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Autore: DontMindMe    05/04/2013    0 recensioni
Chi non ha mai pensato al suicidio?
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa succede quando sei solo, molto depresso, sicuramente insonne, bulimico, ansioso, maniaco ossessivo... dipendente, anche, forse: non da droga ma da attenzioni, da una serie televisiva, da una persona, dagli psicofarmaci? 
Succede che sei ad occhi sgranati sul soffitto, nero come il buio che ti avvolge, grave come il silenzio che ti fischia nelle orecchie. Succede che hai un peso che ti schiaccia lo stomaco e il cuore e che non riesci a respirare bene (come lo chiamava l'analista? ah, sì. attacco di panico) e l'unica cosa a cui riesci a pensare è: devo trovare un modo per farla finita.
Vorresti morire in modo dignitoso, senza soffrire e in fretta. E vorresti che qualcuno ti trovasse presto perchè, accidenti, mai sia che ti vedessero in avanzato stato di decomposizione. Immagina l'imbarazzo.
Opzione 1) un bel volo dal balcone. In fondo sei al sesto piano, potresti farcela. Ma poi immagini l'attesa del volo fino al suolo, tutto quel dannato tempo per pensare e forse anche per ricredersi così che arrivi all'agognata morte bestemmiando. E poi potresti cadere sul marciapiede schiacciando qualche innocente passante e il tuo peso, accidenti, non è poco. No.
Opzione 2) un bel taglio verticale nelle vene dei polsi, così se anche qualcuno riuscisse a trovarti prima della fine sarebbe comunque un bel casino richiuderti. O in alternativa ti versi in bocca l'intera boccetta di pasticchette della felicità che conservi come il miglior tesoro nell'armadietto dei farmaci giù in bagno. Le vedi tre volte al giorno e nonostante tutto sei ancora qui a chiederti come far partire i titoli di coda. Ma alla fine sei solo in città, i tuoi amici ti hanno dimenticato, non hai una fidanzata da anni. L'unica che si preoccuperebbe del tuo silenzio è tua mamma, che a chilometri di distanza da te ti chiama 3 volte al giorno per assicurarsi che tu ce la faccia a superare la notte da solo. No.
Opzione 3) il tram. Il tram è un modo romantico e anche clamoroso di morire, forse il più adatto a te, che romantico e invisibile lo sei sempre stato. Sognavi tante cose: da piccolo avevi sognato pure di guidare il tram. Ne avevi intravisto uno a Roma perchè nella tua città non ce n'erano. L'hai intravisto che eri appena capace di formulare un pensiero e già speravi di guidarlo. I treni, i tram, le metropolitane, le hai sempre amate. Non il caos assoluto dell'ora di punta, i viaggi in piedi, i borseggiatori, il calore soffocante, l'odore di centinaia di persone, la pressione, le perdite di equilibrio e le cadute. 
No, il viaggio come simbolo. Il viaggio dentro se stessi. Sedersi in un tram e vedere la vita del mondo che scorre fuori, un mondo del quale non sei davvero parte, una società che non ti vuole nè ti tollera ma ti sopporta ignorandoti. La musica nelle cuffie e il paesaggio che scorre. Potrebbe riappacificarti con te stesso e col mondo, se il viaggio fosse abbastanza lungo.
Così ti ritrovi su un marciapiede di notte e pensi: ok. A quest'ora fermate ne fanno poche e su richiesta, non rallentano spesso. Salti giù all'improvviso e loro ti prendono sotto. Tutto facile, tutto pianificato.
Sei irrequieto, sposti il peso da un piede all'altro aspettando che l'ultimo tram passi. Così finalmente l'eutanasia, finalmente la fine della noia, del dolore e del dispiacere. E domani mattina sui giornali tutti sapranno che sei esistito anche tu, perchè finchè eri in vita nessuno se n'è mai curato.
L'ultimo tram della sera, vedi le sue luci da lontano che si avvicinano spedite.
Ti rivedi in braccio a tuo padre, con gli occhi sgranati e la bocca ad "O" a contemplare quella sagoma di metallo arancione camminare sulle sue rotaie, ti ritrovi a sognare di guidarne uno, col cappello in testa e la divisa blu.
Poi ti tornano in mente i tuoi genitori, i bei momenti e quelli orrendi trascorsi con loro. Pensi che saltando sotto quel tram poi non li saluterai più. Pensi che forse loro moriranno con te. Un po' o del tutto.
Poi pensi a tante altre cose, la famosa vita che ti scorre davanti. Ma in effetti gli unici attimi di gioia vera li hai passati da piccolo, fra le braccia dei tuoi o comunque con loro. Perchè quando hai iniziato ad avere una ragione ti sei accorto che le cose non andavano bene. Non andavano e non sarebbero andate affatto bene. E quindi non c'era niente da esser felici.
E ancora pensi che è tempo di preparare una bilancia e mettere su le cose positive e quelle negative dei tuoi trent'anni di vita per capire se stai davvero facendo la cosa giusta. Che forse dovresti lasciar passare l'ultimo tram e aspettare il primo del mattino riflettendoci. 
E così fai.
Il tram ti passa davanti col suo bagaglio di ricordi e ti lascia al freddo a pensare. Ma i tuoi pensieri sono come in cerchio e sai che il giro ricomincia.
Ricomincia e tu rianalizzi la tua vita e ancora non riesci a salvare nulla. 
Il lavoro non esiste: ti sfruttano 12 ore al giorno e ti pagano 500 euro al mese in nero che non ci paghi neanche l'affitto. Sei dovuto andare via da casa a diciotto anni perchè dove eri stavano ancora peggio di così. Quindi hai salutato la tua famiglia (che ancora ti mantiene) e i tuoi (2? forse 1) vecchi amici e sei andato in un posto a caso del Nord perchè dicevano ci fossero più chanches. Ma ti hanno raccontato balle.
Le tue storie d'amore sono state un disastro. Ti sei visto sfruttare e mollare a tempo di walzer: eri lì che volteggiavi e le tue partner cambiavano una dietro l'altra e ognuna alla conclusione enunciava tuoi difetti, ogni volta nuovi, e il risultato è che ora sei cinico e bastardo e non vuoi neanche saperne e che sei imbottito di anti-depressivi per non pensare, per non credere che tu sia in tutto e per tutto quell'elenco di difetti, nè più e nè meno. Ma nonostante le pillole, lo stai facendo. Lo stai facendo e come.
Non riesci a tollerarti per primo e così il mondo non tollera te. Vorresti essere invisibile e, tho! sorpresa!, lo sei diventato davvero. Anche gli amici con cui avevi condiviso momenti di divertissement sono evaporati nel nulla. Perchè tu non hai mai tempo, perchè tu non ti fai sentire, perchè tu non esci mai... perchè tu... tu... e tu... come se solo tu dovessi reggere le redini, dovessi interessarti a loro, adattarti a loro... come se solo tu volessi loro del bene...
Da piccolo avevi tante capacità: il tuo professore di italiano ti voleva scrittore, quello di ornato/figura disegnata ti voleva pittore/scultore/grafico/fumettista/insegnante/quel-che-vuoi-puoi-fare-perchè-tu-sai-fare... i tuoi genitori ti volevano sistemato con un lavoro fisso e redditizio ed una famiglia felice quindi ora si dannano del tuo essere artista e single... e anche tu... anche tu alla fine ti volevi felice, già... e tutte quelle aspettative, di tutti quanti, erano state deluse, tradite, così miseramente.
E così ancora una volta ti resta solo quello, solo l'amore dei tuoi genitori, nonostante tutto. Solo quello. E ritorni al concetto per cui solo da piccoli, solo quando ancora non ci capisci niente, sei felice. Perchè la felicità non te la regala nessuno, poi.
La bilancia pende di nuovo pericolosamente e il primo tram sta per arrivare, ormai.
Sta per arrivare col suo carico di nuove speranze... come ai vecchi tempi. 
Che finalmente grazie ad esso tu possa essere felice, alla tua!
Felice e morto.
  
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