“Levami le mani di dosso!” strillò Grace, dimenandosi. Dopo essersi
liberata dalla stretta di Noel Deaver,
andò a sbattere contro il muro e qualche lacrima sgorgò dai suoi occhi,
facendola rabbrividire dal dolore.
“Grace…” mormorò lui, mentre lasciava ricadere
il braccio lungo il fianco, guardandola sbigottito.
“Grace!” intervenne Elizabeth, raggiungendola velocemente. “Cos’è
successo?” domandò, allarmata, spostando alternativamente lo sguardo dall’uno
all’altra.
“Io… volevo parlarle, ma…”
“Mi ha messo le mani addosso!” squittì Grace, acida, massaggiandosi
la spalla che aveva urtato contro la parete.
“No, volevo fermarti! Non ho nessuna intenzione di farti del male!”
“E io dovrei crederti, eh? Dopo quello che mi hai fatto? Tu non sai
cos’ho passato io, non sai quanto ho avuto…” Grace
singhiozzò, involontariamente. “Paura…” aggiunse, per
poi prendersi la testa tra le mani. “E poi, la mia amica mi dice che…”
“Grace, cosa stai dicendo?!” Elizabeth si inalberò, temendo ciò che
l’altra ragazza potesse aver intenzione di dire.
“Mi dice che… che viene da te, accidenti,
da te!”
“Io capisco, capisco che tu mi odi, che io ti abbia fatto del male… non ci sono giustificazioni, ne sono consapevole. Ho
perso la mia dignità e ho perso uno dei più cari amici che ho. È tutta colpa
mia, come darti torto? Però…”
“Però, cosa, Noel? Cosa? Io non ce la
faccio più, non riesco a starti a sentire, mi fa male pensare che tu stavi per…”
Elizabeth emise un rantolo. “Grace” mormorò, facendo qualche passo
avanti.
“Lizzie” rispose lei, tirando su col
naso, mentre cercava di scrutare nella penombra del corridoio.
“Mi dispiace, perdonami. Non ti voglio perdere. Ho sbagliato tutto,
in questo periodo. Al concerto… al concerto non sono
venuta, perché…”
“Era con me” disse Noel, a testa bassa. “Mi
è rimasta accanto, non so come avrei fatto senza di lei.”
Grace spalancò la bocca, sbalordita. “Tu…
eri con… lui?” balbettò.
“Sì, ero con lui.”
Noel, d’improvviso, attirò a sé
Elizabeth e la strinse in un abbraccio. “È tutta colpa mia se voi avete litigato”
ammise, rivolgendosi a Grace. “Se non puoi perdonare me, almeno perdona lei. Ti
vuole bene, non ha fatto altro che parlare di te, di quanto le dispiacesse non
averti accompagnato al concerto. Devi credermi.”
Elizabeth, commossa, ricambiò l’abbraccio del ragazzo che amava con
tutta se stessa e annuì, in silenzio.
“Devo riflettere, ho bisogno di stare sola.”
Elizabeth, premurosa, lasciò andare Noel
e si precipitò dalla sua amica, dicendo: “Ti accompagno, non voglio rischiare
che ti faccia del male.”
Grace si lasciò guidare verso la porta d’ingresso, senza proferire
parola e senza rispondere al saluto del padrone di casa. Una volta che si
ritrovò alla luce del sole, si voltò a guardare Elizabeth e le domandò: “Ancora
una volta ti chiedo, perché lui?”
L’altra ragazza, non sapendo esattamente cosa rispondere, abbandonò
le braccia lungo i fianchi e sorrise, in imbarazzo. “Cosa vuoi che ti dica? Lo
amo, non posso farci niente. Non ho deciso io di provare questi sentimenti per
lui.”
“Lizzie…” Grace balzò in avanti e, di
slancio, la prese tra le braccia, scoppiando a piangere.
L’altra, dopo un attimo di sorpresa, ricambiò. “Scusami, ti prego,
mi sento così in colpa…”
“Va bene, Lizzie, va tutto bene. Non ti
voglio perdere, cercherò di accettarlo. Ce la faremo, sono sicura che la nostra
amicizia sia più importante, più forte.” Sciolse l’abbraccio, guardandola in
faccia. “Ti voglio bene.”
Elizabeth le strinse le mani tra le sue, commossa. “Ti voglio bene
anche io.”
Rimasero un attimo in silenzio, poi Grace annunciò: “Adesso vado,
ho bisogno di pensare. Ho una confusione enorme in testa, cerca di capirmi.”
“Ti capisco. Ci sentiamo presto, vuoi?”
“Sì, ci sentiamo” concluse Grace, per poi allontanarsi.
Decise che non aveva voglia di pensare da sola, non voleva
seriamente rimanere da sola, così decise di passare da Jane, magari avrebbero
potuto uscire un po’.
Fortunatamente, trovò la sua amica in casa.
“Grace? Che fai qua?” disse Jane, sorpresa di averla trovata sulla
soglia.
“Ho qualcosa da raccontarti.”
“Hai una faccia… hai appena incontrato un
fantasma?” si preoccupò la padrona di casa, spostandosi di lato per farla
entrare.
“No, non entro. Ti va di uscire?” propose Grace, affamata di aria
fresca e della tranquillità che riusciva a trovare solo all’aperto.
“Ehm… okay, però entra, mi do una
sistemata. Non avevo in programma di uscire, ma ci metto un attimo.”
Grace acconsentì e attese che Jane si preparasse, poi le due
ragazze uscirono e si diressero verso il parco.
“Elizabeth mi ha chiesto di andare con lei a casa di Noel Deaver” esordì Grace, mentre
varcavano il cancello.
“Non ci credo!” esclamò Jane, sdegnata.
“Credici. Ci sono andata.”
“Stai scherzando, vero?!”
Grace scosse il capo. “No, affatto.”
“Okay, sei pazza!”
“No, senti… ero proprio curiosa di sapere
cosa voleva da me.”
Si sedettero su una panchina di legno posta ai margini di un esteso
prato ben curato.
“E cosa voleva, allora?” domandò Jane, curiosa, frugandosi in
borsa. Ne estrasse un pacchetto di sigarette, ne prese una e la accese,
imprecando contro il vento che le impediva di compiere l’azione con facilità.
“Chiedermi scusa.”
Jane scrollò le spalle. “Oh, ma pensa te!” borbottò, aspirando una
boccata di fumo.
“Sì, ma ovviamente non sono stata a sentirlo. A me importa di Lizzie, non di lui.”
“Ma lei che ha per la testa?”
Grace sollevò gli occhi al cielo. “Non ne ho idea. Mi ha chiesto
anche lei di perdonarla. Ha detto che ama Noel Deaver e che non può farci nulla.”
L’altra, continuando a fumare, annuì. “In effetti” rifletté, “non
ha tutti i torti.”
“Già. Ho deciso di darle una possibilità, le voglio bene.”
“Capisco. Spero che non si faccia calpestare da quel coglione!
Merita di più.” Jane, stizzita, gettò la cicca a terra e la schiacciò con il
piede, appiattendola.
“Sono d’accordo.”
“Ah!” saltò su Jane, come se si fosse improvvisamente ricordata di
qualcosa.
“Che c’è?”
“Com’è andata con Jeremy?”
Grace sorrise nell’udire quel nome. “Tutto alla grande! Solo che… è già ripartito, siamo rimasti insieme poco e niente.”
“L’importante è che siate stati bene. E quindi hai fatto la foto
con quel cantante? Poi voglio vederla!”
“Sì, con Alborosie! È stato così gentile,
lo adoro!” s’inorgoglì Grace, agitandosi sulla panchina.
“A me non piace” fece l’altra, con tono sprezzante. “Bleah!”
“Ah, smettila!”
E così, le ragazze affrontarono argomenti più leggeri e Grace poté
dimenticare per un po’ ciò che era successo quel pomeriggio.
I giorni si susseguirono veloci, per Grace. Il tirocinio procedeva
alla grande. Aveva fatto amicizia con una ragazza, Medison,
che lavorava come segretaria dell’amministratore delegato e aveva cinque anni
in più di lei. Aveva instaurato un buon rapporto anche con Walter, un ragazzo
molto simpatico che si sedeva con lei e Medison al
bar dell’ufficio, durante la pausa caffè.
Inoltre, lei e Jane si vedevano spesso e trascorrevano le serate a
guardare film horror, ridendo come matte. Con Elizabeth, invece, le cose
procedevano con calma. Si erano viste poche volte da quel pomeriggio a casa di Noel Deaver.
Durante un’uggiosa serata di fine ottobre, mentre stavano sedute
sul divano di casa Andrews, Elizabeth disse: “Grace,
devo raccontarti una cosa.”
“Cosa?”
“Ecco… Noel mi
ha baciato” ammise, torcendosi nervosamente le mani.
Grace sobbalzò nell’udire quelle parole, sorpresa più che mai. Non
era sicura di aver sentito bene, sperava con tutta se stessa di aver capito
aglio per cipolla. Come poteva Noel Deaver aver baciato la sua amica?
Si voltò a guardarla, sbattendo più volte le palpebre. “Come,
scusa?”
“Sì… hai capito bene, io e Noel ci siamo scambiati un bacio.” Elizabeth ripeté il
concetto con estrema lentezza, come se anche lei dovesse ancora assimilarlo.
“Oh, gesù!” Grace si prese la testa tra
le mani, incredula all’inverosimile. Non aveva più alcun dubbio: la sua amica
era completamente presa da Noel Deaver,
più di quanto non lo fosse stata quando ancora lui non aveva alimentato la sua
flebile speranza.
“Non ti so descrivere cosa ho provato, non avevo mai baciato
nessuno, non così” proseguì l’altra, con aria sognante, giocherellando con un
braccialetto azzurro che portava al polso destro.
“Ma com’è potuto succedere?”
“In realtà, il contesto è stato strano. Stavamo discutendo per un
motivo stupido, non me lo ricordo neanche più.” Elizabeth fece una pausa,
sorridendo. “Ad un certo punto mi ha spinto contro la parete e mi ha baciato,
così, d’improvviso. Non ho avuto il tempo di rendermene conto finché non me lo
sono ritrovato premuto contro.”
Grace, sotto shock, rimase immobile. “Ah, ecco” osservò, non
sapendo cos’altro dire. “E allora?”
“E allora cosa?”
“State insieme, adesso?”
“Eh?” L’altra parve cadere dalle nuvole. “Insieme? Io… no, non credo, ma cosa…”
“E allora perché accidenti ti ha baciato?!”
Elizabeth sobbalzò. “E cosa vuoi che ne sappia?”
A quel punto, Grace sospirò, esasperata. “Ma insomma! Passate un
sacco di tempo insieme e non hai avuto la premura di chiedergli delle
spiegazioni?” sbottò, stizzita.
“Ma no, non mi sembra il caso. Grace, non ho nessuna possibilità
con lui, lo so bene. Io e Noel siamo soltanto amici.”
La ragazza abbassò lo sguardo e proseguì: “Se non si trovasse agli arresti
domiciliari, non baderebbe affatto a me.”
Grace rimase in silenzio, colpita da quelle parole. La sua amica
aveva l’autostima sotto le suole delle scarpe, era convinta di non poter
risultare attraente agli occhi del ragazzo di cui era innamorata. Questo fatto
era molto triste, eppure Elizabeth lo aveva esposto come se fosse un dato certo
e inopinabile.
“Non dire così!” saltò su l’amica, non sopportando di vederla così
abbattuta. “Okay, Noel è un idiota, ma non credo ti
abbia baciato per sport. Secondo me si è accorto di provare qualcosa per te che
sei l’unica che gli è rimasta vicino per tutto questo tempo.”
“Grace, non lo so, non credo sia così.”
L’altra si rese conto di aver pronunciato delle parole che non era
sicura di pensare sul serio. Era incredibile quanto fosse necessario, alle
volte, dire qualche piccola bugia a fin di bene. Dal canto suo, era convinta
che in quel tizio non ci fosse nulla di buono, che avesse del marcio perfino
nel cuore e che non meritasse l’affetto e il sostegno di nessuno, tantomeno
della povera Elizabeth. Eppure, vedendola in quelle condizioni, non se l’era
sentita di essere cinica – e sincera – come al solito.
“Sei carina a preoccuparti per me, ma davvero non serve” aggiunse
Elizabeth, con tono malinconico. “So che Noel non
pensa a me nello stesso modo in cui io penso a lui, questo è certo.”
“Te l’ha detto lui?”
“No, ma lo so.” Elizabeth era sicura al cento per cento di se
stessa.
“Se non te l’ha detto, non puoi esserne del tutto certa!” affermò Grace,
cercando di farle comprendere l’ovvietà delle sue parole.
“Il tempo mi darà ragione, vedrai.”
“Sicuramente il tempo darà ragione a me.”
Le due ragazze si guardarono e, dopo pochi istanti, scoppiarono in
una risata liberatoria, come non era più capitato da tempo incalcolabile.
A Grace era mancato ridere con Elizabeth, le erano mancati i loro
discorsi e il tempo che trascorrevano a scherzare e scambiarsi offese in
maniera affettuosa.
A Grace, indubbiamente, era mancata la sua Elizabeth, ogni suo
singolo pregio e, anche, ogni suo singolo difetto.