ma dedicare alla protagonista vorrei questa canzone:
Isabella stava ancora sforzando i suoi occhi:
insegnava
loro a vedere qualcosa che non c'era. Il vento le trapassava la sottile
camicia
bianca, le carezzava la schiena, le sussurrava dolci parole
corazzate, le
regalava un languido bacio gelido. Le portava notizie di quel
forestiero che da
qualche mese abitava il suo θυμός solitario, le raccontava dolcemente
di mondi lontani, di mondi che le furon negati. Soffiava, questo vento, e disegnava
il dolce profilo delle colline, accarezzava le chiome degli alberi,
faceva
vibrare le foglie, ondeggiare i campi di grano. La consapevolezza affiorava sul
viso, ma quella volta Crudel Fortuna non avrebbe vinto: un sorriso
amaro le
dipinsero sul volto innocente su cui troppo spesso cascarono gocce di
rugiada
lievemente salate.
Un razzo nel limpido cielo della sua mente la solcò
“Strappa codesta gonna, e
corri corri corri corri e”
Saliva spesso sulla cima. E pensare che erano sempre state
lì, e
lei..semplicemente le ignorò: le bastava la linea
dell’orizzonte e
il dolce cullar delle acque del Sinni, suo unico amico. La prima volta
che ci
salì provò una sensazione terrificante:
fu come se la stringessero in una morsa
soffocante. Ma piano piano risultò simpatica questa morsa,
questo abbraccio. Cominciò
ad apprezzare la voce del silenzio. Si sentì quasi come
un feto nel dolce
ammaliante grembo materno, coccolato e amato. Per la prima volta, fu un
tutt’uno
con qualcosa. E si sentiva bene, immensamente bene. Cresceva sola e non
si
sentiva mai sola. Si fece un’altra amica, imparò
molte cose. Scelse un punto
preciso, si sedette. Era il punto dove moriva il castello.
Tàliò il cielo e
forse più in là. Il castello addormentato non era
mai stato così bello.
Aveva una luce strana negli occhi, e qualcuno la chiamò strega. Ma alla fine la gente che ne sa,
della sua luna in fondo al pozzo, che ne sa.
Ma un giorno scoppiò la voglia di vivere, così
come si scoppia a ridere o a
piangere.
E' stanca.
E' stanca del monte, è stanca di aspettare.
Le ritorna in mente la sua frase “Ritorno a casa
presto”.
Papà, io ti aspetto, sai?
Ma ogni storia ha la
stessa illusione, sua conclusione,
e
il peccato fu creder possibile una storia
impossibile.
Narro
la storia di Isabella Morra, colei che non è come noi, non
lo è mai stata. La
Fortuna non l’ha baciata.