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Autore: Alexandra e Mac    07/04/2013    6 recensioni
Chi è realmente Lady Sarah? E perché ha abbandonato l'unico uomo che le aveva fatto conoscere l'amore?
Come procede la storia tra Harm e Mac?
Per chi ha seguito con passione Giochi del Destino regaliamo (da brave STREGHE - o BEFANE!!!) il seguito della storia...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Clayton Webb, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo XI

Rivelazioni



 

 

 

Castello della famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra

Metà aprile 1858 

 

La cerimonia, celebrata poche ore prima nella piccola abbazia di Beaulieu, era stata breve e con pochissimi invitati. Data la rapidità con cui Lord Thornton aveva voluto fissare la data, non c’era neppure stato il tempo di radunare più persone, ma a lei non importava.

L’unica cosa che la lasciava perplessa era la fretta che le aveva imposto Nicholas, il quale non aveva neppure voluto attendere l’arrivo dei suoi familiari; a dirla tutta non era neppure certa che li avesse avvertiti dell’imminente matrimonio.

Gli unici presenti da parte dello sposo erano lo zio, Sua Grazia il Duca di Lyndham, ed Everly, il di lui maggiordomo. Ma del resto, anche da parte della sposa la lista si esauriva rapidamente: pochi domestici affezionati, una vecchia amica della sua povera madre con la famiglia e Lord e Lady Chapman, in rappresentanza di sua Maestà la Regina Vittoria.

Dopo la celebrazione, era seguito un piccolo rinfresco al castello.

Non era stato il matrimonio che sognava da bambina, con una cerimonia semplice, attorniata da familiari e pochi amici intimi, ma accompagnata da una grande festa cui avrebbe partecipato tutto il paese. Ad ogni modo in quelle circostanze non lo avrebbe neanche voluto.

Nicholas le aveva assicurato che, non appena la faccenda con Hewitt si fosse conclusa, l’avrebbe accompagnata a conoscere i suoi genitori e lì avrebbero festeggiato in maniera ufficiale il loro matrimonio.

Ad essere sincera, non ci teneva affatto. Ora che era diventata Lady Thornton, futura duchessa di Lyndham, riusciva a provare solo tanta tristezza e un’incredibile voglia di fuggire lontano.

Si sentiva in trappola.

Non era colpa di Nicholas. Lui si era sempre comportato in maniera ineccepibile, con gentilezza e pazienza, tanto da esserne addirittura sorpresa.

Era lei che si sentiva come svuotata dentro.

Non riusciva a smettere di pensare ad André e il suo ricordo la tormentava giorno e notte; si malediceva in continuazione per la propria stupidità e per aver deciso di fuggire da lui. Così facendo si era condannata ad una vita infelice accanto ad un uomo che non avrebbe mai potuto amare.

Anche se Nicholas risvegliava in lei una passionalità e un desiderio sopiti da tempo, tuttavia non sarebbe mai riuscito a smuovere il macigno che gravava sul suo cuore, soprattutto perché si era resa conto d’averlo sposato solo per solitudine e per riuscire ad ottenere giustizia per suo padre, quella giustizia che tanto a lungo aveva inseguito.

Ironia della sorte, alla fine di tutta quella storia, era stata lei stessa a vendersi per ottenere qualcosa ed ora poteva solo disprezzarsi per questo.

Suo marito, e in questo doveva rendergli merito, sembrava aver capito perfettamente il suo stato d’animo e le aveva promesso che avrebbe atteso con pazienza finché non fosse stata pronta ad amarlo.

Mentre Lynnette, la sua cameriera personale, la stava aiutando a togliersi l’abito nuziale e prepararsi per la notte, Lady Sarah pensava con apprensione che, molto probabilmente, quel momento non sarebbe mai giunto.

Cos’avrebbe dovuto fare, in quel caso?

Continuare a privare Lord Thornton di sua moglie, oppure concedersi a lui senza amore? Del resto lo aveva già fatto, in poche altre occasioni. Ma la situazione era diversa: allora non era sposata, non aveva pronunciato dei voti… Concedersi a suo marito continuando ad amare un altro le sembrava un tradimento e, per quanto non amasse Nicholas, tuttavia stava imparando a rispettarlo e non le sembrava giusto privarlo della felicità che una vera moglie innamorata avrebbe saputo dargli.

Inoltre, se si fosse concessa a lui senza amore, avrebbe provato almeno la metà delle meravigliose sensazioni che solo con André aveva vissuto? O sarebbe, come sempre, subentrato il disgusto per un atto compiuto senza sentimento?

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e congedò rapidamente Lynnette, affinché non la vedesse piangere.

Suo marito, in quel preciso istante, stava sistemando le proprie cose in una delle camere degli ospiti; si erano accordati che avrebbero trascorso la settimana a Beaulieu, prima di tornare a Londra, ospiti del duca di Lyndham finché non fossero riusciti a portare a termine il piano per incastrare Hewitt. Il matrimonio a Beaulieu era stato una necessità, per evitare che Hewitt ne venisse a conoscenza e sospettasse l’inganno. Ma era anche stato l’unico regalo di nozze che lei aveva richiesto: temeva ancora di non riuscire a riscattare il nome della sua famiglia e voleva rivedere di nuovo, forse per l’ultima volta, i luoghi della sua infanzia, prima che il castello le fosse sottratto per sempre.

Pensò a Nicholas e a come le aveva fatto capire di tenere a lei, a quanto la desiderasse… Forse se si fosse abbandonata tra le sue braccia, assecondando il desiderio e la passione che lui sapeva risvegliarle, non sarebbe stata un’esperienza tanto brutta. E forse, così facendo, sarebbe riuscita ad affezionarsi all’uomo col quale aveva deciso di dividere la propria vita.

In fondo suo marito non meritava che lei lo umiliasse a tal punto.

Si asciugò le lacrime e decise di raggiungerlo in salotto, dove aveva detto che l’avrebbe attesa per augurarle la buona notte. Indossò una vestaglia da camera, raffinata ma tutt’altro che seducente, sopra una camicia da notte di pizzo italiano. E mentre scendeva le scale si disse che forse valeva la pena di scoprire meglio l’uomo che aveva sposato.

 

 

 

 




Appartamento del Capitano Harmon Rabb
Hyde Park, Londra

Metà aprile 2005

La telefonata con il Segretario era stata burrascosa. Harm aveva tentato di fare comprendere al superiore che le indagini non potevano essere sospese o inventate solo per far piacere alla stampa.

Gli inglesi avevano mentito, si doveva giungere a scoprire il perché di tutto quel castello di menzogne.

Tuttavia non c’era stato verso di convincerlo e aveva dovuto eseguire l’ordine comunicandolo anche a Mac, la quale, com’era prevedibile, s’era infuriata accusandolo delle peggiori cose, dalla codardia al servilismo nei confronti dei suoi superiori.

Entrò in casa sbattendo la porta e gettò nervosamente la borsa a terra.

Sentiva Belinda che si affaccendava in cucina ma volutamente la ignorò, preferendo andare in camera, cambiarsi e buttarsi sotto una doccia per cercare di scordarsi quella giornata nera. In tutti i sensi.

Non sopportava di litigare con Mac a quella maniera. Gli faceva venire i bruciori di stomaco.

Uscì dalla doccia più arrabbiato che mai, ma non ce l’aveva con l’amica, quanto piuttosto con se stesso per non essere stato in grado di tenere testa al SecNav. Che stesse davvero perdendo lo smalto di una volta?

Andò in cucina e salutò Belinda con un bacio frettoloso, dirigendosi immediatamente dopo nel salotto e stravaccatosi sul divano accese la televisione, sintonizzandosi su un programma sportivo.

Belinda rimase stupita da quell’insolito atteggiamento da parte di Harmon. Non gli era consono arrivare a casa, sbattere la porta e quasi non degnarla di uno sguardo. Di solito quando rientrava dopo una giornata lavorativa, anche se era stanco o in pensiero per qualche motivo, la prima cosa che faceva era andare a salutarla con affetto e qualche volta… arrossì al pensiero.

Invece, da un po’ di giorni a quella parte, lui la stava ignorando e quando lei gli domandava cosa c’era che non andasse rispondeva evasivo di non preoccuparsi, che tutto era ok, e che si trattava solo di preoccupazioni di passaggio.

Non capiva più con chi aveva a che fare. Quell’Harmon non era l’uomo di cui si era innamorata. Quell’Harmon era chiuso, parlava solo per enigmi, non si confidava più con lei.

Abbandonò la frittata sul fuoco e lo raggiunse in salotto.

Si sedette sul divano accanto a lui e gli prese il telecomando dalle mani spegnendo il televisore.

“Mi vuoi dire cosa ti tormenta Harmon?” domandò.

Lui non replicò. Odiava sentirsi chiamare con il nome per esteso, neanche Trish lo faceva più.

“Non c’è nulla che non va, Linda” cercò di rassicurarla. “Ho solo delle grosse grane sul lavoro.”

“Perché non me ne parli? Lo fai sempre. Dici che la mia opinione ti aiuta a vedere le cose in maniera obiettiva.”

Già perché non gliene parlo?, si chiese Harm.

Belinda lo guardava, in attesa di una risposta, ma a lui non andava di dirle alcunché. Lei non avrebbe compreso la complessità di quello che aveva dovuto affrontare quella mattina al telefono con Sheffield. Anche Mac, a dire il vero, non l’aveva compreso, ma lei almeno lo conosceva davvero e dentro di sé sapeva che avrebbe fatto in modo di conoscere la verità.

Se avesse raccontato a Belinda della telefonata di quella mattina, molto probabilmente, anzi certamente, lei gli avrebbe risposto con un “Hai fatto il tuo dovere Harmon. Cos’hai da rimproverarti?”.

Come farle capire che lui non era quello che lei vedeva? Come farle comprendere che non era affatto giusto nei confronti di quei soldati americani rinchiusi in prigione con l’accusa di omicidio lasciare che tutto s’insabbiasse?

Si rinchiuse in un silenzio, tipico dei suoi che Sarah così ben conosceva e interpretava, ma che Belinda non comprese.

Recuperò il telecomando dalle pieghe del divano e riaccese la TV senza dire una parola.

Non sapendo cosa fare e come comportarsi, Belinda si alzò e tornò in cucina prima che la frittata bruciasse del tutto.

Si sentiva confusa, messa da parte. Non riconosceva più l’uomo solare, aperto e brioso che aveva conosciuto qualche mese prima e che l’aveva affascinata con i racconti delle sue imprese passate da pilota in quell’essere taciturno che non le diceva più nulla e che la sera si girava dall’altra parte del letto dopo averle borbottato un distratto “buona notte”.

 

 

 

Castello della famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra

Metà aprile 1858

 

Era arrivata in fondo alla scala quando sentì delle voci provenire dal salotto. Credeva di trovare suo marito solo, e invece…
Vide il maggiordomo giungere proprio da quella direzione e lo fermò.

“Albert, chi c’è con Lord Thornton?”

“Un signore da Londra, Milady. Doveva portare un’importante notizia a Milord.”

Sorpresa da quel fatto, congedò Albert e fece per tornarsene in camera, evitando di disturbare Nicholas, ma udì proprio la voce di suo marito:

“Quindi il mio piano ha funzionato!”.

“Certamente, Nick. E quel bastardo di Cedric Hewitt da oggi è in carcere, come speravi.”

“Fantastico, Tommy!”

“E così, Nick, sei finalmente riuscito nella tua vendetta!”

Che cosa stavano dicendo? Hewitt in carcere? Vendetta?
All’improvviso ricordò la prima conversazione avuta con Nicholas a proposito di Hewitt: lui aveva detto che Cedric aveva fatto del male ad una persona cui teneva moltissimo.

Ma... Come poteva essere già in carcere se non avevano ancora attuato il piano?
A meno che…

Si soffermò per un attimo a riflettere e quando comprese che per portare a termine il piano di Nicholas di fingersi uno sprovveduto allevatore di cavalli non occorreva affatto che lei lo aiutasse, come lei stessa aveva osservato la prima volta che lui le aveva sottoposto l’idea, diede anche un senso a tutto quanto, a ciò che aveva appena sentito e alle nozze celebrate in tutta fretta, e sentì la rabbia crescerle dentro.

In tutto quel tempo in cui le aveva fatto credere di avere un piano per aiutarla, lui aveva già messo in atto tutto quanto.

Non poteva essere altrimenti. Probabilmente erano mesi che ci stava lavorando… Eppure le aveva lasciato credere che avrebbe agito solo se lei lo avesse sposato.

Ed ecco spiegato anche il perché della cerimonia tanto affrettata: non voleva correre il rischio che Hewitt fosse arrestato prima che lei lo sposasse, altrimenti sapeva bene che non avrebbe mai acconsentito al matrimonio.

Maledetto! L’aveva costretta a sposarlo con l’inganno.

Furiosa con lui e con se stessa per essersi lasciata abbindolare tanto ingenuamente, attese finché suo marito non uscì dal salotto per accompagnare personalmente l’ospite alla porta; quindi entrò nella stanza, ad aspettare il suo ritorno.

Pochi istanti dopo Nicholas comparve e, nel vederla, l’occhio sano gli si illuminò.

“Mia cara”, disse avvicinandosi per baciarle una guancia. Ma, scorgendo l’ira nei suoi occhi, si fermò a metà strada.

“Che cosa vi succede, Sarah?”

“Avete avuto ospiti…” disse lei, con noncuranza.

“Sì, un amico da Londra, che è venuto a congratularsi per le nozze. Lo avevo invitato, ma si trovava a Southampton per affari… è passato a salutarmi prima di rientrare a Londra.  Vi manda i suoi migliori auguri…”

“Bugiardo!” lo interruppe lei.

“Scusate… come dite?” chiese sorpreso lui.

“Ho detto che siete un bugiardo”, replicò serafica.

“Che cosa state insinuando, Milady?” domandò lui, la voce improvvisamente più fredda.

“Non sto insinuando nulla. Vi sto dicendo che state mentendo.”

“Milady, voi sapete quanto io vi ami... Ma vi consiglio di non approfittarvi troppo dei miei sentimenti e della mia dedizione per voi… potreste pentirvene” la mise in guardia, con voce dura.

Per un attimo la sua affermazione la stupì e le smosse qualcosa dentro: lui l’amava?
E quando mai gliel’aveva detto? O anche soltanto fatto capire?

L’unica cosa che le aveva lasciato ad intendere era quanto la desiderasse… Per un attimo ripensò al momento in cui l’aveva stretta tra le braccia dopo averla salvata da Taylor, ma scacciò rapidamente il pensiero, assunse un’aria dura e beffarda e domandò:

“E ditemi, Milord: è perché mi amate tanto che avete deciso di costringermi a sposarvi con l’inganno?”

“A cosa vi riferite?”

Lo sguardo dell’occhio privo di benda non vacillò neppure per un secondo. Quell’uomo era davvero un essere privo di qualunque morale.

“Al vostro piano. E alla cattura di Hewitt. Ditemi: da quanto tempo ci stavate lavorando?”

“Quasi sette mesi” rispose lui, con una calma e una semplicità che la fecero andare su tutte le furie.

“E perché, allora, mi avete detto che se non avessi acconsentito a sposarvi non mi avreste aiutato?” chiese lei, alzando di un tono la voce.

“Non ho mai detto questo” disse lui.

“Ma avevate perfettamente capito che io credevo che il nostro accordo fosse in questi termini. Perché avete lasciato che continuassi a pensarla così, anche quando sapevate benissimo che le cose stavano diversamente?”

“Perché se aveste saputo come stavano davvero le cose, non mi avreste mai sposato” rispose lui, imperturbabile.

“Ci potete giurare!” gli urlò lei in faccia. “Siete un bastardo, anche voi come tutti gli uomini che ho conosciuto!” continuò piena di rabbia, chiedendo mentalmente perdono ad André, l’unico che non avrebbe mai incluso nella lista. Ma non era il momento di sottilizzare.

Poi, non paga, aggiunse, senza dargli neppure il tempo di replicare, ma del resto egli la stava ascoltando serafico, non dicendo assolutamente nulla per difendersi o per obiettare:

 “E’ sicuro che se avessi saputo che Hewitt era sul punto di essere arrestato, non vi avrei mai e poi mai sposato! Io non ho mai avuto intenzione di sposarmi…”.

A quest’ultima  affermazione, suo marito la sorprese:

“Oh… Ma io non intendevo affatto questo, quando vi ho detto che non mi avreste sposato se solo aveste saputo”.

 “E che cosa intendevate, allora?” domandò lei, per un attimo spiazzata dalle sue parole.

“Dovevate trovare un motivo per convincere voi stessa. L’unica ragione che non vi avrebbe fatto fuggire da me.”

“State insinuando che io desideravo sposarvi, ma che non lo avrei mai ammesso, e soprattutto non lo avrei mai fatto se non mi fossi sentita costretta?”

“Precisamente.”

“Voi siete pazzo. Pazzo e presuntuoso. Per desiderare di sposarvi, come minimo avrei dovuto provare qualcosa per voi…”

“Voi già mi desiderate, Milady”, la interruppe lui.

“Non  è affatto vero!”

“Chi è che sta mentendo, ora?” domandò lui, sollevando impercettibilmente il labbro, nell’accenno di un sorriso. “Ho capito che mi desiderate da come avete risposto al mio bacio quando vi ho salvato da quel farabutto. Avrei potuto conquistare il vostro cuore come e quando avessi voluto…”

“Ma non avete neppure tentato. Avete preferito mentirmi, e sposarmi con l’inganno.”

“Io non vi ho mai mentito, Milady. Siete stata voi ad aver tratto certe conclusioni.”

“Sottigliezze, Milord. Voi sapevate come la pensavo. Lo avevate capito benissimo.”

“Certo. Ma ditemi, Lady Sarah: davvero avreste permesso al vostro cuore di innamorarsi di me? Davvero avreste permesso che vi corteggiassi, al punto da farvi innamorare, se vi avessi detto come stavano davvero le cose?”

“No. Certo che no. Ma solo perché non mi piacete, Milord. Non mi piacete e non mi siete mai piaciuto” disse sprezzante. Poi aggiunse: “E non è affatto vero che vi desidero”.

“Voi dite?” la stuzzicò, avvicinandosi lentamente a lei con una luce provocante nello sguardo.

Dannazione a lui! Ma perché, in certi momenti, quando si divertiva a giocare con lei, le ricordava così tanto André?

Arretrò di un passo, ma lui fu più svelto e l’afferrò per un braccio.

“State scappando…” sottolineò divertito.

“Non sto scappando” ribatté lei, indomita.

“Non fuggire da me, Sarah…” mormorò lui, con la voce improvvisamente più roca.

La sua mano le arrivò dolcemente alla nuca, avvicinandole il volto per baciarla.

Lei riuscì solo a pensare per un breve attimo che avrebbe voluto respingerlo. Ma, non appena si posarono sulle sue, le labbra di suo marito la stregarono. Il suo sapore risvegliò in lei ricordi lontani, mentre la barba le solleticava piacevolmente la pelle.

Fu incapace di resistere. Rispose al bacio come se si trovasse tra le braccia di André, abbandonandosi  completamente al suo ardore e passandogli le mani tra i capelli.

Lui mormorò di piacere e la strinse a sé con più impeto; poi, rapido, sciolse il nodo alla cintura e le abbassò la vestaglia sulle spalle, lasciandola coperta soltanto dalla camicia da notte. Quindi, con mani affamate di lei, fece scivolare anche il leggero tessuto in pizzo color avorio e le accarezzò sensualmente la pelle, mentre la sua bocca non le dava tregua.

Lei rabbrividì a quelle carezze, a quelle mani che le smuovevano l’inconscio, facendole riaffiorare ricordi dolci, ma al tempo stesso troppo dolorosi.

Furono quei ricordi a trafiggerle il cuore e a farle provare ribrezzo per quanto stava per permettergli. Aveva avuto la risposta che soltanto poco prima cercava: se si fosse abbandonata al desiderio che provava per Nicholas Thornton, certamente lui le avrebbe fatto provare sensazioni molto simili a quelle che aveva vissuto con André. E, probabilmente, alla lunga, avrebbe finito per innamorarsi di lui.

Ma Lord Thornton, come uomo, non valeva neanche la metà di André D’Harmòn!

Non appena lui abbandonò le sue labbra per baciarle la curva delle spalle, disse fredda:

“Lasciatemi.”.

“No… No, Sarah…”

Per un attimo il suo sussurro le sembrò dolce e disperato, e per poco non fu tentata di lasciarlo continuare. Oramai era certa che far l’amore con lui sarebbe stata un’esperienza appassionante e coinvolgente.

Ma ogni volta che quell’uomo la toccava, risvegliava in lei il ricordo di André.

E ogni volta quel ricordo la devastava.

Soprattutto ora che, con Hewitt finalmente nelle mani della giustizia, avrebbe potuto lasciarsi i problemi della sua famiglia alle spalle e tentare di ritrovarlo, per supplicare il suo perdono. Invece proprio in quel momento si trovava intrappolata in un matrimonio che non avrebbe mai voluto se non si fosse sentita tanto sola, disperata e profondamente determinata a riscattare l’onore dei Montagu, non fosse altro che per dare un senso all’aver rinunciato per sempre all’amore.

Sentì la rabbia montarle dentro più forte di prima: la rabbia contro se stessa e la sua stupidità e contro quell’uomo che voleva farla sua e privarla anche dei meravigliosi e unici ricordi che ancora la legavano ad Andrè D’Harmòn.

Si divincolò con forza e, quando lui tentò di afferrarla di nuovo, gli rifilò un ceffone e gli urlò in faccia tutto il suo disprezzo:

“Non mi avrete mai! L’unico modo per avermi, sarà prendermi con la forza”.

Lo vide impallidire e irrigidirsi per contenere la rabbia.

“Non ho mai dovuto usare violenza ad una donna per averla.”

“Allora dovrete accontentarvi di una moglie solo di nome, perché io non sarò mai vostra. Voi mi disgustate, Lord Thornton. Esattamente come mi hanno sempre disgustata tutti gli uomini cui ho concesso il mio corpo…”

“Vi disgustava concedere le vostre grazie anche all’uomo di cui vi dite ancora innamorata?” chiese lui.

“Non vi permetto di parlare di lui, né dei sentimenti che nutro per lui…”

“Parliamo allora degli altri uomini a cui vi siete concessa…”

“E’ accaduto solo poche volte e solo per ottenere qualcosa in cambio.”

“Grazie a me otterrete comunque la restituzione dei vostri beni e del titolo per vostro fratello” le ricordò lui, sarcastico, “perché non dovreste concedere anche a me le vostre grazie?”

“Ma voi, per avermi, mi avete ingannato. Mi avete privata della mia libertà. Eppure questo avrei anche potuto accettarlo, se non mi aveste mentito. L’avrei accettato e sarei stata per voi una vera moglie, anche se il mio cuore non vi sarebbe mai appartenuto…”

“Siete una cortigiana, e della peggior specie” disse lui, sprezzante.

“Pensate pure di me quello che volete, Milord. Non m’interessa. C’è un’unica persona di cui m’importava l’opinione e quella persona non siete voi.”

“E così ritenete che il matrimonio sia una prigione…”

“Il matrimonio con voi di certo.”

“E che mi dite dell’uomo misterioso di cui siete innamorata? Mi diceste che anche lui vi aveva chiesto in sposa. Come mai, se lo amate tanto, siete fuggita da lui e dalla sua proposta?” chiese lui, crudele.

Prima che potesse rispondere, aggiunse, facendola impallidire:

“Lasciate che vi dica io il perché: Lady Sarah Jane Montagu, voi avete paura dell’amore. E avete il terrore di fidarvi di qualunque uomo, compresi quelli realmente innamorati di voi. Inoltre vi ritenete responsabile del suicidio di vostro padre. Ecco perché siete fuggita dall’uomo che dite di amare e che, a quanto raccontate, vi amava alla follia. Privandovi dell’amore continuate a punirvi per quella che ritenete essere la vostra colpa. E per lo stesso motivo vi siete sempre impedita di abbandonarvi a quello che provate per me. Ora avete deciso di disprezzarmi, di odiarmi e di resistermi, e in questo modo potete considerarmi come tutti gli uomini della vostra vita, a partire da vostro padre: uomini immeritevoli del vostro amore e della vostra fiducia. Il vostro innamorato misterioso resta l’icona di perfezione, perché siete stata voi ad abbandonarlo… non gli avete neppure concesso il tempo di essere un semplice essere umano, con errori e difetti, e pertanto deludervi…”

Lei rimase immobile e in silenzio, mentre le lacrime cominciavano a rigarle il volto.

Non lo aveva mai sentito parlare tanto a lungo.
Come aveva fatto quell’uomo a capire così tanto di lei?
Com’era possibile che fosse riuscito a mettere a nudo così completamente il suo animo, pur conoscendola da poco tempo?

Sembrava essere parte dei suoi pensieri...

Quante volte si era detta che se non fosse stato per lei suo padre non si sarebbe suicidato? Quante volte aveva disprezzato gli uomini perché li riteneva tutti volere un’unica cosa?

Dopo averlo abbandonato sulla Medea, quanto spesso si era domandata cos’avesse di speciale André François D’Harmòn per averla fatta innamorare? E quante volte si era detta, pur di convincersi che stava facendo la cosa giusta a lasciarlo, che se lo avesse sposato, prima o poi anch’egli l’avrebbe delusa?

Dentro se stessa sapeva bene che ciò non sarebbe mai successo. E se anche fosse accaduto, l’amore che provava per lui avrebbe mitigato il tutto, come accadeva sempre tra ogni uomo e ogni donna innamorati.

Del resto André l’aveva amata, pur sapendo che si era concessa ad alcuni uomini solo per convenienza. Lui aveva saputo accettarla e amarla per quello che era realmente, passando sopra persino a comportamenti di cui lei stessa non andava fiera. Eppure lei era fuggita comunque.

E ora l’uomo che aveva sposato, l’uomo che le aveva mentito, le stava dicendo in faccia tutto quanto…

E aveva maledettamente ragione.

Nicholas la vide piangere e quell’immagine gli straziò il cuore: perché mai il destino l’aveva fatto innamorare proprio di quella donna?

Avrebbe potuto avere chiunque, eppure non voleva altri che lei.

Tentò di avvicinarsi e prenderla tra le braccia. Non sopportava di vederla tanto vulnerabile, lei sempre così fiera e forte. Si odiava per averle detto tutte quelle cose, anche se erano la verità.

“Perdonatemi… Perdonatemi, Sarah…” le disse dolcemente, cercando di abbracciarla. Voleva stringerla a sé, farla piangere tra le sue braccia, confortarla e poi amarla con tutto se stesso, fino a farle dimenticare tutte le cose orribili che si erano detti.

Ma lei fuggì prima ancora che riuscisse a toccarla. Corse alla porta e, prima di uscire sbattendola dietro di sé, gli urlò tra le lacrime:

“Vi odio!”.

 

  
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