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Autore: BBecks    09/04/2013    7 recensioni
Emma e Perrie.
Due persone con una vita completamente differente. L'unica cosa che le unisce è l'aspetto esteriore - si somigliano come due goccie d'acqua - e il fatto di trovarsi entrambe a Londra, nello stesso giorno, alla stessa ora.
Quel ritrovo casuale, cambierà la vità ad entrambe.
Dal capitolo uno:
[...]
Non finii la frase, poiché davanti a me trovai una ragazza, poco più alta di me, con lunghi capelli di una strana tonalità di viola e vestita in modo eccentrico. Non appena ci guardammo in faccia, lanciammo un urlo simultaneamente.
Mi trovavo faccia a faccia con una ragazza identica a me.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Perrie Edwards, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Irish coffee.
 
Non poteva essere vero.
Doveva essere solamente uno strano sogno. Uno di quelli che ti sembrano reali finché non ti dai un pizzicotto e ti svegli, sorridendo e dandoti della stupida per aver creduto che fosse la realtà.
A quel punto, mi dovevo solamente svegliare.
Chiusi un attimo gli occhi e mi detti un pizzicotto sul braccio destro, che non servì proprio a nulla. Quando riaprii gli occhi, la figura femminile era ancora davanti a me, che mi guardava con lo stesso stupore con cui la guardavo io.
Nei miei pensieri vagavo domande riguardarti la ragazza che avevo davanti, che scrutavo con attenzione maniacale. Portava i capelli sciolti, in morbidi boccoli colorati, e in testa aveva una coroncina di fiori bianchi. Un rossetto bordeaux esaltava le labbra carnose. Dopo qualche secondo notai che anche lei mi stava osservando curiosa e stupita, senza proferire parola.
Rimanemmo a guardarci per un periodo di tempo che sembrava interminabile.
«Mm, credo che questo non sia il bagno.» Dichiarò lei, guardando per un attimo al di sopra delle mie spalle, per poi posare di nuovo gli occhi su di me.
Aveva un accento marcato tipico del nord Inghilterra, constatai.
Dovevo pronunciare qualche parola, mi dissi. «Be’, se vuoi ti faccio strada io verso il bagno. Lavoro qui.» Le dissi cercando - in vano - di mantenere un tono di voce professionale e distaccato; quella faccenda però era troppo surreale.
La ragazza davanti a me arricciò il naso. «No senti, il realtà avevo solamente bisogno di evadere per un attimo dalla ressa che si è creata la fuori. Credo non mi abituerò mai a tutto questo...» Ammise più a sé stessa che a me.
Qualcosa mi diceva che quella ragazza aveva bisogno di una paura caffè. Un caffè irlandese, magari.
«Senti...» iniziai a dire, cercando di non mostrarmi troppo invadente. «Io ho finito il mio turno adesso, e se ti va possiamo andare a berci un caffè, nella caffetteria del negozio. Di solito è semideserta.»
Sicuramente mi avrebbe preso per una ragazza strana. O peggio. Alzai mentalmente le spalle. Oramai la situazione era già strana. Difficile renderla ancora più strana di così.
Diversamente da ogni mia previsione, la ragazza mi sorrise grata e annuì. Quando si aprì in un sorriso grato notai il leggero accavallamento di un incisivo centrale sull’altro, che rendeva il suo sorriso molto particolare e gradevole.
«Un caffè è proprio ciò di cui ho bisogno.» Rispose.
Presi la mia borsa e il cappotto, poi le feci strada verso la piccola caffetteria, passando per una porta secondaria posta in magazzino. Sperai di non incontrare Aaron, e così fu.
Come previsto, quando arrivammo alla caffetteria era semivuota. Vi erano solamente un paio di clienti che sorseggiavano il tè e ascoltavano la musica rilassante che proveniva da una vecchia radio posta sul bancone.
Ordinammo un caffè normale per la ragazza, e un caffè irlandese per me (sentivo il bisogno di rifocillarmi con un po’ di alcool, aggiunto alla caffeina). Dopo aver preso le ordinazioni, le feci strada verso un piccolo tavolino di legno, dove ero solita sedere io durante le pause.
Mentre - in religioso silenzio - sorseggiavamo i nostri caffè, le lanciavo qualche occhiata indagatrice, corrugando leggermente la fronte. Mi somigliava davvero molto. Dopo l’ennesima occhiata, incontrai i suoi occhi azzurri, così uguali ai miei.
«È tutto così surreale.» Disse lei, come se mi avesse letto nel pensiero. «Cioè, ho davanti a me la mia copia perfetta. Non avevo mai visto una mia sosia. Comunque, piacere, io sono Perrie. Perrie Edwards.» Si presentò, porgendomi la mano.
Perrie Edwards. Riflettei su quel nome e in un secondo mi vennero in mente le ragazze sulla metropolitana di quella mattina, due ragazzi che qualche giorno  prima mi avevano fermato per chiedermi l’autografo, convinti che fossi la famosa ragazza appena uscita da X Factor UK.
Quel giorno era stato divertente perché avevo fatto finta di essere lei, facendo quegli autografi.
O ancora, ricordavo il giorno in cui un paio di ragazzine mi avevano urlato. «Salutami Kelly Rowland.»
«E chi cazzo è Kelly Rowland?» Avevo sbraitato di rimando, infastidita. In quel periodo non sapevo che era stata proprio questa Kelly Rowland a seguire l’audizione di Perrie. Non dimenticherò mai i loro sguardi stupiti, quasi spaventati.
Certo, non ero stata molto educata, né tantomeno fine, ma sinceramente non me ne importava un granché.
«Perrie Edwards, X Factor, Kelly Rowland, Little Mix...» Mormorai, dimenticandomi di stringere la mano della ragazza, che era rimasta a mezz’aria. «Oh, perdonami.» Dissi poi, ricambiando il saluto, sorridente.
«E così, conosci anche tu le Little Mix.» Disse lei, in tono neutro. «A proposito, non mi hai ancora detto come ti chiami.»
«Emma, Emma Davis. Niente a che vedere con il tuo curriculum. Non sono una cantante, non sono famosa. Sono una semplice studentessa che lavora in questo negozio di cd. Vedi, anche il mio nome lo conferma. Comune e scontato.»
Perrie bevve una lunga sorsata di caffè, poi sospirò. «In realtà, pagherei per essere normale.» Ammise. «Non che questa vita mi piaccia, anzi... cantare è ciò che ho sempre desiderato fare, solo che...»
«A volte vorresti tornare alla vita che conducevi prima di X Factor, staccare da tutto e da tutti. Anche solo per un mese.» Terminai la frase per lei. «Non sai invece quanto mi piacerebbe essere qualcun altro, fare una vita completamente differente da quella che sono abituata a fare. Anche solo per un mese, appunto.»
Era la prima volta che confessavo tutto questo, o che lo dicevo ad alta voce.
Perrie mi guardò per qualche secondo, sorridendo sorniona. «E così, noi ci assomigliamo molto, non trovi?»
Corrucciai la fronte, guardandola stranita. «Certamente. Solo che io non ho il tuo gusto nel vestire. Sono molto più sciatta e meno curata. Non so se hai notato...»
«Oh, ma a quello si può rimediare.» Le sentii dire. Sbaglio o stava tramando qualcosa?
«E non ho il tuo colore di capelli. I miei sono di un biondo spento. Guardali. I suoi al confronto sono fantastici.» Aggiunsi, prendendomi una ciocca di capelli e guardandola contrariata. Oltre al colore, i nostri capelli si differenziavano per la lunghezza. I miei arrivavano di poco sopra le spalle, ed erano ricci.
«Be’, anche a quello si può rimediare. E poi i tuoi capelli sono fantasticamente ricci.»
Dopo aver bevuto l’ultimo sorso di caffè, continuò a guardarmi e sorridere. Sembrava volesse chiedermi qualcosa. «Sputa il rospo.» Le dissi, facendole capire perfettamente che avevo inteso qualcosa.
«Non lo so,forse ti sembrerò l’ennesima folle. Stavo pensando ad una cosa... Da quanto ho capito ti piacerebbe provare ad essere qualcun altro, per un po’. Be’, a me piacerebbe tornare ad essere Perald, la ragazza normale. Vorrei fare un lavoro normale, legato comunque al campo della musica... e lavorare in un negozio di cd sarebbe perfetto. Lo so, è folle...»
«È follemente geniale!» Esclamai, esaltata. «Se fosse per me inizierei da subito la vita da celebrità. Solo che non mi sembra di poterti offrire di meglio. Guardami, sono una commessa, abito in un piccolo appartamentino che divido assieme ad una ragazza che non c’è quasi mai. Ho appena completato gli esami. Non ho un granché da offrirti.»
«Io penso sia la vita perfetta. Un mese. Per un mese io sarò Emma Davis, la commessa barra studentessa, e tu sarai Perrie Edwards, la cantante famosa. Cosa sarà mai un mese?» Le sue parole erano convincenti, e in altre occasioni avrei accettato senza riguardi. Solo che in quel momento c'era qualcosa che mi bloccava. Avevo come l’impressione che sarebbe potuto andare tutto storto. «Ti insegnerò tutto ciò che c’è da sapere. E per qualunque cosa ci terremo in contatto.»
Credevo di aver finalmente trovato l’amica perfetta. Un concentrato di simpatia, e un pizzico di follia. Perché quello che voleva fare era davvero folle.
Folle, ma maledettamente interessante.
Mentre assieme ci dirigevamo verso il bancone per pagare, Perrie continuava a lanciarmi sguardi di preghiera. Dopo aver pagato per tutte e due, tornammo a sederci al tavolo, continuando a fantasticare su ciò che avremmo potuto fare, ognuna nella vita dell’altra.
«Ho proprio bisogno di sentirmi di nuovo una ragazza normale, Emma. Una qualunque, che lavora in un negozio normale, circondata da persone normali, e fare cose normali. Tutto qui.» Ammise la ragazza.
Poi mi lanciò un altro sguardo supplichevole.
Forse era stata l’euforia derivata dall’aver bevuto quel caffè con aggiunta di alcool, fatto sta che dopo una lunga occhiata al panorama londinese, mi girai verso Perrie, sorridendo e annuendo convinta. «Sarà un mese fantastico, ne sono sicura.»
In fondo, cosa mai poteva succedere in un mese, mi chiedevo. Erano solamente trenta giorni. Trenta giorni di puro divertimento e svago. Avrei vissuto come una ragazza famosa, tra lussi, viaggi e divertimento.
  
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