Il crepuscolo.
Per me il momento più bello della giornata.
Il sole che tramonta, le luci che si accendono. La
tranquillità.
Quella che di certo non mi aspettava a casa.
Non volevo ritornare.
Aperta la porta mi avrebbero aspettato solo altre urla, altri strilli,
altre percosse.
Come ogni sera.
Camminavo sotto i
lampioni accesi, lungo una strada poco trafficata. Ogni tanto qualche
macchina
passava sferragliando lungo la strada.
Sentivo la seta leggera
della
mia veste
strusciarmi contro le caviglie.
Non avevo guadagnato
abbastanza soldi qual giorno.
Rabbrividii pensando a
quello che mi
sarebbe
spettato a casa. I graffi sulla mia pelle bruciavano ancora.
Non sapevo dove
stessi andando, i miei piedi andavano da soli.
Una vecchia Morris mi
passò
rumorosamente accanto, scompigliandomi il vestito leggero che indossavo.
Pian piano il
rumore intorno a me si fece via via più fievole. Quando
ormai i rumori della
città mi sembravano solo un sussurro lontano mi accorsi che
i miei piedi
avevano imboccato un vicolo buio.
Era piccolo e sudicio,
come tanti
altri in
città. Un brivido, non so se di freddo o di paura, mi
percorse la schiena
mentre mi guardavo sperdutamente intorno.
Semplice: mi ero persa.
Provai a
tornare
indietro ma mi sembrava di essere entrata in un labirinto; un labirinto
di
strade, vicoli e porte.
Come avevo fatto ad
arrivare laggiù?
Il panico iniziava
ad affiorare.
Alle mie spalle sentii
un fruscio.
Mi voltai di
scatto
ma nn vidi assolutamente nulla, solo la strada che si scuriva sempre di
più con
il sopraggiungere della notte. Ripresi a camminare sempre
più nervosa.
“Ehi
bellezza...”
Mi bloccai di
colpo, congelata dalla paura. Mi voltai lentamente, mentre il familiare
odore
dell’alcool mi invadeva le narici.
Un omaccione stava in
piedi davanti a me con
un ghigno stampato in faccia.
Rabbrividii di nuovo,
questa volta, ne
ero certa,
non era per il freddo.
Cercai di correre
via ma le mie gambe non rispondevano.
Avrei voluto urlare ma
dalla mia
gola non
usciva un fiato.
Ero pietrificata.
L’uomo senza
smettere di ghignare mi prese per un braccio torcendomelo dietro la
schiena,
stringendomi in una morsa dolorosa.
“Adesso noi
due ci
andiamo a divertire, vero, bellezza?” mi alitò
addosso e il puzzo di alcool mi
avvolse completamente, stordendomi.
Avevo paura.
Una
paura folle.
I miei occhi iniziarono
a lacrimare per il dolore.
Mi
aveva
immobilizzata. Anche potendo non avrei potuto muovere un passo.
Poi
successero
molte cose contemporaneamente.
Udii un ringhio, cupo,
minaccioso.
L’uomo che mi
reggeva urlò “Ehi, ma cosa...?”
Non ebbe il tempo di terminare la frase. Un urlo
di dolore irruppe dalla sua bocca, mentre io cadevo a terra, spinta con
forza.
Alzai lo sguardo
verso l’alto e quello che vidi mi lasciò senza
fiato.
Un ragazzo teneva fermo
l’uomo che mi aveva aggredito e lo mordeva, al
collo.
Il
sangue scendeva
copioso dalla ferita procurata dai denti aguzzi del mio
salvatore.
La
mia testa
era incapace di formulare un solo pensiero coerente ma una parola era
chiara
nella mia mente:
“Vampiri...
“
sussurrai inconsciamente.
Ero spaventata ma,
non so come, sapevo di essere al sicuro adesso.
Il panico andava
affievolendosi
sostituito da uno strano calore, mai provato prima.
Il fatto di essere
in
presenza di una creatura leggendaria non mi premeva minimamente.
D’un tratto
il
vampiro lasciò cadere l’uomo a terra.
Evidentemente non aveva più sangue da
versare.
La sua pelle bianca
riluceva nel buio del vicolo, ma la luce ormai completamente assente mi
impedì
di vedere i suoi lineamenti.
Riuscii a vedere solo
il colore dei suoi
capelli:
bronzei e scompigliati.
Guardai il mio
strano salvatore.
Avrebbe morso anche
me?
Sinceramente non me ne
importava
granché.
Per un istante il
mio sguardo incontro il suo. I suoi occhi erano rossi, come il sangue
che aveva
appena bevuto.
Involontariamente
rabbrividii.
Un refolo di vento
mi scompiglio i capelli, chiusi gli occhi per un secondo, ma quando li
riaprii
lui era sparito.
Mi alzai in
piedi
barcollando e mi guardai intorno, ma di lui nessuna traccia.
Era
svanito nella
notte.