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Autore: Lantheros    06/04/2013    1 recensioni
Secondo ed ultimo sequel di Sidro Proibito.
Ritroverete le mane 6 calate in panni vintage e armate di pistole, una certa dosa di cinismo e anche qualche parolaccia. Se pensavate che uno zeppelin volante, un assalto notturno e combattimenti tra piombo e incantesimi fossero abbastanza... beh... non era che l'inizio.
L’ultimo capitolo, il nono, è stato suddiviso in quattro atti, poiché tutto avverrà in una singola notte (quindi sarà denso di avvenimenti).
Avviso che, a differenza degli altri, in questo Sidro è stata miscelata una cospicua dose di introspezione dei personaggi ad una pari quantità di azione, più una spruzzata di "vago e misterioso" perchè... insomma... stiamo parlando di un alicorno oscuro, dopotutto.
TUTTI i personaggi avranno il loro momento sotto i riflettori. Tutti brilleranno per qualcosa e commetteranno altrettanti sbagli. Perché, là fuori, è un mondo difficile, fatto di criminali e intrighi malavitosi.
Appariranno alcuni bg della serie canon ancora non visti, più qualche oc che spero vi saprà conquistare.
Genere: Azione, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Applejack, Nightmare moon, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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“A che serve che la serva si conservi la conserva se la serva quando serve non si serve di conserva??”, domandò Pinkie, con una squillante cantilena.

Le parole giunsero come un trapano nelle orecchie si Spike: non sarebbe stato un grosso problema se non si fosse trattato del ventesimo scioglilingua nel giro di dieci minuti.

“Al pozzo dei pazzi c'era una pazza che lavava pizzi e pezze. Andò un pazzo, prese la pazza e buttò nel pozzo la pazza, i pizzi e le pezze!”.

“Come si spegne?”, chiese l’autista viola.

Twilight alzò le spalle: “Dopo un po’ ti ci abitui”.

“Balle”, commentò Hound, aprendo un po’ il finestrino (sperando che il refrigerio rendesse il tratto di strada vagamente sopportabile).

“Coccolotto”, le fece Rarity, “Chiudi sennò ti viene la bua al collo…”.

“Ah!”, lo derise Rainbow Dash, puntandogli uno zoccolo, “Chiudi… coccolotto! Che poi ti viene la tosse!”.

“Pupa… Rarity... Non è il caso che ti lanci in simili manifestazioni di…”.

“No!”, ribadì, stringendogli una ridicola sciarpa rosa attorno al collo, “Ci va niente a fare gli spavaldi e poi ti ritrovi a letto con la febbre e il moccolo”.

Rainbow si coprì il muso con le zampe e cercò di trattenere altre risate.

Grey si innervosì ma cercò di non reagire come suo solito: “…Apprezzo molto, dolcezza, ma ti assicuro che se bastasse questo venticello a ridurmi così… beh, con tutto quello che ho visto fino ad oggi… di sicuro non sarei qui a parlare”.

L’unicorno tirò fuori una cuffietta in tinta con l’indumento e gliela sistemò sulla criniera, al posto del canonico cappello: “Ecco! Ora sei al riparo dalle intemperie!”.

Dash lo guardò e lo stallone la fulminò con lo sguardo: “Non t’azzardare…”, la ammonì.

“Come no”, ribatté il pegaso, “… Coccolotto!”, e si spanciò dal ridere.

Quello fu troppo anche per il segugio. Si strappò la cuffia dalla testa e, con vago tono ragionevole, ragliò: “Senti, Rarity! Io capisco che tu sia preoccupata per me ma…”.

“TU NON MI AMI!!”, urlò la puledra, fracassando i timpani a tutti.

“Sai che non è così”.

“NO! TU SEI SOLO UN LURIDO SCHIFOSO PEZZO DI M…”.

“Oh mamma…”, bofonchiò il compagno, strizzandosi gli occhi con uno zoccolo.

“Ma che le prende??”, domandò Spike, con le orecchie che ancora gli fischiavano.

“E’ da giorni che fa così”, rispose l’amico.

“HO FAME! VOGLIO UN ANANAS! VAMMI A COMPRARE UN ANANAS!!”, minacciò.

“Ma… perché?”, chiese l’autista.

“Eccheneso? Sarà perché è incinta. Cambia umore tanto rapidamente quanto cambia i vestiti”.

Il pony dalla chioma viola si accoccolò sul petto dell’amato e, con occhi sensuali, gli disse: “Ti amo tantooo…”.

“Mi attacchi i tacchi tu che attacchi i tacchi? Io attaccarti i tacchi a te? Attaccati te i tuoi tacchi tu che attacchi i tacchi!”.

“Fra un po’ sterzo e mi tiro contro il primo platano che vedo…”, dichiarò il drago, sull’orlo di una crisi di nervi.

“Tranquillo, tappo”, lo tranquillizzò Dash, “Siamo arrivati”.


    La macchina giunse di fronte alla cancellata in ferro che conduceva alla villetta di Discord, la stessa che visitarono il giorno del primo incontro. Quella volta, esattamente come la precedente, era notte fonda. Perché gli affari loschi si fanno esclusivamente quando è notte fonda.

Gli agenti discordanti aprirono e la macchina prese posto accanto ad altri veicoli, tra cui la Dodge Bros di Applejack.

La fontana con il serpente urinante era sempre lì, al centro, proprio come se la ricordavano.

Gli occupanti aprirono le portiere e scesero. Hound notò un camioncino dei gelati che veniva riverniciato, in un angolo. Non capì. E proseguirono.


    I tirapiedi del draconequus li introdussero nell’abitazione, guidandoli poi al piano superiore, proprio d’innanzi ad un grosso portone in legno.

Uno di loro fece scattare la maniglia, unitamente ad un gesto di cortesia: “Prego. Accomodatevi”.

D’innanzi ai visitatori si palesò la sala degli ospiti di Discord: un’enorme camera in cui risaltavano alcuni singolari elementi scenici. Al centro era presente un enorme tavolo in legno scuro, che pareva trafugato da un castello medievale. Lungo i muri erano poggiate delle armature equine su sui erano stati posti vestiti decisamente inadatti allo stile corazzato: cappelli da festa, occhiali, mocassini e, dulcis in fundo, un elmo costituito da un vaso da notte rovesciato.

Parallelamente all’ingresso era possibile ammirare un colossale camino in marmo chiaro, con fiamme così vive da tenere l’intera sala in un clima sub-tropicale. Sopra il focolare, per concludere con “stile”, era invece affisso il quadro più grosso e osceno che anima avesse mai visto: un ritratto delirante del padrone di casa, dipinto nell’istante in cui si faceva il bagno nella vasca, con tanto di paperella e spazzola per la schiena.

Quando valicò il luogo, a Spike venne istintivo fare un segno della croce.

Applejack e Octavia erano sedute ad un angolo e parlavano tra loro.

Discord era in fondo alla sala, nascosto dietro un divano. Fluttershy, coricata sul tavolo, era invece dal lato opposto: imbracciava una carabina ed era impegnata a collimare la mira.

“Ehm… uh… pull…”, farfugliò con la vocina.

La bestia caprina, sempre al riparo dietro al mobile, lanciò in aria un Ponygi XIV. Il pegaso giallo seguì il bersaglio per un paio di secondi, premette il grilletto e l’oggetto si polverizzò con un boato fragoroso.

Il proiettile andò ad arricchire la collezione di buchi alla parete.

“Ah!” esultò Discord, festeggiando come fosse allo stadio, “Dieci su dieci! Complimenti!”.

L’altra arrossì e si nascose dietro al ciuffone rosa: “Ah… sì… ecco… io…”.

“Abbiamo interrotto qualcosa?”, berciò Hound.

“Ovvio che sì!”, rispose Discord, braccia conserte e muso indignato, “Questo è un party riservato alle sole puledre! Eccetto il padrone di casa, ovviamente…”.

“Ho proposto più volte l’evirazione a mister burbero”, dichiarò Octavia, “Ma ha sempre rifiutato l’offerta”.

“Ehy, bella… Se sei così spavalda vieni qui e prova a mettere le zampe sul mio…”.

Rarity lo riprese, senza guardarlo: “Ciccinooo… Cosa ti ho detto riguardo alle parolacce?”.

“Scusa, non ci stavo pensando…”.

“Pensa a chi ti pensa, non pensare a chi non ti pensa, perché se pensi a chi non ti pensa, chi ti pensa smetterà presto di pensarti!”.

Il volto del draconequus si illuminò improvvisamente: “Oh! Ci sei anche tu!”.

“Sìì!”, strillò il pony rosa.

Discord caricò un grammofono e, dopo alcuni istanti, una gracchiante melodia da ballo prese a diffondersi per i quattro angoli della stanza. Lo spirito avanzò verso la puledra, simulando un passo vellutato e occhi da tombeur de puliche. Quando fu d’innanzi a lei, le mise una zampa dietro alla schiena, le sollevò uno zoccolo con l’altra e fece un caschè, inchiodando lo sguardo contro il suo.

“Sai…”, le sussurrò, con voce improvvisamente mascolina e ammaliante, “Devi essere stanca… perché hai camminato nei miei pensieri per tutta la sera”.

L’altra non si scompose minimamente e continuò a sorridere: “Caro conte chi ti canta tanto canta che t'incanta!”.

“Ahh!”, sospirò Discord, iniziando a danzare con lei a ritmo di musica, con ampie giravolte, quasi fosse un valzer, “Ogni istante di vita è sprecato, senza di te, mia cara!”.

“Ho voglia di vomitare”, commentò Spike, seriamente nauseato.

“Non preoccupatevi e sedetevi pure”, disse loro Octavia.

Gli ospiti ubbidirono, non senza qualche perplessità.

Sicura che Discord non la osservasse, Twilight disattivò magicamente il grammofono.

“Ehy!!”, ruggì il ballerino, mettendosi le mani ai fianchi e facendo cadere la sua compagna sul pavimento.

Applejack allontanò lo stecchino dalle labbra: “Dai, buffone. Ti sei divertito abbastanza, per stasera”.

“Mphf! Barbari!”, e tornò con lo sguardo accanto a Pinkie, coricata a terra, “Mi spiace, mia musa… temo che il nostro incontro galante sia rimandato…”.

“Okie dokie!”.


    Equini e draconici presero posto attorno al grosso tavolo in legno. Applejack si sedette in modo da essere più o meno al centro, assicurandosi che tutti l’avrebbero potuta vedere con facilità. Lo sguardo era serio, lasciando presagire la propria intenzione di parlare con il massimo della serietà. Anche l’abbigliamento non era da meno ma, effettivamente, la puledra arancione si vestiva sempre in tiro, nonostante la nuova ondata di soldi le avesse permesso di rifarsi il guardaroba con capi extra-lusso.

Tutti si accomodarono e tacquero, lasciando il crepitio delle fiamme come unico accompagnamento alla situazione.

Applejack si mise in piedi e poggiò le zampe anteriori sul tavolo, quindi parlò solennemente: “Vi ringrazio per essere giunti fin qui”.

Dash osservò nuovamente l’arredamento strampalato: “A proposito, AJ… Come mai proprio nella casa del barbuto?”.

“Questa villa è il dominio del caprone”, gli rispose, suscitando una malcelata ira da parte di Discord, “E qui è molto meno probabile che ci siano orecchie indiscrete. Chrysalis ha sguinzagliato spie in mezza Equestria e non escludo che qualcuno dei tirapiedi alla mia tenuta possa esserlo a sua volta”.

“Uh…”, farfugliò Fluttershy, cercando di nascondersi dietro al ciuffo, “Ma… non hai paura che possano attaccarla?”.

“No. Ci hanno già provato due volte. Nella prima c’eri anche tu, ricordi? Nella seconda furono Octavia e il suo fidanzatino a respingere gli assalitori”.

Tutti si voltarono ad osservare la musicista. Octavia corrugò la fronte e manifestò un certo nervosismo: “…Beh??”.

“Confido che abbiano capito l’antifona”, concluse la puledra col borsalino.

“In ogni caso”, continuò, “Immagino sappiate perché vi ho chiesto a tutti di venire”.

“Per fare un party??”, domandò il pony rosa, al massimo dell’eccitazione.

“Esatto, Pinkie. Un party. Un party come mai se ne vedranno nella storia dei secoli. Io lo ammetto: ho seria intenzione di uccidere Chrysalis. Ho diversi motivi per farlo e uno di questi contempla un mio desiderio del tutto egoistico”.

“Sarebbe?”, chiese Hound.

“Voglio solo vederla morire per ciò che ha fatto a me e alle persone che conosco…”, dichiarò, con gli occhi di chi sapeva il fatto suo.

“Mh. Mi sembri la mia copia al femminile”, commentò lo stallone.

“Grey”, lo riprese Sparkle, “Tu sei più brutto, più fetente e almeno due volte più burino di AJ”.

“Lo prendo come un complimento”.

Applejack scrutò i presenti: “Tuttavia… capisco che questa sia una faccenda che non vi riguarda direttamente. Chrysalis ha fatto un torto ad ognuno di noi, in un modo o nell’altro… ma… a parte me e Hound, non avete un reale motivo per dover andare in fondo a questa faccenda. Non fino alle sue estreme conseguenze, almeno”.

Twilight si massaggiò il mento: “In effetti… questa volta stiamo parlando di fare qualcosa da far impallidire l’impresa a Counterlot. Non abbiamo più un fattore sorpresa e non sarà come salire su uno zeppelin farcito di mezze seghe. Ora Chrysalis ci conosce abbastanza bene ed ha uno stuolo di Agenti e mutaforma al proprio servizio”.

“Infatti, Twi”, continuò la puledra bionda, “Questa volta sarà radicalmente diverso. Non avremo uno stuolo di pony da mandare all’assalto, non ci saranno possibilità di infiltrarsi dietro le mura e tantomeno di affrontare Chrysalis a Counterlot… Quello è il suo dominio, ora…”.

Discord piegò la sedia all’indietro, accavallò le zampe posteriori sul tavolo e si fece dondolare: “Esatto. E andare nel suo dominio equivale a gettare un gattino in un canile. O un topolino tra i piranha. O uno studente sbarbatello tra i bulli. O un munflone tra…”.

“Grazie, abbiamo capito…”, intervenne Spike, stufo di sentire pazzoidi farneticare.

Lo stallone fulvo sentì il bisogno immeditato di versarsi da bere ma cercò di resistere: “Beh, mia cara: come hai detto, io ho i miei validi motivi per togliere di mezzo la stronza. Quindi sai che parteciperò all’impresa, qualunque essa sia”.

Rainbow lo interruppe: “AJ, io e te ci aiutiamo a vicenda da una vita… e sai che volare e sparare sono le cose che mi riescono meglio. Però non mi piace sapere che sto per gettarmi a capofitto in un’impresa suicida”.

L’altra prese un quotidiano che si era portata appresso: “Lo so. E’ per questo che voglio mettervi in guardia, spiegarvi cosa ho intenzione di fare e poi mi direte quali saranno le vostre intenzioni. Tra l’altro… guardate qui”, e gettò il giornale sul tavolo.

Tutti allungarono i musi: sulla carta, in prima pagina, vi era la foto del dottore baffuto che incontrarono a Counterlot, proprio il mattino della loro fuga. La notizia indicava come il pony avesse perso la vita a causa di un tragico incidente.

“Mi ricordo di lui…”, commentò Rarity.

“Chi è questo patacca?”, chiese il compagno.

“E’… un medico che ci ha aiutate a scappare”, rispose la stilista, un po’ triste, “Inoltre ha rimesso in sesto Twilight e si è dimostrato piuttosto… contrario all’operato del Governo”.

La gangster mise in bocca uno stecchino nuovo: “Magari è stato davvero un incidente, anche se ne dubito. Conoscendo come operano quei macellai, secondo me è più probabile che abbiano scoperto quello che è successo e che l’abbiano fatto fuori. Se è così: per me è un motivo in più per far cessare questa storia una volta per tutte”.

“Concordo”, rafforzò Sparkle, massaggiandosi la cicatrice alla spalla, “Però, come hai detto, questa volta sembra davvero un’impresa al limite del possibile”.

“In verità… prima di procedere oltre… ho bisogno di sapere una cosa da voi”.

L’oratrice posò lo sguardo su ognuno degli amici e riprese a parlare: “Ho bisogno di sapere… chi di voi vorrà aiutarmi nell’impresa. Perché questa volta sarò chiara: stiamo per fare qualcosa al limite della follia”.

“Ci sto!! Ci sto!!”, annunciò Discord, sbracciandosi, non appena sentì quella parola.

“Mille cose potranno andare storte… e ne basterà una sola per mandare a monte tutto quanto. Se questo succederà… verrà versato molto sangue e, con molta probabilità, buona parte sarà il nostro”.

Spike deglutì.

“Inutile mentirvi: se mi asseconderete nell’impresa… è possibile che qualcuno di noi, se non tutti, torni a casa in una bara. Inoltre, visto che parliamo di Chrysalis, sono certa che anche il piano più arguto e premeditato potrà rivelarsi completamente sbagliato. Quindi ci toccherà improvvisare, ne sono certa. Per questo presumo che la morte ci farà visita a più riprese”.

Fluttershy si nascose sotto il tavolo, facendo giusto sbucare gli occhioni spaventati. L’amica blu dichiarò debolmente: “Minchia, AJ… certo che se volevi fare un discorso incoraggiante… direi che ci sei riuscita in pieno…”.

“Ve l’ho detto: voglio essere sincera con voi. Da questo punto in avanti ci sono due possibilità: lasciar perdere Chrysalis oppure varcare la linea del buonsenso e mirare dritti alla giugulare. La scelta è vostra. Ognuno di voi ha in qualche modo dimostrato la propria fedeltà nei miei riguardi. Alcuni non lo hanno fatto con costanza”, commentò, riferendosi al draconequus, Spike e Hound, “Ma, alla fine, posso dire come mi abbiate supportato in tutto e per tutto. Per quanto mi riguarda, siete state le migliori canaglie che potessi desiderare al mio fianco. Ma questa battaglia riguarda me e la mia vendetta personale. Voi non centrate nulla, direttamente, e io voglio che decidiate consapevolmente a cosa andrete in contro… se deciderete di aiutarmi”.

    Il discorso si concluse con un silenzio pacato, in cui gli amici si chiusero pensierosi.

Il legno continuò a scoppiettare nel camino.

Dopo alcuni attimi, Hound prese la parola: “Come ho già detto… io ci sto. Chrysalis ha distrutto la vita a me e a centinaia, forse migliaia di altri pony. La sua morte non mi restituirà ciò che ho perso… ma, proprio come te, attualmente mi importa soltanto la vendetta”.

Rarity si avvicinò a lui, stringendolo per una zampa: “Se questo significasse chiudere una volta per tutte con il passato… allora sono con te”.

Grey avrebbe voluto opporsi alla scelta dell’unicorno bianco ma sapeva ormai bene che non sarebbe servito a nulla.

Spike si allontanò dal tavolo e si mise in un angolo della stanza, osservando nervosamente i quadri. Si accese un sigaro.

Discord si rivolse a Pinkie, stringendole uno zoccolo tra gli artigli: “Che dici, mia unica gioia di vita? Verresti con me fino alle porte dell’Inferno?”.

“Se c’è un party, c’è Pinkie!!”, rispose l’altra, sorridendo felice, “E se c’è Pinkie, ci sono i cupcakes!!”.

“Io ho un conto in sospeso con lo stronzo sovietico”, ammise Octavia, a zampe conserte e sguardo severo.

Dash fece un respiro profondo: “Cavolo AJ, non posso proprio farlo…”.

L’amica drizzò le orecchie.

“…Non posso proprio rifiutare una cosa simile!”, urlò con arroganza.

Non rimanevano che il pegaso giallo, Twilight e il suo amico squamoso.

Spike continuò a consumare voracemente il tabacco, lasciando trapelare una buona dose di preoccupazione.

L’unicorno viola di rivolse a lui: “Ehy, Spike… Non sei costretto a…”.

“N-no”, disse immediatamente, “E’ una questione… mia. Voglio… voglio partecipare. Sempre che vi possa essere d’aiuto…”.

Il dottor barbiere gli sorrise, anche se gli sembrò che l’amico nascondesse qualcosa: “Fai come credi. E, se decidi di andare, sappi che sarò con te”.

Il draghetto ricambiò debolmente il sorriso.

L’attenzione di tutti si concentrò quindi su Fluttershy, che esplose di imbarazzo e non riuscì ad emettere manco una parola.

“Ehy, Flutter!”, berciò Rainbow, dandole una violenta pacca sulla schiena, “Allora? Sei con noi oppure no??”.

“I-io… ecco…”.

Octavia si intromise: “Eddai, lascia che scelga liberamente”.

Il pony paglierino scomparve dietro il ciuffone ed emise un verso impercettibile.

Dash si avvicinò: “Eh?”.

L’amica emise un altro verso stridulo.

“Come??”.

“HO DETTO SI’!!!”, sbottò, facendo sobbalzare tutti e rompendo i timpani al pegaso dalla chioma arcobaleno. Dash cadde all’indietro, con gli zoccoli sulle orecchie e i denti stretti.

“D-Dash! Io… scusami scusami scusami!”.

Applejack sorrise maliziosamente e riprese il discorso: “Mh. Va bene. Io vi ho messi in guardia, quindi ho la coscienza a posto”.

Gli altri si ricomposero ai propri posti (inclusa Rainbow, che venne aiutata da Fluttershy, dandole poi una gomitata in modo risentito).

“Però”, affermò Twilight, “Non ci hai ancora detto cosa avresti intenzione di fare…”.

“Ora che so che siete con me… vi spiegherò cosa ho in mente. Innanzitutto: sappiate che il tutto prenderà il via tra una settimana esatta”.

“Una settimana?”, domandò Octavia, “Perché una settimana?”.

Discord sfoggiò un inquietante sorriso sardonico, alzò le braccia al soffitto e, con una strana scintilla negli occhi, spiegò: “Mia cara… perché tra una settimana esatta… c’è il plenilunio!!”.

“Ah”, commentò la violoncellista, per nulla convinta, “E… quindi?”.

“Quindi”, riprese Applejack, “Significa che cercheremo di sfruttare al massimo i nostri nuovi alleati”.

Il pegaso dalla chioma rosa tremò: “T-t-ti riferisci a…”.

“Esatto. La sorella di Celestia. Pare che non le sia andato giù che Chrysalis le abbia fatto fuori la sorellona e sembra piuttosto intenzionata a vendicarsi”.

Sparkle divenne titubante: “Non so, AJ… un alicorno oscuro potrebbe essere un grande alleato, è vero… oppure qualcosa di troppo grande e che non potremo gestire. Una mutaforma con i poteri di Celestia è già qualcosa di immensamente potente”.

L’amica rise: “Te l’avevo detto che questo era un piano al limite della follia! Ma, in ogni caso, ho intenzione di assoldare tutti i sicari che potrò permettermi. Li farò venire anche dagli angoli remoti di Equestria, se sarà il caso”.

“E pensi basteranno?”, domandò Dash.

“No. Neanche un po’. Ma abbiamo il supporto della gente di Ponymood, quindi altri potenziali alleati. Da quando il Governo ha reagito con questa violenza, tutti hanno iniziato a ricredersi. Il casino che abbiamo fatto a Counterlot, la pubblicazione di documenti riservati e l’appoggio che stiamo dando al popolo… tutto fa vacillare il trono sotto il culo di Chrysalis. Abbiamo espanso gli speakeasy a macchia d’olio e so che la maggior parte di Ponymood sarebbe più che lieta di aiutarci contro il governo”.

“Ah!”, la schernì Hound, “Non farmi ridere. Vuoi contrastare la mutaforma con un manipolo di cittadini e mercenari voltagabbana?? Scapperanno o si venderanno al nemico alla prima occasione”.

“Non ho detto che voglio usarli per attaccare Chrysalis. In effetti… tutto questo verterà su un principio nettamente differente dal solito”.

“Sarei curiosa di sentire i dettaglia, mia cara”, la invitò Rarity.

“Per come la vedo io, non possediamo alcun mezzo attualmente per sconfiggere Chrysalis. Discord è potente ma non abbastanza. Anche Luna è sicuramente un pezzo da novanta… ma rimane il fatto che Chrysalis ha il potere di un alicorno unito ai propri. Penso che nemmeno tutti uniti potremo ucciderla... senza contare che, se assaltiamo Counterlot, andremmo dritti nel suo dominio… dove saremmo in una posizione di netto svantaggio”.

“Come un gattino in un canile”, le diede corda il padrone di casa, con aria saccente.

Dash si grattò la chioma: “Allora non ti seguo, AJ. Che diavolo vuoi fare? Vorrai mica puntare la giocata su quella zebra drogata che abbiamo trovato nella palude?”.

Quelle parole lasciarono la puledra arancione un po’ infastidita e cercò di non dare peso al discorso: “Zecora potrebbe essere una cialtrona oppure no. Se vorrà aiutarci, ben venga. Ora ho bisogno di forze concrete alla zampa e questo contempla tutto ciò che potrò compare con i soldi: sgherri, alcol e puttane”.

“Cosa??”, domandò Twilight, perplessa.

Il volto della gangster si arricchì di una vena di cattiveria: “Pensateci bene… cos’è che vuole Chrysalis?”.

Gli altri ci pensarono su.

“P-potere?”, buttò lì Fluttershy.

“Ne ha già quanto ne vuole”, la liquidò l’amica.

“Vendetta?”, chiese Spike.

“Anche, ma non così tanto da costringerla a giocarsi il tutto per tutto”.

“Banane??”, sbottò Pinkie.

Grey parve illuminarsi all’improvviso: “…Lei… vuole essere… la numero uno”.

“Esatto”, ammise Applejack, “Chrysalis vuole una cosa in particolare… Essere imbattuta. Non avere rivali. Non sopporterebbe mai l’idea di essere messa in secondo piano o che qualcuno giunga sul podio al posto suo”.

Rarity cercò di approfondire: “Senza offesa, dolcezza, ma Chrysalis attualmente E’ la numero uno. Ha praticamente tutto”.

“Sì, ha tutto. Ma cos’è che sta rischiando di perdere, ultimamente? La notorietà. Si fa un gran parlare del cattivo operato del governo ma quello che più conta è che si faccia un parlare ancor maggiore della tenuta Apple, del suo sidro irresistibile e dell’opposizione che sta instaurando contro i governativi”.

Octavia socchiuse le palpebre: “Intendi dire…”.

“Io sono convinta che Chrysalis non accetterà MAI che una campagnola le strappi via la notorietà, che tutti ci acclamino alla stregua di salvatori, mentre lei verrà etichettata come inetta e poi dimenticata a marcire. Mai. Ed è per questo che ho intenzione di tirarla fuori da Counterlot con un espediente”.

“Mhh”, mugugnò Discord, lisciandosi la barbetta, “Io un po’ la conosco. Fidati che non verrà fuori con l’inganno tanto facilmente”.

“Inganno?”, domandò divertita l’interlocutrice, “Non ho intenzione di provare ad ingannarla. Sarebbe un campo dove perderei quasi di sicuro. Io voglio proprio indurla a venir fuori, a lasciare che si scavi la fossa da sola”.

“E come pensi di fare?”, chiese Grey, scettico.

“Qui entra in gioco la tua signora”, rispose.

Rarity alzò un sopracciglio, incredula: “Ehm… prego?...”.

L’amica si preparò a spiegare la propria idea, con malcelata arroganza: “Ho intenzione di indire un ritrovo, esattamente tra una settimana, nello speakeasy più grosso che abbiamo, ovvero la Carousel Maison. Inviteremo la società più facoltosa e importante di tutta Equestria. E a questo ha già pensato Discord”.

Il draconequus esultò come se avesse appena vinto una gara olimpionica.

“Non sarà una semplice festa notturna. Voglio che passi come un evento epocale, con il mio nome come garante della buona riuscita. Ci avvarremo del lancio di un nuovo sidro, Octavia suonerà all’orchestra, Pinkie sarà ai banconi e avremo Hound come ospite d’onore”.

“Cosa??”, ruggì lo stallone.

“Sì, Grey. Si è fatto un gran vociare di te e del tuo tradimento… nonché di quello che è emerso dalla pubblicazione di quel documento. Immagina l’alta società che percepisce la notizia. Avremo il pienone e scommetto che Chrysalis sentirà l’impulso irrefrenabile di venire a scoprire cosa abbiamo in mente. Rarity si occuperà di organizzare l’evento, senza contare che molti verranno solo per lei. E, come ho detto, il passaparola farà sì che tutto venga fatto in mio nome. Ad una simile notizia… mi ci gioco il cappello che Chrysalis non saprà resistere e si presenterà per l’evento”.

I presenti iniziarono a parlocchiare tra loro.

Fluttershy cercò timidamente di intervenire: “Ma… uhh… non credi che verrà con altri Agenti?... O che cercherà di… ehm… farci fuori?”.

“Secondo me verrà sotto false spoglie. E non si azzarderà mai a portare Agenti in divisa, altrimenti farebbe saltare una nottata in cui sono presenti centinaia di pony ricchi e facoltosi. Una cosa simile le costerebbe il supporto della fetta di Equestria che DAVVERO conta”.

“E una volta che sarà lì?”, domandò Sparkle.

“Ci sono ancora dettagli da sistemare ma ti assicuro che il grosso del piano… finisce qui”.

“Stai scherzando, spero”, ironizzò l’amica viola.

“No. L’idea è semplicemente di porre Chrysalis nelle condizioni a lei più sfavorevoli. Se verrà… si troverà lontana da Counterlot, tra civili importanti e senza potersi avvalere di una pesante scorta armata, anche se assumo che utilizzerà degli infiltrati. Ed è per questo che ho intenzione di assoldare dei sicari, affinché si occupino di loro e ci lascino liberi di agire”.

“E poi? Cosa pensi di fare?”.

“Poi… sarà tutto da improvvisare. Discord, ma soprattutto Luna, dovranno semplicemente cercare di farla fuori e noi saremo lì ad aiutarli”.

L’entusiasmo della creatura caprina si spense all’improvviso: “Uhh… non mi piace la piega che sta prendendo il piano. Sono ancora in tempo per ritirarmi?”.

“La mutaforma non si azzarderà mai a scatenare un putiferio in mezzo a dei civili come quelli. Forse cercherà di tornare a Counterlot e di sicuro dovremo impedirglielo. Confido che, lontana dal proprio dominio e con tutti noi a darle addosso, assieme alla sorella incazzata di Celestia… allora ci siano delle possibilità di sconfiggerla”.

Il volto di Rainbow era basito, assolutamente sconcertato: “Uuhh…”.

“RD, lo so che è una follia. Se volete ritirarvi, capirei benissimo”.

Discord iniziò a preparare la valigia, pronto a dirigersi su qualche ghiacciaio desolato.

Il pegaso blu si massaggiò il collo: “Non è quello, AJ… E’ che… sembra tutto un azzardo”.

“Perché lo è. Ovviamente ho intenzione di schierare il meglio che potrò permettermi e discuteremo ancora su come prepararci. Ma la verità, te lo concedo, è che… è un azzardo fottutamente pericoloso”.

Spike aveva ormai terminato tutti i sigari di una scatola, in soli pochi minuti. Spense l’ultimo nel posacenere, con dita tremanti.

    “Questo è quanto”, concluse il pony con le lentiggini, “Se avete idee migliori che non contemplino la fuga… sarò lieta di sentirle”.

L’entusiasmo non era di certo alle stelle. Discord indossava camicia floreale, occhiali da sole e reggeva la  ventiquattro ore in una zampa. Allungò l’altra verso Pinkie e la supplicò: “Amor mio! Fuggi con me! Scapperemo e andremo in qualche angolo remoto del mondo, dove i pony parlano solo messicano e dicono ‘mui bueno!’ tutto il tempo! Metteremo su famiglia e avremo tanti piccoli puledrini rosa e barbuti!”.

L’altra strinse le labbra, elaborando quanto aveva appena sentito: “Mhhh… Ok, però prima voglio fare questo mega party prima di partire! Dai sarà divertente!!”.

Lo spirito tornò repentinamente a sedersi, passandole una zampa attorno al collo e osservando gli altri pony con sguardo saccente: “Ah! Se non ci fosse lei a ricordarmi chi sono!”.

“Ridete e scherzate pure”, sentenziò Applejack, molto seria, “Ma alla fine prendete una decisione. Ci stiamo realmente giocando le nostre vite e il nostro futuro, con questa impresa. Prendetevi pure il tempo necessario ma entro domani ho bisogno di sapere chi è dentro e chi no. Nessun problema o risentimento”.


    La puledra scrutò minuziosamente ognuno di loro. Nonostante non peccasse mai di zelo, quella volta si sentì vagamente importante e influente. Si rese quindi conto che, in quella postura, con le zampe anteriori poggiate al tavolo e sguardo indagatore… era quasi uguale identica a suo padre, quando discuteva con gente poco raccomandabile.

Il pensiero, sulle prime, le diede un certo fastidio ma poi, con rinnovata sicurezza di sé, esordi con una frase che mai avrebbe pensato di pronunciare in vita sua.


“Alla fine…”, dichiarò con aria solenne, “…E’ solo una questione d’affari”.


*** ***** ***


    Il discorso sostenuto dalla puledra lasciò gli amici con un sacco di pensieri per la testa.

Ognuno di loro visse quelle parole in modo differente: c’era chi ne ebbe timore, pensando che si sarebbe trattata di un’assurda follia, chi non riuscì a nascondere una vena di entusiasmo mista a eccitazione e chi, senza tante pretese, non seppe semplicemente come reagire. Ma tutti, alla fine, convennero su una cosa: c’era un grave problema a Ponymood. Un problema che non si sarebbe risolto da solo e che li avrebbe a poco a poco inghiottiti in un vortice senza uscita. Chrysalis li conosceva bene e non avrebbe esitato a giocare sporco, magari colpendo amici e parenti per farli uscire allo scoperto e finirli. C’erano soltanto due possibilità: fuggire e far perdere le proprie tracce oppure… affrontare la minaccia a muso duro. E nessuno di loro, incluso il timido pegaso giallo, era un vigliacco.


    Una volta terminata la riunione, il gruppo si disperse. Quella sarebbe potuta essere una delle ultime notti passate con un po’ di tranquillità: il giorno dopo sarebbero cominciati i preparativi per un piano suicida da realizzare tra sette giorni esatti. Applejack non ebbe quindi nulla in contrario nel lasciare che gli amici spendessero la nottata come meglio credevano.


Il dottor barbiere e l’assistente squamoso: Twilight e Spike si diressero a casa, scendendo poi nello scantinato. Osservarono gli alambicchi e i macchinari, colti da una sorta di nostalgia improvvisa. Spike convinse l’amica a condividere uno dei suoi sigari e la puledra rimase piacevolmente sorpresa nel constatare come non fossero poi così terribili. Per ricambiare, decise di consumare con lui una delle proprie “opere sperimentali”: un sidro corretto che nessuno aveva mai assaggiato. Non era poi così buono ma, quella notte, sembrò loro una delle cose più piacevoli che avessero mai assaggiato.


La bella e la bestia: Rarity convinse Grey a portarla a mangiare fuori. A quell’ora i locali erano chiusi ma la stilista aveva conoscenze per permettersi un posto riservato anche a porte sbarrate. Hound si sentì in imbarazzo per tutto il tempo, con l’amata che non perdeva occasione per punzecchiarlo e sfruttare questa sua debolezza.  Lo stallone non andò oltre il mezzo bicchiere di vino, con incontenibile gioia dell’unicorno. Terminato il pasto, la coppia si appartò nella camera di Rarity. Non fecero nulla, se non addormentarsi insieme, abbracciati, sotto le coperte. E Grey, dopo tanto tempo, finalmente… riuscì ad addormentarsi con una parvenza di serenità.


Gli Angeli della Morte: Rainbow, dopo un’insistenza quasi infinita, riuscì a convincere l’amica dai crine rosa a spiccare il volo nell’oscuro cielo su Equestria. Le due solcarono la sommità delle colline, protette dal freddo grazie ai loro cappotti militari, reduci della Guerra Equestre. Lasciandosi prendere un po’ troppo la zampa, misero in pratica le vecchie evoluzioni che avevano imparato durante l’addestramento. Si destreggiarono quindi in ciò che amavano fare tra i commilitoni dell’ex-squadrone: i cosiddetti “giri spezzacollo”. Erano manovre di volo pericolosissime, dove più di un cadetto inesperto si era ritrovato con ossa spezzate (da lì il nome): gli Angeli della Morte scommettevano costantemente tra loro, istigandosi a compiere gesta sempre più avventate e pericolose. E Dash e Fluttershy non erano da meno: volarono, cabrarono e girarono sul proprio asse come trottole, nel tentativo di stabilire chi fosse la più spavalda. Nessun delle due riuscì a prevalere sull’altra. I pegasi, tuttavia, provarono una grande nostalgia per i tempi passati.


Il valzer dei folli: Discord trattenne Pinkie nella propria villa, riprendendo da dove erano stati interrotti, ovvero nel ballo. I due, zampa nello zoccolo, danzarono soavemente attorno al bordo della piscina in cui si erano incontrati la prima volta, immersi nello stesso scenario onirico generato dai riflessi dell’acqua e delle vetrate colorate. Il pony non disse quasi mai una parola e si limitò a sorridere in modo bambinesco per tutto il tempo. Terminata la performance, il draconequus invitò la puledra in un’attività di coppia che, a detto del padrone di casa, avrebbe richiesto biancheria intima e un letto comodo. Rimasero sdraiati sul giaciglio a sfogliare cataloghi di intimo-moda fino all’alba, finchè si appisolarono uno accanto all’altra, sbavando copiosamente sui cuscini.


Violoncello e limoncello: Octavia tornò alla tenuta di Applejack, insieme alla puledra arancione. Non appena ne ebbe l’occasione, prese in disparte Macintosh e si sistemarono in cucina a parlare e bere alcolici di svariato genere. Quando furono entrambi un po’ alticci, si diressero all’esterno per passeggiare tra i meleti. Nessuno sa esattamente cosa successe dopo ma sta di fatto che, poco prima del sorgere del sole, i due rincasarono con profonde occhiaie e criniere arruffate. Passarono l’intera mattinata col mal di testa e in compagnia di Granny Smith che lanciava loro frecciate e ammonimenti a sfondo sessuale. Non smisero di sorridersi tra loro nemmeno per un istante.


La puledra senza identità: Applejack fece ritorno alla propria abitazione, accompagnando la musicista con la propria macchina.

Prese qualche momento per rilassarsi: si fece un bagno nella vasca e poi mise a dormire Applebloom. Da quando la faccenda del sidro sottobanco era diventata una faccenda di routine, non aveva più avuto manco un attimo da dedicare alla propria famiglia. La cosa, ovviamente, non le piaceva: non era quasi mai a casa, vedeva di rado la sorella, provando un profondo dispiacere a riguardo.

Ma come poteva fare altrimenti? Occorreva scegliere tra stare con la famiglia, trascurando gli affari e condannando il futuro della tenuta, oppure investire tempo e risorse per assicurare che l’attività non affondasse. Sapeva bene che la piccola non avrebbe compreso appieno quella scelta… ma che altra scelta aveva?


    Quando fu notte inoltrata, entrò nella cameretta di Applebloom, assicurandosi che dormisse. La puledrina era appisolata tra le coperte. La stanza era sommersa di piccoli giocattoli e pupazzi, molti dei quali erano appartenuti all’infanzia della sorella maggiore. Tutto era buio, fatta eccezione per la luce che filtrava dalla porta dietro di lei, appena socchiusa.

Si soffermò ad osservare l’arredo, posando quindi lo sguardo sulla piccola. Si avvicinò senza far rumore e le carezzò dolcemente la fronte.

Ci fu qualcosa di strano, che avvenne in quell’istante. Un’emozione, forse un ricordo. L’odore di quel luogo… le coperte, forse? Sì, erano le coperte. Avevano lo stesso odore delle coperte di quando era giovanissima. Forse… la nonna continuava ancora ad usare lo stesso detersivo o ammorbidente di allora. Tanto bastò per rituffarla nel passato.

    Si ricordò di quando la cameretta di Applebloom era invece la sua stanza.

Di quando tutto fosse più povero e semplice, ma ugualmente bello. La nonna era vagamente più giovane, con appena qualche ruga in meno. La tenuta era un po’ diversa e il capanno all’esterno non era ancora stato ampliato.

Applejack si portò alla finestra e, in mezzo al buio, intravide un grosso albero morente. Senza nemmeno volerlo, una scena in movimento le apparve d’innanzi, sovrapponendosi a ciò che stava osservando: l’albero era verde e rigoglioso. Da un ramo pendeva un copertone legato ad una corda. La puledrina arancione era avvinghiata ad essa, felice e ridente, mentre il fratello la spingeva con forza, anch’egli divertito.

Schiamazzi e urla d’infanti le risuonarono nella testa.

Il ricordo del padre giunse quindi inaspettato, proprio in una di quelle mattine in cui uscivano assieme per raccogliere i funghi. Forse non fu il miglior padre del mondo… Anche lui… proprio come lei… doveva occuparsi della tenuta. Non aveva tutto il tempo del mondo e quindi ci fu un periodo in cui Applejack pensò che non le volesse più bene. Ma ora, forse come stava succedendo per Applebloom, capì realmente le ragioni dello stallone. Forse, in futuro, anche la sorella minore avrebbe capito.

Ma poi… poi papà iniziò a parlare con quei tizi. Si ricordava ancora di quando li vide per la prima volta, in un primo pomeriggio: il genitore era nel salotto e, assieme a lui, al tavolo, erano seduti altri tre stalloni. Uno era vestito in modo elegante ed impeccabile, mentre gli altri indossavano abiti più modesti e semplici.

La piccola era giunta fin lì poiché aveva appena rotto il suo cavallino in legno e lo reggeva tra i denti, con gli occhi umidi.

Il padre la vide, sbuffò e interruppe momentaneamente il discorso che stava tenendo. Si avvicinò a lei e, con sguardo severo, le intimò: “AJ, ora sono occupato. Non hai niente di meglio da fare che perdere tempo con i tuoi balocchi?”.

“Non si preoccupi, signor Apple”, intervenne uno dei presenti, con uno strano accento, “Anche io ho una figlia, sa? Non c’è problema”.

A quelle parole, il padre parve calmarsi all’improvviso. Si girò verso l’interlocutore e mostrò un enorme sorriso: “Oh, allora è padre anche lei! Eh! Questi puledrini! Ancora non sanno come sarà la vita e già si disperano per un giocattolo rotto!”.

“E’ la loro età innocente…”, concluse l’altro, gesticolando con le zampe.

Il parente annuì e tornò ad osservare Applejack, spingendola poi con impazienza fino all’uscio e facendola uscire.

“Papà ora è impegnato. Gioca fuori”, e le chiuse la porta davanti al muso.

Fu in quel preciso istante che la puledra pensò seriamente che non le volesse più bene. Il rumore di quella porta sbattuta in faccia le giunse come una martellata al petto. Si ricordò di come le uscirono alcune lacrime, osservando tristemente il cavallo di legno in pezzi.

Poi… alle sue spalle… giunse una voce femminile: soave, splendida… bellissima. Una voce che le donò tranquillità al solo udirla… l’eco di un ricordo lontano. Quel genere di cose in grado di catapultarti nel passato in un baleno.

La puledrina arancione si voltò: nei ricordi di Applejack (che forse non corrispondevano pienamente alla realtà), la madre era seduta su un dondolo in legno, con un sole accecante alle sue spalle. Il cielo era azzurro, l’erba verdissima e gli alberi in fiore.

La giumenta mise le zampe a terra e si diresse lentamente verso la figlia: fece attenzione poiché aveva un grosso pancione tra le zampe. Non riusciva a ricordarsi con precisione il volto… e più fra tutto risaltava la bellissima chioma color dell’oro.

“Cosa succede, piccola mia?”, le domandò gentilmente, cercando di consolarla.

Applejack iniziò a singhiozzare e si fece scappare qualche altra lacrima: “Papà… papà non mi vuole bene…”, farfugliò, dopo aver posato il giocattolo a terra.

La mamma la abbracciò a sé: “Ohh… non  vero…”.

“Sì che è vero! Mi ha sbattuta fuori e non gliene importa nulla!”.

“Papà… papà è molto preoccupato per le sorti della tenuta”, le disse, passandole una zampa tra i crine, “Ed è molto nervoso. Cerca di capirlo”.

L’altra tirò su col naso e affondò il volto nel petto della madre: “Il mio giocattolo…”.

Il pony dalla chioma dorata si chinò per prenderlo: “Mhh...”, mugugnò osservandolo, “Senti! Perché non andiamo da Granny e le chiediamo di sistemartelo?”.

“Granny?”, domandò perplessa, “Ma lei è una… cioè… lo sa aggiustare?”.

“Ti stupiresti di quante cose sa fare la vecchia nonna, piccola mia…”.

    Quello… fu uno dei ricordi più belli che Applejack ebbe della madre.

Dopo neanche un anno… non poté mai più vederla. Applebloom era nata da poco: troppo piccola per ricordarsene. Ma la sorella maggiore aveva una discreta memoria. Chiese al padre che fine avesse fatto mamma. Lo stallone non ebbe il coraggio di dirle la verità e buttò lì la più tipica delle scuse in tal senso: “Mamma è partita e non tornerà per un po’”.

Solo dopo venne a conoscenza della verità. Fu davvero un periodo brutto, dove cadde in depressione per mesi. Non poteva credere che non ci fosse più. Che se ne fosse andata da un giorno all’altro. Solo allora capì a cosa fossero dovuti quei giramenti di testa che la colpivano ogni tanto… e quella volta che crollò di peso sul pavimento della cucina. Dopo essersi ripresa, aveva minimizzato, ovviamente. Ma, poi, tutto assunse un tratto diverso e dovette farsene una ragione. Anche il fratello non la prese bene ma Macintosh era in grado di tenersi tutto dentro e non far trapelare nulla. Tuttavia… non glielo disse mai ma… una sera… lo sentì piangere nel letto… e invocare la madre.

    E poi… Poi ci fu quel giorno.

La tenuta era ormai completamente in mano al padre. Gente sempre diversa e sempre più strana continuava ad entrare ed uscire dalla casa. Ogni tanto arrivava un camion per prendere o scaricare casse di cui non vide mai il contenuto. Finchè… quel giorno. Una prima mattina, per l’esattezza.

Qualcuno aveva bussato ed Applejack aprì: d’innanzi si palesò un tizio con cappello e taccuino, accompagnato da un Agente governativo. Le chiese se ci fosse qualcuno in casa e lei chiamò il fratello.

“Uh… nessun altro? Tua madre, forse?”, domandò.

“Nostra madre è morta da tempo, ormai”.

L’altro si rabbuiò: “Oh. Capisco… E… siete soli?”.

“Nonna dorme di sopra con la nostra sorellina. Ora ci siamo solo noi. C’è qualcosa che dovete dirci?”.

Il funzionario si grattò la fronte e lanciò uno sguardo di circostanza al collega, che non seppe come reagire.

“Vostro… vostro padre”, si sforzò, “Per caso… è uscito questa notte?”.

Applejack non capì: “Lui… sì. E’… è uscito questa notte per andare a parlare con degli amici. Lo fa spesso”.

L’altro non rispose… e la puledra intuì dal suo sguardo che era successo qualcosa.

Quello fu il giorno in cui… Applejack smise di essere ciò che era… e non riuscì mai più a trovare una vera identità.


    Quando i ricordi terminarono, il pony arancione, quello odierno, si sorprese a piangere di fronte alla finestra. Vide il proprio riflesso trasparente nel vetro: le sue labbra erano contratte dal dolore e le lacrime già gocciolavano sul parquet. Si affrettò ad asciugarsi gli zigomi, come se qualcuno potesse scoprirla all’improvviso.

“Merda…”, sussurrò a denti stretti, “Ma che diavolo sto facendo?...”.

Poi si voltò di nuovo verso Applebloom… e un pensiero terribile la scosse dall’interno.

Perché mamma se n’era andata… e papà si era spinto troppo oltre, lasciando tre figli molto giovani e un’anziana ad occuparsi dell’intera tenuta. E tutto per… questioni d’affari.

Non seppe se fosse per via di quel tuffo nel passato o semplice coincidenza… ma provò una terribile sensazione che la fece sentire… sbagliata: lei stava compiendo una scelta. Una scelta dalle conseguenze potenzialmente terribili. Cosa sarebbe successo… se fosse morta? Macintosh sarebbe rimasto da solo a badare alla sorellina e alla nonna. E Applebloom sarebbe stata privata di un altro parente. E da lì? Forse la vendetta di Chrysalis sarebbe giunta terribile e avrebbe colpito anche loro.

    Le zampe della puledra tremarono e dovette reggersi alla parete per non crollare a terra.

“Cosa sto facendo?...”, si chiese, “Sto… sto mettendo in pericolo la vita della mia famiglia solo per cercare la mia vendetta. Come… come posso essere così egoista?... Anche papà aveva sbagliato ma lui cercava solo di non farci affondare. Io… io, invece… sto solo cercando di perseguire i miei scopi…”.

I muscoli non ressero oltre.

Applejack scivolò sul pavimento e si strinse in posizione fetale, con le lacrime agli occhi.

“Chi… chi sono io?...”, sussurrò, senza quasi un filo di voce, “Chi sono per decidere cosa far rischiare alla mia famiglia… per gettare la vita degli altri in quest’impresa?... Chi sono?...”.


    Passarono i minuti.

La puledra si calmò.

Sentimenti e pensieri si chetarono.

E gli occhi di Applejack si riaprirono.

Era ancora nella stanza della sorellina, riversa sul pavimento. La piccola dormiva e non si era resa conto di nulla. La gangster si rialzò a fatica e guardò un’ultima volta la puledrina, con uno sguardo stranamente serio.

Sapeva benissimo che tutto sarebbe potuto finire nel peggiore dei modi… Ma… con quelle parole in testa, non avrebbe mai avuto il coraggio di andare fino in fondo di ciò che aveva iniziato.

Così raccolse aria nei polmoni e fece una promessa solenne…


Qualsiasi cosa accada

In qualunque luogo finiremo

Che sia d’innanzi alle porte dell’Inferno

O ai cancelli del Paradiso

Il mio ponte di morti

Mi condurrà alla fine del cammino

E se dovessi perire nel tragitto

Il mio corpo sarà un mattone in più

Che altri potranno sfruttare

Per proseguire lungo la strada


Investirò ogni mia risorsa

Ogni mia energia che possiedo

Affinché tutto ciò che ci minaccia

Venga spazzato via

E se dovessi perire nell’impresa

Mi assicurerò che i nostri nemici

Mi seguano nella tomba


Se proprio dovrò abbandonare la mia famiglia

Mi assicurerò che abbia un futuro promettente d’innanzi


Lo prometto


Te lo prometto




…Papà.
   
 
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