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Autore: shadow_sea    06/04/2013    5 recensioni
Questa storia, ambientata durante lo svolgersi degli avvenimenti narrati in Mass Effect 2, è la prima della trilogia che ho dedicato alla coppia Shepard-Vakarian.
Pubblicata inizialmente un paio di anni fa, ho voluto rivederne alcune parti, fare delle correzioni che mi parevano necessarie, aggiungere o togliere alcuni brani e perfino scrivere nuovi capitoli. Gran parte di questo lavoro mi è stato ispirato da chi mi ha seguito allora ed ha espresso le proprie opinioni. Ed è a tutti coloro che hanno potuto e voluto dedicarmi un po' del loro tempo prezioso che io dedico a mia volta queste pagine, un po' vecchie e un po' nuove, nel nome dell'affetto profondo per Mass Effect che unisce tutti noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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3. *RICORDI NELLA NEVE*

The Last of Us - All Gone (No Escape)



- Garrus Vakarian, il comandante desidera che si prepari e la raggiunga nell’hangar navette fra un’ora - annunciò una voce artificiale proveniente dagli altoparlanti posti all’interno della batteria primaria.
“Questa è la differenza più marcata fra la Normandy SR1 e la SR2” pensò il turian che era trasalito a quel suono inaspettato “Mi servirà qualche tempo per farci l’abitudine”.
- Grazie, IDA.
In realtà la voce risultava gradevole, ma quella presenza continua e vigile risultava inquietante. La IA era sempre attiva e i suoi terminali erano dappertutto. Sentire quell'occhio freddo e infaticabile perennemente puntato addosso gli faceva venire i brividi.
“Capisco come quel pazzoide di Joker non abbia resistito alla tentazione di spalmare del grasso sulle sue telecamere” si disse ridacchiando, mentre riassaporava con gioia il piacere provato nel ritrovare il pilota della vecchia Normandy alla guida della nuova.
- Come arrivo all’hangar navette? - chiese poi, effettuando gli ultimi controlli di routine sulle apparecchiature della batteria primaria prima di prepararsi per la missione.
- Prenda l’ascensore e selezioni il ponte numero 4 - fu la pronta risposta, seguita dall’informazione supplementare - L’armeria della Normandy si trova sul ponte 2, dalla parte opposta rispetto al laboratorio tecnico.
- Ok, grazie - rispose uscendo dalla stanza, diretto verso l’ascensore.

La visita all’armeria lo soddisfece pienamente: la generosità di Cerberus nel fornire le migliori e più avanzate attrezzature era degna di nota. Scelse un fucile d’assalto e una pistola, ma neppure per un attimo pensò di sostituire il suo vecchio fucile di precisione. Poi si munì di una quantità di clip termiche bastante per sparare quattro ore filate.
Controllò l'orario e si prese qualche minuto per chiacchierare con i membri dell’equipaggio che si aggiravano lì intorno notando, con una certa sorpresa, come nessuno di loro sembrasse turbato di ritrovarsi un turian fra i piedi su una nave Cerberus.
Si fermò ancora un poco, con l'aria di voler dare un'occhiata ai diversi dispositivi e macchinari. In realtà era curioso di ascoltare le frasi che venivano scambiate dal personale di bordo per farsi un'idea delle persone con cui avrebbe avuto a che fare. Quando però vide avvicinarsi una sagoma familiare, strizzata in una tuta bianca così aderente da non lasciare alcuno spazio all'immaginazione, si allontanò di soppiatto, facendo finta di non averla notata.
Si domandò se fosse un suo destino ineluttabile quello di incontrare sulle navi spaziali solo umane di un certo tipo, che gli ispiravano desideri irrealizzabili. Se sulla SR1 aveva provato più volte l'impulso di sbattere il cranio dell'artigliere capo contro le paratie metalliche, adesso avrebbe volentieri aperto il portellone di carico al passaggio di Miranda. Quelle femmine gli risultavano sommamente sgradevoli e si chiedeva incuriosito se quell'atteggiamento non finisse invece per risultare irresistibile agli occhi di un umano maschio. Avrebbe chiesto a Joker, decise in quell'istante, senza che neppure lo sfiorasse l'idea di rivolgere lo stesso interrogativo al comandante. Si sarebbe stupito se qualcuno gli avesse fatto notare che anche Shepard era una femmina umana.
Durante la passeggiata che lo portò verso il ponte ebbe modo di notare come, rispetto alla Normandy SR1, lo spazio a disposizione fosse molto maggiore e sfruttato meglio, specie nelle zone ad uso comune, che erano comode e arredate in maniera gradevole.
Era quella la prima volta in cui si prendeva del tempo per studiare la nave. Fino a quel momento si era limitato a familiarizzare con la batteria primaria e con tutte le apparecchiature che conteneva. Aveva anche deciso che, almeno per il momento, avrebbe dormito in quella stanza e si era tirato appresso un piccolo materasso e una coperta. Quando IDA gli aveva fatto notare che non ce ne sarebbe stato alcun bisogno perché lei supervisionava ininterrottamente ogni macchinario della nave, lui aveva semplicemente finto di non sentire.

Una volta arrivato sul ponte ebbe modo di assistere ad una delle tante piccole schermaglie fra il pilota e la IA e subito capì quanto dovesse soffrire Joker per un'entità che si frapponesse fra lui e la nave. La vecchia Normandy era stata la sua casa e il suo unico amore. La nuova Normandy appariva più complicata da gestire e di certo sembrava essere animata da una forte personalità.
- Neppure i sedili in vera pelle bastano a compensare questa... cosa - fu il commento insofferente del pilota - ma immagino che avendo a che fare con Cerberus questa... cosa... beh, sia il minore dei problemi che ci troveremo ad affrontare.
- E già che siamo in argomento - seguitò con ironia palese - non mi chiedi niente del comandante, Garrus? Hai visto la sua nuova uniforme e non ti sei preoccupato nemmeno un po’? - lo sfotté con un tono che però rivelava vaghi timori nascosti.
- L’ho vista su Omega e mi è bastato. Non so se sai che mi ha salvato la pelle, perché di certo lei non te l'avrà detto. Ma io l'ho vista in azione. E' tutto come ai vecchi tempi, Jeff, e non c'è proprio nulla da chiedersi - rispose bruscamente.
In realtà, però, doveva ammettere che l’uniforme di Cerberus lo aveva spiazzato un po’ all'inizio. Ricordava bene quanta rabbia avessero più volte provato nel parlare di quell’organizzazione ed il fatto che i suoi membri fossero anche dei palesi xenofobi non migliorava di certo la loro reputazione.
Ma Shepard era Shepard e se indossava quell’uniforme aveva certamente dei buoni motivi per farlo, si era detto, deciso a non perdere altro tempo su quella faccenda. Ed a quel punto era giunta la dichiarazione risolutiva del comandante e tutti i suoi dubbi residui erano stati annullati dalla sincerità con cui, ai suoi commenti su Cerberus, lei aveva replicato - E’ per questo che sono felice che tu sia qui, Garrus… Se dovrò gettarmi nel caos, voglio qualcuno di fidato al mio fianco.
Poi, con un sorriso sarcastico, aveva puntualizzato di non lavorare per Cerberus, ma con Cerberus. E lui si era dato dell'idiota: se solo fosse stato più pronto avrebbe capito immediatamente che la donna che aveva di fronte era pur sempre il leggendario Spettro ribelle che, violando tutte le possibili norme esistenti, aveva rubato la più prestigiosa nave spaziale della flotta dell'Alleanza pur di inseguire Saren.
- Ricordo un mio vecchio comandante che ha lavorato a lungo con i burocrati del Consiglio della Cittadella, ma non per loro - aveva replicato con un sorriso complice - e mi pare anche di ricordare che le sue scelte discutibili siano state coronate da pieno successo.

Quando Garrus uscì dall’ascensore non trovò nessuno sul ponte 4: mancava ancora un quarto d’ora all’orario prefissato, ma lui aveva anticipato i tempi di proposito, per poter dare un’occhiata attenta al nuovo mezzo di sbarco. Si accorse che non aveva nulla a che vedere con il vecchio Mako che usavano sulla SR1: la Kodiak era di certo più fragile e gli armamenti sembravano meno potenti, ma la snellezza dello scafo suggeriva una maggiore manovrabilità. Inoltre era in grado di volare.
Questa era la prima missione che veniva effettuata da quando si trovava a bordo, anche se poche ore prima l’equipaggio aveva notato un’insolita discesa solitaria del comandante sulla superficie di Alchera, il pianeta attorno al quale la Normandy stava orbitando da qualche ora, e Garrus era molto soddisfatto di essere stato convocato alla prima occasione utile. Nei lunghi mesi passati su Omega a dare la caccia ai criminali aveva rimpianto di non aver mai incontrato altri colleghi con cui si stabilisse quella speciale sintonia che esisteva fra lui e Shepard.
I membri della squadra che aveva radunato come Archangel si erano rivelati ottimi soldati, con una vasta esperienza e con abilità eccellenti, eppure... no, nessuno di loro era riuscito a trasmettergli la stessa sensazione di completezza e affiatamento. Combattendo al fianco di Shepard aveva imparato a fidarsi ciecamente del suo appoggio e a prendere rischi che in altre occasioni non avrebbe corso. Lei occupava sempre la posizione migliore per coprirgli le spalle e per evitare che venisse colto di sorpresa.
Ricordava come appena dopo pochi giorni la loro sintonia fosse diventata tale da non dover più ricorrere a comunicazioni verbali. Solo in rari casi avevano utilizzato un breve cenno del capo o della mano.
“Shepard e Vakarian...”. Al pensiero della prossima battaglia sentiva riacutizzarsi quella nostalgia profonda per il suo comandante che aveva tenuto nascosta anche a se stesso.

Così, quando vide la figura familiare di Shepard uscire dall’ascensore, non poté trattenere un sorriso di soddisfazione. Lei però non lo guardò neppure: si voltò, invece, a fronteggiare Miranda.
- Essere il secondo in comando non ti autorizza a mettere bocca sulla composizione delle squadre di sbarco. Questa conversazione è chiusa. Sono sicura che hai del lavoro da fare.
Subito dopo il comandante si scostò dal vano dell’ascensore per far passare Joker e un giovane ragazzo che Garrus non conosceva, mentre Miranda restava all'interno e risalì non appena i due uomini ne scesero.
Solo a questo punto Shepard guardò verso Garrus e un sorriso le illuminò il viso rabbuiato. Non disse una sola parola, ma gli tese il proprio fucile d’assalto affinché lui lo calibrasse. Il turian lo prese e lo regolò a lungo, con estrema attenzione. Quando lo restituì al comandante non poté fare a meno di accusarla, con uno sguardo indignato - Era in pessime condizioni, non me lo sarei aspettato da te, comandante.
- In tutta la galassia c’è una sola persona che ha il permesso di toccare le mie armi - gli rispose lei tranquillamente, riprendendosi il fucile e dirigendosi verso l’armadio delle munizioni - ma sembrava sparito nel nulla...
Garrus sentì un’improvvisa ondata di sangue affluirgli al volto e pregò gli Spiriti che Shepard non notasse il vivido colore blu del suo collo, analogo al rossore umano nei turian. Si sentì anche stupidamente fiero che nessun altro gli avesse sottratto l’esclusiva di quell’onore che lo riempiva tuttora di orgoglio.

Mentre salivano sulla Kodiak il comandante ordinò - No, Joker. Oggi viaggi nella stiva, insieme a Garrus e me. Fenris si occuperà di portarci sul pianeta.
- Oh... devo prendere le armi allora? - chiese il pilota in tono incerto. Erano parecchi mesi che non sparava neppure in un poligono di tiro e sapeva di essere arrugginito.
- Non ci avevo pensato, ma in effetti... ti farà bene un po’ di esercizio. Scegli l’arma che preferisci fra quelle che ho qui con me.
- Uhm... che tipo di nemici ci troveremo davanti? - chiese Joker indeciso fra pistola e fucile d’assalto.
- Alcune casse... - fu la risposta che ricevette, e i suoi due amici si scambiarono uno sguardo perplesso.
- Che voleva Miranda? - chiese Garrus incuriosito, mentre la navetta decollava.
- Sembrava non approvasse la scelta della squadra di sbarco.
- Davvero? Non capisco proprio perché… - rispose Joker tirando una leggera gomitata nelle costole del turian - E’ normale tirarsi appresso uno zoppo e un rottame che sta insieme solo grazie a rotoli di nastro adesivo…

Una volta che la Kodiak si appoggiò al suolo, Shepard rimase immobile davanti al portellone ancora chiuso, fissò i suoi compagni e solo dopo una lunga pausa silenziosa premette il pulsante di apertura della stiva.
Un chiarore biancastro accecante colpì improvvisamente gli occhi di Garrus e di Joker dal rettangolo luminoso che si era aperto sulla fiancata della navetta. I tre scesero e affondarono gli stivali in uno strato spesso di neve. Per qualche istante non riuscirono a vedere nulla oltre a un chiarore troppo intenso che li abbagliava.
Shepard ordinò a Fenris di tornare a bordo della Normandy, poi rimase in silenzio a fissare i suoi due compagni.

Fu Joker il primo a rendersi conto di quello che aveva di fronte: Shepard lo vide lasciarsi cadere in ginocchio nella neve senza dire una sola parola fissando la scritta sghemba NORMAN ben leggibile su un pezzo di paratia metallica conficcata nel suolo.
Restò lì, immobile, mentre un vento costante spazzava il terreno attorno alle sue gambe e qualche fiocco di neve si posava sopra la leggera armatura.
Il comandante gli strinse la spalla sinistra e lui sovrappose la sua mano destra su quella di Shepard, mentre i suoi occhi protetti dalla visiera del casco si inumidivano e le sue labbra si serravano in una linea sottile.
Pochi secondi dopo anche gli occhi del turian si abituarono al chiarore eccessivo e Shepard lo vide irrigidirsi prima di lasciar cadere il fucile dalle mani mormorando sottovoce - Spiriti - come se non osasse disturbare la quiete di quel luogo.

Per qualche istante che parve senza tempo nessuno disse una sola parola, girando lentamente lo sguardo attorno in quell'ambiente che richiamava l'atmosfera di un sogno, ma che evocava invece ricordi da incubo. Fu Shepard a riportare tutti alla realtà. - Quando sono scesa qui poche ore, fa ho posato quel piccolo monumento alla nostra vecchia nave – disse indicando una scultura poco lontana - Devo ancora raccogliere le medagliette identificative dei membri dell’equipaggio dispersi, ma volevo condividere tutto questo con voi.

Senza neppure scambiarsi una parola, i tre amici rimasero vicini, passando in rassegna tutti i resti sparpagliati disordinatamente sul suolo di quel pianeta inospitale con una lentezza esasperata e un’attenzione dolorosa. Si sentivano quasi dei profanatori di tombe nel frugare fra i detriti sepolti sotto uno strato di neve soffice che proteggeva con delicatezza i ricordi di due anni prima.
Si fermavamo ogni qual volta uno dei factotum individuava una medaglietta sepolta, nascosta sotto un container o fra i relitti dello scafo. Veniva ripulita e letta ad alta voce - solo il nome, senza neppure il grado - poi veniva aggiunta alle altre catenine già intorno al polso della mano sinistra del comandante.
- Nemico abbattuto, signore - esclamò Joker a un certo punto, per cercare di alleggerire quell'atmosfera densa di troppi ricordi che sembrava volerli soffocare. Si esibì in un perfetto saluto militare, fiero di aver frantumato con un solo colpo una cassa poco distante, ma dopo un breve sorriso stentato tutti tornarono di nuovo seri e silenziosi, mentre leggevano il nome di quel compagno caduto e ne rammentavano il viso.

Le soste più lunghe e penose furono quelle davanti alle postazioni che erano ancora riconoscibili nonostante i danni causati dalle esplosioni e dall’impatto sul suolo del pianeta ghiacciato: quegli ammassi contorti di rovine riportavano vivide alla memoria le immagini di alcuni visi, di alcune frasi, di alcuni gesti che pensavano di aver dimenticato e che ora li colpivano dolorosamente, con una intensità che li stordiva.
Joker rimase a lungo dietro i resti della poltrona del pilota, stringendone spasmodicamente fra le dita la spalliera, assurdamente integra in mezzo a quel disastro, mentre Garrus e Shepard si strinsero ai suoi fianchi in silenzio, guardando verso l’alto, nel tentativo di recuperare le emozioni provate nel fissare le stelle attraverso i vetri del ponte della SR1.
Quando sussurrò con voce spezzata - Non riuscivo ad abbandonare la mia bambina - Shepard capì che Jeff stava rivivendo le scene conclusive del disastro della Normandy e che si rivedeva morire davanti agli occhi il suo comandante sbalzato nello spazio dentro la tuta lesionata.
- Sei sempre stato un disastro - sussurrò in risposta, appoggiandogli una mano sulla spalla. Poi lo scosse gentilmente indicando un punto immaginario a mezz'aria - Ricordi? Era qui che luccicava quella spia. Abbiamo trascorso un’eternità silenziosa davanti a quella luce rossa, trattenendo il fiato, in attesa che Anderson la facesse diventare verde...
- Il furto della Normandy… una delle più grandi soddisfazioni della mia vita - rispose Joker, sorridendo.
- Ma rubare la nave a Cerberus potrebbe essere anche meglio - aggiunse Garrus, con un’occhiata maliziosa.
- E’ un suggerimento... interessante… - osservò lei restituendogli lo stesso sguardo, con un lieve sorriso appena accennato.

Pochi metri più avanti fu il turian a ricevere il sostegno silenzioso dei suoi due amici, quando riconobbe l’angolo che era solito occupare sulla SR1. Shepard e Joker videro le dita della sua mano scorrere lentamente e delicatamente sui resti contorti dei macchinari distrutti e sulle paratie spezzate, mentre la sua mente accarezzava i ricordi delle tante battute scambiate con Wrex e delle frasi taglienti di Ashley.

Fra il turian e il krogan si era stabilita da subito un’ottima sintonia fatta di ammirazione e di rispetto reciproco, gradevolmente conditi da facezie da caserma e da scambi di colpi fisici che avrebbero steso qualunque altro membro dell’equipaggio. Garrus superava indenne quegli scontri solo grazie all’agilità, perché un colpo diretto di Wrex gli avrebbe schiantato qualche osso, ma il turian era stato sempre oltremodo grato per quella preziosa possibilità di sfogare la tensione che solo il krogan era in grado di offrirgli, di nascosto dal resto dell’equipaggio e dal comandante, nell’angolo più appartato della stiva della Normandy.
Con Ashley, invece, i rapporti erano rimasti piuttosto tesi per molto tempo, fino a quando Shepard se li era portati appresso insieme e li aveva costretti ad agire a stretto contatto, abbandonandoli davanti all’entrata principale di un edificio pieno di mutanti, dicendo loro che sarebbe entrata dal retro.
In realtà non aveva fatto nulla del genere, come i due suoi compagni ebbero modo di notare una volta che, uccisi tutti i nemici, e festeggiata la vittoria con una reciproca pacca sulla spalla, se l’erano vista venire incontro con le armi ancora a tracolla e l’aria rilassata di chi fosse andata a farsi una passeggiata.
Da quel giorno il turian e l’umana avevano messo via i reciproci dubbi e perplessità e, se pure non si scambiarono mai confidenze o racconti di vita vissuta, riuscirono almeno a chiacchierare di armi e potenziamenti vari e in più di un’occasione Ashley aveva perfino passato i suoi fucili al turian perché glieli calibrasse.

E l'artigliere capo fu ancora nei loro ricordi quando lessero il datapad di Pressly, abbandonato nella neve, che testimoniava il suo lento ma inesorabile cammino verso l’accettazione delle razze aliene. All’inizio erano stati loro due i membri più xenofobi a bordo della SR1 e, poco dopo la comparsa a bordo di Wrex, Tali, Garrus e Liara, Joker e Shepard li avevano sorpresi a discutere animatamente fra di loro, paragonando la Normandy ad uno zoo.
- Viste le difficoltà della nostra missione direi che l’arca di Noè sarebbe un paragone più appropriato - aveva osservato il pilota in tono ironico, mentre Shepard aveva fatto notare in tono gelido che c’erano modi più produttivi per passare il tempo.

Verso est, in un piccolo avvallamento del terreno, trovarono i resti della postazione di Kaidan, e lì Shepard si fermò a ricordare tutte le volte in cui era rimasta a chiacchierare con quello strano ragazzo, tanto complicato, che l’aveva incuriosita fin dall’inizio. Non era stato facile entrare in sintonia con lui e spesso le era sembrato che le differenze fra di loro fossero troppo grandi perché la loro storia potesse avere un futuro. Ma le imprese difficili erano sempre state troppo allettanti e lei aveva insistito. Ora chissà dove si trovava…
Garrus invece rammentò con irritazione l’episodio che aveva determinato l’avversione che ancora provava per quel biotico: era salito nell’ascensore per un motivo che non ricordava e improvvisamente le porte si erano aperte lasciando entrare il comandante con il volto deformato da un’espressione di rabbia e il corpo vibrante di energia biotica.
Come reazione istintiva lui era uscito immediatamente dalla cabina e si era ritrovato di fronte Kaidan. Anche lui aveva un’espressione strana sul viso e non era stato difficile capire che fosse proprio lui la causa della rabbia di Shepard.

- Ma cosa le hai detto? - gli aveva chiesto con ira mal repressa.
- Non è affar tuo, Vakarian - gli aveva risposto il tenente in tono deciso.
- Ma la nostra dannata missione è affare anche mio - aveva ringhiato rabbiosamente - Il comandante è appena uscito da una prova che avrebbe messo in ginocchio chiunque. Cosa le hai detto, maledetto imbecille?
Shepard era un’umana e non avrebbe reagito come sarebbe stato logico. Garrus sapeva che su Virmire aveva solo fatto ciò che andava fatto, ma temeva che quel dannato biotico non fosse in grado di offrirle un qualunque sostegno. E la risposta di Kaidan aveva fugato i suoi dubbi residui.
- Ha sacrificato Ashley… - aveva risposto con voce spezzata - e io... beh, mi sento colpevole.
- Tu?… tu ti senti colpevole? - aveva gridato Garrus allibito - e magari glielo hai pure detto?
- …
- Pensi che lei abbia scelto di salvare il tuo bel faccino perché andate a letto insieme? - aveva gridato, assolutamente indifferente al fatto che qualcun altro potesse ascoltare quell'accusa.
- Non andiamo a letto insieme - era stata la pronta risposta in tono offeso - sarebbe contro i regolamenti…
- Tu non capisci niente, Kaidan. Lei è il comandante Shepard. Sul campo di battaglia è solo quello, non pensa a te, né a lei stessa. Non pensa a cose diverse dalla riuscita della missione. Sta combattendo contro tutti e tutto e pensi si fermerebbe per la tua inutile vita? Sei un idiota!
- …
- Kaidan, abbiamo una missione difficile. Pensa solo a quella. Ti chiedo solo di non peggiorare la situazione, visto che non sembri in grado di migliorarla - aveva aggiunto andandosene, arrabbiato come raramente gli era accaduto. Poi era andato ad acchiappare Wrex per portarselo nella stiva che usavano come palestra improvvisata: quella volta lo scontro era stato così intenso da causare la rottura di un paio di container.

Quasi al centro della distesa di rottami giaceva il Mako, sollevato sopra un montarozzo di neve e apparentemente intatto, come pronto a scavalcare un altro degli innumerevoli ostacoli che le sue ruote robuste avevano superato nei tanti pianeti su cui erano atterrati. I tre compagni gli si misero attorno, ricordando quanti Divoratori e quanti Geth quel suo cannone aveva abbattuto.
- E’ stato un fedele compagno di avventura - commentò Shepard, accarezzandone lo scafo - è grazie a lui che siamo riusciti ad arrivare in tempo sulla Cittadella.
- Wrex adorava questo mezzo, diceva sempre che rassomigliava a un krogan: lento e un po’ sgraziato, ma quando partiva nessuno lo poteva fermare… - aggiunse Garrus.

L’ultima medaglietta venne raccolta da Joker, ma questa volta Shepard non seguì il gruppo e si diresse verso un cumulo di macerie poco lontane.
Dopo aver letto il nome riportato sulla targhetta del soldato semplice, i suoi due compagni la cercarono con lo sguardo e, per un istante, entrambi la rividero al posto di comando, di fronte alla mappa galattica, assorta a fissare i sistemi solari che non venivano più visualizzati dagli schermi ora distrutti. Le si avvicinarono, ma rimasero a una certa distanza, per non disturbarla, aspettando che lei si sentisse pronta a dare l’ultimo addio alla sua vecchia nave.
- Andiamo - fu l’ultima parola che venne pronunciata su Alchera con un sussurro appena percettibile. I tre compagni si avviarono silenziosamente verso la navetta di Cerberus tornata a prenderli e risalirono a bordo della Normandy.

Qualche ora dopo, a sera inoltrata, la frase che risuonò improvvisamente negli altoparlanti della batteria primaria - Garrus, se non sei troppo impegnato, puoi venire da me? - fece trasalire il turian che era concentrato nella messa a punto del sistema di puntamento del cannone primario della nave.
Era la prima volta da quando era a bordo che il turian metteva piede nella cabina di Shepard: lanciò un’occhiata sbalordita all’enorme acquario (vuoto, però, notò con divertimento: non riusciva a figurarsi Shepard impegnata a sfamare degli stupidi pesci) che occupava buona parte della parete di sinistra e alla grande vetrina in cui dominava incontrastato un unico modellino di nave spaziale: la Normandy SR2.
- Che lusso, comandante! Ora capisco perché lavori con Cerberus e non con l’Alleanza - la prese affettuosamente in giro.
- Siediti, Garrus - lo invitò Shepard con espressione seria. Poi lo mise rapidamente al corrente di tutte le ultime novità, dei suoi progetti e dell’obiettivo finale della squadra che stava formando. Gli fece un resoconto scarno ed essenziale con tono distaccato.
- Il portale di Omega 4, comandante… - commentò alla fine Garrus - mi sembra un progetto ambizioso. Rubare la Normandy, fare atterrare il Mako su un fazzoletto di terra di Ilos e combattere contro Saren e la Sovereign potrebbe essere stata una semplice passeggiata al confronto.
- Non voglio farmi mancare nulla, lo sai - rispose Shepard con tono scherzoso, ma con un’aria assorta che esprimeva la consapevolezza delle difficoltà di quell’impresa meglio di qualunque commento.
Lo sguardo di Garrus si soffermò un attimo sulla fotografia del tenente Alenko, appoggiata vicino al terminale privato di Shepard. Le chiese se fosse riuscita a rintracciare i membri del suo vecchio equipaggio, ma lei scosse la testa con aria rattristata
- Non ho notizie di nessuno. Non sapevo neppure che Archangel fossi tu…
- Nemmeno del tenente sai nulla? - le chiese indicando la foto.
- No. E ovviamente non posso chiedere all’Alleanza. Nessuno mi direbbe nulla, dato che indosso la divisa di Cerberus - rispose con aria amareggiata.
“In combattimento ci servirebbe di certo, ma a livello personale a me non è mai piaciuto tanto, Shepard. Non va bene per te e non capisco cosa ti piaccia in lui. Mi è sempre sembrato insicuro e poco affidabile...” furono le riflessioni che passarono per la mente di Garrus che però si guardò bene dal pronunciarle a voce alta.
- Sarebbe bello riavere con noi almeno un po’ dei vecchi amici - disse invece - noi sappiamo come stanno realmente le cose e tu sai di poterti fidare di noi: ti abbiamo seguito su una nave rubata all’Alleanza e saremo pronti a rifarlo. Li cercheremo e li troveremo - la rassicurò con un sorriso, alzandosi dalla sedia su cui era rimasto seduto fino a quel momento.
- Garrus - lo fermò lei alzandosi nello stesso istante e prendendogli improvvisamente una mano - sono contenta che tu sia qui.
Lui fissò stupito la mano di Shepard che si era chiusa intorno alla sua. Era la prima volta che accadeva e si sentì a disagio, incapace di decidere come reagire. Aveva stretto molte mani umane sulla Cittadella, ma questo contatto era diverso: lei aveva appoggiato il palmo sul dorso della sua mano e lo aveva serrato con forza. Ma prima che facesse un qualsiasi gesto, la stretta delle cinque dita si era allentata improvvisamente e il comandante aveva ritratto la mano arrossendo imbarazzata.
- Sei l’unica amica che mi sia rimasta in questa dannata galassia, comandante, non potrei essere da nessun’altra parte - rispose allora con sincerità prima di andarsene.

Una volta rientrato nella batteria primaria si immerse nei suoi algoritmi di calcolo, sicuro che la soluzione al problema che si era posto fosse ormai a portata di mano. Forse già domani avrebbe potuto suggerire delle modifiche che avrebbero incrementato notevolmente la potenza del cannone principale della Normandy.
Shepard invece si preparò per andare a dormire perché l’indomani sarebbe stata una giornata faticosa: la nave avrebbe attraccato sulla Cittadella e lei avrebbe incontrato Anderson. Probabilmente avrebbe litigato con tutti i Consiglieri e anche con Udina.
Prima di addormentarsi si ripeté più volte, lentamente, l’ultima frase pronunciata da Garrus: erano le prime parole che le donavano una piacevole sensazione di calore e di sicurezza da quando si era risvegliata in quella dannata stanza del laboratorio medico di Cerberus.
  
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