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Autore: Glenda    28/10/2007    2 recensioni
Lethia Ballard fa l'investigatrice virtuale e viene ingaggiata da una potente corporazione per un incarico delicato: trovare e intrappolare uno scissista, ovvero un pericoloso hacker dotato di poteri esp, che riesce a vagare nella rete scindendo la propria mente dal corpo. Ma l'incontro con Kevin Lockport è diverso da come lo immaginava e l'uomo le rivela qualcosa di completamente inaspettato...Dove porteranno le indagini di Lethia? E cosa c'entra in questa faccenda di inganni e potere l'ingenuo ragazzo biondo uscito da un lungo coma, che fa l'antiquario in una bottega che pare fuori dal mondo e dal tempo? Giallo cyberpunk con elementi sovrannaturali. VERSIONE RIVISTA E CORRETTA DELLA FAN FICTION POSTATA LA PRIMA VOLTA NEL 2007.
Genere: Science-fiction, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 9

 

“Dewy. E' proprio un bel nome. E tu hai capelli così morbidi e biondi che mi fanno pensare a Sen. Diceva sempre di desiderare un figlio con i riccioli biondi...come quelli di un angelo...”

La donna fece un sospiro e fissò il ragazzo negli occhi

“Forse tu sei un angelo...un angelo mandato da loro...”

“No...un angelo, non lo sono. Ma se mi trovo qui, forse è perché un angelo mi ha concesso una seconda vita...”

“Una seconda vita?”

“Si. Una seconda vita...”

 

Lethia uscì dall'officina Hollis, e si avviò alla macchina, ma la portiera si aprì dall'interno: uno sconosciuto stava seduto al suo posto di guida. Comprese subito chi lo mandava.

“Pensavo di avere la fiducia del signor Adrianov...” esordì.

L'uomo la guardò impassibile.

“Certo che ce l'ha. Ma i suoi rapporti non facevano mezione della sue visite a questa casa”

“Perché non ce n'era motivo” si difese “ho un amico, qui. Qualcosa in contrario?”

“Proprio niente, signorina Ballard. Ma per precauzione mi è stato chiesto di fare un sopralluogo...”

Uscì compostamente dalla vettura, e, con un sorriso di circostanza, prese Lethia sottobraccio, conducendola indietro sui suoi passi, verso l'abitazione.

Questa non ci voleva – pensò la ragazza, in preda ad una crescente ansia.

Non voglio che coinvolgono Dewy. Non lui.

Vedranno l'indirizzo. Lo cercheranno. Scopriranno tutto e...

Mise un piede sul gradino, e strinse il braccio del suo accompagnatore.

Poi, tutto avvenne in un istante.

Ruotò sul busto e vibrò un calcio tra le gambe dell'uomo.

Gridò.

“SCAPPI, ABRAHM! SCAPPI!!!”

Uno sparo.

Lethia gemette: si piegò su se stessa e guardò atterrita il sangue sgorgare dal palmo della mano, trapassato da un proiettile.

“Credevi di essere più veloce di me, puttana?”

Le balzò addosso e la colpì al ventre. Lethia si dibattè, reagendo con tutta la sua forza, ma l'avversario era molto più forte di lei, la costrinse bocconi e le immobilizzò le braccia dietro la schiena.

“Ed ora vieni con me, stronza!” ordinò, costringendola ad alzarsi e strattonandola fino alla porta.

Con altri due colpi di pistola, fece saltare la serratura: l'ingresso era vuoto, e la finestra sul retro spalancata.

“Ti ha fottuto, bastardo...” sibilò Lethia tra i denti, mordendosi le labbra per il dolore.

 

“Mia figlia Sen è sempre stata un passo più avanti degli altri. Lo era alla scuola elementare, lo è stata alla scuola media...così fino all'università. A vent'anni era già una delle programmatrici più contese dalle maggiori corporazioni del paese. Accettò un incarico presso una grande azienda, La Omega society, un'agenzia di telecomunicazioni che le offrì un contratto da lasciare strabiliati. Si trasferì in città, e lì conobbe Kevin. Non volle dirmi come lo aveva incontrato, non mi disse quasi nulla di lui: ma lo portò in casa quasi subito, presentandolo come il suo fidanzato. Io ero perplessa, mia figlia era sempre stata una ragazza posata, razionale: non la credevo capace di innamorarsi così, in pochi giorni, di uno sconosciuto. Ma mi sbagliavo: quando quei due erano insieme, era come se l'aria attorno a loro vibrasse! Kevin non era un ragazzo qualsiasi: lui aveva qualcosa di speciale, qualcosa di solo suo. E, di qualunque cosa si trattasse, aveva rapito mia figlia...e anche me. Volevano sposarsi, e forse lo avrebbero fatto subito se la Omega non avesse chiesto a Sen di lavorare al progetto che ci ha rovinati. Non ho mai saputo in che consistesse: con me, lei non volle mai parlare. Solo Kevin lo sapeva. Ci vollero pochi mesi perché il lavoro la rapisse completamente: passava notti e giorni presso la ditta, veniva a trovarmi solo di rado, e ogni volta era più fosca in viso. Quando l'ospedale mi chiamò, per dirmi dell'incidente, non la vedevo da mesi. Era morta – mi dissero – sbandando con la sua auto, mentre correva sulla sopraelevata imbottita di stupefacenti. Non me la sono mai bevuta. Sen non era il tipo di donna che si rifugia nella droga; lei era forte, determinata, tenace: chi la conosceva davvero, non poteva credere a quella sporca bugia. E Kevin, infatti, non ci ha creduto. Disse che era stata la ditta ad ucciderla e che lui lo avrebbe dimostrato. Gli chiesi cosa pensasse di fare, lui solo, contro una grande corporazione. E fu allora che seppi ciò che mia figlia non aveva mai osato dirmi: Kevin era uno scissista. Uno scissista non riconosciuto, che si serviva delle sue capacità per sabotare i traffici delle grandi corporazioni. Mia figlia lo aveva scoperto, ed era stato così che lo aveva conosciuto. Ma se ne era innamorata, e non aveva detto niente. Non solo. Era stato il suo potere a permettere a Sen di realizzare il progetto per la Omega Society, e quel progetto, adesso, era nelle sue mani. Mi disse che Sen, all'ultimo momento, si era tirata indietro, che aveva deciso di non consegnare il suo lavoro all'azienda, e che per questa ragione era stata tolta di mezzo. Ma lui li avrebbe incastrati: sarebbe entrato nel loro sistema e avrebbe trovato le prove. Dal giorno della morte di Sen, Kevin venne da me quasi ogni settimana. Stavamo seduti qui, a questo tavolo, come noi adesso, e pranzavamo insieme. Poi, un giorno, non è più venuto. So che non devo aspettarmi di vederlo attraversare quella porta. So che è è stato ucciso. Ma mi ha mandato te...”

Le mani di Dewy tremavano, stringendo nervosamente l'orlo della tovaglia.

I suoi occhi sembravano ancora più grandi e più azzurri.

Loro...appaiono nei miei sogni. Signora Ebbs...io...che devo fare?”

 

“Maledizione...MALEDIZIONE!”

Abrham aveva il petto in subbuglio. Era corso a nascondersi nella cantina di un vecchio fabbricato, e il cellulare non prendeva bene. Finalmente sentì il segnale di libero, e poco dopo la voce di Dewy, graffiata dai brusii come se parlasse da anni luce di distanza.

“Sono uscito a fare un giro. Sto tornando” lo prevenne il ragazzo, temendo un rimprovero.

“NO!” ruppe Abhram dall'altro lato della cornetta “NON DEVI tornare! E se ti trovi nel luogo che penso, vattene di lì immediatamente!!!”

Dewy sbattè le ciglia, e rimase zitto.

“L'indirizzo inciso sul comodino...” proseguì lui “Sei stato lì, non è vero?”

“Ma come...”

“Risopondi: sei lì, Dewy?”

L'ansia dello zio cominciava a mettergli agitazione.

“S-sono appena uscito...stavo andando...alla stazione”

“Sentimi bene, figliolo” fece allora Abhram, cercando di mantenere la calma “Non salire sul treno per Seaside Corner. Non devi prendere alcun mezzo di trasporto diretto qui. Prendi il primo treno per Dovenport e fatti trovare sotto l'hotel Flower. ti raggiungo lì”

L'agitazione era diventata spavanto.

“Cos'è successo? Papà, ti prego, dimmi qualcosa!”

“FAI COME TI DICO” impose lui, drastico “E non usare il telefono per chiamarmi. Non so ancora con chi abbiamo a che fare”

Detto questo, attaccò.

“Ehi...? Zio Abrham? Ehi!!!” Dewy claciò un sasso in mezzo alla stranda “Accidenti! ACCIDENTI!”

Tornò indietro, e suonò con foga il campanello.

“Signora Ebbs!” gridò da sotto la finestra “Deve venire con me, subito!”

 

Quando Dewy raggiunse l'hotel Flower, era il tramonto. Abrham lo aspettava già da un po', e gli corse incontro abbracciandolo con sollievo.

“Per la miseria, piccolo! Mi devi delle spiegazioni!”

Poi spostò lo sguardo sulla donna che era arrivata col nipote.

“E lei chi è?” domando, rivolto a entrambi.

“Sono Dolly Ebbs” si presentò, con un sorriso mesto “La donna che questo ragazzo gentile è venuto a strappare alla sua disperazione...”

Abrahm si strinse nelle spalle: s'aspettava una risposta un po' più esplicativa, viste le circostanze: ma non era il caso – per quanto insospettabile fosse quella cittadina fuori mano – restare ancora lì sulla porta a fare conversazione.

“Bah! Andiamo di sopra a chiarire le stranezze, signori. Ho un bel po' di cose da chiedervi...”

Dewy annuì, sollevando la grossa borsa di Dolly.

“Anche io ne ho un bel po'...” fece eco.

Dovenport non si poteva neppure definire un paese: era, piuttosto, una gigantesca stazione ferroviaria in mezzo al niente. Lì, vi era uno dei principali raccordi tra le linee sotterranee e quelle di superficie: prima della costruzione della metro, in quell'area brulla e triste vi erano solo deserto e una discarica a cielo aperto non troppo lontana. La metropolitana aveva fatto la fortuna di qualche astuto investitore che aveva deciso di erigere lì un albergo, un negozio, un self service: tutto sorgeva a poche centinaia di metri attorno ai binari...altrove tornava il nulla assoluto.

Il signor Hollis aveva un amico in uno di quegli Hotel, ed aveva ottenuto una camera senza bisogno di registrare i propri dati alla reception: questo – aveva pensato – avrebbe dovuto metterli al sicuro per un po'.

La signora Ebbs si tolse il buffo cappellino a tre quarti e la mantella fuori moda, Abrham le scostò una sedia e la invitò ad accomodarsi; Dewy, invece, si lasciò cadere sul letto con la testa che gli faceva un male d'inferno.

“Da chi stiamo scappando?” domandò.

“Ah, beh...questo volevo chiederlo a te! Prima la tua amica, quella bella signorina mora, è venuta a casa nostra e mi ha minacciato con una pistola, poi, ad un tratto, ha cominciato a dire che dovevo chiamarti subito perché voleva parlarti! Se n'è scappata via in fretta e furia e poco dopo l'ho sentita gridarmi di fuggire. Volevo uscire a vedere che succedeva, ma ho sentito uno sparo e così sono scappato dalla porta sul retro...”

“Lethia?” sbarrò gli occhi Dewy “Che diavolo c'entra, lei?”

“Anche questo speravo di saperlo da te...Ha comincito a vaneggiare dicendo che eri complice di un...un coso...uno scissore...”

“Uno scissista” intervenne Dolly Ebbs

“Ecco, proprio così!”

Dewy si morse le nocche delle dita.

“Kevin Lockport...” sussurrò

“Lockport!” confermò lo zio “E' proprio il nome che ha fatto lei. Lo conosci, Dewy?”

Il ragazzo ignorò la domanda.

“E Lethia dov'è...?”

“Non ne ho idea: sono corso a nascondermi e ad avvertire te”

Dewy si alzò di scatto.

“Dobbiamo trovarla...!”

Abrham lo bloccò per un braccio al volo.

“Ehi, che ti salta in testa, giovanotto?” sbottò, afferrandolo per le spalle e rispingendolo a sedere “Prima vedi di spiegarmi che succede, e poi, forse, potrai dirmi cosa dobbiamo o non dobbiamo fare...”

“No...” fece lui, meccanicamente, sfocando lo sguardo oltre la spalla dello zio “Io devo trovarla ora!”

Chiuse gli occhi, e si accasciò sul letto.

“Dewy, che fai? Non scherzare!” si allarmò il signor Hollis, e lo afferrò per un polso, cercando di tirarlo su. Ma il ragazzo non ebbe reazioni: rimase esanime, completamente abbandonato.

“DEWY!” gridò Abrham, in preda al panico.

“Non abbia paura: è così che funziona...”

Il signor Hollis si voltò: Dolly Ebbs era in piedi dietro di lui.

“ Ho visto Kevin farlo molte volte. Si chiama fase di separazione. Non può svegliarlo finché la sua mente non torna qui. In questo momento, lui non è tra noi”

 

  
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