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Autore: Ronnie02    06/04/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Salve Echelon! Scusate il ritardo, sul serio, ma sto avendo un pò di problemi ad andare avanti. Non per le idee, ma proprio per il tempo: riesco a scrivere solo di sera e molte volte sono talmente stanca che riesco a mettere giù solo una misera paginetta e mezza. 
Scusate, cercherò di recuperare un pò di tempo, ma sono davvero molto impegnata. Comunque non abbandono la storia - non sia mai! - solo avrò qualche giorno di ritardo in più del solito.
Scusate.
Ora vi lascio alla lettura :D




Chapter 12. Magic, right?




 
 
Ci stava mettendo troppo, porca miseria. Com’era possibile che rimanesse in quel mondo per così tanto tempo? Lui le doveva parlare, doveva farle vedere come stava diventando bravo…
Dove sei, Ash?, pensò, chiamandola mentalmente come al solito. Ma non sarebbe arrivata, non così presto.
Però le mancava, davvero tanto, ed era l’unica capace di invogliarlo a muoversi. Più non la vedeva e più perdeva la voglia: aveva bisogno di ricaricarsi e l’unico modo per farlo era vedere lei.
Forse avrebbe potuto chiedere a qualcuno di farla portare lì da Edmund, o da Sorrow, ma se lei lo avesse saputo lo avrebbe preso a calci in culo per il resto della sua esistenza.
Si sedette sul letto, portando fuori le gambe e muovendole avanti e indietro, canticchiando qualche canzoncina come faceva da bambino.
I bambini di Ash… e così lavorava con dei bambini.
Bè, lo sapeva già, Dean, che sarebbe stato il suo destino. Era brava, sarebbe stata un’ottima madre, se non avesse dovuto fare la guerriera per il resto della sua vita senza nemmeno un’altra scelta.
Sorrise, quasi melanconico.
Quando erano a scuola facevano i duelli, lottavano contro le loro vittime che si arrabbiavano per lo scherzo, andavano in giro a scherzare… e lei aveva una dote così particolare che non poteva passare inosservata.
Lei la odiava, lui la riteneva un dono.
 
La camera da letto di Ash era in una stanza a parte, lontano a dove dormiva il resto della scuola, in un punto che pochi sanno scovare. Prima di tutto, perché era ancora troppo piccola per dormire con le altre ragazze e, secondo, non aveva comunque la ben che minima intenzione di farlo.
La notte l’avrebbe sempre passata volentieri da sola, se non voleva essere cacciata da lì. Lo sapeva già ormai.
Ash ora guardava fuori dalla finestra, pensierosa, come se il cielo potesse darle una risposta. In realtà in quel cielo poteva fare ben altro, ma quella sera non aveva voglia di allontanarsi dalla sua camera per fare un viaggetto.
Invece, si toccò la causa della sua diversità, sospirando sconsolata, sempre guardando fuori. Erano così estremamente belle, così altamente utili, ma così maledettamente sbagliate, almeno per lei.
Qualcuno avrebbe detto che il suo fosse un vero dono, una rarità che va colta al momento, veramente preziosa… per lei era solo una barriera che la rendeva diversa dal mondo che conosceva.
E il mondo lo conosceva bene, sebbene fosse molto piccola.
Aprì la finestra e sentì l’aria fredda dell’inverno colpirle il dolce viso, insieme a quei piccoli fiocchi che avevano cominciato a scendere.
La neve… quel posto diventava ancora più bello con la neve e quell’anno di certo non sarebbe cambiato. Era sempre affascinante e le luci che di solito abbellivano le mura, in attesa del Natale erano spettacolari.
Sentivi la gioia invadere il tuo corpo solo a guardarle e non era un caso che il Natale fosse la festa preferita di Ash.
“Ash, è tornata! Guarda, la neve è to…”, sentì urlare Dean, che aveva aperto la porta di scatto, senza neppure bussare. Sempre il solito maleducato, che ovviamente arriva nei momenti inopportuni!  
Ash si voltò di scatto, sgranando gli occhi dalla paura, e corse svelta a nascondersi in un angolo buio della stanza. L’unica luce proveniva da fuori la finestra, da uno dei lampioni attaccati alla parete della scuola, ma non bastava a illuminare la camera.  
Anzi era quasi tutta completamente al buio e Ash riuscì a nascondersi in fretta, per sua fortuna.
Ma ormai Dean l’aveva vista, e anche bene visto che la ragazza stava proprio guardando il panorama al di fuori del vetro. La luce, però, gli aveva mostrato anche qualcosa che non avrebbe dovuto sapere.
“Ash?”, domandò leggermente, cauto, andando a tentoni nel bel mezzo della stanza. Ci mancava solo questa… quella poveretta non ne aveva già passate abbastanza?
“Vattene, vattene via, Dean”, piagnucolò lei, da una parte indefinita della camera, ma molto vicina al ragazzo.
“Ash, non devi nasconderti, lo sai”, la esortò lui, ma sentì solo degli spostamenti. Si era mossa, ma la stanza era troppo piccola per non trovarla anche al buio.
“Ti prego, va’ via”, mugugnò tristemente Ash, praticamente di fianco a lui. Trovata, piccola birbante!
Dean, allora, si accucciò davanti al punto in cui credeva ci fosse Ash e allungò la mano. Non ci mise molto prima di trovare qualcosa, anche se rimase scioccato.
“Questa è la vera Ash?”, domandò lui, provando ad abbracciarla, mentre lei si scansava, paurosa. 
“L’orribile Ash Connor”, commentò la ragazza, tristemente, provando a farsi piccola, ma senza successo. “Sono solo un mostro. Un mostro orrendo”.
“Io credo, invece, che questo ti renda ancora più bella, sai?”, sorrise lui, stringendola di scatto e non lasciandola scappare. Lei all’inizio provò a ribellarsi, ma poi si calmò sotto il calore dell’amico. “Per me potresti anche essere uno gnomo con le caratteristiche di un vampiro, o una fata simile ad un elfo… ma rimarresti bellissima, e soprattutto la migliore”.
“Vorrei pensarla come te”, rispose Ash, appoggiando la sua testa alla spalla dell’amico, piangendo.
“Non ci metterai tanto”, la rassicurò lui, carezzandole i capelli biondicci e blu, guardando i piccoli fiocchi di neve cadere giù dal cielo, leggeri e tranquilli, senza alcuna paura.
 
Ma alla fine lei non lo pensò mai.
Ash Connor aveva quell’odiosa capacità di farsi dei problemi mentali grandi quanto quella stessa cittadina ed era orribile.
In parte aveva ragione: in molti non l’avrebbero accettata, ma, in fondo, tutti abbiamo dei nemici a questo mondo. Non possiamo, allora, abbatterci solo per qualche persona che ci giudica; dobbiamo andare avanti, senza alcuna paura e difendere la nostra posizione.
Ash, però, era ancora troppo debole, sebbene fossero passati quasi una quindicina di anni dall’assassinio. Non sarebbe mai cambiata, sebbene volesse dimostrare il contrario.
Bè, non importava. Come al solito lui l’avrebbe aiutata, appena lei avrebbe finito di aiutare lui, tirandolo fuori dall’ospedale, senza ombra di dubbio.
Ma dove sei, Ash?
 
“Allora?” , le domandò ancora Vicki, non vedendola rispondere.
“Vicki, non è così facile da spiegare…”, cominciò Ash, ma vedendo la ragazza incuriosirsi si disse che non era stato un ottimo inizio, se voleva uscirne viva. “Insomma… è un giochetto che ricorre del tempo per impararlo e non è così facile da insegnare”.
“Senti, parliamoci chiaro”, rispose decisa la mora, guardandola sorridente, un po’ superba. Non attaccava con lei, non era stupida. “La scusa di giochi di magia la puoi rifilare a Jared, che riesce anche a farsi intrappolare con una scommessa che vincerebbe pure mia nonna. Io voglio la verità”.
“Ma io non posso dirtela, Vicki”, guardò in basso la bionda, sconfitta. Non le avrebbe detto la verità, poco ma sicuro, però ormai non poteva negare l’evidenza. Le avrebbe fatto solo capire che altro non poteva fare.
“Perché no?”, continuò la madre di Devon, avvicinandosi alla babysitter, mentre il bimbo cominciava a camminare verso di loro, testando il suo precario equilibrio.
“Perché non posso”, disse Ash. “E’ come se voi foste in vacanza, qualcuno ti vedesse e ti chiedesse dove tu e i ragazzi alloggiate. Glielo diresti?”.
“No, avremmo la vacanza rovinata da miliardi di persone che voglio vederli. Per l’amor di Dio, tutto il rispetto per gli Echelon, ma almeno in vacanza…”, fu d’accordo Vicki, pensandoci su. “Ma puoi darmi degli indizi”.
“Ne ho già dati troppi a Jared”, rispose la bionda.
“Non posso fidarmi di te se non so né cosa né chi tu possa essere”, concluse allora Vicki, prendendo il braccio Devon. “Ben che meno posso affidarti mio figlio”.
“No! No, ti prego, non portare via Devon”, supplicò Ash, vedendo in quel bambino uno strano legame con la sua, sfortunatamente, vera essenza. “Lui mi capisce, ti prego”.
“Forse dovremmo rientrare”, si voltò Vicki verso la scuola, quasi pensando a cosa fare.
In realtà era tutto parte del suo piano perfetto che aveva raccontato a Jared. Certo, le cose si erano velocizzate grazie a questa opportunità delle foto, ma l’idea generale si stava attuando perfettamente.
“Credo di sì… vuoi ancora fare le foto?”, chiese allora Ash, guardando il bimbo imitare i movimenti delle mani che aveva fatto lei prima, sperando nei medesimi risultati.
“Io mantengo sempre le mie promesse, Ash”, commentò fredda la mora, per poi avviarsi verso l’entrata, dove ancora i genitori brulicavano, per riuscire a vedere lo scatto del proprio figlio, dire quante ne voleva o se andava bene e poi andarsene al lavoro.
Ash la seguiva come un cagnolino, con lo sguardo fisso su Devon e i suoi movimenti. Entrarono nell’edificio e lì si divisero: Vicki andò a parlare con la segretaria su come e dove fare le foto – affidando Devon a Natalie, intristendo di parecchio Ash – mentre la bionda ritornò nella sua classe, per controllare i bambini.
Vicki non voleva essere cattiva, no di certo, ma se voleva scoprire qualcosa questo era l’unico modo. In più non capiva questo grande e strano rapporto che la ragazza aveva con Devon.
 Lui mi capisce. Come se fosse strano quanto lei… ma no, Devon era normale, ne era certa. Era sempre stato un bambino come gli altri, nemmeno i genitori di Vicki avevano notato qualcosa di strano.
Quindi perché tutto questo affetto? Perché non un altro bambino, perché lui? Come poteva capirla, se lei era completamente diversa da chiunque, per quanto ora la mora potesse saperne.
Ash aveva tutte le risposte, ovviamente, ma come poteva parlarne a Vicki? Non poteva, semplicemente.
Gli Incompleti a conoscenza della verità rischiano grosso, rischiano tutto. Come poteva fare questo ai Leto e ai genitori di Devon? Non poteva.
Ma se Devon era quello che pensava, non ci sarebbero stati problemi, certo. Il problema era capire se davvero le teorie di Ash erano corrette e per ora il bimbo era troppo piccolo.
Troppo piccolo… in realtà non sapeva se c’era un età base di inizio, ma non aveva mai visto bambini coetanei di Devon fare certe cose.
Per forza, però, doveva esserci qualcosa. Ash se lo sentiva, in fondo, che lui la capiva, che lui potesse darle ragione, che non la considerasse solo un mostro impazzito, ma un essere simile a lui.
“Dio, non ci capisco niente”, sussurrò, chiudendo gli occhi dai troppi pensieri. Le girava la testa: c’erano voci ovunque, di piccoli e di adulti, e i suoi ragionamenti le facevano scoppiare il cervello.
“Ash?”, la chiamò Janet, aprendo la porta. Ovvio che non fosse venuta Natalie: era ancora arrabbiata a morte con lei e per giunta ora si stava strapazzando Devon. Che ingiustizia! “Noi siamo pronti”.
“Arrivo”, rispose stanca la ragazza, alzandosi lentamente e richiamando svogliatamente i bambini all’ordine. La giornata era decisamente iniziata troppo bene per finire altrettanto.
Nel salone tutti erano pronti a cominciare e Vicki stava provando la macchina scattando foto ai bambini che giocavano. I genitori erano tutti entusiasti e i loro figli facevano a gara su chi fosse il più bello.
Devon era ancora tra le braccia di Natalie, ma appena Ash uscì con la sua classe quello cercò di uscire dalla morsa della spagnola. Voleva andarle incontro, lo sapeva.
La stava fissando e capiva che in qualche modo Devon voleva tornare a giocare con lei come prima che arrivasse Vicki. Era ovvio… in fondo se le teorie di Ash erano giuste, era la sua natura.
Ma Natalie non lo mollò un secondo, sotto lo sguardo attento della nuova fotografa, che intanto aveva deciso di far sistemare i bambini in fila indiana, dal più piccolo al più grande.
“E’ stata una vera fortuna, vero?”, le si avvicinò Janet, guardando Vicki fare le foto, molto velocemente. Più scatti faceva, più genitori se ne andavano.
“Già…”, sbuffò Ash, guardandola fotografare suo figlio almeno tre volte prima di chiamare il prossimo bimbo. Janet la fissò confusa, ma Ash le fece segno di lasciar perdere. “Vado a prendere un po’ d’aria, scusa”.
Si dileguò in fretta, quasi correndo in mezzo alla folla dei papà e delle mamme rimaste ad ammirare i loro pargoli, uscendo dall’edificio e andando oltre l’alberello di Devon.
Al suo passaggio, il piccolo albero cominciò a perdere vita e in pochi secondi sembrò marcire.
“Oh, non sono in vena di patire la tua compassione”, passò avanti Ash, parlando seriamente a quella vita vegetale.
Uscì anche dal cancelletto dell’asilo e andò nel parcheggio. Si sedette sul marciapiede e tirò fuori una delle sue sigarette. Non fumava mai eccessivamente, ma quando lo faceva si sentiva libera.
Era come buttare fuori tutti i suoi problemi, e per un istante fece finta di trovarsi in un posto isolato, da sola e senza nessuno che le desse fastidio. In libertà.
“Dovresti smetterla di fumare. Fa male, sai?”, sentì  ridacchiare davanti a lei, proprio mentre si stava godendo quel suo momento prezioso senza che nessuno la disturbasse.
E ora chi cavolo era?!
Ash alzò lo sguardo, arrabbiata, ma, con sua grande sorpresa, si trovò davanti a lei la figura di Joel che rideva. Lui si sedette accanto a lei e guardò la sua cicca, quasi gliela volesse rubare. Nemmeno i Completi erano capaci di inventarsi nuovi modi per scroccare sigarette!
“Te la scordi. Non do via le mie bimbe così”, rifiutò Ash, tenendo il pacchetto nella tasca posteriore dei pantaloncini della salopette.
“Io fumo più di te, ne ho il diritto”, ribatté il Completo, ridendo come se fosse ovvio.
“Dovresti smetterla di fumare. Fa male, sai?”, ripeté allora lei saccente, come a prenderlo in giro. Lui mise il broncio. “Vattele a comprare”.
“E dai, per una sola sigaretta!”, si lamentò lui, facendo sbuffare la bionda. Così Ash si alzò leggermente e prese ne prese una dalla tasca, passandogliela. La avvicinò alla sua e gliel’accese.
“Sono troppo buona”, commentò ridendo Ash, fumando ancora la sua sigaretta.
“Già… grazie della tua bontà nell’avermi dato una cicca, Sua Altezza”, la prese in giro lui.
“Lo so! Ma lo faccio solo per te, perchè sei il più simpatico della squadra, Joel”, confessò Ash, togliendo la sigaretta delle labbra e voltandosi verso di lui. “Edmund a quest’ora mi avrebbe fatto mille scene su cosa potrebbe farmi il fumo, Zoe credo sarebbe rimasta così impassibile da farmi perfino irritare e Sorrow mi avrebbe detto che facevo bene, almeno se fossi morta lei avrebbe avuto un problema in meno.
“Tu, invece, mi tratti come se fossi normale, come fossi una di voi… in qualsiasi situazione. Ed è per questo che non voglio tornare laggiù, Joel: perché solo tu ti comporti così con me”.
“So che a volte è dura, Ash, ma non puoi evitare il tuo mondo solo perché qualcuno non ti accetta. Anche qui sarà successo, ma non hai mai pensato di andartene, no?”, le chiese Joel, prendendo una boccata.
“Sono solo un mostro…”, commentò lei, senza davvero rispondere ma guardando solo davanti a sé, anche se in realtà non fissava davvero qualcosa in particolare.
“Bè, il mostro è riuscito a far alzare Dean Scott dal suo letto”, la buttò lì Joel, quasi fosse roba da nulla.
“Cosa?!”, urlò la ragazza, tornando a sorridere.
“Era quello che ti volevo dire in realtà”, rispose lui, ridendo e guardandola sistemarsi, agitata. “Ti volevamo portare un attimo a trovarlo. Ti va?”.
“Se mi eviti le solite slogature sarò ben contenta di accettare”, rispose lei, alzandosi in piedi e prendendo lui per mano, per aiutarlo a fare lo stesso.
“Allora ci converrà prendere il solito treno”, convenne lui, facendola sbuffare. Oddio, di nuovo il carro merci no!
 
Quella ragazza la stava facendo davvero innervosire. Dove si era cacciata ora?
“Signora Milicevic, ha bisogno di qualcosa?”, le chiese la segretaria, dopo che ebbe ripreso suo figlio con l’intento di tornarsene a casa, come del resto tutti i genitori che erano già venuti.
Ormai era rimasta la sola in quell’edificio, quindi poteva anche andarsene, però avrebbe prima voluto parlare con Ash. La ragazza, però, era come sparita. Di nuovo.
Ma porca miseria!
“Cercavo Ash Connor… l’ha vista?”, domandò Vicki, guardandosi ancora in giro.
“No, mi dispiace. Credo sia tornata a casa…”, rispose vaga la donna, evitando il suo sguardo. Infatti se ne andò via poco dopo, di fretta, salutando Vicki con la scusa di dover fare delle ultime commissioni prima di chiudere.
Ash era tornata a casa? Casa dove?
Forse, anzi di sicuro, se n’era andata un’altra volta senza che nessuno sapesse dove, così Vicki lasciò perdere e si diresse fuori l’edificio, andando verso la macchina. Intanto Devon, in braccio a lei, guardava il suo albero marcio e il suo volto si coprì di una smorfia triste.
Arrivata all’auto aprì la portiera e mise Devon sul suo passeggino. Lo guardò per un attimo e le parve di vedere gli occhi del bambino diventare umidi.
“Ehy, che hai, piccolo della mamma?”, chiese la ragazza, sorridendo a suo figlio. Lui però continuò a guardare in basso, davvero triste, così Vicki gli diede un bacio sulla testa, tra i capelli scuri, e gli passò uno dei suoi giochi.
“Dai, torniamo da papà”, continuò Vicki, chiudendo la portiera e salendo al posto del guidatore.
Vicki mise in moto e si diresse verso casa Leto, visto che quei due avevano deciso di far rimanere lì Tomo, e quindi invitare anche lei e suo figlio, a mangiare per la serata.
Avevano finito un’altra canzone e quindi dovevano festeggiare.
“Vicki!”, la salutarono tutte e tre, appena parcheggiò davanti alla super villa dei Leto, ben nascosta in una densa vegetazione. Shannon fu il primo ad arrivare davanti a lei, abbracciandola, mentre Tomo le diede un bacio veloce, andando a prendere Devon. Jared arrivò con calma, con la chitarra a tracolla e la matita appoggiata sopra l’orecchio.
“Eri in fase di scrittura?”, chiesi guardandolo tutto indaffarato, mentre Devon giocherellava con suo padre e Shannon cominciava ad avviarsi verso casa.
“Solo io. Shannon stava sistemando, visto che abbiamo già ordinato le pizze, mentre Tomo ti stava aspettando”, mi rispose mentre ci mettemmo a seguire Shannon. “Hai scoperto qualcosa?”.
“Potrei riempire un intero libro su quello che ho scoperto oggi”, cominciò a raccontare, incuriosendo tutti i presenti. Appena entrarono nel Lab si sedettero sul divano, mentre Devon giocava sul tappeto davanti a loro con le bacchette di Shan, e Vicki incominciò a raccontare.
Non ci volle molto, e alla fine erano tutti stupiti, senza saper cosa dire o fare. Come al solito solo Leto Senior seppe sdrammatizzare.
“Jared ora dice: ‘io non ci capirò mai niente’, vero?”, chiese retorico Shannon, imitando suo fratello, che mise il broncio.
“Perché tu sai darmi una spiegazione logica?”, ribatté Jared.
“Sì. Mamma ha ragione: è una maga… e intendo una maga vera”, concluse Shannon, come se fosse una cosa da nulla.
“Ho detto logica, non campata per aria, dai!”, si lamentò Jared.
“Secondo me, invece, Constance ha ragione. Jared… che altre possibilità abbiamo?”, chiese Tomo.
“Cioè… seriamente preferite pensare alla magia, sempre ritenuta inesistente da quando l’umanità intera ha cominciato a far andare il cervello, al posto che trovare ancora una spiegazione razionale?”, domandò in risposta Jared, con un’espressione scioccata. “Davvero?”.
“Cos’altro dovremmo trovare, Jay?”, continuò Shannon. “Secondo me solo Devon sa cosa davvero sta succedendo, ma per ora possiamo solo immaginare che sia magia”.
“Ye. Ma-aa-gic”, qualcuno ridacchiò all’istante.
Oh, merda, cazzo, non ci posso credere, o per l’amore del Signore che tanto ha perdonato, porca miseriaccia!, pensarono tutti e quattro nello stesso arco di tempo.
Era stato Devon…
“Te l’avevo detto che lui lo sapeva”, se ne uscì Shannon, ridacchiando, mentre gli altri non dissero una parola, troppo scioccati.
 
Ok, era ora di finirla con questa storia.
Lui avrebbe scoperto che cosa stava accadendo, e l’avrebbe fatto quel giorno.
Dopo che Devon ebbe finito di dire le sue prime due parole si scatenò il delirio: Shannon fece la sua battuta teatrale, Tomo e Vicki impazzirono di gioia per almeno le seguenti quattro ore, mentre Jared continuò a non credere alle loro teorie, anche se festeggiò per il risultato del bambino.
Ovviamente si era chiesto del perché proprio di quella parola, ma in fondo poteva essere un caso.
Sì, un caso… era tutto troppo strano per essere un caso.
“Buongiorno signor Leto! Deve lasciare qua Devon?”, chiese la donna in segreteria.
No, devo andare in palestra e lui me lo porto dietro per usarlo come peso!, pensò il cantante, scocciato. Oggi non aveva voglia di perbenismi.
“Sì, grazie. C’è Ash?”, disse guardando la donna annuire e indicagli la classe. “Dovrei informarla di alcune cose da parte di Vicki Milicevic… sa, per le foto dei bambini”.
“Oh, ma certamente. Gliela chiamo immediatamente”, sorrise la segretaria, sorpassandolo ed entrando prima di lui nella classe di Ash Connor.
Oh, stavolta non mi scappi, bambolina. La guerra era partita fin dall’inizio ed era ora di giocare la battaglia finale.
“Sei ancora qui?”, lo sorprese Ash dai suoi pensieri, mentre prendeva Devon e lo dava alla donna rossa, per portarlo in classe. Sembrava scocciata di vederlo, o forse aveva solo paura di continuare l’ultima conversazione che avevano avuto.
“E tu non sei mai stata nel Montana, ne nel North Carolina, vero?”, cominciò subito le danze, Jared.
“Non dovevi dirmi qualcosa da parte di Vicki?”, cambiò discorso, sempre impaurita. Quel giorno i suoi capelli erano racchiusi in uno chignon, quindi non riuscì a vedere se erano cambiati di colore, ma ne era abbastanza certo.
“Infatti. Vuole sapere esattamente questo”, andò avanti Jared.
“Sono fatti personali, non credo che te lo debba dire. Men che meno qui”, s’intestardì. Bene, bomba numero uno pronta al lancio.
“Allora anche Devon è un affare personale dei Milicevic, quindi mi hanno detto che era meglio non lasciarlo qui. Men che meno a te”, rispose il cantante in tono di sfida, vedendola sbiancare.
Qualsiasi cosa la tenesse legata a quel bambino, lo necessitava davvero tanto.
“Bene…”, cominciò a confessare, guardando in basso. “No, non ci sono mai stata, Jared”.
“Allora dove vai di solito quando sparisci? Dove sei stata ieri?”, continuò con l’interrogatorio.
“A trovare un mio amico, Jared”, rispose, deglutendo. “Nel paese dove abito”.
“Ovvero?”, la fece andare avanti.
“Senti, ma che ti importa? Non sono affari tuoi dove vado io, ok? Mi vuoi portare via Devon? Fallo! Ma non sono certa che ti ringrazierà”, si arrabbiò, quasi isterica. “Non ti conosco nemmeno, con che pretese vieni da me a farmi queste domande?! Non credo che lo chiederesti a Nat, se Devon fosse affidato a lei”.
“Attorno a Natalie non sembrano accadere cose… inspiegabili”, azzardò Jared.
“Non sei troppo grande a credere nel sovrannaturale, Leto?”, lo chiamò con il cognome. Errore, Connor, bomba numero due pronta al lancio.
“E tu? Tu non sei troppo grande? Oppure per te non vale… visto che ne fai parte!”, abbassò la voce, come se fosse una grande rivelazione.
“Questa è pura follia”,  si provò a difendere, la ragazza.
“Allora come mai i tuoi capelli ora sono completamente verdi, mechati di viola, sul tuo chignon? Prima erano blu!”, notò lui, sapendo di averla in pungo.
“Sono… sono…”, cercò una scusa. “Merda, Jared, sei proprio un rompicoglioni!”.
“Quindi?”, disse lui, ridendo. Oh, yeah, aveva vinto.
“Vieni con me”, lo spinse via.


...
Note dell'Autrice:
Ehehe che avrà Ash da nascondere durante la notte? Cosa ha scoperto Dean? Chi lo sa! ahha
Bè, Vicki e Natalie come al solito cercano di indagare, ma poi arriva Devon e capisce tutto senza fatica (amo quel bambino se non si era capito!) ahhahaah :)
Comunque, Leto Jn. sta arrivando alla conclusione del mistero (sì, per ora). Nel prossimo capitolo finalmente si capirà qualcosina in più, ma essendo una storia di misteri e intrighi, come sempre vi dico che non si saprà mai tutto da un capitolo all'altro :D
Il piano di Vicki ormai credo l'abbiate capito: farle tante domande insieme così da farle dire la verità. Spero che si sia capito :)

Bene, ho detto tutto quindi penso sia ora di augurarvi buon week-end; io me ne vado  a Bergamo a fare un musical, spero vada tutto bene!
Un bacione come sempre a tutti (recensite, se vi va, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!)
Ronnie02
   
 
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