Promises
Londra
Londra.
Una mattina come tutte le altre.
Il rumore delle gocce di pioggia picchiettare sul vetro delle finestre di casa mia mi svegliò; e mi diede il buongiorno.
Aprii la finestra e un'ondata di aria fredda e gocce d'acqua mi fece venire i brividi costringendomi a chiuderla immediatamente.
Era il terzo giorno di fila che pioveva ininterrottamente, la cosa non mi dispiaceva affatto, adoravo l'odore della piogga appena caduta sull'erba e il rumore che si sentiva quando le gocce toccavano l'asfalto mi rilassava.
L'unica nota negativa era il freddo: non lo sopportavo, amavo stare sotto le coperte del mio letto al caldo, mi dava un senso di pace, tranquillità e sicurezza.In un certo senso li sotto mi sentivo protetta.Fin da bambina ero così, la notte, quando mi svegliavo, se le coperte non mi arrivavano fino al mento non mi sentivo protetta e avevo paura, paura che qualcuno potesse spuntare da sotto il letto e farmi del male.Sì, me ne rendo conto, ero strana.
Mi fermai a fissare il paesaggio di Londra, le luci accese delle case, le persone sulla strada che si dirigevano al lavoro e i ragazzi muniti di zaino che andavano a scuola.
Io, sinceramente, quel giorno di andare a scuola non ne avevo per niente voglia.
Frequentavo l'ultimo anno delle superiori, una volta diventata maggiorenne avrei lasciato una volta per tutte quell'istituto.
Non mi interessava per niente dover fare la maturità, mi bastava solo poter uscire da quel carcere chiamato scuola.
Al mio diciottesimo sarei andata a lavorare al ristorante di mia madre come cameriera, giusto per poter mettere da parte un po' soldi, si sa, fanno sempre comodo.
Il rumore della porta che si apriva mi fece tornare alla realtà costringendomi a farmi girare verso la persona che provocò quella specie di scricchiolio, era mia mamma.
"Mel,è tardi..Non vai a scuola?"
"Sì, ci vado." mentii.
Il mio programma era quello di non entrare, ma restare in giro per le vie di Londra, magari sarei riuscita a convincere Sam a farmi compagnia.
Lei era la mia migliore amica.
Dopo essermi preparata mi misi velocemente la giacca, presi la Freitag e, con le cuffiette dell'ipod nelle orecchie e il cellulare in mano,uscii di casa camminando a ritmo di "play hard" lungo il marciapiede.
Calciai i sassolini che incontrai per strada arrivando fino al parchetto, mi sedetti sulla panchina e inviai un messaggio a Sam, le chiesi se potesse saltare scuola insieme a me quella mattina e mi misi comoda aspettando la risposta, che arrivò dopo poco.
Scrisse che sarebbe arrivata dopo una decina di minuti, era un si.
Mi misi a fissare le persone una ad una, immaginando che stessero andando al lavoro, a scuola, o, semplicemente, che stessero facendo la loro passeggiata mattutina, magari per una boccata di aria fresca, magari per incontrare amici, o magari per staccarsi un attimo da tutti i problemi, riguardanti la famiglia, amori, amicizie, salute...
A distogliermi da tutti i miei pensieri fu l'urlo di Sam provenire dalla stradina ghiaiosa.
La fissai, come poi fecero tutte le persone nei dintorni, perché alle otto del mattino, urlare come una dannata, non è proprio sinonimo di normalità.
Stava correndo verso di me fradicia, per poi rifugiarsi sotto il mio ombrello.
"Ceh,tu non scuoterti più di tanto, la tua migliore amica si sta facendo la doccia sotto la pioggia e rischia una polmonite, niente di grave."si lamentò lei.
"sempre la solita esagerata..se ti fossi portata l'ombrello forse non saresti così bagnata" replicai io, quasi assente, lei abbassò lo sguardo ridacchiando."ce l'avevo...ma una folata di vento me l'ha fatto ribaltare e l'ho buttato".Io accennai una risata guardando la ghiaia.
"Voglia di vivere saltami addosso eh." commentò lei guardandomi.
Io sorrisi e mi alzai."Facciamo un giro in centro?"domandai poi.
"Si,certo,con questa pioggia noi andiamo in giro, così mi bagno ancora di più" si lamentò, di nuovo."Dai,andiamo al bar, così mi asciugo un po' " aggiunse poi e ci dirigemmo verso il bar.
continua...