Uno.
Pazienza
E
così alla fine
era arrivata anche la neve. Emma si affacciò alla vetrina
per controllare la
condizione della strada, realizzando che di lì a poche ore
avrebbe dovuto
tornare a casa a piedi.
La
bicicletta forse è meglio tornare a prenderla domani.
Fece
ritorno
sconsolata nel retro bottega e, data un’occhiata al cellulare
che giaceva muto
attaccato alla presa di corrente, cominciò a caricare la
lavastoviglie: quel
pomeriggio si era davvero data alla pazza gioia, preparando quattro
crostate ai
mirtilli e cinque meringate. Già si immaginava i commenti
della proprietaria: guarda che gli ingredienti
costano, le
persone non comprano semifreddi con questo tempo...
Ma non ci poteva fare nulla,
era più forte di
lei: cucinare per tenere a bada l’ansia. Per questa ragione
aveva scelto di
fare la pasticcera: perchè trovava che non ci fosse nulla di
meglio che
annegare i propri malumori nella panna montata.
Il
campanello
tintinnò, segnalando l’entrata di un cliente.
«Vai
tu, Emma?»
Più
che una
domanda era un ordine. La voce tonante della proprietaria
risuonò
immediatamente dalle viscere della dispensa. Controvoglia la ragazza si
tolse
il grembiule, impiastricciato di marmellata e, dipintasi un sorriso
radioso sul
volto che quel giorno doveva risultare più fasullo del
solito, andò ad
accogliere chi aveva sfidato la neve per far contenta la propria
pancia.
Una
rapida
occhiata ed Emma si sentì gelare il sangue nelle vene: ad
attenderla in negozio
c’era nientepopodimeno che la madre del suo ex-fidanzato che,
oltre ad essere
un’intrigante ficcanaso, poteva vantare la medaglia
d’oro ai campionati
nazionali della chiacchiera.
«Buonasera,
cara!» la accolse quella, con un ghigno soddisfatto.
«Signora»
fece
tetra Emma.
«E
così lavori
ancora qui...»
La
ragazza la
interruppe subito in modo poco cortese ma estremamente efficace: non
aveva
voglia, né tempo, a dire il vero, di offrire il fianco alle
sue frecciate e poi
dalla posizione in cui si trovava non sarebbe riuscita ad udire il
telefono,
nel caso si fosse finalmente deciso a squillare.
«Abbiamo
un’ottima crostata al mirtillo, se vuole favorire»
«Oh,
la crostata
al mirtillo!» ripeté la donna, con un sorriso
malevolo. «La preferita di
Mirko!»
Ottimo.
Ora era spacciata.
«Sai,
mio figlio
sta molto bene. Lavora in una prestigiosa ditta di
assicurazioni»
«Sono
contenta
per lui» si sforzò di dire Emma, rimproverandosi
però subito dopo per aver
sprecato fin troppe parole; un debole «Mmmm...»
sarebbe bastato.
«Guadagna
2000
euro al mese!» insistette la megera.
Questa
volta la
ragazza fece finta di non aver udito ed azionò la macchina
del caffè, che non
fu sfortunatamente in grado di coprire completamente la voce della
signora.
«Ora
sta con la
Francesca ... te la ricordi la Francesca, vero?»
Certo,
come no? Come
si fa a dimenticare la
donna-di-facili-costumi che ti soffia il fidanzato quando tu hai
più bisogno di
lui?
«Lavora
ancora
sulla strada?» domandò Emma, usando il tono
più impertinente che possedeva.
La
signora la
guardò un istante completamente scioccata.
«Come
vigilessa,
intendo» concluse la ragazza, trattenendo un sorriso di
trionfo.
«Certo,
cara, la
Francesca è una ragazza così seria e
responsabile!»
Talmente
seria da innamorarsi del ragazzo di una sua
amica e di convincerlo a lasciarla senza alcun preavviso.
«Fantastico!
Me
li saluti entrambi, allora» concluse Emma, decidendo di
togliersi rapidamente
dai piedi la fastidiosa visitatrice.
«Saranno
così
felici di sapere che non te la sei presa!»
Emma
concentrò
lo sguardo sui bigné al cioccolato, mentre immagini di
svariati tipi di morti
dolorose attraversavano la sua fantasia.
«Perchè
avrei
dovuto? Sono fatti l’uno per l’altra».
Già,
Dio li fa e poi li accoppia.
La
signora rise
piano.
«E
tu, invece?
Sei ancora sola? Immagino che mio figlio abbia lasciato un vuoto
difficile da
colmare»
«Mi
scusi,
signora, ma se suo figlio è stato così stupido da
farsi scappare una ragazza
d’oro come Emma, allora ce lo deve avere lui qualche vuoto...
nel cervello!»
Tempismo
perfetto. Emma rivolse uno sguardo riconoscente al ragazzino che era
emerso dal
retro bottega proprio al momento giusto: ancora qualche secondo e
avrebbe
centrato la faccia di quella befana con una delle sue splendide
meringate
appena preparate.
«Il
tuo
cellulare sta squillando» fece ancora Giovanni.
La
ragazza
schizzò via, senza neppure salutare. Salì
rapidamente i pochi gradini che
l’avrebbero riportata in cucina, guidata dal suono prepotente
della suoneria
che intonava la Cavalcata delle Walchirie.
«Pronto!»
esclamò senza fiato, agguantando il cellulare, prima che
questo trasferisse
quella preziosissima chiamata alla segreteria telefonica.
«Oi,
Emma, ma
perchè c’hai l’affanno?»
Era
Carlotta. Non ci posso credere.
Aveva sfiorato
l’infarto in quei pochi disperati istanti di trepidazione ed
era solo la sua
amica.
«Perchè
cavolo
mi chiami col numero privato?!» si arrabbiò.
«Scherzetto!»
Emma
rimase in
silenzio, ascoltando la risata fresca della ragazza e riconsiderando i
motivi
che l’avevano spinta a stringere con lei
un’amicizia che durava da più di dieci
anni.
«Ci
sono
novità?» chiese Carlotta, tornata seria.
«No»
«Vedrai
che
chiameranno»
«Mah...»
«Ti
dico che
chiameranno!»
Emma
sorrise,
ricordandosi immediatamente perché era così
legata a quella ragazza dallo
strano senso dell’umorismo.
«Grazie»
mormorò.
Carlotta
rise di
nuovo, dall’altro capo del telefono.
«Casomai
puoi
sempre continuare a cucinare per noi!»
Emma riagganciò
un po’ rincuorata, senza
conoscerne la ragione. Spense il forno ed avviò la
lavastoviglie, facendo
attenzione a selezionare il programma a risparmio energetico. Il rumore
del
motore riempì la cucina, mentre qualche soffio di vapore
fuoriusciva dallo
sportello.
La
ragazza
chiuse gli occhi e lentamente si piegò sulla gamba sinistra,
tenendo la destra
stesa in avanti. Arrivata rasente il pavimento si accoccolò
su se stessa, le
braccia tese di fronte a sé, e rimase lì ferma,
contando fino a otto. Poi
sollevatasi leggermente ripeté l’esercizio,
invertendo la posizione delle
gambe. Giovanni aprì la porta della stanza e, vedendola
così rannicchiata,
disse, scuotendo la testa: «Non so come fai a rimanere
così accucciata!»
«E’
più comodo
di quanto sembri» gli rispose Emma, senza aprire gli occhi.
«Sì,
se sei un
trampoliere!»
La
ragazza rise,
alzandosi.
«Erano
loro al
telefono?»
Giovanni
era
sempre così premuroso con lei; lo conosceva da quando era un
bambino e sapeva
che poteva fidarsi ciecamente di lui.
«No»
«Meglio
così» si
lasciò sfuggire il ragazzo.
«Scusa?!»
Emma
lo fissò
allibita per un attimo. Che cosa significava quell’ultimo
commento? Non sapeva
quanto lei ci tenesse a quel lavoro?
«E’
che se ti
prendono sarai costretta a trasferirti...» iniziò
Giovanni, mentre le sue
guance si coloravano leggermente.
«Ci
sono
miliardi di motivi che potrebbero portarmi lontano da qui»
disse Emma, sovra
pensiero «molti dei quali non altrettanto positivi».
«Però
potresti
rimanere qui con ... noi!»
La
ragazza rivolse
lo sguardo su di lui e sorrise.
«Probabilmente
sarà quello che accadrà»
Giovanni
ricambiò il sorriso. Quando faceva così
dimostrava decisamente di più dei suoi
diciassette anni, forse per quell’aria sicura che gli
illuminava sempre il
volto o per il portamento prestante, forgiato negli anni dai duri
allenamenti
di hockey.
«Sfida
all’ultimo sangue, stasera?» provò lui.
«No!
Lo sai che
non mi va di...»
Emma
preferì non
continuare.
«Eri
fuori
allenamento» disse Giovanni, ricordandole una spiacevole
situazione che aveva
dovuto affrontare poche settimane prima. La ferita era ancora fresca.
«Ero
pietosa» lo
corresse lei.
«Eri
bellissima»
mormorò lui. «La più bella di
tutte»
«Tu
sei troppo
buono!»
«Be’,
faremmo
una bella coppia ... non credi?»
«Forse,
se tu
avessi dieci anni di più» ammise Emma, ripetendo
un discorso già fatto in mille
altre occasioni.
«Abbiamo
solo
cinque anni di differenza!» si arrabbiò il
ragazzo, avvicinandosi di qualche
passo.
«Sono
troppi»
La
voce stanca
di Emma lo colpì più di quanto avrebbe potuto
fare qualsiasi altro rifiuto.
I
due ragazzi si
fissarono per qualche istante e proprio quando Giovanni sembrava voler
riprendere il discorso le sue intenzioni furono vanificate dal
sopraggiungere
di sua madre, la proprietaria della pasticceria.
«Allora?
Hai
saputo niente?»
Emma
scosse la
testa desolata.
«L’avranno
presa
di sicuro! La sua focaccia allo zenzero è superba!»
Era
di nuovo
Giovanni. Possibile che quel ragazzo riuscisse solo a farle dei
complimenti?!
Emma
guardò
l’orologio: erano quasi le sei di sera. La telefonata sarebbe
già dovuta
arrivare. O forse non l’avevano scelta e non si prendevano
neppure il disturbo
di avvisarla. Un vero peccato, perchè ci teneva
così tanto!
Quella
di
Antonio Callegaro era una rinomata scuola di cucina aperta a pochi
privilegiati, ma lei aveva creduto veramente di avere una
possibilità: aveva
fatto mille progetti, andando persino in avanscoperta a Venezia per
cercare una
camera in affitto e rimanendo sconvolta dai prezzi proibitivi della
città.
Evidentemente aveva
sopravvalutato le sue
capacità culinarie.
Giovanni
la
abbracciò, a tradimento, e scappò dalla cucina.
«Attento
a non
romperti una gamba quando esci!» gli gridò dietro
sua madre. «I gradini sono
pieni di neve!»
«Tranquilla!
Il
ghiaccio è il mio elemento» lo sentirono
rispondere.
E
poi il
telefono squillò.
Emma
e la donna
si scambiarono uno sguardo colmo di agitazione.
«Che
fai? Non
rispondi?» disse Monica, vedendo che la ragazza non si
decideva a prendere il
cellulare.
«Se
non lo fai
tu, lo faccio io!» le intimò.
Emma
si schiarì
la voce e, incrociate le dita, premette il pulsantino verde.
«Parlo
con Emma
Canziani?» fece subito un’atletica voce maschile.
«Sì,
sono io»
«Buonasera,
sono
Salvatore Castellano, delegato della Federazione. Le comunico che
avrà l’onore
di rappresentare l’Italia ai prossimi Mondiali di
Pattinaggio».
«...»
«Signorina
...
Signorina Canziani, è ancora lì?»
*
* *
Nota
dell’autrice
Non sono una
pattinatrice professionista, ma solo una
grande appassionata di questo sport meraviglioso! Mi scuso sin da ora
con gli
esperti per gli errori in cui temo finirò con
l’incappare! Si accettano di buon
grado suggerimenti & consigli!
Grazie a
tutti coloro che si prenderanno la briga di
leggere questo mio primo tentativo di fanfiction e lasceranno un
commento!
Menestrella
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