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Autore: louehs    10/04/2013    1 recensioni
Lui, che sorridendo faceva vivere le altre persone, era nato per morire.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                            Born to Die

                                                                                      – Oh, if I go, I'll die happy tonight     
                                                                                                                                                                                          
  
                                                                                                                                                                                           26 Marzo 2016, Londra.

Mi hanno chiesto di parlare di lui, ancora, per l’ennesima volta.
Mi hanno chiesto di raccontare chi fosse il ragazzo che amavo, cosa mi avesse fatto innamorare di lui, cosa significasse per me, cosa provassi per lui.
Mi hanno chiesto di ricostruire ogni istante di quella notte, di definire il colore dei suoi occhi, di ripensare all’odore della sua pelle.
E lo farò.

Lui era tutto ciò che la vita potesse donarmi.
Era quel genere di individuo che migliorava il mondo con un sorriso, che lottava per i propri ideali, che donava tutto sé stesso alla causa.
Non dimenticherò mai la luce nei suoi occhi, le notti passate a parlare, l’odore della sua pelle a contatto con la mia, il calore delle sue braccia che mi avvolgevano il corpo.
Sapeva di casa.
Perché lui era la mia casa, era il mio punto fisso, il mio solo ed unico.
Era il mio sogno adolescenziale e la migliore cosa che fosse mai stata mia, era la mia avventura di una notte e il compagno di una vita. Era essenziale.

Dio solo può immaginare che sapore avevano le sue labbra, era come respirare dopo aver tenuto la testa sott’acqua per secoli, era come assaporare la libertà dopo mesi di prigionia.
Erano una di quelle cose che creavano dipendenza, era lui a creare dipendenza.
Era il genere di persona la cui sola presenza di ti spronava a migliorare, ad annientare i tuoi difetti solo per essere alla sua altezza.
Avrei fatto di tutto per lui; ero succube di quegli occhi azzurri come il cielo dopo una pioggia estiva, di quel sorriso caldo e accogliente che riservava a me, di quel corpo esile, creato per incastrarsi con il mio come un puzzle.
Lui lo sapeva, e a modo suo mi amava con tutto sé stesso.
Mi amava, e questa è l’unica consolazione che mi impedisce di gettare tutto all’aria, di farla finita, di spezzarmi in due, come avrebbero voluto loro.
Amava me e solo me.

Sono passati quindici mesi da quella notte.
Il ricovero, la terapia, le sedute con gli psicologi, il supporto della band, nulla è riuscito a farmi dimenticare. Ricordo ancora tutto fin troppo bene.
Ricordo il freddo pungente di Londra, ricordo di aver urlato per ore sulle note delle vecchie canzoni che amavamo ascoltare quando eravamo soli, insieme, ricordo le sue mani calde sulla mia nuca, che mi avvicinavano a lui, ricordo il suo alito all’aroma di alcool sul mio viso.
Mi baciava come non aveva mai fatto, le nostre labbra erano diventate una cosa sola e i nostri respiri un unico battito.
Era tardi, il mondo sembrava crollato nella notte più buia, o almeno così la ricordo io. Le luci erano soffuse e le strade cariche di quel silenzio ingombrante.
Eravamo io e lui contro il mondo, ubriachi e senza fiato, senza una meta ben definita se non ritrovare noi stessi.
Parlava, anzi gridava, urlava al mondo del nostro amore, senza che nessuno lo ascoltasse. Gli raccontava di noi, dei nostri baci rubati, delle nostre canzoni, dei nostri segreti.
E intanto mi baciava, mi tirava a sé e mi baciava.
Sentivo la terra mancarmi sotto i piedi, mentre tutto girava vorticosamente.
C’era qualcosa di fottutamente sbagliato in quello che stavamo facendo, più sbagliato del solito, come se fossimo oppressi dal peso del mondo, e lui lo sapeva.
Non lo capii, non subito. Sentivo qualcosa di diverso nel modo in cui mi stringeva, nella passione con la quale mi baciava, nel suo tono di voce.
I suoi occhi, non li dimenticherò mai.
Brillavano, lo facevano solo per me. Viveva per me.
E mentre lo costringevo a vivere con me, lui non faceva che morire, ogni giorno, attimo dopo attimo.
Correva su una strada già segnata, e lo faceva così velocemente da non permettere al mondo di notarlo. Il suo cuore batteva in un corpo freddo.
Proprio lui, che era la mia forza, era così debole, solo, in pezzi.
Mi prese per mano, mi accompagnò fino al ponte. Parlava così tanto e a me girava la testa, non riuscivo a collegare le parole e le sue labbra sembravano così invitanti.
Poi iniziò a piangere, ma sembrava così felice, così sorridente, sembrava in perfetto equilibrio con il mondo, e io mi nutrivo della sua felicità.
Mi baciò nuovamente, bagnandomi le guance con le lacrime, stringendomi a sé talmente forte da farmi male, ma non sentivo dolore, quello era relativo.
Le sue dita si intrecciavano con i miei capelli e sembravano decise a non lasciarmi andare, non avrebbe dovuto farlo.
Poi tutto si fece chiaro, ripresi coscienza di avere un corpo, un’anima.
Le sue parole iniziarono a farsi chiare, proprio mentre si staccava dalle mie labbra.
Parlava di ciò che avrebbe voluto fare, di ciò che non aveva mai avuto l’occasione di dire, di ciò che gli era stato imposto, di quanto mi aveva amato e di quanto si odiasse. Parlava di quanto fosse stanco di fingere, di quanto si facesse schifo e di quanto desiderasse andarsene senza far soffrire nessuno. Parlava ancora dei suoi progetti, del suo compito nel mondo e di quanto avrebbe voluto ricominciare tutto da capo.

Balzò sul ponte, dando le spalle al fiume, ed io caddi a terra incapace di reggermi sulle mie stesse gambe.
Riuscivo a vedere il suo sorriso brillare nel buio della notte, quella pazzia cieca nei suoi occhi era un pugno dritto allo stomaco, era così bello.
Restai accasciato a terra, mentre tutto mi crollava addosso. Lui restò immobile, i capelli scompigliati dal vento, e la voce sovrastata dal rumore scrosciante del Tamigi alle sue spalle.
Ero intoccabile, estraneo a quella situazione.
“ Harry Styles, ti ho sempre amato.”
Si voltò, dandomi le spalle, impedendomi di rispecchiarmi nei suoi occhi, di guardarlo, di sentirlo accanto a me.
Sospirò e saltò.

Lui, che sorridendo faceva vivere le altre persone, era nato per morire.  
 







Non potete odiarmi più di quanto mi odi io per aver scritto questa OS, ve lo assicuro.
Per ulteriori insulti potete scrivermi una recensione o fatemi del sano cyberbullismo su twitter :)
Giuls

  
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