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Autore: Lantheros    06/04/2013    2 recensioni
Seconda ed ultima parte di quanto iniziato con Cavalcare la Tempesta.
La conclusione della storia tra due pegasi molto speciali, che impararono a volare anche senz'ali.
La storia dei due Campioni di Equestria.
Dash ed Icarus troveranno un modo per rivedersi.
Troveranno qualcosa per cui gioire
E poi perderanno tutto...
...apparentemente.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rainbow Dash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Spalancò lentamente gli occhi.

Icarus era accanto a lei, con il volto a metà tra il preoccupato e l’arrabbiato.

Tra le zampe teneva il libro di Twilight.

“Cosa… cosa succede?”, gli domandò, stropicciandosi gli occhi.

“Rainbow…”, dichiarò, con tono lapidario, “Questo libro… sai cos’è?...”.

“E’… è un libro…”.

“Sai di che libro si tratta??”.

“Ma… ma poi cosa fai? Prendi le mie cose?”, domandò innervosita.

L’amico parve stizzirsi: “Sarei un ladro, adesso? Ti sei addormentata e il libro ti è scivolato dalla tasca, così l’ho preso per rimetterlo dentro… Ma poi ho visto meglio la copertina…”.

“E allora?”, gli chiese.

“E allora… lo vedi questo simbolo inciso sopra?”.

La puledra squadrò una strana scritta runica: “Sì. Quindi?”.

“Io non sono un unicorno ma ho una discreta conoscenza di queste cose… Questo è il simbolo del Sacrificet. E’ il marchio che contraddistingue i tomi arcani più potenti e pericolosi che esistano…”.

“Sì…”, commentò la puledra, cercando di alleggerire volontariamente il discorso, “Twilight mi aveva accennato a qualcosa… ma alla fine mi ha rassicurata”.

“Rassicurata??”, sbottò, “Niente di buono può uscire dai Sacrificet!”.

“Stai facendo il melodrammatico”, tagliò corto, strappandogli il libro dalle zampe. Lo rimise nella tasca.

“In quei libri vengono descritti rituali che richiedono spesso e volentieri dei reagenti unici e dedicati…”.

“Sì, lo so”.

“E allora dovresti anche sapere che non ci sono formule gratuite in un Sacrificet!”.

Rainbow si alzò, visibilmente infastidita: “Non so di che parli. Ora andiamo”.

Icarus parve tutto tranne che convinto.

“No”, sbottò.

“Come?”.

“No. Non andiamo da nessuna parte”.

Dash si passò uno zoccolo sul volto: “Ti prego, Icarus… E’ tardi… torniamo a casa…”.

L’amico si alzò a fatica e colpì debolmente il terreno con una zampa: “Ho detto no. Tu non me la conti giusta. So troppo bene quando menti. E, questa volta, la stai sparando proprio grossa”.

Rainbow Dash aggrottò le sopracciglia: “Io non sto facendo proprio un bel niente. Sei tu che stai montando questo teatro pazzesco per una faccenda che vedi solo tu…”.

“Ah, ma davvero? Allora non ti spiacerà se leggo un po’ quello che c’è scritto, vero?”, e, con quelle parole, cercò di trafugarle il libro. L’altra si ritrasse prontamente.

“Perché non vuoi che lo legga, eh?? C’è qualcosa che stai nascondendo?”.

L’amica iniziò a perdere la pazienza: “Non sto nascondendo proprio un bel niente!”.

“E allora perché non me lo fai leggere?”.

“Smettila…”.

“Se vuoi posso anche non leggerlo… ma sappi che non me ne andrò finché non saprò la verità”.

“Non c’è niente da nascondere”, ripeté.

“E allora rimarrò qui”, e posò il sedere per terra, incrociando le zampe anteriori.

Dash stette per esplodere ma poi, improvvisamente, chiuse gli occhi e il suo volto divenne improvvisamente triste.

“Ti prego Icarus… lascia stare. Andiamo”.

“Ho detto di no. O mi trascini con la forza per chilometri o mi lasci qui al freddo e al gelo”.

L’altra sembrò visibilmente sofferente e scosse il capo: “Icarus… te lo chiedo per favore… Se… se davvero provi qualcosa per me… se davvero mi vuoi bene… se davvero tieni a noi… ti prego… andiamo via e basta…”.

Icarus sembrò sul punto di assecondare l’amica, percependo il disagio che provava ma alla fine il suo volto tornò fermo e impassibile. Non voleva assolutamente dargliela vinta.

Dash si sedette, a sguardo basso. Sospirò diverse volte e pensò intensamente per interminabili minuti.

Qualcosa, in lei, parve cambiare.

Raccolse l’aria nei polmoni e rilassò completamente i muscoli del volto.

Una calma improvvisa la pervase per tutto il corpo.

“Va bene”, dichiarò sottovoce, “Come vuoi. Se è questo che desideri… Va bene”.


    Icarus non capì.

L’amica portò il muso verso il proprio collo e afferrò un lembo della mantella.

Tentennò ancora per un istante e poi la slacciò. L’indumento cadde a terra.

Gli occhi di Icarus si spalancarono.

Le pupille si restrinsero e si coprì immediatamente la bocca con zampe tremolanti.

Ciò che vide gli causò, tra tutte le emozioni che mai aveva provato in diciassette anni di vita, la più violenta, travolgente e assolutamente terribile.


    La schiena dell’amica era liscia e levigata.

Non vi era traccia delle ali. Non c’erano segni o cicatrici.

Le sue ali, semplicemente, non c’erano più.

“Dash…”, sussurrò, soffocandosi le parole con le sue stesse zampe, “Dash… cosa… cosa hai fatto??...”.

L’altra si limitò a risponderli con un sorriso dolcissimo.

“Dashie… che hai fatto??”, riprese con foga.

L’amica non si scompose e continuò a sorridergli: “Ho fatto l’unica cosa giusta che mai potessi fare”.

“Ma… ma cosa stai dicendo?? Le tue… le tue ali…”.

Il pegaso ancora non riusciva a crederci e percepì una terrificante sensazione, come se qualcosa di terribile fosse appena successo.

“Ti rendi conto… E’… è questo quello che hai dovuto fare?? E’ stato questo il sacrificio per l’incantesimo??”, le domandò con insistenza, sempre più sofferente e con voce spezzata.

“Sì…”.

“E… lo sapevi? Lo sapeva anche Twilight??”.

“Sì… lo sapevo… Twilight mi ha messa in guardia… mi ha dissuaso in ogni modo possibile… Ma io… io ho voluto farlo. E lei, alla fine, ha accettato la mia scelta. Ha capito perché volessi fare tutto questo”.

La voce dell’amica era calma e dolce, come se ciò che gli stesse dicendo fosse semplice e naturale.

“Ha… ha capito?? Ma… no… non può essere… non puoi averlo fatto sul serio… Dimmi che non l’hai fatto per davvero!!”, aggiunse, scuotendo la testa e percependo le lacrime arrivargli agli occhi.

Rainbow sorrise.

“Cosa hai fatto, Dash… cosa hai fatto?... E’… è momentaneo? Torneranno??”.

L’altra fece un segno di dissenso.

Icarus si agitò enormemente. I suoi polmoni presero a contrarsi ed espandersi a ritmo accelerato. Le lacrime premevano per uscire. La bocca iniziò a tremargli.

“Perché l’hai fatto?? Perché??”.

“Per… per te, Icarus… E per me… per noi…”.

“Per me?? Io non volevo questo! Non volevo che tu rinunciassi alle tue ali per… per regalarmi un’ora di volo! Come… come ti è saltata in mente una cosa del genere?? Io ti sono costato le tue ali!”.

L’amico iniziò quasi ad impanicarsi: “Tu… non è possibile… Hai buttato via le tue ali, il volo, ogni cosa per me!! Non è questo quello che volevo!!”.

“Buttato via?”, domandò perplessa.

“Tutto questo è stato uno sbaglio! Oh santo cielo… non puoi averlo fatto… non puoi…”.

Icarus continuò ad agitarsi in modo incontrollato, quasi sull’orlo della disperazione.

“Non hai più le tue ali… non potrai volare mai più!!”.


    Dash lo abbracciò. Lo strinse a sé con estrema dolcezza.

Portò il suo muso accanto alla guancia dell’amico e gli sussurrò: “Calmati, Icarus. Tu non hai capito niente”.

Una lacrima solcò il voltò del pegaso grigio: “C-come?...”, balbettò osservandola negli occhi.

La puledra dal manto celeste non allontanò per un solo istante il suo sorriso gentile: “Non l’hai ancora capito, Icarus?... TU sei le mie ali…”.

“Cosa?...”, farfugliò incredulo.

Il sorriso si fece più intenso e sincero: “Me ne sono resa conto nelle ultima gare… quando volavo veloce tra le alte quote…”.

“Ma cosa dici?... Tu non potrai più volare! Non volerai mai più!”.

“E allora, stupido pegaso cocciuto, devi spiegarmi perché qui, proprio in questo momento, sul suolo, senza ali… io… io sento come se stessi volando a chilometri da terra… semplicemente stando con te…”.

Icarus impietrì. Non riusciva a credere ad una sola parola.

L’amica continuò: “Sei entrato nella mia vita come un fulmine, Icarus… Hai preso OGNI cosa che davo per scontata, OGNI cosa in cui credevo… e l’hai ribaltata. Mi hai fatto star male e mi hai fatto capire che io… che io non stavo volando. Stavo solo correndo veloce”.

Il puledro strizzò gli occhi e, per la prima volta in tutta la sua vita, Dash lo vide in un pianto liberatorio, con tanto di labbra contratte per la sofferenza.

La compagna mise la fronte contro la sua e gli passò una zampa dietro al collo: “…E quando te ne sei andato… hai lasciato un buco dentro di me… un foro enorme. Una mancanza inspiegabile. E ogni volta che tornavo a volare… io mi sentivo come se avessi avuto un peso attaccato alle zampe. Non riuscivo a capire. Eppure… poi compresi… compresi che solo con te volavo davvero. Con te accanto… Librarsi nel cielo era qualcosa che non poteva nemmeno reggere il confronto con ciò che provavo stando con te…”.

Icarus cercò di parlare tra i singhiozzi: “Io… io non posso credere… che tu… che tu mi voglia tutto questo bene… Non posso credere… di essere così importante per te…”.

“Neanche io ci credevo”, gli disse, facendo ruotare leggermente le fronti tra loro, “Ma poi mi sono resa conto che solo con te potevo volare. E… e vederti nello stato in cui versavi… è stata la cosa peggiore che potesse capitarmi. Non riuscivo più a mangiare, a dormire… Il pensiero di te e della tua tristezza fu così invadente da lasciarmi inerme e senza alcuno stimolo per continuare… così ho compiuto l’unica scelta che potessi mai fare”.

I due si abbracciarono ed Icarus buttò fuori tutte le lacrime che si era portato dentro in diciassette anni di sofferenze.

“Tu sei le mie ali”, ripeté Dash, socchiudendo appena le palpebre, “Tu mi fai volare. Tu mi fai gioire e soffrire. E vederti felice, per quell’unica ora, è stato il regalo più grande che potessi fare a te… e a me… Perché ora siamo io e te, insieme, qui… Ora potremo volare insieme, tutte le volte che vorrai…”.

L’amico parve calmarsi leggermente e si ritrasse, con gli occhi un po’ rossi.

Ci fu una lieve pausa, in cui Icarus sentì il bisogno di riprendersi.

Alzò quindi gli occhi verso il volto della puledra, sempre serena e sorridente.

“Nonostante io abbia perso la mia battaglia… ho forse vino la guerra?”, le disse, con un debole sorriso, “Tutto ciò per cui ho combattuto… è svanito… svanito di colpo… grazie a te… Sei arrivata come un terremoto… Hai distrutto tutto ciò che mi teneva ancorato al terreno…”.

Tirò su col naso e continuò: “Hai visto ciò che c’era in me. Hai saputo guardare oltre… ed ora hai compiuto questo gesto incredibile…”.

“Non so cosa accadrà in futuro”, lo interruppe Dash, “Non so se mai vorrò tornare indietro sulle mie scelte… Ma… qui, ora, in questo preciso istante… questa era l’unica cosa che potessi fare. Ne sono certa. E’ stata la cosa migliore che potessi fare per noi. Perché ora siamo riuniti sotto un’unica condizione. Ora siamo uguali. Ora siamo davvero i due Campioni di Equestria. E non avere dubbi… Non avrei mai più potuto solcare la volta celeste in piena libertà. Non dopo averti conosciuto. Non dopo averti fatto conoscere la mia parte di mondo. Non dopo aver conosciuto la tua parte di mondo… Non dopo aver cavalcato la tempesta con il più grande pegaso mai apparso nel creato…”.

Il puledro non riuscì a trattenere qualche altra lacrima e poi poggiò nuovamente la fronte contro la sua.

Si sorrisero.


    Le nubi si diradarono leggermente. Una luna argentata fece progressivamente capolino tra la coltre violacea.

Il satellite sullo sfondo li incorniciò entrambi, uno di fianco all’altra, sulla collina.

“L’unica cosa che mi spiace”, concluse Dash, “E’ che non potrò più avvolgerti con le mie ali…”.

Icarus si fece pervadere dalla commozione. Dopo un leggero sforzo, spalancò una delle sue ali e la poggiò delicatamente attorno al fianco di Rainbow.

I due si fecero vicini, osservando la luna nel cielo.

“Ora voleremo, Icarus. Gli altri non capiranno. Ci vedranno qui, a terra, segregati dalla gravità… e non capiranno… Non capiranno che, in realtà, noi due staremo volando più in alto di quanto credano”.

Chiusero gli occhi. L’aria sferzò i loro volti sereni… e sentirono le loro anime.

“Sì, voleremo”, continuò l’amico, “Voleremo… ma non con i nostri corpi. Voleremo in un modo che nessun altro pegaso potrà mai fare”.

   



    Le stelle brillarono.

La notte continuò a trascorrere come nulla fosse.

Che si tratti della disgrazia più straziante in assoluto o della gioia più grande che si possa provare… Al mondo non fa alcuna differenza. Le nubi si muovono lentamente lungo la volta oscura. La luna nasce e scompare come di consueto.

Indifferenza?

Menefreghismo?

Crudeltà?

No: la luna dispensa i suoi raggi a chiunque vi capiti sotto. Non distingue, non sceglie, non fa preferenze.

Tutto accade in un modo soltanto, ovvero l’unico fattibile.

E non ci fu più alcun dubbio, in quell’eterno attimo presente, che parve davvero non finire mai.


Perché, in quel momento, tutto era perfetto.

Tutto era come doveva essere.

Non importava cosa sarebbe successo.

Nulla aveva più importanza.

L’unica cosa che aveva senso…

Era una coppia di pegasi.

L’azzurro e il grigio.

Il viola e l’arcobaleno.


I Campioni di Equestria riuniti sotto un unico destino.

Un legame invisibile e indissolubile, perfettamente immortalato nello scorrere di un istante.


Un ultimo volo per suggellare un viaggio a quote ancora più elevate.


*** ***** ***



Mi chiamo Icarus.


Sono uno dei campioni di Equestria.


Sono il vento che si muove senz’ali.


Sono la calma e la tempesta che risiedono sotto i miei sbalzi d’umore.


Sono un’arrogante testa di legno.


Sono tutto ciò che potreste odiare in qualcuno.


Sono l’unico pegaso che non può volare.


Sono colui che ha però imparato che si può volare anche senz’ali.


Ieri c’è stato il mio ultimo volo.


Mi sono librato per l’ultima volta nel cielo, solcando le nubi e tagliandomi il volto con la gelida aria notturna.


Non accadrà mai più.


Ho perso la mia battaglia.


Ho forse vinto la guerra?


Non lo so.


Non volerò mai più nel cielo.


Tutto ciò che sono, tutto ciò per cui ho combattuto… è svanito.


Svanito di colpo, come se un terremoto avesse distrutto ogni mia certezza.


Ora volerò…


Sì, volerò…


Ma non con il mio corpo.


                                                                                                                                                   Volerò in un modo che nessun altro pegaso potrà mai fare.
   
 
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