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Autore: Miss Mysty    05/04/2013    1 recensioni
Brevi shots in cui i personaggi scoprono delle verità, dalle più banali alle più eclatanti.
81: “Non è molto gentile da parte tua, Hiro-san.”
82: “Kamijou-san? Kusama-san? Va tutto bene lì dentro?”
[Raccolta | Traduzione | Cross-over con Sekaiichi Hatsukoi]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction è una traduzione che io sto effettuando con il permesso dell’autrice, Miss Mysty.
Qui potete trovare la sua risposta alla mia richiesta;
Qui il link al capitolo originale;
Qui il link all’account dell’autrice.






A collection of Truths


di

Miss Mysty



Usagi's Second Truth.





Usagi si ritrovò solo nell’appartamento, dopo aver lasciato Misaki all’Università. Aveva un lavoro da terminare, ma proprio non gli andava di scrivere; dopotutto, aveva trascorso un’intera nottata davanti al pc proprio quella settimana, e Aikawa non era ancora entrata nella sua modalità editor demoniaca. Eppure, mentre andava a sedersi sul divano e ponderava di schiacciare un pisolino, la voce di Misaki gli tornò alla mente. “Saresti molto meno stressato se rispettassi sempre le scadenze, Usagi-san,” gli diceva spesso. Usagi sospirò.

Fece per prendere le sigarette, ma la voce di Misaki gli risuonò nella mente ancora una volta. “Ma non riesci proprio a smettere? Così finirai col morire prima del tempo,” gli aveva detto almeno una volta. Di solito Usagi gli rispondeva con un Quando sarò morto smetterò, questo è vero, ma non accadeva spesso che Misaki mostrasse di essere preoccupato per lui. Alla fine, lasciò il pacchetto di sigarette sul tavolino in soggiorno e si alzò per andare nello studio.

Intorno a mezzogiorno gli venne fame, ma la sera prima aveva... impedito a Misaki di preparargli il pranzo per l’indomani. Pensò di prepararsi qualcosa da solo, ma poi si ricordò dell’ultima volta che ci aveva provato; era stato quando Misaki era andato a Osaka a trovare Takahiro e lui aveva cercato di friggere un uovo. Aveva fatto un macello nel microonde, cosa per cui Misaki lo aveva rimproverato pesantemente, quando erano tornati a casa. Quella volta Usagi aveva finito col pranzare fuori e, se l’avesse mai saputo, Misaki si sarebbe lamentato anche di quello; Usagi era ricco e tale sarebbe rimasto, ma a Misaki non andavano granché giù le sue abitudini da spendaccione.

Usagi tese la mano verso la credenza, con l’intenzione di farsi un caffè, quand’ecco rispuntare la voce di Misaki. “No, le tazze resistenti al calore sono di qua!” Usagi scosse la testa e ne prese una, prima di tornarsene a lavorare.
Quando finì il suo caffè, pensò di lasciare la tazza lì dov’era. Non che fosse particolarmente preso dalla scrittura, in quel momento; è che di solito faceva così. Però, per la centesima volta in una giornata, la voce di Misaki gli riecheggiò nella mente. “Per caso stai cercando di complicarmi la vita?”, gli aveva detto una volta, entrando nel suo studio dopo una sessione di scrittura piuttosto lunga, e trovandovi allineate dodici tazze sporche.

Mentre scendeva per portare la tazza in cucina, Usagi si fermò sulle scale, colto da una nuova consapevolezza: Misaki era diventato la voce della sua coscienza. E quello era più spaventoso di qualsiasi editor demoniaca.

  
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