai rumorosamente attirandomi le occhiatacce di qualche studente nelle vicinanze. Anche questa volta non ero riuscita a seguire niente. Lanciai uno sguardo ad Andy ma anche lei stava con lo sguardo perso nel vuoto mentre mordicchiava il tappo della penna con fare distratto. Mi soffermai sulla curva morbida del collo lasciato scoperto dai capelli raccolti in uno chignon scomposto. Rabbrividii ripensando all’incubo dell’altra sera. Chiusi gli occhi e mi sembrò di rivivere quegli istanti come se fosse la prima volta. Lo sguardo sereno ma stralunato di Andrea mentre fissava un’ombra dai contorni sbiaditi. Il suo collo che si piegava dolorosamente sotto la pressione di quella stessa ombra mentre il suo sguardo restava immutato, appannato da una luce strana. Uno squarcio che si apriva sulla sua pelle olivastra macchiandola di rosso cupo. Quel sorriso che non scompariva dal suo volto nemmeno mentre diventava sempre più bianco e immobile. Aprii gli occhi di scatto guardandomi febbrilmente intorno. La lezione era da poco finita ed Andrea stava chiacchierando con qualche amica mentre tutti lasciavano velocemente l’aula. Seguii il loro esempio raccogliendo le mie cose e uscendo velocemente da quella stanza improvvisamente troppo soffocante.

<< da quando hai iniziato ad usare le sciarpe? >>
Andrea mi rivolse solo un veloce sguardo attraverso lo specchio nel quale si stava osservando. Era passata una settimana da quella notte e io ed Andrea ci eravamo scambiate si e no una decina di parole in croce. Anche quando eravamo piccole ero io quella che prendeva l’iniziativa dopo un litigio perché stare litigata con la persona più importante della mia vita mi faceva stare male in ogni caso. Solo che questa volta non avevamo litigato, semplicemente entrambe non volevamo parlare di qualcosa che ci spaventava. Nel caso di Andrea però la minaccia era reale e io non potevo semplicemente lasciar correre.
<< da quando ti interessi di moda? >>
<< non cambiare argomento. Devi uscire di nuovo con l’angelo mafioso? >>
Fece una mezza risata mentre chiudeva il cappottino rosso e aggiustava ancora la sciarpa color panna.
<< lo chiami così è? Glielo devo dire … lo farà divertire sicuramente … >>
Sembrava stesse parlando da sola e probabilmente era davvero così. Da quando aveva iniziato a vedersi regolarmente con quel Gabriel sembrava sempre persa nei suoi pensieri. A volte parlava persino da sola e la cosa mi faceva sempre di più insospettire.
<< dove hai detto che vi siete conosciuti? >>
<< non l’ho detto >>
Aspettai che continuasse ma rimase in silenzio, aggiustando difetti inesistenti dell’acconciatura e del trucco. Dopo l’ennesima volta che si lisciò le pieghe immaginarie della sciarpa mi avvicinai allungando una mano verso il suo collo
<< fammela vedere >>
<< non toccarmi! >> con un scatto si allontanò da me lasciandomi con la mano sospesa nel vuoto e lo sguardo confuso. Lei respirava affannosamente e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Restammo qualche istante a fissarci, entrambe perplesse e spaventate anche se per motivazioni diverse. Andrea fu la prima a riprendersi raddrizzando le spalle e schiarendosi la voce con qualche colpo di tosse.
<< me l’ha regalata lui. Mi fa sempre dei regali stupendi. È molto premuroso con me. >>
<< ti picchia per caso? >>
Sentii la rabbia montarmi addosso come un’ondata gelida e non ci fu modo di sopprimerla. Agii troppo velocemente perché se ne rendesse conto così non riuscì a bloccarmi in tempo. Afferrai la sciarpa con entrambe le mani e la sfilai velocemente dal suo collo. Non fu difficile individuarlo perché spiccava orribilmente sulla sua pelle. Un livido enorme, screziato di rosso al centro e nero verso l’esterno. Era grande quanto un pugno e sembrava doloroso e recente. Andrea mi strappò la sciarpa di mano rimettendosela al collo con gesti isterici e rapidi.
<< non dire neanche una parola! Non è quello che pensi. >>
<< e cosa penso?! Quello che ho visto mi sembra che parli da solo! Ti picchia! Ti ha completamente soggiogata! Devi denunciarlo! >>
<< non è vero! Non è così! È la persona migliore che io abbia mai conosciuto! E se tu sapessi … >>
<< è violento! Gli uomini violenti sono vigliacchi! Sono persone orribili e non pensare di poterlo cambiare! >>
<< non ha mai alzato un dito su di me! te lo posso giurare! >>
Stavamo entrambe urlando come pazze e mai come in questo momento fui contenta di abitare senza i nostri genitori. Mamma e papà, cosa avrebbero fatto loro? Un idea mi passò per la mente e non mi rincuorò neanche un po’.
<< ho capito. è uno di quei feticisti o come diamine si chiamano! Gli piace mordere? Perché è un morso vero? >>
Lei sembrò combattuta se rispondere o no ma quell’incertezza mi bastò per capire come stavano le cose.
<< ah lo sapevo! È un maniaco! Tutta quella facciata da perbenino, apre la portiera, bacio sulla fronte … tutta una maschera! >>
<< mi hai spiato!? >> sibilò ritrovando improvvisamente tutta la sua sicurezza
<< spiato mi sembra esagerato! Stavate fuori casa, non è che vi ho seguito o simili! >>
<< stai lontana dalla mia vita privata, Melina! Solo perché TU non ne hai una non significa che ti debba interessare alla mia! >>
Inutile negare che queste parole mi punsero sul vivo. Mia sorella meglio di tutti sapeva che avevo una sola migliore amica oltre lei e che non avevo appuntamenti con nessuno da anni ormai. Avevo avuto solo un ragazzo fino ad ora ed era un esperienza che non amavo ricordare. Mi rabbuiai incrociando le braccia e lei parve raddolcirsi assumendo un espressione colpevole.
<< scusa Mel, ma ti posso assicurare che non sono diventata improvvisamente masochista o sottomessa, semplicemente lo amo. E prima che tu scatti NO non mi ha mai fatto qualcosa contro il mio volere. Te lo giuro. >> disse dopo avermi stretto le mani nelle proprie. Non ero convinta. Per nulla. Ma tanto cercare di parlarle ora sarebbe stato inutile. E poi avevo già un’altra idea per la testa e stavo già pensando a come metterla in atto. Mi sforzai di farle un mezzo sorriso e poi mi scostai per farla uscire senza aggiungere più nulla.

Mi mossi solo quando sentii un lieve russare provenire dalla sua camera. Era il segnale per il via libera. Fortunatamente Andrea dormiva sempre con la porta aperta, così non ebbi difficoltà ad entrare e a trovare la borsa abbandonata sul pavimento. Non amava il buio così a volte lasciava accesa una piccola luce azzurra vicino al comodino e per fortuna quella sera non aveva fatto eccezione. Guardai mia sorella per essere certa che stesse dormendo ma la ritrovai con il braccio abbandonato sugli occhi e la bocca semi aperta. Non so cosa mi trattenne dallo scoppiare a ridere nel vedere la mia sorella perfezionista in quello stato ma ci riuscii e sgattaiolai fuori dalla camera. Uscii sul balcone dalla parte opposta alla camera di mia sorelle e rovistai nella borsa. Dopo aver scansato fazzolettini, rossetto di riserva e mentine riuscii a prendere il suo iphone. Lo trovai subito infatti era l’ultimo numero nelle chiamate ricevute e senza pensarci su due volte pigiai per chiamare. Se dal vivo le nostre voci erano facilmente distinguibili al telefono neanche nostra madre era mai riuscita a distinguerci.
‘’Andy? È successo qualcosa?’’
Perché mai dovrebbe essere successo qualcosa? Poi mi ricordai che si erano lasciati meno di due ore fa. Probabilmente era normale la sua preoccupazione.
‘’ no no … dove sei?’’
‘’ al Secrets con Vincent, come ti avevo detto. Sei sicura di stare bene? La tua voce ha qualcosa di strano’’
Rimasi allibita per qualche istante. Incredibile.
‘’ si si ho solo un po’ di mal di gola. Buona notte. ‘’
Attaccai senza dargli il tempo di rispondere e scrissi Secrets su google in modo da ricordarmi la strada da fare per arrivarci. Il Secrets era un ristorante/bar molto ‘’alla moda’’ e per questo non ci avevo mai messo piede. Il nome in realtà era Secrets in the moonlight ma tutti lo chiamavano semplicemente Secrets. Dopo aver riletto un paio di volte il percorso da fare cancellai la cronologia e rimisi tutto a posto. Infilai la prima giacca che avevo a portata di mano e uscii di casa il più silenziosamente possibile.

Salve a tutti! spero qualcuno sia arrivato a leggere questa parte xD (autrice etremamente insicura! >.<) in ogni caso se avete avuto l'impressione che la narrazione sia lenta, vi sbagliate xD mi dispiace se il primo capitono non è niente di che ma più avanti si fa moolto più interessante =) perciò continuate a leggerla e non vi deluderà!!! (sorriso a 230 denti! ^^) Un grazie a tutti!
Ps sono sempre aperta a consigli per migliorarmi =)

  
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