Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |       
Autore: menestrella 07    31/10/2007    2 recensioni
Ecco la mia prima fanfic relativa al mondo del pattinaggio... e della pasticceria! Prima parte conclusa!
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Uno.

Pazienza

 

 

 

E così alla fine era arrivata anche la neve. Emma si affacciò alla vetrina per controllare la condizione della strada, realizzando che di lì a poche ore avrebbe dovuto tornare a casa a piedi.

 

 

 La bicicletta forse è meglio tornare a prenderla domani.

 

 

 Fece ritorno sconsolata nel retro bottega e, data un’occhiata al cellulare che giaceva muto attaccato alla presa di corrente, cominciò a caricare la lavastoviglie: quel pomeriggio si era davvero data alla pazza gioia, preparando quattro crostate ai mirtilli e cinque meringate. Già si immaginava i commenti della proprietaria: guarda che gli ingredienti costano, le persone non comprano semifreddi con questo tempo...

 

 

 Ma non ci poteva fare nulla, era più forte di lei: cucinare per tenere a bada l’ansia. Per questa ragione aveva scelto di fare la pasticcera: perchè trovava che non ci fosse nulla di meglio che annegare i propri malumori nella panna montata.

 

 

Il campanello tintinnò, segnalando l’entrata di un cliente.

«Vai tu, Emma?»

 

 

Più che una domanda era un ordine. La voce tonante della proprietaria risuonò immediatamente dalle viscere della dispensa. Controvoglia la ragazza si tolse il grembiule, impiastricciato di marmellata e, dipintasi un sorriso radioso sul volto che quel giorno doveva risultare più fasullo del solito, andò ad accogliere chi aveva sfidato la neve per far contenta la propria pancia.

 

 

Una rapida occhiata ed Emma si sentì gelare il sangue nelle vene: ad attenderla in negozio c’era nientepopodimeno che la madre del suo ex-fidanzato che, oltre ad essere un’intrigante ficcanaso, poteva vantare la medaglia d’oro ai campionati nazionali della chiacchiera.

 

 

«Buonasera, cara!» la accolse quella, con un ghigno soddisfatto.

«Signora» fece tetra Emma.

«E così lavori ancora qui...»

 

 

La ragazza la interruppe subito in modo poco cortese ma estremamente efficace: non aveva voglia, né tempo, a dire il vero, di offrire il fianco alle sue frecciate e poi dalla posizione in cui si trovava non sarebbe riuscita ad udire il telefono, nel caso si fosse finalmente deciso a squillare.

 

 

«Abbiamo un’ottima crostata al mirtillo, se vuole favorire»

«Oh, la crostata al mirtillo!» ripeté la donna, con un sorriso malevolo. «La preferita di Mirko!»

 

 

Ottimo. Ora era spacciata.

 

 

«Sai, mio figlio sta molto bene. Lavora in una prestigiosa ditta di assicurazioni»

«Sono contenta per lui» si sforzò di dire Emma, rimproverandosi però subito dopo per aver sprecato fin troppe parole; un debole «Mmmm...» sarebbe bastato.

«Guadagna 2000 euro al mese!» insistette la megera.

 

 

Questa volta la ragazza fece finta di non aver udito ed azionò la macchina del caffè, che non fu sfortunatamente in grado di coprire completamente la voce della signora.

«Ora sta con la Francesca ... te la ricordi la Francesca, vero?»

 

 

Certo, come no? Come si fa a dimenticare la donna-di-facili-costumi che ti soffia il fidanzato quando tu hai più bisogno di lui?

 

 

«Lavora ancora sulla strada?» domandò Emma, usando il tono più impertinente che possedeva.

 

 

La signora la guardò un istante completamente scioccata.

«Come vigilessa, intendo» concluse la ragazza, trattenendo un sorriso di trionfo.

«Certo, cara, la Francesca è una ragazza così seria e responsabile!»

 

 

Talmente seria da innamorarsi del ragazzo di una sua amica e di convincerlo a lasciarla senza alcun preavviso.

 

 

«Fantastico! Me li saluti entrambi, allora» concluse Emma, decidendo di togliersi rapidamente dai piedi la fastidiosa visitatrice.

«Saranno così felici di sapere che non te la sei presa!»

 

 

Emma concentrò lo sguardo sui bigné al cioccolato, mentre immagini di svariati tipi di morti dolorose attraversavano la sua fantasia.

«Perchè avrei dovuto? Sono fatti l’uno per l’altra».

Già, Dio li fa e poi li accoppia.

 

 

La signora rise piano.

«E tu, invece? Sei ancora sola? Immagino che mio figlio abbia lasciato un vuoto difficile da colmare»

 

 

«Mi scusi, signora, ma se suo figlio è stato così stupido da farsi scappare una ragazza d’oro come Emma, allora ce lo deve avere lui qualche vuoto... nel cervello!»

 

 

Tempismo perfetto. Emma rivolse uno sguardo riconoscente al ragazzino che era emerso dal retro bottega proprio al momento giusto: ancora qualche secondo e avrebbe centrato la faccia di quella befana con una delle sue splendide meringate appena preparate.

 

 

«Il tuo cellulare sta squillando» fece ancora Giovanni.

 

 

La ragazza schizzò via, senza neppure salutare. Salì rapidamente i pochi gradini che l’avrebbero riportata in cucina, guidata dal suono prepotente della suoneria che intonava la Cavalcata delle Walchirie.

 

 

«Pronto!» esclamò senza fiato, agguantando il cellulare, prima che questo trasferisse quella preziosissima chiamata alla segreteria telefonica.

«Oi, Emma, ma perchè c’hai l’affanno?»

Era Carlotta. Non ci posso credere. Aveva sfiorato l’infarto in quei pochi disperati istanti di trepidazione ed era solo la sua amica.

 

 

«Perchè cavolo mi chiami col numero privato?!» si arrabbiò.

 

 

«Scherzetto!»

 

 

Emma rimase in silenzio, ascoltando la risata fresca della ragazza e riconsiderando i motivi che l’avevano spinta a stringere con lei un’amicizia che durava da più di dieci anni.

«Ci sono novità?» chiese Carlotta, tornata seria.

 

 

«No»

«Vedrai che chiameranno»

«Mah...»

«Ti dico che chiameranno!»

Emma sorrise, ricordandosi immediatamente perché era così legata a quella ragazza dallo strano senso dell’umorismo.

«Grazie» mormorò.

 

 

Carlotta rise di nuovo, dall’altro capo del telefono.

«Casomai puoi sempre continuare a cucinare per noi!»

 

 

 Emma riagganciò un po’ rincuorata, senza conoscerne la ragione. Spense il forno ed avviò la lavastoviglie, facendo attenzione a selezionare il programma a risparmio energetico. Il rumore del motore riempì la cucina, mentre qualche soffio di vapore fuoriusciva dallo sportello.

 

 

La ragazza chiuse gli occhi e lentamente si piegò sulla gamba sinistra, tenendo la destra stesa in avanti. Arrivata rasente il pavimento si accoccolò su se stessa, le braccia tese di fronte a sé, e rimase lì ferma, contando fino a otto. Poi sollevatasi leggermente ripeté l’esercizio, invertendo la posizione delle gambe. Giovanni aprì la porta della stanza e, vedendola così rannicchiata, disse, scuotendo la testa: «Non so come fai a rimanere così accucciata!»

 

 

«E’ più comodo di quanto sembri» gli rispose Emma, senza aprire gli occhi.

«Sì, se sei un trampoliere!»

La ragazza rise, alzandosi.

«Erano loro al telefono?»

 

 

Giovanni era sempre così premuroso con lei; lo conosceva da quando era un bambino e sapeva che poteva fidarsi ciecamente di lui.

 

 

«No»

«Meglio così» si lasciò sfuggire il ragazzo.

 

 

«Scusa?!»

Emma lo fissò allibita per un attimo. Che cosa significava quell’ultimo commento? Non sapeva quanto lei ci tenesse a quel lavoro?

«E’ che se ti prendono sarai costretta a trasferirti...» iniziò Giovanni, mentre le sue guance si coloravano leggermente.

 

 

«Ci sono miliardi di motivi che potrebbero portarmi lontano da qui» disse Emma, sovra pensiero «molti dei quali non altrettanto positivi».

«Però potresti rimanere qui con ... noi!»

 

 

La ragazza rivolse lo sguardo su di lui e sorrise.

«Probabilmente sarà quello che accadrà»

 

 

Giovanni ricambiò il sorriso. Quando faceva così dimostrava decisamente di più dei suoi diciassette anni, forse per quell’aria sicura che gli illuminava sempre il volto o per il portamento prestante, forgiato negli anni dai duri allenamenti di hockey.

 

 

«Sfida all’ultimo sangue, stasera?» provò lui.

«No! Lo sai che non mi va di...»

 

 

Emma preferì non continuare.

«Eri fuori allenamento» disse Giovanni, ricordandole una spiacevole situazione che aveva dovuto affrontare poche settimane prima. La ferita era ancora fresca.

«Ero pietosa» lo corresse lei.

«Eri bellissima» mormorò lui. «La più bella di tutte»

 

 

«Tu sei troppo buono!»

«Be’, faremmo una bella coppia ... non credi?»

«Forse, se tu avessi dieci anni di più» ammise Emma, ripetendo un discorso già fatto in mille altre occasioni.

 

 

«Abbiamo solo cinque anni di differenza!» si arrabbiò il ragazzo, avvicinandosi di qualche passo.

 

 

«Sono troppi»

 

 

La voce stanca di Emma lo colpì più di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi altro rifiuto.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante e proprio quando Giovanni sembrava voler riprendere il discorso le sue intenzioni furono vanificate dal sopraggiungere di sua madre, la proprietaria della pasticceria.

 

 

«Allora? Hai saputo niente?»

Emma scosse la testa desolata.

«L’avranno presa di sicuro! La sua focaccia allo zenzero è superba!»

Era di nuovo Giovanni. Possibile che quel ragazzo riuscisse solo a farle dei complimenti?!

 

 

Emma guardò l’orologio: erano quasi le sei di sera. La telefonata sarebbe già dovuta arrivare. O forse non l’avevano scelta e non si prendevano neppure il disturbo di avvisarla. Un vero peccato, perchè ci teneva così tanto!

 

 

Quella di Antonio Callegaro era una rinomata scuola di cucina aperta a pochi privilegiati, ma lei aveva creduto veramente di avere una possibilità: aveva fatto mille progetti, andando persino in avanscoperta a Venezia per cercare una camera in affitto e rimanendo sconvolta dai prezzi proibitivi della città.

 

 Evidentemente aveva sopravvalutato le sue capacità culinarie.

 

 

Giovanni la abbracciò, a tradimento, e scappò dalla cucina.

«Attento a non romperti una gamba quando esci!» gli gridò dietro sua madre. «I gradini sono pieni di neve!»

«Tranquilla! Il ghiaccio è il mio elemento» lo sentirono rispondere.

 

 

E poi il telefono squillò.

 

 

Emma e la donna si scambiarono uno sguardo colmo di agitazione.

«Che fai? Non rispondi?» disse Monica, vedendo che la ragazza non si decideva a prendere il cellulare.

«Se non lo fai tu, lo faccio io!» le intimò.

 

 

Emma si schiarì la voce e, incrociate le dita, premette il pulsantino verde.

«Parlo con Emma Canziani?» fece subito un’atletica voce maschile.

«Sì, sono io»

 

 

«Buonasera, sono Salvatore Castellano, delegato della Federazione. Le comunico che avrà l’onore di rappresentare l’Italia ai prossimi Mondiali di Pattinaggio».

 

 

«...»

 

 

«Signorina ... Signorina Canziani, è ancora lì?»

 

 

 

* * *

 

 

 

Nota dell’autrice

 

Non sono una pattinatrice professionista, ma solo una grande appassionata di questo sport meraviglioso! Mi scuso sin da ora con gli esperti per gli errori in cui temo finirò con l’incappare! Si accettano di buon grado suggerimenti & consigli!

Grazie a tutti coloro che si prenderanno la briga di leggere questo mio primo tentativo di fanfiction e lasceranno un commento!

 

Menestrella 07

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: menestrella 07