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Autore: Shh_S_IsReading    07/04/2013    1 recensioni
STORIA INCOMPLETA.
[Post CoLS, possibili spoiler.]
[Clace, Sizzy, Malec.]
~
Aisha Harris sapeva dell'esistenza dei Shadowhunters perchè possedeva la vista, come sua madre.
Quello che non credeva possibile era di esserlo, come Gabriel.
~
[Pubblicato il prologo e il sesto capitolo.]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Aisha Harris non era mai stata una persona molto curiosa.
Insomma, non era una che tartassava di domande la gente per passare il tempo, il periodo dei "perchè?" era finito quando aveva quattro anni, dopo che aveva visto Marco andarsene via lasciando la madre distrutta -e incinta. E aveva smesso d'interrogarsi inutilmente sull'ingiustizia delle cose a dieci, quando Davide -l'unico uomo abbastanza innamorato della madre da sposarsela- era morto in un incidente stradale, lasciando Naomi ancora distrutta -e incinta.
Non sentiva di aver bisogno di tante spiegazioni perchè, come le ripeteva spesso Gabriel, niente è come sembra, soprattutto per una mondata con la Vista. O almeno credeva di essere una mondana, ma, come detto prima, niente è come sembra.
Insomma, arrivata al culmine dei suoi quindici -quasi sedici- anni, le cose se le lasciava passare addosso, e se si presentava una situazione imprevista era l'unica della sua sgangherata famiglia a pensarci con calma e con razionalità, senza rinvagare trascorsi e precedenti.
Purtroppo questa sua filosofia di vita fu messa a dura prova un martedì assolato, quando, di ritorno dalla lezione di violino e una baguette in mano per la cena, aprendo la porta di casa, aveva trovato suo fratello semplicemente steso a terra, i respiri bloccati da una corda e la sorella a carponi sul pavimento, mentre sua madre -l'unica cosa che non era mai cambiata, il suo unico punto fisso- era supina sul tappeto, una mano premuta su un taglio sul petto che sanguinava copiosamente. In quegli istanti -quando era caduta in ginocchio accanto a Brian, undici anni di videogame e fumetti, quando aveva posato sulle gambe la chioma riccioluta di Stella, piccola principessa di cinque anni, l'unica con gli occhi verdi di Naomi; quando aveva sostituito la mano di sua madre con la propria, vedendo scorrere quel sangue come se fosse il proprio- l'unica cosa che riusciva a pensare non era nè razionale, nè calmo ed erano soprattutto domande.
Miriadi di domande -come? Perchè? Quando? Chi?- perchè non si può accettare e lasciarsi passare addosso l'allontanamento o la morte di qualcuno a cui avevi affidato una parte del tuo futuro e presente e con cui condividevi il passato, e non si può restare a gurdare morire chi ti ha donato la vita.
«Aisha... Stai bane? Pic-cola, n-non c'è temp- tempo, sto... Sto morendo... Mi-mi dis-dispiace c-così ta-tanto, a-avrei do-dovuto di-dirtelo su-subito, mi di-dispiace a-amore, mi dis-dispiace...» Naomi stava singhiozzando, lacrime che si mischiavano al sangue, stringendo spasodicamente la mano della figlia posata sul suo petto.
«Chiamo la polizia, l'ambulanza, io... Mamma, andarà tutto bene, starai bene, ma-mamma?» La voce ridotta ad un sussurro isterico, era diventata una domanda -l'ennesima- vedendo la madre fare un cenno di diniego con la testa.
«No-non ho tempo per spie-spiegarti, Aisha, fi-fidati d-di me. Nel ter-terzo cas-cassetto, nel m-mio armadio, c'è u-una scatola, prendila e to-torna qui, ve-veloce... N-non c'è più tempo...»
Scattando in piedi e correndo verso la camera da letto, Aisha ricordò con una stretta dolorosa al petto il periodo successivo all'allontanamento di Marco, quando la madre puliva la casa dei Di Angelo, e delle sue corse sotto il sole o la pioggia con Gabriel.
"Gabriel, cosa faresti tu?"
Senza nemmeno accorgersene si ritrovò di nuovo in ginocchio accanto alla madre, una mano sul taglio e una che reggeva una semplice scatola di scarpe.
«A-aprila. De-dentro c'è una carta di credito, de-devi partire, d-devi andare a, a New York, da-da Magnus, Ma-Magnus Bane, lu-lui ti dirà tutto que-quello che sa.» Il respiro di sua madre era diventato affannoso, le mani che cercavano convulsamente un appiglio per tirarsi su.
«Sta giu, mamma, andrà tutto bene... Ma-Magnus Bane, dici? Lo troverò, non preoccuparti, andrà tutto bene» Aisha sentiva le gote umide di lacrime che non volevano smettere di scendere.
«Non andrà t-tutto be-bene, è sta-stato lui, c-credo sia su-suo figlio, a-amore de-devi stare at-attenta, lu-lui è pe-pericoloso.»
«Cosa stai dicendo? Chi?! Chi è il figlio, di chi?»
Sua madre chiuse gli occhi nello sforzo di tirarsi su, appoggiandosi alle gambe del tavolino al centro del salotto, accanto al tappeto,e prese una biro dalla scatola riversa sul pavimento, una mano dal pallore inquietante poggiata sulla ferita. «Figlio di tuo padre.» La voce tremolante di Naomi si riempì di fermezza e mentre parlava avvicinò la biro al petto della figlia, che la riconobbe con un sussulto. 'È uno stilo.'
Accettò quel bruciore sotto la clavicola sinistra, assimilandolo e rendendolo parte di sè come le parole di sua madre.
«T-tuo padre aveva un bam-bambino con sè, quando mi in-incontrò, se ne andò pri-prima di sapere di te, e io sca-scappai. L-lui era un Shadowhun-hunter, come Gabriel, come Luca Di Angelo, ho pen-pensato che sarebbe stato me-meglio per te crederlo mo-morto, ma l-lui è venuto qua a ce-cercarti, lu-lui ti vuole e i-io ho il do-dovere di pro-proteggerti» Aisha sfiorò la runa sul suo petto, nera come la notte, splendeva sulla sua pelle olivastra.
«Ma-Magnus Bane è l'u-unico che sa, lui... Ti terrà a-al sicuro, ti dirà que-quello che sa.»
I respiri sempre più corti, i tremori più convulsi, le lacrime più cocenti, Aisha si accorse che sua madre stava per andarsene, per morire, e lei sarebbe rimasta da sola. «M-mi dispiace, de-devi andare, o-ora, ne-nella sca-scatola c'è u-una lettera, dalla a- a Magnus, no-non guar-guardarti indietro A-Aisha, va-vattene» pianse Naomi, gli occhi verdi più accesi che mai, spirò un ultimo «ti voglio bene» e morì, gli occhi ancora fissi sulla figura di sua figlia.
Quando tre ore dopo si ritrovò ad aspettare il primo volo per New York all'aereoporto di Milano-Malpensa, seduta su una somoda sedia di plastica, vicino ad un borsone e alla custodia del suo violino, Aisha ricordò con un doloroso distacco -come se non fosse stata lei- quando aveva chiuso gli occhi della madre e l'aveva trasportata accanto a Brian e a Stella, quando era entrata nella sua stanza e buttatto a casaccio vestiti nel borsone e quando era rimasta a piangere sulla soglia della cucina osservando il sangue della madre rappreso sulle sue mani.
Quando aveva chiuso la porta di casa, sapeva che niente sarebbe stato come prima.
Nella sua testa non c'erano più domande, c'era solo rabbia e desiderio di giustizia, una giustizia che si sarebbe fatta da sola.
E senza rendersene neppure conto, si era ritrovata ad infilarsi dietro la porta di un bel palazzo, il panorama dei grattacieli e lo scorbutico tassista solo un ricordo, cercando di ignorare le fitte di angoscia che le attanagliavano le viscere, scorrendo lo sguardo sui campanelli in cerca di 'Magnus Bane'.

Le sarebbe sembrato di non possedere un corpo se non avesse sentito il the caldo scottarle la lingua, calore confortante tra le mani.
Magnus non aveva detto una parola, dopo averle indicato un divano retrò dove accomodarsi, l'aveva ascoltata vomitare fuori tutto quello che era successo, fingendo di ignorare le lacrime che asciugava frettolosamente, e dopo era sparito in un'altra stanza - la cucina, l'aveva capito successivamente, quando era ricomparso con una tazza che le aveva ficcato in mano.
Ora si limitava ad osservarla sorseggiare la bevanda calda, mantre lei sentiva la tensione lasciarle le spalle e i muscoli.
«Non dovevi dirmi qualcosa, tu?» ad Aisha richiese molto coraggio buttare fuori quella domanda, sapeva che quel silenzio era una protezione, una sottile diga che la divideva da verità nascoste e promesse mai mantenute, non era sicura di riuscire a stare in piedi, quando queste l'avrebbero travolta. «Insomma... Come hai conosciuto mia madre? Quando?» la voce incrinata dall'incertezza, Aisha aveva appena deciso di affrontare qualunque cosa le si sarebbe posta davanti.
«Quando...? Vediamo... Aveva... Nove anni, su per giu, figlia meticcia in un paese in continua crescita, credevano fosse pazza, perchè diceva di vedere cose che nessun'altro vedeva, credo... Credo che mi abbia impietosito un po', quando mi aveva bloccato per strada per chiedermi perchè avessi gli occhi così belli» un sorriso divertito increspò le labbra di Magnus, lo sguardo perso nei ricordi; Aisha provò a immaginare la madre da bambina, gli occhi verdi sgranati mentre additava cose invisibili, e si sentì il cuore pesante.
'Quella bambina non c'è più, e nemmeno la donna che è diventata.'
«Le dissi che era una bambina speciale, che riusciva a vedere cose che altri non potevano e di stare attenta, di non dirlo a nessuno. Non la vidi per anni, dopo me la ritrovai davanti in Italia, non ricordavo nemmeno chi fosse...» s'interuppe alzando la testa di scatto, fissando i suoi occhi da gatto in quelli scuri di Aisha.
«Mi trascinò quasi di peso nella stanzetta che aveva affittato all'epoca, non sapeva se poteva fidarsi ma ero l'unico viso familiare per lei e sapeva per certo che ero informato delle vicende dei Shadowhunters, perchè si era cacciata in un bel guaio con uno di quelli.
Mi disse di aver incontrato un uomo, non mi ha mai detto il nome, al cimitero dove stava visitando i suoi genitori, che le aveva chiesto se era possibile trovare alloggio per lui e per suo figlio da quelle parti, lei gli aveva proposto di prendere una stanza a casa sua. Se ne invaghì e dopo alcuni mesi scoprì di essere incinta, avrebbe voluto dirglielo però... Lesse una lettera che stava scrivendo a qualcuno, diceva che aveva trovato un alloggio, un corpo di una donna per "lei", che forse con questo "regalo" gli avrebbe dato il Suo aiuto... Sapeva che era un Cacciatore, sapeva che era in fuga, non sapeva da cosa, nè perchè. Decise di andarsene, di proteggersi, solo per salvaguardare la vita che teneva in grembo.
Non so perchè decise proprio l'Italia e non so nemmeno come mi trovò, so che quel giorno mi fece giurare di proteggerla finchè non fossi nata, e di aiutarla a cercare chi poteva eseguire il Rituale della Nascita il più segretamente possibile e mi fece anche giurare che se fosse successo qualcosa, mi sarei preso cura di te e ti avrei detto ciò che sei realmente.» Taque e il suo sguardo si posò sulla busta appoggiata sul tavolo e l'aprì con un sorriso, come se sapesse già cosa l'aspettava.
Conteneva un semplice foglio piegato, al centro era stata scritta in blu la stessa frase ripetuta sia in inglese che in italiano, vergate nella grafia spiccia di Naomi.

Hai promesso.



















Angolo Autrice
Eccolo qua, il primo capitolo! Sono riuscita ad attacarlo.alla fine <3
Nel prossimo entrano in scena quattro persone che conosciamo mooolto bene, che ve ne pare per l'intanto? :3
Grazie a the worst toilet in Scotland per aver inserito la storia tra le seguite ed a Alyx per averla inserito tra le preferite ed aver recensito (che non ce n'era bisogno Ali, me l'avevi già detto che ne pensavi ahahah <3)

Al prossimo capitolo!

S.
  
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