Crossover
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Autore: Registe    10/04/2013    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 5 - Cieli di fuoco




Aragorn e Gandalf





Ho amato Aragorn dal primo momento che l'ho visto, quel giorno di tanti anni fa nei giardini di Gran Burrone.
Tanti ostacoli ci hanno divisi – l'ostilità di mio padre, le differenze tra i nostri due popoli, la Guerra dell'Anello e la minaccia dell'Oscuro Signore Sauron – ma il tempo e le lunghe separazioni non hanno fatto che rafforzare giorno per giorno il nostro amore. Quando l'ho sposato è stato il momento più bello della mia vita. Ho pensato che sarebbe stato mio per sempre, e che nessuno avrebbe più potuto portarmelo via.
Poi è arrivato l'Imperatore ed è scoppiata un'altra guerra, ancora più lunga e logorante. E il mio Aragorn, che ha il cuore grande come la Galassia, non si è tirato indietro. Non sopporta le ingiustizie e vuole sempre combattere in prima linea, senza mai negare il suo aiuto a nessuno.
Ha salvato tante persone e liberato molti popoli, ma ogni volta che parte il mio cuore è in pena per lui. Nelle mie lunghe notti da sola prego i Valar che lo proteggano e lo facciano tornare sano e salvo da me. Forse sono egoista, ma a volte mi ritrovo a sperare che lasci perdere tutto e rimanga al sicuro al mio fianco.
Ma non lo farà mai, lo so. E' anche per questo che lo amo.
Dai diari di Arwen figlia di Elrond, regina della Terra II.




Solitamente Axel si sentiva a suo agio tra le fiamme, ma quella volta era diverso.
Il bosco, fino a un quarto d'ora prima rigoglioso e verdeggiante, era completamente ridotto in cenere. Piccoli incendi divampavano ancora qua e là, e resti carbonizzati di tronchi e arbusti si polverizzavano con un ultimo sussulto sotto i loro stivali. Nessun uccello cantava; il silenzio era assordante nella foresta morta.
Le grosse navi triangolari avevano sgombrato il cielo come nubi dopo una tempesta.
Una tempesta di fuoco, in quel caso. Ma non un fuoco normale e benefico; quando la superficie dei mostri di metallo si era illuminata di decine di punti rossi e verdi un campanello d'allarme era subito squillato nella testa di Axel. Quel fuoco era diverso da qualsiasi altro, alieno alla sua natura: i raggi multicolori vomitati dai colossi in cielo emanavano un calore maligno, crudele, ne poteva sentirne sulla pelle la promessa di distruzione.
Avevano corso come disperati sotto quella pioggia mortale, e se non avessero trovato subito la caverna probabilmente avrebbero fatto la stessa fine degli alberi del bosco. Protetti dalla solida volta di pietra avevano passato minuti lunghissimi ad ascoltare terrorizzati il caos che imperversava fuori, il rombo assordante delle armi misteriose, lo sfrigolio orribile degli alberi carbonizzati, le strida di paura e agonia degli animali del bosco. Persino l'impeccabile Marluxia si era accovacciato a terra con le mani premute sulle orecchie, tremando come una foglia.
“Ragazzi... che... che cazzo era?!”
La voce spezzata e tremante di Axel echeggiò per un attimo nella landa silenziosa e si spense senza che nessuno degli altri rispondesse. Il solo fatto che Larxen non sfoderasse uno dei suoi soliti commenti fuori luogo bastava a dare un'idea di quanto la paura fosse ancora una presenza tangibile tra di loro. Si aveva la sensazione che una parola troppo forte potesse richiamare di nuovo i mostri di metallo, invitandoli ad annientare gli ultimi superstiti di quel cimitero di alberi carbonizzati.
Axel fece scorrere lo sguardo lungo l'orizzonte, in cerca di segni di vita. Quando il bombardamento li aveva sorpresi erano diretti verso la vicina cittadina di Donau per vendere alcuni gioielli rubati, ma le cime degli alberi ancora non permettevano di avvistare la loro destinazione. Ora che gli alberi non esistevano più Axel aguzzò lo sguardo in direzione sud, dove le torri di guardia della piccola città fortificata avrebbero già dovuto essere visibili.
Ma non importava quanto sforzasse la vista, nessuna torre appariva contro l'orizzonte. Solo un filo di fumo scuro si innalzava placidamente verso il cielo, e già iniziava a disperdersi nella brezza della sera.
“Donau è stata distrutta.” anche la voce di Marluxia tremava, e la cenere che gli si era posata sui capelli e incollata alla pelle lo faceva sembrare ancora più derelitto. “Meglio se torniamo indietro...”.
Axel provò una fitta di tristezza. Donau era una cittadina come tante altre, ma la taverna del Maiale Arrosto era sempre calda e vivace, e poi c'era Jehanne, una prostituta dagli splendidi occhi viola che aveva un debole per lui e ogni tanto gli faceva fare un giro gratis... aveva sempre pensato che avrebbe affidato a lei Roxas per la sua prima volta...
Roxas. Come ogni volta il suo ricordo portò con sé una scarica glaciale che gli attraversò dolorosamente la testa, seguita da immagini di fuoco e fiamme e dall'odore raccapricciante di carne carbonizzata.
Roxas non esisteva più, incenerito e disperso dal vento come l'intera città di Donau. Il Maiale Arrosto non avrebbe più accolto nessun viandante intorno ai suoi tavoli da gioco, e gli occhi viola di Jehanne non si sarebbero più illuminati di felicità nel vederlo entrare dopo una lunga giornata di furti e fughe.
Inutile piangere su un passato che non poteva tornare. Meglio cercare di trarne qualche vantaggio, a quel punto.
“No.” disse, e Marluxia, che già aveva voltato le spalle alle rovine di Donau, si girò a guardarlo con aria interrogativa. “Andiamo lo stesso a Donau.”
“Sei scemo o cieco Axel?” lo aggredì Larxen. “O uno di quei raggi verdi ti ha fritto il poco cervello che avevi?”
“Mettiamola così” replicò lui “Rubare ai morti è più facile che rubare ai vivi. Qualcosa di prezioso sarà sopravvissuto tra le macerie, e non c'è nessuno a impedirci di prenderlo.”
Dall'espressione di Marluxia era palese che l'idea non gli piaceva. Il numero XI teneva le labbra serrate, e di certo sotto la sua fronte aggrottata si stava combattendo l'ennesima battaglia tra orgoglio e necessità. Axel sapeva già come si sarebbe conclusa: alla fine, la necessità vinceva sempre.
“Suvvia Marly, ti sei abbassato a fare il ladro, cosa sarà mai un po' di sano sciacallaggio adesso?”
Marluxia gli lanciò un'occhiata gelida, ma quando infine parlò fu per dargli ragione: “Qualsiasi cosa fossero quelle... navi... di certo non torneranno dove hanno già distrutto. Per il momento saremo al sicuro a Donau.”
“Proprio così” fece Axel con un sorriso, simulando una sicurezza che non provava, e si avviò per primo in direzione della cittadina distrutta. “Secondo voi erano i demoni?” chiese dopo un po'.
“No” rispose subito Marluxia. “Quei raggi non erano di natura magica, lo avrete percepito anche voi.”
“E allora che... ?”
“Non lo so” tagliò corto il numero XI. “Ma qualsiasi cosa sia è molto meglio per noi restarne il più lontano possibile.
Nemmeno Larxen ebbe da obiettare.



Far saltare il vulcano Gorbel era la parte facile del piano, per questo l'Imperatore l'aveva assegnata senza esitazioni al conte Dooku.
Per la parte difficile, come al solito, aveva scelto Tarkin.
A bordo della sua nave ammiraglia, il Basilisk, il governatore osservava sullo schermo di rilevamento il punto rosso che indicava il Baan Palace. Al momento era immobile, e la flotta vi si avvicinava a ritmo serrato. Presto lo avrebbero avvistato anche a occhio nudo dal ponte di prua.
Localizzare la sua posizione non era stato difficile grazie al fiuto del ragazzino dell'Organizzazione, che subito dopo era tornato a Coruscant insieme a Mistobaan e Dooku. Loro avevano aperto le danze, ma adesso dovevano lasciare il campo ai veri professionisti. Mistobaan poteva essere il Braccio Destro dell'Imperatore e darsi tutte le arie che voleva, ma la verità era che di strategie di battaglia non capiva un'acca.
Chi si affida troppo alla magia disimpara a usare il cervello.
“Viceammiraglio Kratas, ci sono comunicazioni dalla squadra Delta?”
“Stanno bombardando un complesso minerario nel quadrante gamma-5, signore. Per il momento non hanno incontrato resistenza.”
“Molto bene.”
Il compito della squadra Delta era bombardare centri abitati e fonti di risorse per fare terra bruciata intorno ai demoni; Tarkin invece, al comando del grosso della flotta di circa una quindicina di navi, aveva l'ordine di ingaggiare battaglia direttamente con le forze del Baan Palace. Se fossero riusciti a far saltare in aria la principale fortezza nemica la guerra sarebbe finita in un batter d'occhio e senza troppe perdite.
Tre giorni, aveva detto Tarkin all'Imperatore quando il Grande Satana aveva presentato la sua dichiarazione di guerra. Tre giorni per abbattere le difese del nemico e conquistare quel patetico pianetucolo primitivo. Non aveva dubbi che ci sarebbero riusciti, ma non per questo intendeva caricare a testa bassa senza valutare le conseguenze. Quei demoni erano un popolo arretrato e primitivo, ma se avevano dichiarato guerra all'Impero dovevano avere qualche asso nella manica.
E poi c'è la loro magia, che noi conosciamo poco. Un nemico che non si conosce è sempre un nemico pericoloso.
“Detto tra noi, Maul... “ Tarkin si voltò verso l'iridoniano, che si era offerto di accompagnarlo in missione. “Fosse per me riconsegnerei Mistobaan ai demoni con tanto di fiocco e biglietto di auguri. Che se lo tenessero.”
“I nostri timpani ne gioirebbero” convenne Maul.
“Stiamo entrando in guerra solo e soltanto per lui.” Tarkin gettò un'occhiata disgustata alle distese di campi e boschi che la flotta stava sorvolando in quel momento. “Questo mondo è insulso, non ha risorse che ci interessino. Uno spreco di forze, tempo ed energie.”
Mistobaan non era amato tra i Signori Oscuri. Tarkin stesso aveva avuto l'idea di consegnarlo all'Imperatore, ben conscio del desiderio di Palpatine di aumentare le sue schiere di servitori magici; ma mai e poi mai avrebbe immaginato che il demone incappucciato sarebbe stato elevato al ruolo di Braccio Destro, superando per importanza tutti gli altri Signori Oscuri. Dover prendere ordini dall'ultimo arrivato, da una creatura aliena con il cervello riprogrammato, era irritante oltre che un'umiliazione.
“E' sempre la solita storia del Dono, Tarkin. Mistobaan è utile e tutto, ma alla fine un buon rimpiazzo da qualche parte si trova sempre. C'è sempre Kaspar con il lavaggio del cervello che dopotutto è un buon mago. Ma evidentemente Mistobaan ha qualcosa che gli altri non hanno, altrimenti papà Impe non combatterebbe mai una guerra per lui.”
“Il Dono.”
Era un discorso che avevano già fatto tante altre volte, persino con Saruman e Dooku. La chiave del segreto di Mistobaan doveva essere quel “Dono dell'Imperatore Palpatine” - o più probabilmente del Grande Satana Baan - che il Braccio Destro nominava sempre. Un segreto che solo Mistobaan e l'Imperatore conoscevano.
“Già. Darei la mia maglia da collezione di Maradona per sapere cos'è.”
Il suono improvviso di una sirena d'allarme li distolse dalla conversazione. Tarkin spostò rapidamente lo sguardo dagli schermi alla parete di transparacciaio della plancia di comando, ma il Baan Palace non era ancora entrato nel loro campo visivo.
“Oggetti volanti non identificati in avvicinamento a cinquanta chilometri da qui!” gracchiò la voce di un altoparlante.
Dal nulla sugli schermi di rilevamento apparvero miriadi di puntini gialli, disposti tutti intorno alla flotta. Il Basilisk e gli altri Star Destroyer stavano per essere circondati.
“Cosa diamine... ?”
“Sono esseri viventi!” Maul era teso e concentrato per cogliere ogni fremito del Lato Oscuro. “Hanno preso il volo da terra!”
Lo schermo ora era costellato da puntini gialli, che aumentavano di secondo in secondo fino a diventare indistinguibili e fondersi in una chiazza uniforme che minacciava di inghiottire tutto ciò che aveva intorno.
“Scudi alzati alla massima potenza!” ordinò Tarkin. “Fate uscire le squadriglie di caccia TIE!”
Voglio proprio vedere cosa pensano di fare quei mostriciattoli volanti contro l'élite dei nostri piloti.
Un attimo dopo li videro anche a occhio nudo. Apparvero da tutti i lati dell'orizzonte come macchie scure in lontananza, fitte come nubi annunciatrici di un temporale. Al contrario delle nubi però si muovevano rapidamente e controvento, e presto Tarkin e gli Imperiali poterono distinguere grosse teste irte di corna, ali vaste e membranose e zampe colossali dai lunghi artigli ricurvi. Scaglie di tutti i colori dell'arcobaleno rilucevano sotto il sole rosa del mattino appena sorto.
Draghi.
Centinaia... no, migliaia di draghi.
Tarkin ricordò il Castello dell'Oblio e la sensazione inebriante e spaventosa che aveva provato nel cavalcare una di quelle creature, e seppe subito quale avversario si trovava di fronte.
Il Generale Baran. La creatura semidivina che ho dovuto impersonare in quel ricordo distorto di Mistobaan.
Ma dopotutto nel ricordo delle Stanze della Memoria i draghi erano stati battuti con facilità da un ragazzino armato di spada, e lui ora aveva un'intera flotta di Star Destroyer al suo comando. Il Cavaliere del Drago avrebbe trovato pane per i suoi denti.
A un ordine di Tarkin i caccia TIE ingaggiarono battaglia contro i draghi, aprendosi a ventaglio tutto intorno agli Star Destroyer e vomitando raffiche di laser contro la formazione nemica. Subito un drago fu colpito, il ventre molle trapassato da un raggio laser, e precipitò con un ruggito di dolore travolgendo un altro compagno nella caduta. Il pilota che lo aveva abbattuto tuttavia non ebbe il tempo di esultare, perché altri due draghi della taglia di tre caccia TIE messi insieme frantumarono il transparacciaio della cabina con gli artigli e lo tirarono fuori urlante, gettandolo lontano. I resti del caccia furono polverizzati in una palla di fuoco.
I draghi della Stanza della Memoria di Mistobaan non erano così potenti...
Persino Maul, al suo fianco, tratteneva il fiato.
I draghi più piccoli avevano le dimensioni di un caccia TIE, mentre i più grandi, stimò Tarkin, dovevano misurare circa un quarto di uno Star Destroyer. I proiettili dei caccia li mettevano in difficoltà, soprattutto quando li colpivano al ventre o agli occhi, facendoli impazzire dal dolore e contorcere in modo forsennato sputando fuoco su amici e nemici senza discriminazione; ma parecchi caccia finivano a pezzi nelle fauci dei draghi più grandi, ridotti a un cumulo di lamiere da denti grossi come faraglioni.
Di che razza di materiale sono fatti i loro denti e artigli?!
E non avevano ancora visto niente. A un certo punto uno dei draghi più grandi si sollevò in alto, sovrastando tutti gli altri combattenti, macchine e creature, e per un attimo le sue ali spiegate oscurarono il sole appena sorto. Aveva scaglie blu come il mare che sfumavano in celeste sulla coda, sulle zampe e sulla punta del muso, da cui pendevano due lunghi barbigli simili a cascate spumeggianti; sollevò il capo irto di corna e cacciò un ruggito che fece vibrare l'aria, poi rivolse le fauci verso una squadriglia di caccia TIE e soffiò. Dapprima Tarkin non riuscì a scorgere nulla, ma poi si accorse della corrente di aria gelida, tagliente e satura di cristalli di ghiaccio, che dalla bocca del drago si riversò sui caccia del gruppo Rosso, travolgendoli.
“Qui Rosso Leader!” arrivò contorta dal panico la voce del primo pilota attraverso i canali di comunicazione. “La mia strumentazione è congelata! Non riesco... “ la comunicazione si interruppe con uno sfrigolio, e dalla plancia di comando Tarkin e Maul videro i caccia del gruppo Rosso precipitare senza controllo, ridotti a grossi blocchi di ghiaccio. Quindici caccia, un'intera squadriglia, annientati in un solo colpo.
Ma Tarkin aveva notato un'altra cosa che lo preoccupava ancora di più. Sui radar, il puntino rosso che rappresentava il Baan Palace si stava allontanando.
I draghi erano solo una distrazione, un diversivo. Sono solo pedoni. Negli scacchi si vince catturando il Re.
“Basta giocare” disse a Maul; poi si voltò verso Kratas e ordinò: “Ci muoviamo all'inseguimento del Baan Palace. La Princess Shandra, l'AC Milan e lo Steel Pride rimarranno qui a coprire i caccia facendo fuoco a volontà con i turbolaser. Il resto della flotta, ci alziamo oltre l'atmosfera e piombiamo sul Baan Palace!”
“Agli ordini, governatore!”
“Bella idea, Tarkin” approvò Maul. “Quei draghi saranno anche potentissimi, ma scommetto che non sanno respirare nello spazio!”
I tre Star Destroyer designati a rimanere in copertura fecero partire scariche di turbolaser che dispersero lo stormo di draghi e diedero tempo ai caccia di riorganizzarsi in formazione e partire all'attacco del nemico disorientato. Il resto della flotta attivò i motori a propulsione spaziale e iniziò a sollevarsi oltre la battaglia.
I draghi non erano creature stupide, e si accorsero della manovra della flotta. Tentarono di raggiungere gli Star Destroyer che si stavano innalzando, ma le ondate di turbolaser e l'azione di disturbo dei caccia TIE li tennero a distanza. Il grande drago blu che poco prima aveva congelato un'intera squadriglia di TIE finì arrostito dal fuoco incrociato della Princess Shandra e dello Steel Pride e rovinò al suolo abbattendo decine di alberi con la sua mole imponente.
“Draghi contro Star Destroyer” c'era una nota d'incredulità nella voce di Maul. “Sembra il titolo di un film trash. Se non lo avessi visto non ci crederei.”
Stavano per squarciare lo strato più alto di nuvole e i draghi erano ormai lontani quando il ponte del Basilisk tremò.
“Tarkin... !” il governatore fece in tempo a vedere le pupille dilatate dell'amico e la sua espressione incredula prima che una scossa elettrica terribile li facesse piegare tutti dal dolore. La scossa partì dal pavimento dell'astronave e attraversò i corpi di tutti i suoi occupanti dalla punta dei piedi alla radice dei capelli, facendoli urlare di dolore. Tarkin cercò di aggrapparsi a una parete per non cadere, ma anche quella era incandescente ed elettrica, e ritirò la mano con un urlo. Gli sembrava che la testa gli stesse per esplodere per il dolore; con gli occhi appannati vide le apparecchiature di comando e i computer che andavano in corto circuito, attraversati da scintille abbaglianti. Le sirene d'allarme suonavano all'impazzata. Poi tutto fu avvolto da un lampo di luce, e per un attimo il governatore credette che sarebbe morto.
Non morì. Nessuno di loro morì. Quando Tarkin riaprì gli occhi, passata la scossa, gli ammiragli e i tecnici si stavano rimettendo in piedi doloranti, le divise e i capelli anneriti e bruciacchiati, ma ancora tutti interi. Solo le sirene non avevano cessato di suonare; l'illuminazione del ponte di comando era saltata, rimpiazzata dalle spettrali luci rosse del sistema di emergenza.
“Generatore principale fuori uso. Attivato generatore ausiliario.” gracchiò la voce del navicomputer.
Tarkin accettò l'aiuto di Maul per rialzarsi e si guardò intorno accigliato: “Cosa diamine... ?”
“Governatore, non siamo in grado di volare oltre l'atmosfera in queste condizioni!” esclamò Kratas trafficando con i comandi di un computer “Due motori sono fuori uso... e... sembra che le altre navi della flotta siano nelle stesse condizioni, signore!”
Incredulo, Tarkin guardò fuori dalle vetrate di transparacciaio. Tutti gli Star Destroyer erano fermi, e un paio fluttuavano alla deriva verso il terreno. Dalla prua di un terzo si alzava un denso fumo nero.
“Tarkin” Maul indicò un punto oltre la cortina di fumo che saliva dalla nave colpita. “Guarda là.”
Era una figura minuscola rispetto ai draghi e alle astronavi, ma Tarkin la vide subito perché emanava un'aura di luce scintillante. In volo in mezzo ai draghi, teneva una spada sollevata verso il cielo, la lama avvolta da saette che le si attorcigliavano intorno come serpenti.
Chi la impugnava era una creatura più o meno delle dimensioni di un essere umano, ma le sue fattezze e le ali membranose che gli spuntavano da dietro la schiena ricordavano molto più un drago che un uomo.
Tarkin lo riconobbe subito, anche se non lo aveva mai visto in quella forma.
Il Cavaliere del Drago era sceso in battaglia.



La sala del trono del palazzo di Minas Tirith era piena fino all'inverosimile; nessuno voleva perdersi una riunione di quell'importanza. Tutti i posti della lunga tavolata di legno di noce erano occupati, e Nonna Rosa trotterellava da un capo all'altro servendo birra e altre bevande ai Ribelli seduti. Aragorn la oltrepassò con un'affettuosa pacca sulla spalla e le sorrise; l'anziana signora era la governante del palazzo di Minas Tirith dai tempi di Sire Denethor, ben prima che Aragorn salisse al trono, e tutti i Ribelli le erano molto affezionati e la consideravano la mascotte portafortuna dell'Alleanza.
Aragorn raggiunse il proprio posto a un capo della lunga tavola, accanto a Gandalf che lo accolse offrendogli una pipa già accesa.
“Buongiorno a tutti!” disse, e pian piano il brusio nella sala cessò e tutti gli occhi furono puntati su di lui. C'erano Ribelli ovunque, non solo seduti a tavola (spesso occupando in due o addirittura in tre una sola sedia), ma anche sui davanzali delle finestre, sugli scalini, sul trono (ad Aragorn non importava, anzi trovava scomodo assistere alle riunioni da lassù, isolato dagli altri), e i due hobbit Merry e Pipino avevano trovato un ottimo posto sul grosso lampadario e guardavano giù sgranocchiando pannocchie e lasciando penzolare i grossi piedi pelosi tipici del loro popolo.
“Scusate il ritardo, Elrond mi ha bloccato per mezzora lamentandosi che ha trovato il cuscino pieno di cacca di cavallo. Scommetto che qualcuno di voi ne sa qualcosa.” disse soffocando una risata e guardando il nano Gimli, che per tutta risposta scoppiò a ridere e diede una pacca al suo vicino Dwalin, un vecchio nano dall'aria rude e il cranio rasato decorato da tatuaggi. Accanto a loro, l'elfo Legolas alzò gli occhi al cielo con aria da martire.
“Leia è già arrivata?” Aragorn fece scorrere gli occhi lungo la tavolata, ma la principessa non si vedeva da nessuna parte.
“Sono qui, Aragorn. Scusate il ritardo.” tutti si voltarono verso la rampa di scale che conduceva al piano superiore del palazzo, sulla cui sommità erano appena apparse tre donne. La più giovane, la principessa Leia, era il capo supremo dell'Alleanza Ribelle, e due elfi si alzarono immediatamente per cederle i loro posti all'altro capotavola. Leia li ringraziò con un cenno del capo e si sedette, seguita dalla donna più anziana, che portava i capelli rossi tagliati corti a caschetto e, come Leia, era vestita completamente bianco.
“Buongiorno Mon Mothma” la salutò rispettosamente Nevius, che sedeva alla sua destra.
Mon Mothma era l'unico membro fondatore dell'Alleanza ancora in vita. Poco meno di vent'anni prima lei e il padre adottivo di Leia, due ex senatori della Vecchia Repubblica, avevano creato il primo nucleo di resistenza segreta contro l'allora nascente Impero, e da quel momento la “vecchia terrorista”, come l'avevano soprannominata affettuosamente i Ribelli più giovani, non aveva mai smesso di combattere contro il regime di Palpatine.
La terza donna - un'elfa, per essere precisi – invece venne incontro ad Aragorn e lo salutò con un bacio sulle labbra. Aragorn ricambiò il bacio di sua moglie e le fece posto tra sé e Gandalf.
“Buongiorno, Arwen”
“Molto bene” esordì Leia, alzatasi in piedi, e ogni altro discorso nella sala cessò. “L'ordine del giorno di questa riunione straordinaria è discutere della visita dei rappresentanti di questo Grande Satana Baan e decidere la nostra linea d'azione a riguardo.”
“Più che dei demoni, Leia” intervenne Gandalf. “Direi che dovremmo parlare della popolazione di quel mondo. Lo sapete come l'Imperatore conduce le sue guerre. Starà bombardando quel pianeta anche adesso, mentre parliamo. E da come si sono espressi i due visitatori sembra che i demoni non apprezzino particolarmente gli umani: temo che potrebbero lasciarli al loro destino, sotto i bombardamenti degli Imperiali.”
“E cosa ti fa pensare che ci siano umani in quel mondo misterioso?” chiese Lando Calrissian, un ex contrabbandiere e giocatore d'azzardo che per un certo periodo aveva fatto la corte alla principessa Leia.
“Tu non li hai visti, ma uno dei due inviati del Grande Satana era senza dubbio un umano. Probabilmente l'eccezione che conferma la regola, uno che è riuscito ad abbandonare la fazione oppressa per saltare sul carro del vincitore. Ma se ce n'è uno ce ne saranno anche altri, e magari non sono così fortunati.”
“E in ogni caso” aggiunse Aragorn con calore “anche se ci fossero solo demoni è comunque nostro dovere aiutarli.”
“Dovere?” intervenne Leia, con una punta di sarcasmo nella voce. Aragorn ammirava la principessa per la forza e la determinazione che mostrava in ogni occasione, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà, ed era convinto che senza il suo senso pratico e la sua capacità di tenere i piedi per terra l'Alleanza si sarebbe sfaldata molti anni prima. Ma quelle qualità rischiavano anche di trasformarsi in ostacoli, limitazioni e ristrettezza di vedute. Aragorn e Gandalf pensavano che a volte era necessario mettere da parte ogni logica e seguire la voce del cuore. Solo allora i veri miracoli accadevano.
“Abbiamo offerto loro il nostro aiuto e lo hanno rifiutato. Potrebbero non gradire un'eventuale interferenza. Rischiamo di farci un nuovo nemico.”
“Che ai demoni piaccia o no, noi li stiamo già aiutando. La nostra stessa esistenza in quanto organizzazione che si oppone all'Impero è un aiuto alla loro causa, tanto è vero che sono stati incuriositi da noi e ci sono venuti a spiare. Forse ora non si fidano, ma se mostriamo che le nostre intenzioni sono sincere... “
“E comunque ora su quel pianeta c'è gente che sta morendo sotto i turbolaser imperiali!” intervenne Gimli alzandosi e battendo un pugno sul tavolo. “Ogni secondo perso a discutere è una vita che si spegne!”
“Potremmo mandare una missione di soccorso. Non commandi da battaglia, ma medici e guaritori” suggerì Legolas in tono più diplomatico, facendo cenno all'amico nano di sedersi.
“Guerrieri e maghi dovranno comunque andare per forza: non si possono lasciare i medici sguarniti, e non sappiamo di fronte a che situazione ci troveremo una volta arrivati lì.” fece notare Jack O'Neil, uno dei massimi esperti militari dell'Alleanza.
“E il bombardamento va fermato in qualche modo, o non otterremo nulla.” concluse Aragorn. Da tutti gli angoli della sala si levarono grida di approvazione, e il re sorrise. Quelli erano i ribelli che conosceva e amava.
Leia sospirò e scambiò un'occhiata con Mon Mothma.
“E va bene” disse infine. “Metteremo la proposta ai voti.”
Poiché era il metodo più rapido si fece per alzata di mano, e il sorriso di Aragorn si allargò ancora di più di fronte alla selva di braccia sollevate che accolse la proposta di intervento nel mondo dei demoni. Leia aveva l'aria stizzita, ma non fiatò. Formalmente era il capo, ma da che esisteva l'Alleanza i Ribelli avevano sempre preso le decisioni più importanti in democrazia, e il voto del più umile contadino di Minas Tirith valeva quanto quello della principessa o di un Maestro Jedi.
Approvata la proposta bisognava ora decidere i componenti della missione e il modus operandi. Si fosse trattato di uno dei soliti attacchi alla Morte Nera sarebbero partiti in massa lancia in resta e spada sguainata, ma stavolta non avevano la minima conoscenza del territorio né della situazione che avrebbero trovato all'arrivo. Le circostanze suggerivano cautela.
Dopo un breve dibattito fu stabilito che sarebbe partito un gruppo non troppo esteso, con medici al seguito, scorte di viveri, medicinali e altri generi di prima necessità per soccorrere la popolazione disastrata.
Mon Mothma non aveva ancora finito di chiedere “ci sono volontari?” che Aragorn e Gandalf già erano pronti con la mano alzata. Era da un po' che l'Alleanza non esplorava nuovi mondi, e Aragorn era decisamente eccitato alla prospettiva. Lui era fatto così, non riusciva a restare fermo nello stesso posto per troppo tempo; era più forte di lui. In gioventù era stato un ramingo, e anche ora che portava la corona della Terra II il suo vero io restava sempre l'avventuriero che non sapeva dove avrebbe cenato il giorno dopo, non il sovrano o il politico.
Arwen lo guardò con un sospiro, ma non disse nulla. Sua moglie lo conosceva meglio di chiunque altro, e lo capiva. Sarebbe rimasta a vegliare sulla Terra II in veste di regina, come al solito; Aragorn sapeva che in quello era immensamente più brava di lui. Lui aveva il carisma e la capacità di farsi amare e seguire in missione o in battaglia, ma la vera organizzatrice era lei. In tempo di pace, Arwen sarebbe stata la sovrana migliore.
Ben presto il gruppo si completò con gli altri volontari: Eomer, il mago Lavok e suo nipote Valygar, Mara Jade, il team medico e qualche soldato semplice.
“Direi che possiamo partire appena pronti” disse Gandalf.
“Ehm... una cosa non ho capito... “ Luke si alzò in piedi, grattandosi la testa perplesso. “Come ci arrivate lì?”
“Facile!” sorrise Gandalf. “La vecchia tattica di infiltrarsi su una nave imperiale non fallisce mai! Ecco perché un gruppo piccolo è meglio!”
“Però... “ intervenne Lando dubbioso. “Ultimamente l'Impero ha aggiornato con sistemi di sicurezza più innovativi i suoi codici... potrebbe non essere semplice come un tempo.”
Mara Jade fece un passo in avanti, squadrando il contrabbandiere con un sorriso furbo:
“A questo, signori, lasciate pensare me.”
  
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