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Autore: Lantheros    06/04/2013    1 recensioni
Secondo ed ultimo sequel di Sidro Proibito.
Ritroverete le mane 6 calate in panni vintage e armate di pistole, una certa dosa di cinismo e anche qualche parolaccia. Se pensavate che uno zeppelin volante, un assalto notturno e combattimenti tra piombo e incantesimi fossero abbastanza... beh... non era che l'inizio.
L’ultimo capitolo, il nono, è stato suddiviso in quattro atti, poiché tutto avverrà in una singola notte (quindi sarà denso di avvenimenti).
Avviso che, a differenza degli altri, in questo Sidro è stata miscelata una cospicua dose di introspezione dei personaggi ad una pari quantità di azione, più una spruzzata di "vago e misterioso" perchè... insomma... stiamo parlando di un alicorno oscuro, dopotutto.
TUTTI i personaggi avranno il loro momento sotto i riflettori. Tutti brilleranno per qualcosa e commetteranno altrettanti sbagli. Perché, là fuori, è un mondo difficile, fatto di criminali e intrighi malavitosi.
Appariranno alcuni bg della serie canon ancora non visti, più qualche oc che spero vi saprà conquistare.
Genere: Azione, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Applejack, Nightmare moon, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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La puledra si rialzò in tutta fretta, con i polmoni che si contraevano ritmicamente. Era nel buio più assoluto, circondata da una moltitudine di piante di mais. Soltanto la luna surreale donava qualche parvenza di luce alla zona.

Ce l’aveva fatta. Aveva attraversato il tragitto e si era tuffata indenne tra le graminacee. Si girò, scrutando il fienile da cui era appena fuggita. Sembrava fosse tutto calmo. Poi, ne fu sicura: partirono due spari in rapida successione. Uno era sicuramente di Fluttershy.

Un tuono molto pacato giunse invece dalle colline oltre il campo coltivato, proprio dove era stato costruito il cimitero.

Applejack rimase combattuta tra il desiderio di rimanere, per verificare che le amiche se la stessero cavando, e la necessità di raggiungere Luna e Discord… sempre che fossero ancora vivi.

Roteò più volte il capo, indecisa.

“Merda”, commentò nervosamente sottovoce, “Che casino… che razza di casino! Sono sola… ed è solo grazie agli altri se sono arrivata fin qui…”.

Si fece coraggio e, a malincuore, decise di proseguire con la propria missione.

    Trottò attentamente tra le alte spighe. Era ormai inutile muoversi con troppa circospezione: i colpi d’arma da fuoco erano un chiaro segnale d’allarme e, oltretutto, sarebbe stato impossibile muoversi in silenzio attraverso il granturco. Ogni falcata del pony venne infatti accompagnato dal frusciare delle piante. La gangster non sapeva minimamente se avesse imboccato la direzione giusta. Non ci vedeva e l’unico indizio era il rumore della battaglia lontana.

Il cuore continuava a batterle forte: non sapeva se il campo fosse sgombro. Qualche nemico, per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto aggredirla o aspettarla con tutto comodo.

Scosse il capo. Simili pensieri non l’avrebbero di certo aiutata. E poi… ancora non sapeva cosa avrebbe trovato, una volta giunta a destinazione… tantomeno sapeva cosa avrebbe fatto. Discord e Luna erano dei pezzi grossi… ma lei… rimaneva una semplice puledra. Il mitragliatore di Dash avrebbe forse fatto la differenza? Faticava a crederci.


    Finalmente, Applejack raggiunse il limitare del mais. Di fronte a lei, a circa duecento metri, la collina erbosa era circondata da un antico muretto in pietra, con accanto il cancello in ferro nero che permetteva l’ingresso al luogo di riposo dei defunti.

Per raggiungerlo avrebbe dovuto nuovamente uscire allo scoperto. Notò però alcuni ripari occasioni: qualche avvallamento, dei grossi cespugli e barili abbandonati. Poteva rischiare? Anzi… la domanda giusta era… aveva scelta?

Buttò giù la saliva e imbracciò saldamente il pesante oggetto di metallo. Come diavolo faceva Rainbow a volare con quel coso tra gli zoccoli? Si assicurò che fosse armata e, dopo essersi sistemata la tesa del cappello, sbucò al galoppo.

Quando giunse dietro al primo riparo, un colossale boato la fece buttare pancia a terra. Alcuni detriti di pietra si sollevarono dal cimitero, oltre il muretto, senza lasciarle comprendere cosa stesse accadendo. Rumori di una battaglia furiosa riecheggiarono nella notte. Alzò il muso: lo sciame di mutaforma sarebbe giunto entro poche decine di minuti. Forse ancor meno. Non c’era un istante da perdere.

Abbandonò il rifugio momentaneo e zigzagò da una copertura all’altra, sempre più vicina.

I rumori di lotta crebbero, assolutamente terribili: urla, esplosioni arcane, masse terrose che andavano in frantumi… un vero e proprio inferno, con tanto di sporadici lampi di luce (sicuramente incantesimi).

Risalì faticosamente la collina, ormai allo stremo, raggiungendo infine il muro del cimitero, su cui concluse la rampicata, battendo la schiena.

Un raggio arcano fece capolino a pochi metri da lei, sfondando malamente parte del riparo, e disperdendosi poi verso l’orizzonte.

“Per la miseria…”, biascicò preoccupata, trattenendo il cappello con una zampa.

Si avvicinò allo spiraglio e, molto cautamente, fece spuntare il muso dal foro ancora fumante.

Fu allora che vide cosa stava accedendo.


    Luna e Chrysalis erano in preda ad una vera e proprio furia omicida. L’alicorno era ricoperto da una strana sostanza d’ombra, che le donava un aspetto spaventoso. La doppiogiochista, invece, era assolutamente irriconoscibile: mutava costantemente, istante dopo istante, assumendo una forma diversa per ogni cosa che doveva fare. Aveva bisogno di respingere un attacco improvviso del nemico? Si tramutava in un drago di terra e la colpiva con la coda acuminata. Doveva compiere uno scatto improvviso? Assumeva le sembianze di un velocipede delle radure. Necessitava di potere distruttivo?... Beh… per quello le sarebbe bastato invocare il potere di Celestia.

Applejack le osservò basite. La coppia si scambiava colpi terrificanti e più della metà del cimitero era ridotto ad un cumulo di macerie. Imperiosa, dominando su ogni altro mausoleo o sepolcro, la tomba dell’alicorno bianco faceva da testimone alla battaglia furibonda.

Luna si teletrasportò, svanendo in una nube nera, e riapparve addosso a Chrysalis, artigliandola con affilate lame oscure. L’altra urlò e poi, senza perder tempo, si tramutò in un’Ursa Minor e sfracassò la puledra blu al suolo, poi tornò nella propria forma originale.

Una serpe barbuta oscillò fulminea tra le lapidi, balzando quindi addosso al bersaglio: le strinse le spire al collo, cercando di spezzarlo, ma la fratricida, in rapidissima successione, mutò in un insetto, svicolò dalla presa e crebbe a dismisura, cangiando in uno straziatore delle paludi. Discord sorrise ironicamente, con parecchi denti mancanti, prima che la bestia lo stritolasse tra le zampe possenti, scagliandolo poi verso uno dei pochi mausolei intatti (che si sbriciolò di lì a poco).

    Applejack tornò al riparo, totalmente inebetita.

Scivolò lentamente sul posteriore e lasciò ricadere zampe e arma sul grembo.

Cosa diamine poteva fare una puledra come lei, d’innanzi ad un avversario simile. Se almeno avesse avuto la squadra al completo… ma se persino Luna e Dicord non riuscivano a causarle grossi problemi… lei cosa sperava di fare?

In fondo… che cavolo le era saltato in mente? Lanciare un assalto suicida verso una creatura quasi onnipotente… L’alleanza con lo spirito e l’alicorno, sulle prime, le era sembrata un’idea vincente… Ma ora… ora non ne era più convinta. Nel modo più assoluto.

Cercò di farsi forza.


    Uscì dal riparo, tuffandosi rapidamente tra le poche tombe ancora intatte, assicurandosi che nessuno l’avrebbe notata. Chrysalis era infatti troppo presa dalla battaglia, per accorgersi di qualcos’altro.

Ora era lì, dietro un piccolo e antico mausoleo, con l’M1919 tra le zampe… e una paura del diavolo.

Le due ricominciarono a lottare, scandendo altre esplosioni e grida di rabbia.

Si tolse il cappello. Osservò i dintorni, senza sapere nemmeno cosa stesse cercando. Una speranza, forse. Qualcosa. Qualsiasi cosa che le suggerisse cosa fare.

L’attenzione tornò al cielo e allo stormo sempre più vicino… La luna, inoltre, le sembrò perdere di intensità.

Urla. Botti. Macerie che crollavano. E altri suoni insopportabili che non cessarono nemmeno per un istante.

Alcune lacrime le inumidirono i bordi degli occhi.

Imbracciò il mitragliatore.

“Se non… se non faccio qualcosa…”, disse a se stessa, “Morirò… e… e la mia tenuta…”.

Ebbe uno scatto improvviso e si defilò tra due lapidi, su cui poggiò l’arma, come supporto.

Chiuse un occhio e collimò le diottre, inquadrando la coppia furiosa che combatteva.

Le zampe le tremarono. Volontà e coraggio vacillarono in modo preoccupante.

“Se non… se non…”.


    Una strana sensazione la bloccò, un istante prima che premesse il grilletto. Non capì di cosa si trattasse… ma le fu sufficiente da farla desistere e rimettersi al riparo. Quando fu di nuovo dietro alla cripta in pietra… scorse un equino incappucciato accanto a lei, dove prima non vi era nessuno.

L’odore di incenso e l’aura di mistero le permisero di capire facilmente di chi si trattasse.

Zecora abbassò il cappuccio, mostrando un muso vagamente sorridente e due occhi felini.

“Z-Zecora…? Sei… sei tu…”, le disse, sull’orlo di un pianto disperato.

L’altra intensificò il sorriso e, con il canonico accento indecifrabile, dichiarò: “Per me sarebbe stato avvilente. Zecora… non mente”.

Applejack non sapeva se sentirsi risollevata… o se dovesse preoccuparsi ancora di più.

“Come… come sapevi che…”.

“Rimembri il passato? Se avrai bisogno, i miei interventi saranno scontati. Per tua fortuna, così è stato”.

Si levò un ruggito. Era Chrysalis che si avventava su Luna.

La puledra arancione cercò di non farsi distrarre e di mantenere la calma.

“D-dunque… sei qui… sei qui per aiutarmi?”.

Il volto di Zecora si arricchì di una sfumatura maligna: “Ragioni in modo così limitato. Nulla viene regalato”.

L’alicorno urlò, come se qualcosa le avesse straziato le carni.

Applejack strinse palpebre e denti. La sua sanità mentale stava cedendo.

“LO SO! LO SO, MALEDIZIONE!!”, le inveì contro, tappandosi le orecchie, “Tutto ha un prezzo!!”.

“Hai compreso alla perfezione. Un accordo non ha valore senza scambio, è una dura lezione”.

“Ma… ma… cosa posso fare??”, domandò disperata, “Non… non ho le capacità! Non ho la forza di contrastare un potere come quello di Chrysalis!”.

“La creatura cangiante possiede invero un potere spaventoso! Azzarda un po’ troppo e andrai in contro all’eterno riposo!”.

“Zecora!!”, riprese con foga, “Tu… tu puoi contrastare Chrysalis??”.

“Tu mi sopravvaluti, puledra dal manto dorato! Sono solo una zebra e non un Dio di potere ammantato!”.

“E… e allora?? Cosa significa??”.

Lo sciamano serrò le zampe sul collo di Applejack, sfiorandole quasi il muso con il proprio. I suoi anelli tintinnarono.

“Io non sono qui per cambiare il corso degli eventi”, le sussurrò, con voce solenne e sguardo neutrale, “Io sono un tramite, non mi faccio carico di cambiamenti”.

La gangster iniziò ad avere seriamente paura di lei: “S… sarebbe a dire?”.

“Non ho alcun potere, se non quello di testimoniare per accordi importanti. Sono per l’appunto un tramite e non una fautrice degli eventi cangianti”.

Applajack cercò di capire il significato di quelle parole.

Zecora continuò: “Ti ho già avvertita una volta. Non puoi essere così stolta. Ti sei fatta carico di un‘impresa terrificante. Nessuno ti ha obbligata. Solo tu hai preso la decisione importante. Se qualcosa vuoi cambiare… soltanto tu lo potrai fare. Non esiste una via d’uscita priva di nefaste conseguenze. E tutto dipende… dalle tue indulgenze”.

“SMETTILA DI PARLARE IN RIMA, PER LA MISERIA!!”, sbottò adirata, spintonandola lontano.

La zebra ridacchiò divertita: “Vuoi proseguire sul tuo ponte di morti? Allora devi a rinunciare a qualcosa che porti”.

“Cosa vuoi, maledizione?? Cosa diavolo vuoi??”, strillò.

“Io non desidero nulla, se non assecondarti nelle tue volontà. Sii pronta al sacrificio e il tuo desiderio realizzarsi potrà”.

“Io voglio solo veder Chrysalis crepare!!”.

“Ahhh”, sospirò, “Un desiderio imponente! In te la modestia è assente!”.

“Puoi ammazzarla o no??”, domandò stizzita, “Non ho altro tempo da perdere!!”.

“In effetti il tempo avanza”, commentò, osservando i sicari volanti in arrivo, “Ma ciò che chiedi è un’assurdità ad oltranza!”.

“Bene! Allora lasciami in pace!”.

“Colei che odi con tale energia, possiede i poteri di un regnante defunto, ormai andato via. Con un sacrificio all’altezza posso anche strappare la vita ad una creatura ma non ho alcun potere d’innanzi ad un alicorno, ne ho la certezza”.

“Insomma un alicorno è troppo potente, per te?”.

“Sono leggi mistiche su cui non posso agire. L’anima di una creatura così pura è al di là di ogni mio ardire”.

“Se non puoi aiutarmi, allora mi spieghi per quale motivo sei venuta qui?”.

L’oscurità, forse per suggestione, parve raddensarsi attorno alla zebra, proprio com’era successo nella capanna, lasciando ben visibili solo i penetranti occhi azzurri: “Torniamo di nuovo al passato, pony di oro ammantato. Tutto si può ottenere, con il giusto prezzo. Pensavo lo avessi già capito da un pezzo. Non posso estirpare la vita dalle sue ossa… ma esiste sempre un espediente in grado ingannare le leggi, più di quanto non possa. Si tratta però di capire… di accettare… e di donare qualcosa per concludere il tuo ponte, un po’ come scalare a fatica un altissimo monte”.

La puledra voleva chiudere la faccenda una volta per tutte: “Allora dimmi cosa vuoi. Fai tu il prezzo. Ti darò tutto quello che mi chiederai”.

Zecora rise… rise come una matta. Poi trafisse con il proprio sguardo i verdi occhi dell’interlocutrice: “Estirpare una vita è qualcosa di tipicamente proibito. Soltanto uno scambio di pari livello lo lascerà consentito”.

“Uno… scambio di pari livello?”, domandò titubante.

L’altra sfoderò un ghigno a dir poco inquietante: “Sì... una vita per una vita”.


*** ***** ***


    Rainbow zoppicò dolorante fino a Fluttershy.

Il pegaso giallo teneva la carabina tra le zampe, con un rivolo di fumo che ancora fuoriusciva dalla canna.

Vesna era pancia all’aria, con un foro all’altezza delle viscere. I suoi polmoni ebbero un sussulto. Non era morta. Ma lo sarebbe stata presto.

L’asso del volo si appoggiò alla groppa dell’amica.

“Mai… mai vista una cosa simile”, commentò.

“Ora”, rispose Fluttershy, “Non sarà più… un problema…”.

La moribonda lanciò un sorriso, prima che la sofferenza glielo cancellasse, sostituendolo con un ghigno di dolore.

Un frusciò lontano le mise sul “chi va là”. Il pony paglierino puntò l’arma.

Hound sbucò dall’oscurità, seguito dalla stilista dal manto bianco e Twilight.

“R-ragazzi?”, balbettò la tiratrice.

“Saranno loro?”, domandò Dash, indecisa.

Questa volta non ci furono scambi di battute. Bastò che i presenti si guardassero bene negli occhi per capire che erano realmente loro, e non delle copie della mutafurma.

Stavano bene, apparentemente. Lo stallone era un po’ pesto, l’unicorno viola abbrustolito e Rarity aveva la chioma appena scompigliata. Il solito, insomma.

“Che è successo qua?”, chiese il segugio, scrutando le ferite delle due e il pegaso riverso a terra.

Quando sentì la sua voce, Vesna parve agitarsi. Cercò di mettersi sulle zampe ma riuscì malapena a muovere qualche muscolo.

“T-TU!!!...”, ruggì, “TU!! TU SEI… SEI GREY HOUND, VERO??”.

L’altro corrugò lo sguardo: “…Sì. Sì, sono io”.

“M-MALEDETTO!!”, gli inveì, contorcendosi, “LURIDO BASTARDO!! HAI… HAI AMMAZZATO RAIN!! FIGLIO… FIGLIO DI…!!”.

“Chi è?”, domandò, rivolgendosi a Fluttershy, improvvisamente di nuovo timida.

“Uh… io… io non lo so. Ci ha… inchiodate qui. E abbiamo faticato non poco… per…”.

“Ehy!”, intervenne Rainbow, “Ha sparato a Pinkie! Dobbiamo tornare da lei”.

“Dunque… è stata lei a spararle”, commentò Sparkle.

“L’avete vista??”.

“Sì”, rispose, “L’abbiamo incrociata mentre cercavamo di raggiungervi”.

“Sta bene?”, cercò di sincerarsi la puledra dal manto giallo.

“E’… viva…”, dichiarò tristemente, “O almeno così era, quando l’abbiamo lasciata”.

“Avete abbandonato Pinkie??”, sbottò Dash.

“Calma, testa calda”, riprese l’amica, “Le ho somministrato un antidolorifico e spedito Spike dalla tenuta di AJ, per prendere i miei strumenti…”.

“Quindi… quindi sarà salva?”.

Lo sguardo di Twilight si incupì: “Non… non ho detto questo. Ha un foro all’altezza del polmone. E’ troppo… difficile fare una previsione, così. Le ho fatto un bendaggio di fortuna con i vestiti… ma… cioè…”.

La foga dell’Angelo della Morte ebbe il soppravvento, nonostante le ferite: “Intendi dire che Pinkie dovrà crepare???”.

“Senti, RD, datti una calmata. Non sto dicendo nulla. E’ che… ha una ferita brutta… molto brutta. Ora… Octavia ha voluto rimanere con lei, nell’attesa che Spike tornasse con qualcosa di più utile di un po’ di morfina”.

“Merda!”, sbottò il pegaso.

La risata della gitana giunse debolmente alle loro spalle. Vesna si stava sforzando di ridacchiare.

“Cos’hai da ridere, stronza??”, strillò Rarity.

“Rido…”, farfugliò, con il muso ricoperto di sangue, “Rido perché… la vostra amica morirà… Rido… perché…”.

Rainbow Dash ebbe uno scatto furioso e, anche con qualche osso rotto, trottò verso di lei per darle una ripassata. Grey le si parò d’innanzi, fermandola.

“FAMMI PASSARE!! LE STRAPPO QUELLA LINGUA CHE SI RITROVA!!”.

“Ferma, patacca. Non ne vale la pena”.

“Cosa?? Proprio… proprio tu! Quella fa parte di quegli stronzi che ti hanno ammazzato la fidanzata! Che ti hanno rovinato la vita e che ora hanno ridotto Pinkie… a…”.

“Lo so”, ammise, con voce atona, “Ma ora… è lì. Sul terreno. Esanime. E, tra breve… non potrà più nuocere a nessuno…”.

Il pegaso blu le lanciò un’ultima occhiataccia, prima di ritrarsi, spintonando il mezzo unicorno.

“Bastardo…”, sussurrò Vesna, scrutandolo con odio.

Grey si inginocchiò verso di lei, con volto indecifrabile.

“Tu…”, le disse, “Tu conoscevi Heavy Rain, vero?”.

“…Fottiti”.

Il segugio sospirò.

Chiuse gli occhi.

E parlò, lentamente.

“Mi… mi dispiace”.

“Taci, schifoso…”, lo insultò, con le poche energie che le erano rimaste.

“Rain era… era un bravo unicorno. Ed era… era un mio amico. Un mio… caro… amico. Poi… tutto è andato a puttane… quando la corruzione si è fatta strada nel Governo. Tutto è cambiato. Tutto. I governativi hanno… hanno distrutto un’esistenza dopo l’altra. Hanno ingannato. Ci hanno ingannati. Io sono stato ingannato. Rain è stato ingannato. Il male si è diffuso come una chiazza, in ogni direzione… E… e il prezzo lo abbiamo pagati tutti noi. Nessuno si è salvato”.

La puledra moribonda sembrò arricchirsi di una vena di dispiacere, mista a disperazione: “…Taci… sta zitto…”, farfugliò.

“Sono sicuro… che se non fosse stato per Chrysalis e per il suo piano malato… Coraline sarebbe ancora viva. Forse… io sarei ancora nel negozio a vendere fiori. Rain… forse… sarebbe ancora vivo…”.

“…Piantala…”, sussurrò, iniziando a piangere.

Lo stallone infilò la zampa sotto il cappotto ed estrasse qualcosa di appuntito. Era il corno spezzato di Rain. Il segugio lo porse delicatamente alla puledra, che sgranò gli occhi.

“Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo”, ammise, mentre l’altra afferrava il corno, con zoccoli tremanti, “E’ stato tutto… tutto un orrore senza fine. Un vortice di violenza e odio senza fine… Durato per anni”.

Il pony color ocra strinse il frammento a sé, come un cimelio, con il volto contratto dal pianto.

“Ma tale orrore… cesserà questa notte. Con la morte di Chrysalis”, concluse, con voce lapidaria.

Si rialzò e le diede le spalle, raggiungendo le amiche.

“Hound…”, disse Vesna, negli ultimi minuti che le restavano.

L’altro si fermò, senza voltarsi.

“…Promettimi… promettimi che… che la ucciderete… che la vedrò all’inferno… con me…”.

Il viso del mezzo unicorno divenne estremamente serio.


“…Tutti finiremo all’inferno, prima o poi”.


*** ***** ***


    Una notte fredda, come molte altre.

Una notte silente, senza il benché minimo rumore ad indicare che fossero in piena campagna, fatta eccezione per la voce di una puledra… e il respiro accennato di un’altra.

Una notte… piena di sangue. Proprio come la luna nel cielo.


    Octavia si trovava seduta sul terreno gelido, poggiata di schiena contro la parete del capanno.

Pinkie era distesa su di lei, con il capo riverso sul ventre della musicista. Entrambe osservavano le stelle.

Una zampa della puledra grigia era serrata attorno al collo dell’amica. Con l’altra, le carezzava delicatamente i capelli vaporosi.

Uno zoccolo di Pinkie, invece, era sollevato e faceva presa su quello dell’amica, proprio sotto al muso.

La barista aveva una fasciatura improvvisata, stretta attorno al busto, parzialmente intrisa di rosso.

Il fiato delle due si condensava nell’aria. Quello del pony rosa era molto più rapido e appena percettibile.

Sarebbero state immerse nell’oscurità se non ci fosse stata la luna piena.

Le guance di Octavia erano leggermente arruffate, sintomo della presenza di lacrime sul suo volto.

“…Rusty… Rusty Nail…”, le sussurrò.

Pinkie, con palpebre calanti e una certa fatica, cercò di rispondere: “Uuhh… Venti… venticinque millilitri… di… di Drambuie… e… dello Scotch…”.

“…Quanto Scotch?...”.

Gli occhi della puledra iniziarono a chiudersi e la compagna la scosse leggermente, facendoli riaprire.

“Quanto Scotch, Pinkie?”.

“…Quarantacinque…”, disse, come se stesse per addormentarsi.

“Sì… Poi… uno facile, dai… Manehattan…”.

Il respiro divenne ancora più irregolare. La testa di Pinkie iniziò ad accasciarsi mollemente sul corpo della compagna.

“Pinkie”, la riprese, riuscendo malapena a tenerla sveglia, “Pinkie, concentrati… Manehattan”.

“…Mane… Mane… hat… n…”.

Octavia la strinse a sé, percependo la carne sempre più fredda. La sfregò con energia, cercando di riscaldarla.

“Pinkie!”, sbottò infine, “Manehattan, Pinkie!”.

L’altra non rispose.

Il fiato era ormai un tenue batuffolo fugace dalla bocca socchiusa.

Gli occhi celesti si fecero sempre più chiari, quasi vitrei.

“Pinkie… Pinkie!!”, ripetè, strattonandola.

Il corpo della puledra sembrava quasi un fantoccio su di lei.


    Fu in quell’istante che la violoncellista ebbe il ritorno di un’emozione lontana… la stessa sensazione che provò quando scoprì cos’era successo a Deep. La stessa… identica… sensazione. L’aveva quasi dimenticata, ormai, tanto ne era passato, di tempo. E quella situazione le rinfrescò dolorosamente la memoria… e le diede anche un affondo terribile al cuore.

Osservò la puledra rosa. Le mise uno zoccolo sul petto. Non sentì nulla. O forse un battito debolissimo? Non lo capiva… e l’agitazione si fece strada dentro di lei.


Si sentì persa. Impotente. Abilissima nello stroncare vite… ma incapace di salvare l’unica vita di cui le fosse importato veramente negli ultimi tempi. Si osservò attorno. Sperò… pregò affinché vedesse sbucare il draghetto viola, con qualche farmaco… un bisturi… o qualsiasi altra cosa.  Ma non arrivò nessuno.


Il pianto le giunse naturale, proprio com’era successo quando le distrussero il violoncello. Stritolò l’amica con tutte le sue forze, poggiando la guancia contro la fronte infreddolita… bagnandola con le lacrime.

“Pin… Pinkie…”, balbettò, con voce straziante, “Ti prego, Pinkie… Io… io ho mentito… mi ero sbagliata… Ho detto ad AJ che non avevo nulla da perdere… se… se non… se non la mia vita… Ma mi sbagliavo…”.

Le incorniciò il volto tra le zampe e continuò a tenerla stretta a sé.

“Ti prego… ti prego, Pinkie… Non so perché… non chidermelo… non saprei… non saprei cosa risponderti… Non chidermi come mai… ma… mi sono… mi sono affezionata a te… Ti ho odiata, quando mi hai preso a calci nella Carousel Maison… ma… ma poi… Non lo so… Le battaglie insieme… il… il coltello…”. Deglutì, come se avesse difficoltà a pronunciare quelle parole.

“Il… coltello-che-bello… tutte le altre tue stronzate da schizoide… che mi hanno… che mi hanno fatto sorridere… dopo tantissimo tempo… Pinkie…”.


“Ti prego… Pinkie…”.


*** ***** ***


    “Allora, mia cara, vuoi compiere il passo?”, dichiarò Zecora, “O sei inamovibile come un masso?”.

L’altra rimase alcuni attimi in silenzio, pensierosa.

E’ quello che le stava realmente offrendo la zebra? Una soluzione concreta? Una vita per una vita?

Un futuro spaventoso ti si para d’innanzi. Dovrai fare una scelta e non potrai lasciare avanzi. Scorgo… una grossa sfera rossa nel cielo… Una Luna bramosa langue. Una Luna… di sangue.

La puledra alzò gli occhi ed osservò il satellite.

Dunque… aveva previsto tutto?

Ricorda le mie parole, anche se ti trafiggeranno il cuore come una lamina. Per ciò che vuoi fare, in un modo o nell’altro, perderai comunque la tua… anima.

Riportò l’attenzione sullo sciamano… che la osservava sorridente, in muto silenzio.

Patti? Incantesimi? Anime?

Tutto era sconfinato nell’onirico più assoluto… ma, dopotutto, dopo aver visto di cos’era capace un alicorno… anche il potere bucolico di una presunta fattucchiera poteva ritenersi verosimile. Effettivamente, però, non aveva mai visto la zebra compiere alcunché, se non dar fuoco a strani intrugli e farsi gioco-forza di un aspetto a dir poco inquietante. E parlare in rima poteva ritenersi una dote, non un potere. Quali garanzie aveva?

“Quali garanzie ho? Cosa vorresti? Dovrei porgerti il mio cuore su un vassoio o robe simili?”.

“Il tuo scetticismo è comprensibile, giovane dubbiosa. Ma attenta a prenderti gioco di forze oscure… o te ne pentirai a iosa”.

Applejack controllò la situazione nel cimitero, proprio nell’istante in cui Luna veniva messa al tappeto dalla potenza di Chrysalis. La coppia era decisamente malconcia, ferita ed emaciata. Ma l’alicorno era messo visibilmente peggio: un’ala era bruciacchiata e probabilmente rotta in più punti; un occhio tumefatto e circondato di sangue (stavolta nessun effetto arcano); il corpo ricoperto di tagli e lividi. La mutaforma le schiacciò le testa contro la fredda terra, con uno zoccolo.

Luna emise un grido.

Discord, invece, era riverso tra alcuni detriti, a malapena cosciente.

La creatura dai mille volti iniziò ad incidere la carne sul volto della puledra, tramite un raggio focalizzato che proruppe dal corno. L’altra continuò a lamentarsi e scalciare, come se stessero sgozzando un maiale.

Applejack si sentì male per lei, dovendo poi distogliere lo sguardo.

BRUCIA, NON E’ VERO??”, le domandò divertita, “LO SENTI, L’ODORE?? SONO LE TUE MEMBRA CHE DIVENGONO CENERE!! RESPIRA A PIENI POLMONI!! E’ LO STESSO ODORE REGALE CHE PROVENNE DALLE VISCERE DI TUA SORELLA, QUANDO LE ESTIRPAI LA VITA DI DOSSO!!”.

L’alicorno cercò di reagire ma le sue energie erano quasi totalmente prosciugate… e dovette sorbire il doloroso trattamento che la nemica le stava serbando.

La gangster era sempre più combattuta… e Zecora non la smise un solo istante di scrutarla con intensità, desiderosa di ricevere una risposta.

Si strinse nelle spalle, sfogando la disperazione che sentiva: “Io… io ho fatto cose terribili”, disse, “Ho messo in gioco la mia vita… e… quella dei miei amici… solo per arrivare fin qui… Ed ora… tutto sta crollando…”.

Notò che i tirapiedi di Chrysalis sarebbero arrivati entro pochi minuti.

“Non so dove siano i miei compagni… se… se siano ancora vivi… Non so cosa accadrà alla mia tenuta… se…”.

La zebra si avventò su di lei: “Con i se e con i ma non risolverai nulla, stolta! Prendi una decisione! E prendila ora! O ne pagherai le conseguenze ancora una volta!!”.


E così… qualcosa si fece strada nella mente di Applejack.

Avrebbe voluto rifletterci ancora un attimo… ma non c’era davvero più tempo… e, lo sapeva: Luna non avrebbe retto oltre.

Così… raccolse il poco coraggio che le rimaneva… e pronunciò alcune parole.

“Io… io… Va… va bene, Zecora”.

L’altra fremeva dalla voglia di sentirsi dire la frase al completo: “Non balbettare! Fai la tua dichiarazione! Non tentennare!!”.

“Io… ti offro… la mia…”.

“Sì??”, le fece eco l’equino a strisce, che non stava più nel pelo.

Un istante prima di assecondarla, il pony arancione volle mettere una cosa in chiaro.

Divenne improvvisamente seria. Raccolse il borsalino e lo sistemò sul capo. Afferrò anche uno stuzzicadenti dalla tasca e, con zoccolo in preda a convulsioni nervose, lo serrò tra i molari.

“A-ascolta, Zecora…”, dichiarò con fermezza, percependo una certa calma tornare in lei.

“Cosa c’è ancora??”, domandò impaziente, “Non impiegarci un’intera ora!”.

“Che garanzie ho… che tu… che tu riesca davvero… a uccidere Chrysalis?”.

La zebra scosse il capo e poi lanciò una risata: “Ancora tiri in ballo la sorte?? Sigla il patto! La tua vita…”, scandì, con voce quasi sovrannaturale, “…Sarà la garanzia… della sua morte”.

“No”, ribadì, “Non mi fido. Non posso… non posso lasciare questo mondo… senza sapere che Chrysalis sarà morta. Non posso siglare questo… patto di cui parli… ammesso che funzioni… senza essere certa che la mia tenuta sarà salva”.

Zecora iniziò a spazientirsi ma Applejack le propose qualcosa.

“E quindi… voglio assecondare la tua proposta. Ma ad una condizione”.

Le orecchie della strega ebbero un sussulto. Adorava la trattativa nelle condizioni ai patti.

“Mh. Preferivo un po’ più d’azione… Ma hai la mia attenzione”.

La gangster ci pensò per un istante: “…Ventiquatro ore…”.

“…Come?”.

“Vuoi la mia vita? Un mio sacrificio? La mia… come la chiami tu… anima? Va bene, Zecora. Ti darò ciò che richiedi. Una vita per una vita… Ma solo ad una condizione. Voglio vedere Chrysalis morire. Voglio essere sicura che spirerà questa notte. E poi… mi accerterò personalmente che la mia tenuta sia al sicuro. Fatte queste cose… sarò tutta tua”.

Gli occhi dell’altra si fecero sottili.

La puledra dal manto dorato continuò: “Per questo ti chiedo ventiquattro ore. Un giorno di vita… un solo giorno in cui potrò ancora tenere la mia… anima… Solo per questo. Solo a quest’unica condizione. Ci stai?”.

“Ti avverto di una cosa, giovane inesperta”, l’avvertì Zecora, con fare ammonitore, “Il patto si può siglare… e sarà valido… solo se la tua parola sarà certa”.

Le tenebre si serrarono nuovamente attorno a lei.

“Non si mente alle forze oscure. Il tuo sacrificio dovrà essere sincero… o niente accadrà, senza mezze misure”.

“Voglio vedere Chrysalis morta… quindi ti assicuro che ti darò la mia anima… o quel che è… pur di vederla priva di alito vitale”.

Dopo un’altra breve pausa… la zebra sorrise malignamente.

“D’accordo!! Ventiquattro ore! Non un minuto di più! Non uno di meno! Sigla ora il tuo patto… scandisci attentamente le parole! Non avrai un’altra occasione, di fatto! Ma bada bene! Quando il tempo sarà giunto a termine… io verrò da te… a reclamare il pegno… Accetta tutto questo… e la tua nemica verrà annientata, senza ritegno!!”.

E, senza ulteriori indugi, sperando che le cose andassero come presagiva, Applejack siglò l’accordo: “Io… io ti dono la mia esistenza. Una vita per una vita. Annienta quella di Chrysalis e… e potrai avere la mia…”.


    Non avvenne nulla di particolare ma, per l’inquietante presenza zebrata, quello fu come un segnale… una dichiarazione incisa a fuoco. Una firma. Un via libera. In un certo senso… fu come una scure che spezzò gli anelli di una catena.

“Così sia…”.


    Zecora iniziò a cantilenare in una lingua apparentemente insensata e la puledra arancione si chiese se quella che aveva d’innanzi fosse davvero uno sciamano… o solo una pazza farneticante.

Poi… gli occhi azzurri divennero bui… neri come la notte più nera.

Sorrise.

Le piante e l’erba circostanti iniziarono lentamente a marcire, con l’epicentro del fenomeno incentrato sulla zabra. Applejack fece, qualche passo indietro, temendo che quell’effetto potesse nuocerle.

La nenia crebbe di intensità. Non ne fu certa ma… forse… delle campane lontane risuonarono. La criniera striata iniziò a fluttuare nell’aria, sospinta da un vento inesistente.

Non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo… sperava soltanto che Chrysalis morisse.

Si sporse cautamente: la mutaforma era ancora lì, intenta a torturare la vittima, pregustando il momento in cui avrebbe assestato il colpo di grazia. Forse… non stava funzionando? Era tutta scena? E… se anche fosse andata così… non aveva forse detto che non avrebbe mai potuto stroncare direttamente la vita di un essere con i poteri di un alicorno?

“UNA VITA… PER UNA VITA!!!”, ruggì Zecora, facendo tremare l’intera collina.

    Un raggio violaceo si generò dal suo corpo, arrivando fino in cielo… e ricadendo poi accanto a Chrysalis, che ebbe un sussulto, impreparata a quanto stesse per accadere.

La colonna di energia… penetrò all’interno della tomba di Celestia… lanciando poi fugaci raggi di luce dal suo interno.

L’assassina cangiante si girò, perplessa, cercando di capirci qualcosa.

Poi… calò il silenzio e tutto ripiombò nel buio della notte.

La mutaforma non capì… ma… qualcosa le fece tremare le ossa.

Si generò un curioso paradosso, possibile solo nell’assurdità della magia, per cui un potere ereditato si trovasse presente sia nel ladro… che in colei da cui era stato trafugato.

Le pesanti porte in pietra del mausoleo si aprirono lentamente, spandendo un po’ di fumo raso terra e una luce accecante.

Tutte, tranne Zecora, che si limitò a sorridere beffarda, spalancarono le fauci.

Luna, allo stremo, alzò il capo, cercando al tempo stesso di non farsi accecare. Ciò che vide la lasciò senza fiato.


La figura splendente di Celestia avanzò con decisione, varcando la soglia d’ingresso.

L’alicorno bianco splendeva come un faro… i suoi capelli fluttuavano come nell’acqua. Sul corpo… portava ancora la veste cerimoniale di quando era stata sepolta. Gli occhi emanavano l’autorità tipica di una regnante.


Applejack non credeva ai propri occhi…

Era quello, l’artifizio?

Quello l’espediente?

Una vita per una vita.


C-CELESTIA??”, sbottò Chrysalis.

“…Sorella?...”, bisbigliò Luna, incredula.

NON… NON E’ POSSIBILE!!! TU ERI MORTA!! ME NE SONO… OCCUPATA PERSONALM…”.

La puledra spalancò le ali, generando un rumore simile ad un tuono, che la zittì all’istante.

Era proprio Celestia, non v’era alcun dubbio… ma qualcosa lasciava intuire come ci fosse qualcosa di strano… Non era un semplice corpo rianimato… eppure…

La mutaforma iniziò ad impanicarsi, percependo il potere dell’altra risvegliarsi ogni secondo che passava.

NON PUO’ ESSERE!!! NESSUNO TORNA DAL REGNO DEI MORTI!! NEMMENO UN ALICORNO PRIVO DI VITA!!”.

Dietro di lei, intanto, Luna si era rimessa faticosamente in posizione eretta.

Chrysalis si sentì circondata. La situazione si era ribaltata nel giro di un istante.

Stava vincendo. Aveva preso a calci quel buffone di Discord ed era in procinto di fondere il cranio alla puledra cocciuta… ed ora… Celestia era inspiegabilmente risorta dalla tomba e Luna aveva riacquisito determinazione.

NON SO COSA STIA SUCCEDENDO”, ammise quest’ultima, col fiatone, “MA MI ASSICURERO’ DI SFRUTTARE L’OCCASIONE PER SCAVARTI NEL PETTO, PER POI STRAPPARTI IL CUORE!!”.

La sorella bianca, intanto, non fece nulla, se non osservare la propria assassina, con occhi impassibili.

DISCORD!!!”, ruggì Chrysalis, osservando lo spirito, “E’ UN ALTRO DEI TUOI SCHERZI??”. Ma la biscia cornuta a malapena riusciva a respirare, nelle condizioni in cui l’aveva ridotto.

NO!! MI RIFIUTO CATEGORICAMENTE DI…”.

In un lampo… Celestia fu su di lei… costringendola istintivamente a fare un balzo all’indietro.

L’alicorno dagli occhi viola reclamò sul corno tutto il potere di cui disponeva, obbligando l’avversaria a distogliere lo sguardo: “Tu non potrai più far nulla… dopo questa notte…”, la minacciò, spandendo onde di luce.

La pelle butterata divenne incandescente e prese a fumare, unitamente ad urla disperate.

Spalancò le ali membranose ma un paio di zoccoli blu la cinsero da dietro… subito prima che il corno di Luna le trapassasse la schiena, uscendo dal petto. Il rumore generato fu terribile… così come il verso di dolore.

E Chrysalis era potente… ma aveva consumato buona parte del proprio potere, quella notte… E due alicorni… beh… quello, forse, era troppo anche per lei.

Si dimenò, cercò in ogni modo di divincolarsi, ma le sorelle glielo impedirono nel modo più assoluto. La fronte di Celestia si avvicinò al volto della mutaforma, esponendola alla luce bruciante che stava riversando. L’intero cimitero e anche le colline limitrofe sembrarono lambite da un intenso sole estivo. Applejack continuò ad osservare la scena, con difficoltà, dovendo coprirsi gli occhi per evitare un possibile accecamento.

Anche la puledra cangiante cercò di distogliere lo sguardo, ma la luce era così vicina… così intensa…

La pelle si tirò, fino a lacerarsi… fino a lasciare l’occhio privo di palpebre…

Ciò che accadde dopo fu terribile… e Chrysalis… provò su di sé, in pochissimi secondi, un ritorno di sofferenze così intenso da ripagarla in buona parte di tutto il male che aveva causato fino a quel giorno.

Le urla crebbero e risuonarono ovunque, per poi affievolirsi… fino a cessare del tutto.

Anche la luce accecante diminuì quindi di radiosità, permettendo infine alla notte di tornare padrona della scena.


    Luna spinse con forza il corpo dell’avversaria lontano da se, estraendo il corno.

Il cadavere si accasciò al suolo, con un tonfo… a cui seguì quello della puledra blu, ormai del tutto priva di forze. L’alicorno respirava affannosamente... ma ciò non le impedì di cercare lo sguardo della sorella. E lo trovò.

Celestia era accanto a lei. Imperiosa. Leggiadra. Proprio come se la ricordava. La stava osservando con volto neutrale, senza lasciar trasparire la benché minima emozione.

Il cranio disfatto della fratricida, invece, puzzava di bruciato e fumava copiosamente.

In pochi attimi… tutto era giunto alla conclusione.

L’inganno di sempre, perpetrato nel corso degli anni in mezza Equestria… era terminato nel giro di pochi istanti.

Applejack ancora stentava a crederci. Era davvero morta? Era realmente finita? Quel piano disperato, che quasi l’aveva gettata sull’orlo della disperazione… poteva essersi concluso?

Il silenzio e la calma che scesero sul cimitero le parvero quasi irreali, dopo tutto il caos che c’era stato nelle ultime ore.

Osservò la luna nel cielo: sempre rossa, seppur in modo accennato, e lo sciame aveva iniziato a disperdersi rapidamente. Dunque… Chrysalis era davvero morta.

    Luna era riversa sul ventre, stremata. Gli zoccoli di Celestia erano vicino al suo muso. L’alicorno bianco… la osservava dall’alto.

La puledra sfinita provò strane sensazioni. Era davvero Celestia… la stessa Celestia che le aveva regalato attimi stupendi e terribili, nel corso della propria esistenza. La stessa Celestia che l’aveva rinchiusa per anni in un centro di salute mentale. La stessa Celestia che…

Ma aveva importanza, dopotutto?

La sorella defunta, che pensava non avrebbe mai più rivisto, era lì, d’innanzi a lei. Non le fu possibile trattenere quindi una certa commozione. Avrebbe di nuovo potuto parlarle. Avrebbe di nuovo potuto chiarirsi con lei.

Applejack si rivolse a Zecora: “…E’… è pazzesco… Come… come hai fatto?...”.

La zebra dava l’impressione di essere molto soddisfatta: “Hai stretto un accordo potente, tienilo a mente. Tutto ciò che si ottiene con il sacrificio di una vita… può ridurre qualunque cosa in uno stato morente. Ma il prezzo, da parte tua, è stato alto. Non dimenticare le nostre parole… Un singolo giorno di pace... e poi…”.

L’altra la interruppe: “Ma… Celestia è… è viva… Io ho lottato contro il Governo…ed ora… ora lei è…”.

L’interlocutrice scosse il capo: “Parlavo di espediente. Tutto il resto non significa niente. Non potevo reclamare la vita della tua rivale e così ho fatto appello ad una forza primordiale… Ma ora che la condizione è stata assolta… il trucco svanisce… e la regnante torna sepolta…”.

Dopo aver pronunciato quelle parole, l’alicorno oscuro fu testimone dell’ennesimo evento straziante…

L’aria iniziò a sibilare sul corpo della sorella, come se un vuoto improvviso, proveniente dall’interno del mausoleo, la stesse richiamando. Il corpo bianco divenne leggermente traslucido ed iniziò a tramutarsi in candida polvere scintillante, prontamente risucchiata dallo strano vortice arcano

Alcune lacrime solcarono le guance di Luna: “S-sorella… cosa…?”.

Lo strano fenomeno continuò, iniziando a dissolvere sempre di più la figura della puledra dalla chioma fluente.

“Sorella!!”, esordì, non potendo accettare di perderla una seconda volta. Ma era senza forze. Senza poteri. E non riuscì a far nulla, se non osservare sofferente la dissoluzione in atto, per lunghi attimi strazianti.

“S-sorella… Celestia…”, la implorò, “Ti… ti scongiuro… non… non andartene di nuovo… non abbandonarmi…”.

A nulla servirono gli appelli. Celestia scomparve del tutto…non prima che le sue labbra le lanciassero un ultimo sorriso accennato.

E, con quell’ultima magia… il compito della zebra si era effettivamente concluso, pur rimanendo in sospeso la questione che le premeva più di tutte… e che avrebbe portato a termine soltanto il giorno dopo.

Luna infilò il capo tra gli zoccoli a terra, senza riuscire a trattenere il pianto.

“E’… è tutto finito?...”, domandò la puledra arancione a Zecora. Ma l’altra sembrava svanita nel nulla.


    Il pony col borsalino, finalmente, decise di uscire completamente allo scoperto. Si avvicinò lentamente all’alleata in lacrime, ancora scossa da tutto ciò che era successo. Portò con se il mitragliatore… la prudenza non era mai troppa.

Ma ci fu un’altra creatura che, quella notte, decise di mettere in atto le proprie intenzioni.

Qualcuno di discreto potere e anche piuttosto temuto. Certo: non avrebbe mai potuto reggere il confronto con Luna. Ma… in quelle condizioni… le sorti erano decisamente a suo favore.

Discord cercò di riprendersi, recuperando le energie per adempiere a ciò per cui aveva preparato la strada in tutti quegli anni.

Si issò sulla spina dorsale, tentando di ignorare il dolore… e sfoderò gli artigli.

L’alicorno oscuro era poco distante, privo della benché minima difesa arcana.

Si asciugò il mento dal sangue e dalla bava, con il dorso di una zampa.

“Molto bene…”, sussurrò, con una scintilla malevola nei bulbi oculari.

Iniziò a camminare verso di lei, finché non si accorse che Applejack stava giungendo dal lato opposto.

I due si fermarono ad osservarsi. La gangster intuì subito che qualcosa non andava. La creatura caprina sembrava stranamente minacciosa… e non c’era motivo di preoccuparsi ulteriormente: Chrysalis giaceva esanime accanto ai cadaveri delle altre tombe.

Corrugò la fronte, sperando che l’istinto le stesse suggerendo la cosa sbagliata.

“Hai… hai fatto un ottimo lavoro, Discord…”, gli disse, scrutandolo con attenzione.

“Oh”, rispose l’altro, assicurandosi che le unghie fossero sufficientemente affilate, “Ti ringrazio. E’ stato un lavoraccio, sai?”.

“Immagino. Ma… alla fine… le cose si sono concluse per il meglio, no?”.

“In effetti”, confessò, grattandosi la barbetta, “Credevo non ce l’avremmo fatta. Ma poi… beh… Chi avrebbe immaginato che sarebbe giunta Celestia in persona a fonderle la faccia!”.

“Già… non era… non era nei piani”, commentò, ancora dubbiosa sulle reali intenzioni del presunto alleato.

“Sai, Applejack?”, riprese, “Quando sono arrivato qui, a Ponymood, non pensavo che avrei affrontato tutto questo. All’inizio… volevo solo denaro e potere. Per questo ho cercato di accordarmi con i pezzi grossi della città. Denaro e potere. Non vai da nessuna parte, senza queste cose”.

Da un altro lato del cimitero, intanto, sopraggiunsero gli amici del pony dagli occhi verdi. Erano finalmente riusciti ad arrivare da lei, preoccupati per l’inspiegabile spettacolo di luci che videro durante l’avvicinamento.

“Ehy!”, esclamò Dash, zoppicante, “Guardate! E’ AJ!”.

“Dov’è Chrysalis?”, domandò Fluttershy, preoccupata.

“Quella è Luna… e c’è anche Discord!”, intervenne Rarity.

Hound capì che erano successe molte cose… e che, forse, ancora non era finita: “Andiamo. Qui qualcosa non mi torna”. E la raggiunsero, tenendo però una certa distanza dai due.

“Concordo”, affermò la puledra dai crine dorati, continuando il discorso con Discord, “E’ la dura legge di città…”.

“Già… anche se… non posso nasconderlo… miravo a qualcosa di ben più importante…”, e puntò l’attenzione sull’alicorno.

Applejack capì come i propri sospetti fossero fondati. Non era stupida… sapeva che la serpe sarebbe stata capace di ogni cosa, inclusa ingannarla fin dal principio.

“Così… così mi hai usata, eh?”, bisbigliò amaramente.

“Oh! Non direi! Cioè… non in modo assoluto, perlomeno”, le rispose gesticolando.

“Non esistono tradimenti parziali. O tradisci… o non tradisci…”.

“La fai così drastica! Ricordi cosa ti dissi, no?... Uccidi un alicorno… e ne erediti il potere…”, dichiarò, osservando la poveretta emaciata, come fosse una preda.

“Dunque… miravi a questo fin dal principio”.

“In linea di massima… sì… Non sapevo se ce l’avrei fatta. Ma ora… Chrysalis è morta. Luna è ad un passo dal raggiungerla… ed io ho sufficiente potere da respingere il piombo della tua mitragliatrice, così come ridurti male. Molto male”.

“Vuoi uccidermi?”.

Le amiche distanti si prepararono al peggio… ma erano disarmate ed Hound già fremeva per caricare di prepotenza il traditore.

Rainbow lo guardò con ripudio: “Lo sapevo che non dovevamo fidarci di lui…”.

“Ti dirò, AJ”, spiegò l’altro, “Inizialmente… non mi fregava nulla di te e della tua combriccola. Per me eravate solo un mezzo per raggiungere il mio scopo. Un’alleanza da sfruttare e poi rompere quando non mi sarebbe più servita. Però… beh… sono giunto al punto… in cui non voglio vederti morta. Io adoro il caos. La vendetta e la violenza gratuita, per quanto appaganti, non rientrano nelle mie principali priorità…”.

“Come sei gentile…”, ironizzò la puledra.

“Dico davvero. Fatti semplicemente da parte. Evita di farti ammazzare. Io farò ciò che deve essere fatto. E poi… lascerò in pace te e i tuoi amici”, le propose, serio come mai lo avevano visto prima di allora.

Applejack osservò l’alicorno, che ricambiò con uno sguardo stanco e sconsolato.

“E’ questo ciò che vuoi, Discord? I poteri di un alicorno?”.

L’ex alleato iniziò a muoversi verso il bersaglio, preparandosi a reciderle la gola con gli artigli.

“Potere. Sì… che c’è di male?”.

“Ho ammazzato un sacco di pony, negli ultimi mesi…”, lo minacciò, lasciando intendere che non sarebbe stata a guardare, “Ho affrontato sicari senza scrupoli… ho messo a rischio la mia vita e quella dei miei cari… ho persino lanciato un assalto contro una città fortificata… Ed ora… dopo aver rinunciato alla mia… alla mia…”. La puledra non riuscì a pronunciare quella parola. “…Insomma Chrysalis è morta… Il Governo cadrà… e tu vuoi prendere i poteri di una regnante? Ripristinando così tutto quanto, come se non avessi fatto nulla?”.

“Celestia, Luna e Chrysalis saranno morte. Non regneranno mai più”.

“Ma lo farai tu… con il loro stesso potere… Sarà lo stesso gioco di prima, soltanto con partecipanti diversi”.

“Più o meno”, concluse, fermandosi a pochi metri dalle due, “Ma ora… fatti da parte”.

Il pony sputò lo stecchino e alzò la canna del mitra: “Sai che non lo farò…”.

“E sai anche che non servirà a nulla tentare di fermarmi…”.


    “Sai, Mac?”, domandò Applejack al fratello, pochi giorni prima che il padre perdesse la vita, “Quando papà ci passerà la tenuta… voglio devolvere ogni cosa per la comunità”.

Lo stallone, intento a bere da un boccale, nella cucina di casa, ebbe un singulto e il sidro gli andò di traverso. Tossì alcune volte.

“S-stai scherzando, vero?”.

“No”, continuò seria, “Voglio far sì che ciò che possediamo possa rendere felici anche gli altri pony”.

“Tu sei matta! A malapena arriviamo a fine giornata e ti metti a fare il buon samaritano?”.

La puledra poggiò una guancia sullo zoccolo, puntellandosi con il gomito sul tavolo. Osservò il paesaggio fuori dalla finestra, proprio in direzione dell’albero su cui soleva giocare da puledrina. Sorrise appena.

“Da quando mamma se n’è andata…”, continuò, “Papà è diventato molto taciturno. Sta sempre con quei tizi… Celestia solo sa cosa vogliano tramare”.

“Sono colleghi d’affari”.

“Davvero?... Ieri ho sentito per caso i loro discorsi, mentre uscivo dal capanno. Lo sai… lo sai che parlavano di alcol… di… di rapimenti… e di… omicidi?”.

Macintosh cercò di minimizzare: “Avrai capito male. Oppure… oppure stavano scherzando”, e si dissetò.

“So che non sei scemo… anche se talvolta sembra vero il contrario…”.

“Ehy!”.

“…Anche tu… avrai capito… chi sono i brutti ceffi con cui papà sarebbe… entrato in affari…”.

“Io…”.

“Sono una puledra semplice, Mac”, lo interruppe, mostrandogli un dolcissimo sorriso, “Non voglio affari pericolosi. Non voglio arricchirmi. Voglio… voglio una vita tranquilla. Voglio essere un pony qualunque. Voglio creare una mia famiglia, in pace… tranquillità… magari avere dei cuccioli, un giorno… E poi… invecchiare con serenità. Per finire… accanto alla tomba di mamma…”.

“Applejack… tu…”.

Lo zoccolo della sorella sfiorò la zampa dello stallone. Mac rimase spiazzato dal volto sorridente di lei… Candido… Sincero… Tiepido… Un sorriso in cui perdersi, letteralmente.

“Mac… io voglio... la vita semplice di un tempo…”.



    L’arma espulse una breve raffica di proiettili.


Discord si bloccò di colpo, spalancando le palpebre.


Le amiche, e anche Grey, rimasero stupite ad osservare la scena.


Applejack incrociò lo sguardo dello spirito, lanciandogli la stessa espressione che aveva serbato per Chrysalis… Lo sguardo di chi si sentiva una spanna davanti al proprio avversario.


Il cranio di Luna, ormai privato di qualsiasi forma di difesa arcana, era appena stato attraversato da una manciata di piombo. L’alicorno giaceva a terra. Senza più alcun supporto a mantenerla in vita.

Il viso immortalato in una contrazione di sorpresa.

Sangue sparso sul terreno.


Lo spirito cornuto ebbe un tic nervoso ad un occhio.


“E’ come hai detto tu, no?”, gli disse l’assassina, “Chi uccide un alicorno… ne acquisisce i poteri…”.


L’altro non riusciva a crederci. Non poteva crederci.

Gli sforzi di anni e anni di preparativi… andati in fumo. La sua occasione… persa per sempre.

Ma ciò che era peggio…


Il terreno fu vittima dell’ennesimo scossone di terremoto, questa volta molto più intenso e violento degli altri. Tutti cercarono di non perdere l’equilibrio. Dash, ancora malandata, scivolò a terra.

“Che sta succedendo??”, strillò Rarity, preoccupata.

Sparkle osservò atterrita l’amica arancione: “A… AJ ha… ha appena…”.


La luna nel cielo parve svuotarsi completamente, come se il liquido rosso al suo interno si accumulasse sul bordo inferiore, raccogliendosi poi in un unico punto. Una goccia scintillante, simile ad un rubino, sembrò staccarsi da essa e cadere verso la puledra. Un’illusione ottica? Magia?

Ma quando la colpì… Applejack cacciò un urlo indescrivibile.

Il suo petto balzò in fuori, preda di una contrazione muscolare violentissima. Strani rivoli fumosi si generarono dal corpo dell’alicorno blu, penetrando successivamente nella puledra arancione.

Bagliori e altrettanti effetti luminosi le rotearono attorno.

Hound scosse il capo, basito: “No… non può… non può averlo fatto…”.

Ci fu un’esplosione. Discord si coprì il muso, proteggendosi con un braccio: “NOOOOO!!!”, berciò.

Ma il destino della gangster stava per compiersi… e nulla avrebbe più potuto impedirlo ormai.


Si susseguirono altri effetti mirabolanti, che si conclusero infine con la rivelazione di un nuovo alicorno.

Le zampe di Applejack si posarono delicatamente sull’erba.

La puledra era leggermente più slanciata.

Il suo manto arancione possedeva i riflessi del bronzo tirato a lucido.

I crine fluivano nell’aria e sembravano costituiti da oro fuso, splendente e scintillante.

Gli occhi… una profonda e verdeggiante prateria.

A concludere il tutto… un lungo corno affusolato e… un paio di ali possenti, che si spalancarono all’istante, generando una corrente d’aria e lanciando alcune piume nei dintorni. Queste caddero debolmente al suolo, emanando una flebile e tiepida luce.

E il suo volto. Fiero. Deciso. Autorevole. Proprio come si potrebbe addire ad un vero alicorno. L’espressione di sfida che lanciò a Chrysalis… che rivolse anche a Discord… rimase incisa perennemente su di lei.

Gli occhi di chi sapeva il fatto suo. Di chi osserva le cose dall’alto verso il basso.

Di chi si sarebbe spinta fino all’inferno, rinunciando a tutto, pur di proseguire nel suo ponte di morti.

Di chi… avrebbe rinunciato alla propria anima?


Discord si racchiuse il volto tra gli artigli, assolutamente fuori di sé, ed iniziò ad emettere versi di rabbia, in modo del tutto sconnesso.

Applejack sorrise, mentre i compagni rimasero ad osservarla in silenzio, intimoriti non solo da quel gesto così inaspettato… ma anche dalla nuova, temibile forma.


L’alicorno dorato scrutò i dintorni. Non sapeva dove fosse ma… da qualche parte, ne era certa, Zecora stava osservando cos’era successo. E, probabilmente… si stava mangiando il fegato dall’ira… perché… l’aveva detto lei stessa…

Ventiquattro ore. E poi sarebbe venuta a reclamare la sua vita. La sua anima.

Con un sacrificio all’altezza posso anche strappare la vita ad una creatura ma non ho alcun potere d’innanzi ad un alicorno, ne ho la certezza.

La zebra misteriosa era stata ingannata.

Applejack era stata più scaltra.

Aveva giocato col fuoco… e, apparentemente… aveva vinto. Tutto.

Un jackpot in pieno stile.

Chrysalis defunta.

Celestia seppellita per sempre, insieme all’unico alicorno superstite: Luna.

Il patto raggirato.

Discord senza più un’opportunità per acquisire il potere che tanto agognava.


Non c’era più un Governo.

Non c’era più nessuno… a parte… una nuova regnante.

Una puledra che nulla aveva a che vedere con un retaggio nobile o antico.

Una contadina, come molte ce n’erano lungo il fiume che attraversava Ponymood.


Circondata da una moltitudine di cadaveri.

Ognuno impilato per formare un ponte verso la propria meta.

Un obiettivo che aveva sempre rifiutato di accettare ma che, alla fine, si trovò costretta a seguire.

Cadavere dopo cadavere.


Qualsiasi cosa accada

In qualunque luogo finiremo

Che sia d’innanzi alle porte dell’Inferno

O ai cancelli del Paradiso

Il mio ponte di morti

Mi condurrà alla fine del cammino

E se dovessi perire nel tragitto

Il mio corpo sarà un mattone in più

Che altri potranno sfruttare

Per proseguire lungo la strada


Ed ora si ergeva imperiosa sul campo di battaglia: un cimitero devastato e farcito di crateri; ammassi di macerie ovunque; i corpi di un alicorno e di un mutaforma uno accanto all’altro.

Tutto sommato una distesa di morti, proprio come aveva presagito.


I compagni non sapevano cosa fare o cosa pensare.

Hound, più di tutti, sentì l’irrefrenabile impulso di andare da lei… e così fece.

“Grey!!”, lo avvertì la fidanzata.

Lo stallone avanzò lentamente verso la creatura mistica, che si limitò ad attendere paziente, come se avesse tutto sotto controllo.

Con la coda dell’occhio, la puledra notò qualcosa.

Parlò, con voce rinnovata, che risuonò magicamente nell’aria, in un riverbero ultraterreno.

Tu dove credi di andare?”.

Discord si stava defilando con passi leggeri e braccia lievemente sollevate, per non fare rumore. Si bloccò di colpo, iniziando a sudare freddo. Fece quindi una giravolta e, cercando di simulare nonchalance, alzò un indice e farfugliò: “Oh! Ehm… ecco… io…”.

Fai un altro passo e considererai l’esistenza da una prospettiva nuova persino per te”.

Lo spirito deglutì e si mise a sedere, stringendosi le ginocchia al mento.

Ti consiglio di non scappare. Tanto sai che ormai… potrei trovarti ovunque. Io e te non abbiamo ancora finito”.

“O-ok…”.

Hound arrivò d’innanzi a lei, con le amiche al seguito. Il suo sguardo era severo, serio e in parte deluso.

Applejack non si scompose minimamente, mantenendo la propria autorità. Si osservarono, con i crine di lei che oscillavano in silenzio sulle sue spalle.

“E così…”, dichiarò lo stallone, “E’ in questo modo che va a finire?”.

A quanto pare”, rispose, con il riverbero arcano che l’avrebbe ormai accompagnata per sempre.

L’ex-agente sospirò: “Ti rendi conto… di quello… di quello che hai fatto?”.

L’altra ripensò a Zecora: “Ho avuto i miei buoni motivi”.

“Stronzate!!”, sbottò.

Le puledre, soprattutto Rarity, temettero che il segugio potesse attirare l’ira del neo-alicorno. Dopotutto… non sapevano se Applejack avesse mantenuto una coscienza di sé… o fosse mutata in qualcosa di completamente diverso.

Il mezzo unicorno continuò: “Tu… tu hai passato l’ultimo periodo della tua vita ad opporti al Governo! Hai… hai investito ogni risorsa per combattere Celestia e il potere che rappresentava, anche se trasmesso ad un altro ospite! Ed ora… ora sei diventata ciò che ripudiavi. Sei… sei diventata…”.

L’alicorno lo interruppe: “Preferivi che fosse Discord ad acquisire il potere di Luna?”.

“Io… io non…”.

Applejack osservò i presenti negli occhi, uno dopo l’altro.

Ho fatto la mia scelta. E mi sono macchiata del sangue di un essere puro. Questo non ha nulla a che vedere con voi. Desideravate la morte di Chrysalis, come me, è così è stato”.

Rarity scosse il capo: “Sì… ma…”.

Chrysalis è defunta”, riprese, “Il Governo non ha più un regnante. Io, di fatto, non salirò su alcun trono”.

La puledra splendente sorrise appena, acquisendo una voce molto più naturale: “…Sono sempre… la Applejack che conoscevate…”.

“A me non sembra…”, commentò Dash, ancora dolorante per le ferite, sostenuta dalla compagna dalla chioma rosa.

“E… e cosa succederà, ora?”, domandò Twilight preoccupata, che riteneva tutto quello un grossissimo sbaglio.

Ora… ci sono alcune cose da sistemare. Sono successe tante cose stanotte e…”.

Gli occhi di Fluttershy si spalancarono all’improvviso: “PINKIE!!”, strillò, “Pinkie è rimasta indietro! E’ ferita!”.

Applejack corrugò la fronte: “E’ ferita?”.

Il pensiero della compagna morente fece allontanare momentaneamente le preoccupazioni dall’unicorno viola, sostituendole con quelle per la puledra rosa: “…Sì, Pinkie… è… gravemente ferita…”.

Il pegaso giallo spostò Rainbow dalla propria spalla, lasciando che si appoggiasse sulla groppa di Hound. Si tuffò verso l’amica dalla chioma fluente, con occhi imploranti: “Applejack!! Tu… tu forse… forse potresti…”.


    Il corpo di Vesna giaceva sul terreno, privo di vita.

Il corno di Rain era serrato al petto, tramite zampe ormai intirizzite.

A qualche centinaio di metri più in là, Octavia era avvinghiata all’amica dalla chioma vaporosa. Oscillava ripetutamente il corpo avanti e indietro, continuando a carezzarle la fronte e a sobbalzare saltuariamente, per via di alcuni singhiozzi strozzati.

Pinkie non respirava più. I suoi occhi a mezze palpebre erano vitrei e sbarrati. Il sangue si era riversato sul corpo della musicista ed era ormai scuro e rappreso.

La mente della compositrice era sgombra da qualsiasi pensiero. Solo il dolore fluiva in lei, impedendole qualsiasi tipo di ragionamento. Una consapevolezza mascherata dai sentimenti.

Stette così per svariati secondi, prima che alcune piume dorate scendessero dal cielo. Alzò lo sguardo… ed Applejack calò dolcemente al suolo, con un battito di ali appena accennato.

Octavia venne illuminata dalla sua radiosità e dovette aprire la bocca dalla meraviglia. Istintivamente, strinse il corpo dell’amica con maggior energia.

“A… Apple.. jack?...”, balbettò incredula.

L’alicorno si limito a sorridere.

“M… ma… ma cosa…”.

Gli occhi smeraldo scrutarono il pony rosa.

Allontanati, per favore”, disse alla violoncellista.

Octavia non si mosse, ancora sbalordita.

Allontanati”, ripeté Applejack, con maggior energia, facendola sobbalzare.

L’amica grigia rilasciò la presa, si alzò e fece qualche passo indietro.

“Ora speriamo solo…”, riprese l’alicorno, “Che non sia troppo tardi”.

Una luce soffusa, accompagnata da un candido tepore, iniziò ad espandersi dalla fronte sormontata dalla criniera d’oro.

I compagni, che non potevano certo competere con la velocità di un essere arcano, giunsero al galoppo, con il fiato corto. D’innanzi a loro, Applejack stava rilasciando vere e proprie ondate di energia, che inghiottirono progressivamente il corpo della barista.

Passarono i secondi… e la luce si affievolì fino a svanire, lasciando giusto alcune scintille danzanti che si posarono dolcemente a terra.

Octavia, con il cuore che le batteva forte, osservo l’amica dagli occhi azzurri… nulla sembrava cambiato.

Poi, senza preavviso, Pinkie aprì la bocca e tirò un enorme respiro, come se fosse appena emersa da un lago, in procinto di affogare. I polmoni ripresero caoticamente a contrarsi. I muscoli ebbero alcune convulsioni. Gli occhi acquisirono progressivamente vitalità… saettando in ogni direzione, per capire cosa diavolo stesse succedendo. Rinsavire ad un passo dalla morte… era qualcosa che avrebbe scombussolato chiunque.


Nessuno seppe come reagire… nessuno… a parte Octavia.

La puledra grigia si mise istintivamente la zampe sul muso.

Gli occhi divennero lucidi.

Due grossi goccioloni scesero lungo le guance e un sorriso misto a pianto si dipinse su di lei.

Si buttò verso l’amica, stringendola con tutta la forza che aveva. Il cappello le volò via.

“A-ahio!”, farfugliò Pinkie, che non ci stava capendo nulla. Era viva ma non riusciva a muoversi, decisamente sfinita da quelle esperienze travolgenti.

La gangster dagli occhi viola continuò a piangere, alzando poi lo sguardo verso l’alicorno.


Le parti si erano invertite.

La prima volta fu Applejack ad abbracciarla, nelle prigioni… quando la presunta alleata le comunicò di aver messo in sicurezza la sua tenuta.


“Ho… ho dato ordine ai miei sottoposti di presidiare la tua tenuta… C’è… c’è solo stato un piccolo incidente… Pare che uno dei miei si sia beccato un colpo di lupara alla spalla… Ma… ma per il resto è tutto a posto. La tenuta dovr…”. Applejack la cinse con un abbraccio.

“Grazie… grazie… grazie…”.

“Ehm… i-io…”.

“Grazie…”.


“Grazie”, sussurrò Octavia all’amica dai crine fluenti, sforzandosi di parlare, in mezzo a quel pianto a dirotto. Stringeva Pinkie come un cimelio, percependo il calore tornarle in corpo.

“Grazie… grazie…”.


Applejack sorrise.


“E’ un bel posto qui”, disse la musicista, rompendo il ghiaccio.

Applejack osservò le lunghe file dei meleti perdersi nell’oscurità: “Sì. Sì, è un bel posto”.

“Ho sempre amato gli ambienti di città, a dire il vero. Però devo dire che questa campagna è molto… rilassante”.

L’amica rise debolmente e gettò la sigaretta a terra, spegnendola poi con la zampa: “Beh, se vieni nel periodo di raccolta delle mele, vedi come lo troverai tutt’altro che rilassante”.

“Immagino. Ma ogni luogo ha i suoi momenti di pace e di subbuglio”.

La padrona della tenuta sorrise con amarezza: “Già. Come oggi. Hanno fatto un bel casino. E per poco non ce l’avrebbero fatta sul serio. Infiltrati… Chi lo avrebbe mai sospettato, in così breve tempo?”.

“Sono stata una stupida”, ammise Octavia, mantenendo un’espressione neutrale.


“No.

Tu hai fatto la cosa giusta.

Sei rimasta a difendere la mia casa e la mia famiglia.

E’ una cosa che ripago, anche col sangue se dovessi.


Sappilo”.


*** ***** ***


    Alcune ore dopo, con il chiarore dell’alba imminente all’orizzonte, un piccolo puledrino uscì prestissimo dalla tenuta dei genitori. La sua bocca era parzialmente sdentata: stava cambiando i denti da latte. Trotterellò gioiosamente sullo sterrato, dirigendosi verso il fiume poco distante. Le acque giungevano direttamente da Ponymood, spandendo vita per tutte le campagne limitrofe.

Il pony si avvicinò alle sponde ed osservò l’acqua limpida. Gli piaceva un sacco bagnarsi il volto di primissimo mattino. Infilò le zampe e si diede una poderosa lavata al muso, ridendo contento.

Qualcosa attirò quindi la sua attenzione.

Qualche metro più in là, incastrata tra alcune rocce sporgenti, un’enorme massa scura galleggiava e veniva lambita dalla corrente. Alcune lamiere erano state ammassate contro di lei, sospinte dal fiume.

Il piccolo rimase perplesso ad osservare quella strana cosa, che non aveva mai visto.

Dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni, afferrò un lungo ramo tra i denti e si sporse per punzecchiarla, rischiando un paio di volte di cadere nel liquido.

Il legno toccò la massa scura un paio di volte. Non accadde nulla.

Tento di nuovo. Una terza, una quarta e una quinta volta. Alla sesta… l’oggetto si animò improvvisamente.

Un pony immenso, racchiuso in una lunga giacca scura, emerse completamente, tirando un sospiro con le enormi narici.

Il puledrino aprì la bocca, lasciando cadere il bastone nell’acqua.

Isaak sembrò essersi appena destato da un lungo sonno. I suoi occhi glaciali erano guardinghi, poiché non sapeva dove si trovasse. I peli del corpo erano completamente inceneriti. La pelle ricoperta in buona parte da ustioni. Puzzava anche di cherosene in modo preoccupante.

Vide il pony. Lo fissò.

Si mosse quindi verso la terraferma, imperturbabile dall’acqua che gli scorreva addosso, manco fosse una rompighiaccio sovietica. Si issò sulla superficie.

Il giovane rimase impassibile e, con la vocina, gli disse: “…Ciao”.

Lo stallone lo osservò, senza rispondergli.

“…Come ti chiami?”, gli chiese quindi il pony sdentato.

Il vocione di Isaak rimbombò con potenza: “Isaak Petrenko Dimitri Vaskovich”.

“Io mi chiamo Bobby”.

“Mhf. Nuome borghese”, e si incamminò, per andarsene.

“Dove vai?”, gli chiese alle spalle.

L’interlocutore si fermò, senza voltarsi: “Tuorno a casa. In mia Madre Patria”.

“Perché? Non sei di queste parti?”.

“Nuo”.

“Non ti piace stare qui?”.

Isaak decise di voltarsi e, con volto pensieroso, disse: “Ti diruò, piccolo nano senza denti… Pensavo che questa essere terra di ricche opportunità. Pensavo che avrei trovato soldi con cui aiutare mia famiglia. Ma qui… me tocca fare grande fatica e anquora no ha visto soldo, se non quelli che noi ha sprecato per arrivare fino alla fine”.

“E cosa andrai a fare, a casa?”.

“Quello che facciuo sempre. Bere vodka, mangiare prjanik e… ballare il kazachok”.

“Uhh…”, farfugliò, senza capirci granché.

Isaak gli andò accanto. Si tolse il colbacco con la stella rossa e glielo mise in testa. Era così grande che sommerse il volto del piccolo fino al mento.

Riprese per la propria strada.


“Dasvidania, tovarish”.

   
 
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