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Autore: Lantheros    06/04/2013    1 recensioni
Equestria 1920.
Il Governo Celeste ha imposto il proibizionismo sulla vendita di alcolici e bandito l'uso della magia.
I produttori di alcolici si trovano quindi col sedere per terra. Coloro che decidono di sottostare al decreto... sprofondano.
Chi vuole restare a galla... ha solo un'opzione. Contrabbando.
E una puledra dalla chioma dorata si troverà in una difficile situazione. Quando le sue vendite crolleranno improvvisamente... usciranno fuori trame e intrighi che renderano l'uso della forza maggiore l'unica soluzione possibile.
La fiction si svolge in un luogo "distorto" della classica Equestria.
Il tono è noir, con un preponderante lato pulp. Non mancheranno inseguimenti, sparatorie e qualche parolaccia (niente di eccessivo). Non vedrete di sicuro il Barone Rosso, ma state sicuri che i pegasi armati di gatling reggeranno il confronto.
Applejack svolge un ruolo da protagonista dominante ma a lei si affiancheranno tutte le sue amiche, formando un gruppo "vecchio stampo" tipico dei fumetti d'epoca, decisamente pulp.
Genere: Azione, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Applejack, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La coppia di pony entrò nella stanza, avendo cura di richiudere attentamente la porta dietro di sè. I due si avvicinarono alla scrivania, con aria solenne, e presero un grosso raccoglitore in pelle.

“E’ questo?”, chiese Applejack, dopo essersi sistemata il nodo della cravatta.

“Eyup”, rispose il fratello, con lo sguardo occultato dalla tesa del borsalino.

Posarono il raccoglitore e girarono la valvola della lampada accanto a loro, intensificando la luminosità in tutto l’ambiente: dall’ombra apparvero scansie di libri, alcune foto in bianco e nero, un paio di vecchi fucili appesi alla parete e, per ultimo, un mappamondo decisamente datato.

Applejack srotolò il laccio che sigillava il portadocumenti e lo spalancò sul tavolo. Girò alcune pagine e poi, passandosi ripetutamente lo stuzzicadenti da un lato all’altro della bocca, prese a scorrere l’elenco ivi riportato.

“Ah!”, esclamò all’improvviso, gettando a terra il cappello, “Lo sapevo!”.

“Cos’hai trovato?”, chiese l’altro.

“Guarda qui! I FlimFlam Brothers hanno raddoppiato le loro vendite sottobanco!”.

Big Macintosh scrutò il registro: “Non sarebbe così preoccupante… se non si trattasse di un’esportazione di sidro”.

Applejack sputò lo stecchino ed esclamò: “Maledette carogne! Non ci bastava la stangata sull’alcol? Ora i fratelli vogliono anche soffiarci il mercato?”.

“Non possiamo farci molto, AJ. Hanno la possibilità di restare a galla e quindi… perché non dovrebbero?”.

La sorella prese a muoversi nervosamente avanti e indietro: “Qualcosa non quadra. Fino ad una settimana fa il nostro traffico era accettabile. Poi, di punto in bianco, le vendite crollano miseramente e tutti iniziano a parlare del sidro firmato FlimFlam Brothers. Non ti sembra un po’ strano?”, concluse, con sguardo indagatore.

“Forse”, rispose Macintosh pensieroso, “ma sono solo supposizioni”.

“Voglio andare a fondo di questa cosa”.

“Attenta, AJ. Non siamo nelle condizioni per poter strafare, lo sai”, la ammonì.

“Lo so, gli affari vanno male… dopo il Proibizionismo Celeste ho pensato che saremmo colati a picco. Se non fosse stata per l’idea di Twilight e senza l’ausilio del Sugarbooze Corner… non credo saremmo ancora in affari”.

“Siamo in affari… ma la produzione è calata enormemente. Quasi metà dei nostri meleti è abbandonata e gli strozzini si presentano giorno, dopo g…”.

“Lo so, maledizione!”, sbottò Applejack, “E’ per questo che voglio risolvere questa faccenda, ad ogni costo!”.

“E’ rischioso…”.

“Anche farsi pignorare la casa da quegli sciacalli lo è! Ed io non voglio che la tenuta Apple vada in malora! O che nostra sorella sia costretta a lavorare in qualche squallida maison per guadagnarsi da vivere!”.

Big Macintosh ci pensò per qualche istante, sollevò lo sguardo e, con convinzione, esclamò: “D’accordo, AJ… Proveremo a fare come dici tu”.


    I pony uscirono dalla tenuta, al chiarore della luna, superando lo sterrato di fronte casa, fino a raggiungere una Dodge Bros nera, parzialmente impolverata.

All’uscio, la vecchia Granny Smith oscillava rumorosamente sulla sua sedia a dondolo.

“Mi raccomando, nonna”, disse Applejack dal finestrino, mentre il fratello metteva in moto, “la casa è nelle tue zampe fino al nostro ritorno!”. La nonna annuì silenziosamente e la macchina partì in direzione di Ponymood, lasciandosi alle spalle una scia fumosa.



*** ***** ***



    Applejack osservava con melanconia le strade della cittadina scorrerle davanti agli occhi. “Una volta non era così”, sussurrò, riportando alla mente le serate attorno al camino ed i racconti in famiglia, “Ora i pony si riversano numerosi, alle ore notturne, per assaporare la vita proibita che il Decreto Celeste ha cercato di bandire dal regno”.

“Non ti sembra una scemenza?”, chiese al fratello.

“Cosa?”.

“Una volta i pony venivano da noi per dissetarsi con del buon sidro. Ora i locali stanno fallendo, sono tutti esasperati e il traffico illegale è più fiorente che mai”.

“Questa è la legge, AJ, che ti piaccia o no”, la liquidò con un sorriso, “e ognuno cerca di guadagnarci qualcosa. Dove andiamo, per prima cosa?”.

“Gira alla prossima. Voglio farmi un’idea della situazione e il Sugarbooze è il posto giusto per lo scopo”.

    La Dodge sterzò bruscamente e, dopo qualche isolato, giunse davanti ad un locale dalle vetrine piuttosto desolate.

“Ti ricordi com’era un tempo questo posto?”, esclamò Applejack, scendendo dall’auto.

“Come dimenticarlo?”.

“Hai presente l’andirivieni di clientela? Le urla? Le risate?”.

“Le risse”, ribattè Macintosh, con un sorriso.

“Già!... Guardalo ora. E’… praticamente morto…”.

    Spalancarono la porta d’ingresso ed un silenzio irreale li investì: notarono giusto qualche cliente ai tavoli, per lo più chino sopra bicchieri di soda oppure intento a consumare, fino all’ultimo millimetro, dei sigari disgustosi. Applejack cercò di trattenere un visibile fastidio.

Si portò al bancone e colpì nervosamente il legno, per richiamare l’attenzione del barista, ovunque fosse.

Dopo una certa insistenza, un frastuono assordante, simile a pentole che cascano giù per le scale, proruppe da una porta accanto: “Eccomieccomieccomi”, blaterò Pinkie Pie. Era vestita con un completo da inserviente, del tutto trasandato e sgualcito: più di ogni cosa, però, spiccava un paio di occhiaie olivastre, come cornice ad una sclera decisamente arrossata.

“Sono qui, sono qui!”, urlò, guardandosi attorno con nervosismo.

“Emh, dolcezza”, sussurrò Applejack, sollevando una zampa, “siamo qui”.

“Uh… Oh! Oh! Sei tu, Applejack! E… e… c’è anche quel bestione di tuo fratello! Mac Bacintosh!”.

“Big Macintosh”, la corresse l’altro, con noncuranza.

“E’ uguale!”, rispose Pinkie, in preda ad almeno una dozzina di tick facciali.

“Uuh… ragazza, va tutto bene?”, chiese l’amica.

“Bene? Bene? Certo! Cosa non dovrebbe andare bene??”, concluse, mollando una testata al bancone.

I due fratelli si guardarono con un’espressione a metà tra il preoccupato e lo schifato. Pinkie, con il volto incollato al tavolo, non dava segni di vita.

Applejack e Big Macintosh controllarono la clientela e, vedendo che nessuno dei presenti stava prestando loro la benché minima attenzione, trascinarono il pony rosa oltre una porticina sull’angolo.


    “Non va bene, non va bene per nienteee!”, singhiozzò Pinkie Pie in un fiume di lacrime, tirandosi la criniera.

“Che c’è, dolcezza?”.

“C’è che è tutto uno schifo!!”, ruggì.

“Pensavo che gli affari andassero meglio, ultimamente…”.

“Oh!”, la canzonò l’altra, “Certo! Gli affari vanno a gonfie vele! Prima arriva miss Celestia-so-tutto-io e pubblica quella porcata di decreto! E i clienti già lì se ne vanno…”.

Applejack la ascoltò con apprensione e poi le chiese: “Ma… il tuo locale… intendo… lo speakeasy che hai nel sotterraneo… mi sembrava che, con i nostri rifornimenti, andasse abbastanza bene”.

“Abbastanza bene?”, berciò Pinkie, con le zampe all’aria, “Abbastanza bene?? Eccolo il mio speakeasy, sottospecie di campagnola brucafieno!”. Con quelle parole, spalancò un elegante portone, collocato oltre un passaggio nel seminterrato: l’interno si rivelò un locale di classe, ricco di tavoli intarsiati, poltrone e un banco con tanto di inserviente. Vi era addirittura una piccola orchestra ma, sfortunatamente, non era in attività, in quanto non ci sarebbe stata anima viva a udirne le note.

“Uao”, esordì Applejack con stupore.

Pinkie tirò fuori una fiaschetta dalla camicia e trangugiò avidamente diverse gollate: si passò uno zoccolo sulle labbra e manifestò qualche altro tick al volto: “L’hai visto il mio speakeasy??”.

“Ma… come mai?... Noi ti riforniamo costantemente di sidro e…”.

“Ah! Questa è bella!”, rispose, “A parte il fatto che i tuoi rifornimenti si sono dimezzati, se non… tri… ditrimez… insomma sono diminuiti di brutto! E poi il tuo ultimo carico aveva il sapore del liquido per imbalsamare i cadaveri!”.

“Uuh…”, bofonchiò Applejack, lanciando un sorriso imbarazzato verso il fratello.

“In più”, continuò istericamente il pony, “pare che stiano nascendo speakeasy più competitivi del mio in ogni angolo di Ponymood! E pare che abbiano più roba e decisamente migliore di quella brodaglia di fogna che mi propini ultimamente!”.

Ci fu una pausa, in cui Applejack riprese a masticare nervosamente uno stecchino. Il pony era visibilmente pensieroso e, alla fine, esclamò: “La faccenda mi puzza sempre di più. Tu non hai idea di chi stia aprendo tutti questi locali, ultimamente?”.

Pinkie incrementò la dose di follia, prendendo a parlare ancor più freneticamente: “Macosacredichenesappiaio?? Se lo sapessi pensi che starei qui a perder tempo con una campagnola e il suo scimmione?”.

“Nope”.

“Va bene, va bene, ho capito”, concluse l’altra, “vedremo di venire a capo della faccenda. Tu intanto cerca di rimanere a galla finché puoi…”.

I tick del pony rosa raggiunsero livelli da reparto psichiatrico: “Galla? Stare a galla? Certo. Che ci vuole? Basta un altro po’ di liquido per cadaveri. No? Non è vero? Basta propinare la prima schifezza a qualsiasi ubriacone metta il muso nel mio locale, no? E’ così facile…”.

Il monologo di Pinkie proseguì per parecchi minuti, ma i due visitatori si erano già congedati da un po’, preoccupati per il degenero a cui stavano assistendo.


    La Dodge riprese a muoversi sulle ruote incrostate di fango, percorrendo le strade illuminate da lampioni in ferro battuto.

“Prima le vendite calano… poi le esportazioni dei fratelli aumentano… e infine il Sugarbooze si ritrova una concorrenza spietata addosso. Ora non dirmi che anche tu non senti puzza di bruciato”.

“Eyup”.

“E se c’è qualcosa che posso scoprire”, sibilò Applejack, strizzando lo sguardo, “so anche DOVE poterlo scoprire”.
   
 
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