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Autore: Lantheros    06/04/2013    0 recensioni
Un luogo lontano e dimenticato.
Quando ancora tutto era vago e indefinito.
Esseri primordiali si affacceranno al mondo, con arcani e misteriosi progetti da compiere.
Un giovane alicorno si ritroverà gettato in un universo strano e cangiante.
Le sue paure emergeranno all'improvviso, gettandola nel panico.
Ma anche nell'oscurità più profonda si può nascondere una piacevole sorpresa.
Spiriti e strani misteri insegneranno ad un piccolo pony cosa significa andare oltre l'apparenza.
Tramite essi, arriverà ad amare la fredda pietra, a compiere un passo importante e a decidere le sorti del creato.
E quando tutto sembrerà volgere al peggio... tutto andrà bene. Se ancora non va bene... è perchè ancora non è la fine.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Princess Celestia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era da poco calata la notte. Celine si trovava nella propria stanza, illuminata debolmente da una piccola “lucciola” che baluginava sul corno della madre. Il costrutto, in un angolo della stanza, osservava in silenzio la coppia.

“Mamma”, si lamentò, “Sono grande! Non ho più bisogno che mi rimbocchi le coperte”.

Ivory sorrise: “Tu sei grande… ma io sono pur sempre una mamma”, concluse, dandole un bacio sulla fronte.

“Lui… rimarrà lì?”, chiese la figlia, indicando il golem.

“Certo: rimarrà fermo in attesa di una tua richiesta. La cosa ti crea qualche problema?”.

“E’ un po’ strano… ma avere un pony di pietra pronto a difendermi è… forte!”.

“Brava soldatina”, concluse, con un altro bacio.

Gettò un ultimo sorriso verso la figlia accoccolata, prima di uscire e chiudere la porta.

La stanza si fece buia.

    Celine riaprì gli occhi dopo pochi minuti, scrutando l’angolo della stanza, appena illuminato dal rossore del petto del golem. Sulle prime gli fece un po’ paura, immobile e con lo sguardo inespressivo, ma il piccolo sorriso sulle sue labbra di pietra lo rendeva meno spaventoso, anche nell’oscurità.

Sulla parete riconobbe la proiezione ombrosa degli stipiti della finestra, sintomo che una o più lune erano alte nel cielo.

Si fece cullare dalla dolce cantilena degli insetti nell’erba, sentendo le palpebre sempre più pesanti.


    All’improvviso, gli occhi le si spalancarono nuovamente: le ombre nella stanza presero a tremolare e moltiplicarsi, come se dall’esterno della finestra si fossero create altre fonti di luce.

Il piccolo pony alzò istintivamente la testa, rivolgendola all’esterno delle vetrate: in lontananza, quasi al limitare della radura, dove iniziava la foresta, vide qualcosa di strano. Era buio ma c’era sufficientemente luce riflessa da riconoscere le sagome degli alberi.

Una strana bolla lucente danzava tra i rami, generando scie luminose tra gli spiragli delle foglie. Era qualcosa di molto strano: sulle prime pensò che potesse essere qualche alicorno che abusava un po’ troppo di incantesimi ma, poi, uno strano avvenimento le fece raggelare il sangue: la luce in lontananza si spense di colpo e percepì chiaramente una voce alle sue spalle sussurrarle qualcosa.

Girò la testa, trattenendo un urlo, ma non vide nessuno. Il golem era immobile, esattamente come un attimo prima.

“Golem! Golem!”, balbettò, “Hai sentito??”.

Il costrutto girò il capo verso di lei e le rispose, illuminando ritmicamente la stanza con gli occhi: “Il golem ha solo percepito la padroncina chiamarlo”.

“Che… che mi sia sbagliata?”.

“Golem non comprende”.

La luce tra gli alberi si riaccese, ricreando i fenomeni di ombre danzanti nella stanza del piccolo alicorno.

“Ecco! Guarda! Vieni a vedere!”.

Il golem, con tipico passo pesante, si avvicinò al letto ed osservò il paesaggio.

“Il golem riconosce una luminescenza in lontananza”.

“Che cos’è?”, chiese preoccupata.

“Il golem non possiede dati sufficienti per una risposta esaustiva”.

Celine si strinse istintivamente al petto del costrutto, irrigidendosi quando percepì l’inaspettato freddo della pietra.

La luce si affievolì di nuovo e, questa volta, le voci alle sue spalle si udirono chiaramente, come un sussurro veloce: “Mi chiamo…”.

L’alicorno si spaventò così tanto da capitolare giù dal materasso. Il golem le balzò quasi addosso, osservando analiticamente la stanza, alla ricerca di eventuali pericoli.

“Golem! Ho paura! Cos’è stato?”, sussurrò, coprendosi il volto con le zampe.

“Golem… golem non ha visto o udito nulla. Inoltre: definisci paura”.

“Come?”, balbettò Celine, aprendo un occhio verso di lui.

“Il golem non conosce la definizione del termine paura e non potrebbe agire di conseguenza”.

Il pony parve calmarsi leggermente, scrutando le ombre nella stanza e aspettandosi chissà quale presenza al loro interno: “La paura è…”, riprese, “la paura è quella sensazione… che ti fa spaventare”.

Il costrutto inclinò la testa in segno di incomprensione: “Golem non comprende. Definisci sensazione”.

L’altra si alzò timidamente per osservare di nuovo il paesaggio dalla finestra: “Le sensazioni sono… sono quelle cose che ti senti dentro”.

“Golem non comprende”.

    Per quasi un’ora Celine rimase inchiodata alla finestra, temendo che il fenomeno si potesse ripetere, ma non accadde più nulla. Cercò di rimettersi a dormire, ancora un po’ agitata e combattuta dal desiderio di precipitarsi dai genitori.

“Mi raccomando, golem”, aveva dichiarato, prima di tirarsi le coperte fin sopra il muso, “Se vedi di nuovo quella luce… svegliami… oppure va a chiamare mamma e papà, ok?”.

“Sarà fatto, padroncina. Forse”, aggiunse infine, “questo potrebbe aiutare la padroncina a combattere ciò che il golem non comprende? La paura?”. Con quelle parole, fece sì che gli occhi continuassero a proiettare una debole luce bianca in tutta la stanza, eliminando un po’ di penombra.

Celine parve apprezzare: “Sì… sì va meglio. Grazie, golem”.

“Golem sta solo compiendo il proprio dovere, mia creatrice”.   



*** ***** ***



    Il giorno seguente, a pranzo, il piccolo alicorno non aveva molto appetito.

“Qualcosa non va, piccina? Perché non mangi?”, chiese la madre.

Celine osservò i pezzi di verdura che galleggiavano nel minestrone, sotto il suo muso.

“Non… non è niente. Soltanto non ho molta fame”.

“La mamma ha messo troppo sale nella minestra?”, chiese Dedalo, con il chiaro intento di stuzzicarla. L’altra lo fulminò con lo sguardo.

“Oh, no, no. Il minestrone è buonissimo. Ho solo poca fame”.

Dopo una breve pausa, il padre si girò verso il costrutto, silenziosamente appostato ad un lato della stanza: “Allora… com’è andata stanotte? Il golem ha fatto la guardia al mio piccolo pony?”.

Il costrutto fece per rispondere ma Celine lo bruciò sul tempo, per zittirlo: “Uh… sì sì! Lui ha… vegliato su di me per tutto il tempo: ha anche fatto un po’ di luce per tenermi compagnia!”.

“Oh. Beh, è una buona cosa”, ammise, un po’ sorpreso.

“Il golem non deve utilizzare le proprie capacità per illuminare le stanze, forse?”, chiese lo stallone di granito.

“No, no: va benissimo. Anzi, ottima idea”.

“Oggi cos’hai intenzione di fare, piccola mia?”, chiese la madre.

“Uuh…”, balbettò l’alicorno, “Pensavo di… fare un giro per la prateria”.

“Davvero? Strano… ho sempre pensato che odiassi andare in giro per la distesa erbosa”.

Celine cercò di racimolare qualche parola: “Beh… sì, di solito non mi è mai interessato particolarmente. Insomma: fili d’erba… una buca ogni tanto… un cespuglio morente… altri fili d’erba… Non è proprio il massimo del divertimento…”. I genitori si guardarono interdetti.

Gli occhi del pony presero a scorrere per la stanza, alla ricerca di qualcosa cui ispirarsi, e si fermarono sul costrutto: “Però… però ora posso andarci col golem! Sarà più divertente! Vero golem?”.

“Definisci divertimento”. La puledrina rispose ai genitori con un sorriso imbarazzato.

“Uhm… d’accordo”, concluse la madre, poco convinta.

“Ora che c’è il golem con lei”, disse il compagno, “possiamo continuare le nostre ricerche con tranquillità. Inoltre, tutti gli altri alicorni qui in giro saranno probabilmente fuori a compiere i loro studi: il golem è ciò che ci vuole per vegliare su di lei”.

“Basterà?”.

“Ma certo. Golem”, dichiarò, rivolgendosi al costrutto, “veglia attentamente su Celine ed impediscile categoricamente di superare i confini per il Mutamento”.

“Golem eseguirà come da volere dei creatori”.

    La piccola sorrise, chiese il permesso di congedarsi e corse in camera sua per prepararsi ad uscire.

“Ah, e mi raccomando”, aggiunse la madre, prima che i due varcassero l’uscio, “ti voglio a casa prima che cali il sole, intesi?”.



*** ***** ***



    Due pony, di cui uno composto di materia minerale, si muovevano lentamente nell’immensa prateria lambita dal vento. Il cielo era terso ed il sole illuminava la distesa, donandole stupendi riflessi dorati. L’erba era così alta che Celine avrebbe dovuto saltellare per vedere dove stava andando, così il costrutto era di fronte a lei e faceva da apripista, creando un tunnel di piante calpestate e facilitandole enormemente il cammino.

“Dove vuole recarsi, padroncina?”.

L’altra pensò bene a cosa rispondere: “Ecco… mi piacerebbe… vedere la foresta da vicino”.

“La foresta è sul limitare del Mutamento, padroncina. E’ proibito categoricamente andarci”.

“Lo so, stai tranquillo. Voglio solo vederla da fuori”.

Il costrutto si fermò per un istante. “Compromesso accettabile”, proferì infine, riprendendo a camminare.

    Quando furono ad un centinaio di metri dagli arbusti, il golem parlò: “Proseguire oltre sarebbe contrario al volere dei creatori”.

Il giovane pony si era diretto proprio verso la foresta in cui aveva visto la luce danzare, curioso di scoprire cosa potesse essere.

“Uh… sì. Più avanti c’è il Mutamento. Ma è ancora lontano. Secondo me possiamo ancora avvicinarci un poco”.

“Impossibile”, concluse lapidariamente il golem.

“Dai… solo qualche metro”.

“Impossibile”.

Celine squadrò i grossi zoccoli del compagno, stabilendo che, se fosse corsa via, non sarebbe mai riuscito a starle dietro.

“Ah sì?”, chiese, con un sorriso beffardo, e partì al galoppo verso il luogo proibito.

Il costrutto, con uno scatto incredibilmente fulmineo, incollò una zampa al terreno, pinzando la coda all’alicorno.

“Ahia!”, urlò, con il sedere a terra, “Mi hai fatto male alla coda!”

“Compromesso accettabile, per evitare ulteriori danni alla padroncina”.

“Stupido golem!”.

“Definisci stupido”.

“Tu! Tu sei stupido!”, urlò.

“Errato: golem non è uno stupido, golem è un costrutto”.

Celine rivolse un gridò di rabbia al cielo.

Poi, in un lampo, un’idea le balenò per la testa.


    “Ehm, goleeem?”, proferì con tono accattivante.

“Sì, padroncina?”.

“Tu hai il dovere di proteggermi, giusto?”.

“Corretto”.

“Se io fossi in pericolo, tu dovresti aiutarmi o semplicemente impedire che mi succeda qualcosa di brutto, vero?”.

“Analisi approssimativa ma corretta”.

“Hai visto la luce di ieri?”.

“Confermo”.

“Cosa accadrebbe se quelle strani luci… e le voci che ho sentito… fossero qualcosa di cattivo che vuole farmi del male?”.

Il costrutto fece una pausa: “Allora il golem cercherebbe di intervenire”.

“Ah sì?”, chiese beffardamente, “E come? Può il golem combattere luci e voci?”.

La testa del pony di pietra si inclinò: “Il… il golem… il golem potrebbe…”.

“Le voci le sento solo io. E se mi facessero star male? Se mi dicessero cose brutte o mi facessero soffrire? Come potrebbe il golem impedire tutto questo?”.

La sclera di pietra prese a scintillare di colori cangianti, come se il golem stesse cercando di portare ordine nel proprio conflitto interno.

“Te lo dico io come”, riprese l’altra, “Entrando e andando a vedere cos’era e, se il caso, eliminando ciò che potrebbe danneggiare la padroncina… Perchè golem non saprebbe come opporsi altrimenti”.

La statua animata si bloccò di colpo, come se immaginari ingranaggi nella sua testa fossero saltati via all’improvviso: “Il ragionamento della padroncina è… discutibile. Il golem comprende tuttavia il filo logico del discorso. Golem non è però sicuro che…”.

“Perfetto! Andiamo!”, gridò felice Celine, trotterellando verso la foresta.

Il costrutto si guardò attorno un po’ spaesato e, con un galoppo scandito da tonfi rumorosi, prese immediatamente a seguirla.



*** ***** ***



    I due si addentrarono lentamente nel cuore della vegetazione. I primi passi furono piuttosto spavaldi e sicuri: la foresta non aveva nulla di strano. Era soltanto molto fitta e necessitava spesso della mole del costrutto per creare un varco attraverso alcuni tronchi morenti o per eliminare un mucchio di rovi.

Periodicamente, il golem ricordava alla padroncina come si stessero avvicinando sempre di più al Mutamento ma l’altra, con apparente noncuranza, lo liquidava ammonendolo sul pericolo delle luci e delle voci.

    Dopo alcuni minuti, il paesaggio parve cambiare radicalmente: gli alberi si diradarono e piante mai viste prima presero a manifestarsi sotto gli occhi curiosi del piccolo alicorno. Inizialmente comparvero solo fiori da forme e colori inverosimili ma poi, gradualmente, anche gli alberi iniziarono ad assumere connotazioni improbabili: corteccia leggermente oleosa, forme arzigogolate oppure frutti simili ad oggetti furono solo alcune delle cose più singolari che i visitatori poterono osservare.

Celine si muoveva tra la vegetazione con crescente stupore finché, superato un nugolo di rampicanti particolarmente ostico, non sbucarono in un enorme e spettacolare avvallamento: l’intero luogo era privo di arbusti, eccetto ai confini della curiosa radura, dove gli alberi erano cresciuti ad altezze apparentemente illogiche. I tronchi si stagliavano per decine, forse centinaia di metri, creando una vera e propria parete circolare, che si congiungeva all’apice, generando una mastodontica cupola arborea.

Alzando lo sguardo, il cielo era visibile solo come spiragli di luce attraverso la fitta trama fogliare.

Piccole sfere luminose, forse pollini che diffondevano i riflessi del sole, forse strane lucciole diurne, aleggiavano per l’intero campo.

    L’alicorno proruppe in un verso di stupore e il golem inclinò il capo, facendo scintillare gli occhi per un istante. I due avanzarono lentamente nel luogo incantato, osservando incuriositi le creaturine che fluttuavano attorno a loro.

Al centro dall’avvallamento, in apparente contrasto con il resto del luogo, erano visibili alcune macerie scure, parzialmente emergenti dal terreno.

Avvicinandosi, la coppia constatò come si trattasse, con molta probabilità, dei resti di una vecchia abitazione: assi nere e marcescenti, alcune pietre consumate dal tempo e, non lontano, i rimasugli di un vecchio camino a legna.

“Cos’è questo posto?”, chiese Celine, alzando gli occhi verso la spettacolare cupola sopra di loro.

“Golem… golem… non possiede dati per…”.

“Golem”, tagliò corto l’altra, con un sorriso, “basta dire che non lo sai”.

“Golem… non lo sa, padroncina”.

L’alicorno posò lo sguardo su un mucchietto di terra scura, vicino alle macerie, e riconobbe un piccolo pupazzo di stoffa, simile ad un pony: gli mancava una zampa ed era molto malconcio e logorato dal tempo.

“Chissà di chi era…”, si chiese con melanconia, tenendolo stretto tra le zampe.

“Questo luogo”, la interruppe la statua animata, “pullula di magia”.

“Davvero? Come fai a dirlo?”.

“Il golem è una creatura magica. Riesce a riconoscere la magia, quando questa è presente. E questo luogo… è intriso di magia”. Con quelle parole, il costrutto si mise a spingere forzatamente la padroncina con la testa, come fosse un ariete: “La padroncina deve abbandonare immediatamente questo posto”.

“Ehy! Che ti prende?”, biascicò l’altra, cercando di opporsi, inutilmente, a mezza tonnellata di costrutto in movimento.



*** ***** ***




    “Ti sei divertita oggi, Celine?”, chiese la madre, mentre sparecchiava la tavola, a cena conclusa.

Il piccolo alicorno, con il pensiero fisso su ciò che aveva visto nel pomeriggio, ritornò improvvisamente alla realtà: “Ah! Uh… sì, sì… molto”.

“Cosa avete fatto?”.

“Noi… noi abbiamo giocato nei campi di erba dorata e poi… ehm, poi abbiamo osservato le farfalle”, dichiarò, sperando che il golem non vuotasse il sacco.

“Davvero? Ed erano belle?”, chiese, immergendo magicamente i piatti in una tinozza.

“Sì. Molto… suggestive”.

“Sono contenta”.

“Papà non c’è?”, chiese Celine, cambiando discorso.

“Credo che non lo rivedremo fino a domani, piccola mia”, concluse con un sospiro.

“Un giorno, poi, dovrete spiegarmi cosa siamo venuti a fare in questo posto desolato… avete costruito decine di case e non c’è quasi mai nessuno. Tu e papà siete sempre in giro a fare chissà cosa con i vostri incantesimi ed io…”.

Ivory assunse un tono autoritario: “Celine… smettila. Ne abbiamo già parlato”.

L’altra accasciò mollemente il viso sul tavolo, sbuffando.

“Ora”, riprese la madre, “se vuoi puoi stare alzata ancora un’oretta… e poi: a nanna, ok?”.

“Va bene…”.


    Fino all’ora di coricarsi, Celine aveva un’idea nella testa, che non riusciva assolutamente ad abbandonare. Cercò di mascherare il pensiero, in modo da non insospettire la madre, la quale la mise a letto come di consueto, con tanto di bacio sulla fronte.

“Buonanotte, amor mio”, le aveva detto, prima di chiudere la porta.

“Notte, mamma”, rispose frettolosamente, fingendo di appisolarsi nel giaciglio.

Aspettò parecchi minuti, prima di decidersi a buttare di nuovo uno sguardo dalla finestra e la sua pazienza venne premiata: dopo circa un’ora di noiosa attesa, proprio quando stava per rimettersi a letto sconsolata, la luce lontana riapparve.

Il giovane pony fece un rapido esame della situazione: sapeva bene che sarebbe stato meglio rimanere al sicuro in casa ma, in quel frangente, l’impulso emotivo e la curiosità la stavano martoriando dall’ora di cena.

“Massì”, concluse alla fine, “Solo un’occhiata veloce”. Si caricò una piccola borsa, con dentro il vecchio pupazzo che aveva trovato, e spalancò lentamente la finestra.

Un muro di granito le si piazzò repentinamente davanti: “Non si muova, padroncina”.

“Oh no! Di nuovo?”, berciò.

“E’ pericoloso sporgersi così dalla finestra”, concluse.

“Infatti non volevo sporgermi, testa di sasso… volevo saltare!”.

Il golem parve trasalire: “Impossibile!”.

Celine sapeva che il costrutto avrebbe fatto di tutto per impedirle di andarsene e non aveva certo tempo da perdere in infinite diatribe logiche con lui, così improvvisò in tutto e per tutto: si concentrò istantaneamente sul proprio corno, producendo un lampo abbagliante, simile ad un fuoco pirotecnico.

Il golem vide la padroncina scomparire nell’accecante bolla di luce.

L’alicorno si gettò dalla finestra, spiegando le ali e prendendo a sbatterle freneticamente, nel goffo e vano tentativo di rallentare la caduta. Il tutto non ebbe molto successo ma l’atterraggio venne comunque attutito da un vaporoso cespuglio sotto casa.

Il pony, ancora un po’ stordito, emerse dal fogliame, massaggiandosi le tempie e sputando una manciata di foglie. Sollevò lo sguardo alla finestra e vide il golem, completamente spiazzato, all’affannosa ricerca del piccolo pony. Il costrutto prese a ruotare su se stesso, colpendo di schiena il davanzale della finestra e cadendo nel vuoto, dopo una rapida giravolta.

Il sangue raggelò nelle vene di Celine: nel brevissimo istante che passò tra la piroetta e la caduta, l’alicorno riportò alla mente uno degli incantesimi di levitazione che aveva studiato di recente e cercò, in tutto e per tutto, di salvare la statua da un impatto devastante. Quest’ultima venne circondata da un’iridescenza luminosa e prese a fluttuare dolcemente a terra.

Celine riaprì gli occhi, dopo l’immane sforzo, ed osservò il costrutto illeso.

“Per la miseria!”, disse a bassa voce e con il fiatone, “Mi hai fatto prendere un colpo! Che paura…”.

Il golem, ancora confuso, cercò di ricomporsi ed osservò la padroncina.

L’altra riprese fiato e poi sussurrò: “Ecco… ora dai l’allarme, fa quello che vuoi: entra in casa emettendo il rumore di una sirena, se preferisci…”.


Il golem non fece nulla di tutto quello: la pietra nel petto ebbe un sussulto e il pony udì chiaramente il rumore di un unico battito. La luce rossastra, prima fissa e invariabile, prese a pulsare debolmente.

“E’… è questa la paura?”, chiese la statua, con una luce gialla negli occhi.

“Come?”, disse Celine perplessa.

“Il golem crede… di aver provato… quella cosa chiamata sensazione… nel momento in cui pensava di aver perduto la padroncina”. L’amica lo osservò intensamente.

“Golem non possiede dati sufficienti per… insomma: golem non lo sa, però, da ciò che ha constatato nell’espressione della padroncina e da ciò che ha constatato in… golem… allora golem ritiene che…”.

L’alicorno gli fece cenno di zittirsi: “Ok, golem, ho capito, ma non parlare così o mamma si sveglierà”.

“Corretto… volevo dire: errore! La padroncina DEVE rincasare immediatamente!”.

“Golem, non posso! Cerca di capire! Io… io voglio scoprire cos’è quella luce… cos’è quello strano luogo. E… cos’era quella voce che ho sentito…”.

“E’ pericoloso. Golem ha il dovere di proteggere la padroncina”.

Celine abbassò lo sguardo. Non voleva più prendere in giro il costrutto, così fece emergere il proprio lato sincero: “Ascolta, golem… cerca di capirmi. Io voglio che tu mi protegga. Ma non è rinchiudendomi dentro una stanza che io starò bene. Se vuoi davvero proteggermi… allora stai al mio fianco. Aiutami. Stammi vicino. Lasciami provare e, se avrò bisogno di te, sii pronto ad intervenire”.

Il volto di pietra si inclinò nuovamente: “Golem… golem non…”.

“Lo so che forse non riesci a comprendermi… ma ti chiedo solo di provare. Prova per una volta a proteggermi come farebbe un… amico, e non una guardia del corpo senza cervello”.

“Golem è… confuso. Golem ha dei limiti magici che lo… costringono. E poi golem, tecnicamente, non possiede un cervello”.

“Allora usa il cuore. Quello ce l’hai”, concluse, battendo lo zoccolo sopra la sua gemma.

La statua si osservò il petto per un istante, quasi ipnotizzata dal pulsare, che non aveva mai posseduto fino a quel momento.

“Golem… golem ritiene che occorra combattere il pericolo luminoso che minaccia la padroncina”, concluse, alzando uno sguardo illuminato di verde.

Celine sorrise innocentemente.

“Grazie!”, esclamò, cingendo il collo della statua, che non seppe come rispondere al gesto.
   
 
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