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Autore: __Ihaveadream    06/04/2013    3 recensioni
"Abbiamo fatto delle ricerche, signorina, e abbiamo scoperto che lei è figlia del famoso ispettore Stradford. Vorremmo che lei partecipasse alla ricerca dei ladri del collier. Sappiamo che lei ha un intelletto sopra la media e che è uscita dall'università con il massimo dei voti. Le va bene? Ci aiuterebbe tanto con il suo aiuto."
"S-sì, accetto la proposta, grazie."
***
Una serata di gala per inaugurare la mostra al British Museum dove nel tempo di un minuto una rapina cambierà la storia del mondo e non solo.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque

Un'infanzia perduta.
 

 
L’infanzia di Giulia non è stata semplice.
Era ancora una bimba. Era una calda giornata d’estate e la bambina era a giocare con i suoi giocattoli preferiti: un trenino di legno e una bambolina di pezza.
Era da giorni che non vedeva più papà.
“E’ partito per una “grande missione” tesoro” Le continuava a ripete sua madre Rosanna. La madre di Giulia era una madre affettuosa e comprensiva. Era una gran cuoca, infatti tutti gli amici di famiglia volevano essere invitati per assaggiare le sue specialità. Adorava il giardinaggio, cucinare e leggere. Amava alla follia sua figlia e specialmente suo marito. La sua ancora.
Quel maledetto giorno squillò il telefono.
La madre rispose.
“Pronto?”
“Signorina Stradford?”
“Sono io. Chi è lei?”
“Sono l’ispettore Deroll. Suo marito… Suo marito…”
“Suo marito? E’ successo qualcosa a Ronald?”
“Ecco, suo marito è stato ucciso in un conflitto a fuoco. E’ stato colpito al cuore. Non c’è stato nulla da fare. Ora stanno portando il corpo all’obitorio.”
Mentre la giovane donna sentiva quelle parole si mise la mano davanti alla bocca e scoppiò in lacrime.
“Suo marito è morto da eroe.” Poi l’ispettore riagganciò.
La madre scoppiò a piangere e ad urlare e si rifugiò in cucina. Lontano dagli occhi innocenti di sua figlia.
“Mamma, è successo qualcosa? Perché piangi?” Disse Giulia con la bambola di pezza in mano.
“Io? No Giulia non sto piangendo, mi era entrato un moscerino nell’occhio e mi faceva tanto male.” Disse la giovane vedova. “Ascolta, ti ricordi che papà stava facendo quella “grande missione di cui ti parlavo?”
“Sì, me lo ricordo mammina. Torna a casa oggi papà? Ho tanta voglia di abbracciarlo.” Disse Giulia sorridendo.
Ci furono degli attimi di silenzio. La madre guardò la figlia come per cercare una risposta. Una bugia.
“Ecco, papà è partito per arrestare quelle persone cattive. Molto molto cattive. Non sappiamo neanche quando tornerà.” Disse la madre asciugandosi l’ultima lacrima.
“Ma noi lo possiamo chiamare?”
“No, non possiamo. Papà tornerà presto. Adesso vai a giocare con i tuoi bellissimi giocattoli. Mamma deve fare alcune chiamate al telefono.”
“Vado mammina.” Disse Giulia saltellando fino a camera sua.
“Pronto? Parlo con l’ispettore Deroll?” Disse Rosanna.
“Sì.” Rispose l’ispettore.
“Adesso lei mi spiega come è successo. Com’è morto mio marito?” La madre dicendo quelle ultime parole si mise a bisbigliare per non farsi sentire dalla sua bambina.
“Allora c’è stata una rapina. Proprio nella via dove suo marito stava pedinando i sospettati di un omicidio. Appena vide i ladri prese la sua pistola ed inizio a sparare in aria. Preso dal panico uno dei tre ladri gli sparò. Lui cadde per terra. I soccorsi non servirono a nulla. Un testimone disse che i ladri pronunciarono per puro caso il nome dell’assassino di suo marito: Toshio. Questo quindi fa supporre che la banda di criminali sia una banda composta da orientali.” Disse l’uomo.
“Quando ci sono i funerali?” Disse la donna
“Domani. Domani mattina alle ore 11:00. Nella chiesa di St Bride's.”
“La ringrazio.” Sussurrò la giovane madre gonfia di dolore.
Nel pomeriggio Rosanna Pietra andò all’obitorio per vedere suo marito. Aveva lasciato la sua bambina dal signor Bewolth. Quando Giulia era ancora una bambina il giovane sarto aveva appena aperto il suo negozio di ago e filo. Era molto fiero del suo negozio. Gli affari andavano a gonfie vele. La bambina era estasiata dal colore delle stoffe e dagli innumerevoli brillantini che decoravano i vestiti.
Si mise in un angolino dove prese la sua bambolina, che si era portata con sé, e le parlò del papà che era andato in un posto molto lontano.
Quel giorno stranamente nessun cliente era entrato nelle bottega.
“Giulietta, la tua bambolina ha un brutto vestito. Perché non ne facciamo uno nuovo?” Disse il signor Bewolth sorridendo.
“Sì, Carol ne sarà entusiasta.” Disse la bambina saltando dalla felicità.
“Scegli le pezze e i brillantini. Vedi che vestito da principessa le facciamo.”
Giulia scelse due stoffe: viola e rosa e tre brillantini multicolori.
“Dammi cinque minuti e ti faccio il vestitino.”
“Va bene!”
Nell’attesa la bimba scrutò con attenzione il negozio del suo nuovo amico.
Era un negozio semplice, i muri bianchi, il pavimento rosa coperto di piastrelle, un bancone di legno al centro della stanza e quello che Giulia amava: l’odore delle stoffe che regnava in quel locale.
“Giulia! Ecco ho finito!” Esclamò il giovane sarto.
“Montgomery è bellissimo!” Esclamò la ragazzina entusiasta. “Carol adorerà questo suo nuovo vestitino.”
Dopo aver messo il nuovo completino il signor Bewolth disse “Ecco, ora è una vera e proprio principessa!”
“Ha ragione!” Urlò la bambina guardando la sua bambolina  con quell’elegante abito rosa e fucsia.
Il telefono squillò. Il negoziante rispose.
“Pronto?”
“Montgomery? Ho visto mio marito all’obitorio. Sono svenuta. Ricordo solamente il viso di mio marito sofferente, come che mancasse qualcosa. Un cuore.” Disse la giovane donna piangendo e singhiozzando.
“Sto arrivando a prendere Giulia.” Continuò.
“Quando si terranno i funerali?”
“Domani, nella chiesa di St Bride's. Sto arrivando.”
“Va bene.”
“Giulia vieni a mettere il giubbino che sta arrivando la mamma!” Esclamo il sarto improvvisandosi baby-sitter per un giorno.
“Evviva la mamma!” Urlò Giulia dalla gioia.
Quella notte Giulia sentì a casa sua la mamma piangere fino all’alba.
Il giorno seguente la bambina andò a scuola e la madre al funerale della sua metà. Una messa interminabile. Dolore e disperazione riempirono la chiesa. Dopo il corteo la salma fu seppellita al cimitero. La sua tomba era vicino ad un pino che regnava al centro del campo santo.
Al termine della funzione religiosa parenti, amici e colleghi se ne andarono.
Rosanna rimase lì, ad osservare suo marito. La sua ancora. In quel momento una piacevole brezza raggiunse il viso della donna scavato dalle lacrime. In quei momenti pensò al suo passato con il suo amore: il loro primo bacio, il loro fidanzamento, le risate, le tenerezze, il matrimonio, l’arrivo di Giulia e le vacanze trascorse in famiglia. Pianse.
La donna, dopo essersi asciugate le lacrime andò dal fioraio vicino e prese delle azalee, il fiore che a suo marito piaceva tanto, e le pose sulla tomba.


Dopo aver lasciato suo marito andò a scuola per prendere sua figlia.
“Rosanna appena vedi Giulia che esce da scuola sorridi e fingi di essere felice.” Si ripeté la madre tra sé e sé.
“Mamma!” Esclamò la giovane scolara.
“Ciao Giulia!” Disse la madre facendo un finto sorriso.
Fu così che la vedova tenne all’oscuro sua figlia della morte del padre. Inventando sempre più bugie e scusanti. “Sta facendo il suo lavoro.”  Oppure “Non ti preoccupare, tra qualche giorno tornerà a casa.”
Queste menzogne durarono fino al tredicesimo compleanno di Giulia.
I suoi capelli castani chiari divennero quasi biondi, gli occhi da azzurri divennero verdi. Le lentiggini sparirono.
Dopo pochi giorni del suo tredicesimo compleanno la ragazza chiese a sua madre
“Mamma, papà no è ancora tornato a casa. Mi nascondi qualcosa. Dimmi che cosa.”
“Giulia, ormai sei una ragazza. La notizia che ti sto per dare sarà dura da accettare.”
“Mamma. Dov’è mio padre.”
“Ti ricordi quella volta che eri rimasta quell’intero pomeriggio  nella sartoria del signor Bewolth?”
“Sì, mi fece un bellissimo vestito per la mia bambola.”                                 
“Non ti sei mai chiesta perché tu eri lì?”
“No. Perché?”
“Giulia.” Passarono alcuni istanti di silenzio. Come se il tempo si fosse fermato. “Giulia papà è un angelo adesso.”
La ragazza sgranò gli occhi e si mise la mano davanti alla bocca. Scoppiò in lacrime.
“Papà è morto in un conflitto a fuoco durante una rapina. Il suo assassino si chiama Toshio. Non è mai stato arrestato.” Dicendo queste parole anche la madre si mise a piangere.
“P-perché non me lo hai mai detto?”
“Per ché eri una bambina. Non avresti capito.
”Voglio andare a trovare papà.” Disse la ragazza singhiozzando.
Giunti al cimitero Giulia vide la tomba di suo padre. Semplice come lui. Le azalee emanavano un profumo di freschezza.  Gli uccelli cinguettavano.
“Ecco papà. “ Disse la madre.
“Ciao papà. E’ da molto tempo che non ci vediamo. Ti voglio tanto bene e tu lo sai.” Dicendo così mise affianco un angioletto vicino alla foto del defunto. Quella foto ritraeva Ronald come la giovane se lo ricordava: capelli brizzolati, una piccola fronte, piccole anche le sopracciglia, gli occhi azzurri, un piccolo naso  e piccola anche la bocca rossa. Era un padre attento a tutto, affettuoso, simpatico. Tutti i suoi colleghi lo stimavano e lo rispettavano. Non aveva nemici ma solo amici.
“Papà, ti prometto che verrò a trovarti più spesso da ora in poi. Mamma, possiamo andare a casa?”
“Certo tesoro.”
Col passare degli anni i rapporti con la madre divennero sempre più difficili.

Quando la ragazza divenne maggiorenne lasciò casa sua per trasferirsi in una piccola villa. Vicino a Londra. Da quando si trasferì raramente andò a trovare la madre.

  
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