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Autore: GhostFace    11/04/2013    4 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nei giorni che seguirono, Bulma decise che non voleva sapere più nulla di Yamcha, delle gemelle e di qualsiasi altro argomento collegato a quegli orribili soggetti. Crilin aveva deciso di assumere le classiche vesti dell'amico chiamato a fare da mediatore di pace tra i due, e Soya gli si era affiancata nel tentativo di scusarsi per il comportamento vergognoso delle sue sorelle minori. Bulma, però, non volle sentire ragioni: era stanca, stufa, delusa da Yamcha; dopo tutte le ansie e i dispiaceri che lei aveva dovuto patire per mesi e mesi, senza parlare degli anni ed anni di bisticci ed incomprensioni che li avevano preceduti, era bastato così poco per farlo cadere nella trappola della tentazione, era bastato qualche bicchiere e un leggero barlume di allegria. Se doveva riporre la sua fiducia in un dongiovanni simile... a questo punto chi può dirlo se c'erano stati dei precedenti che lui in malafede le aveva sempre taciuto, in passato?! La fiducia che nutriva era andata del tutto in frantumi. «Anzi... se c'è una cosa che mi dispiace, è di aver perso tutto questo tempo... avrei dovuto decidermi prima a mollarlo!»
D'altro canto, Yamcha sosteneva testardamente che un momento di debolezza è una cosa perfettamente umana e, dal momento che lei dopo anni avrebbe dovuto essere consapevole del tipo di uomo con cui aveva a che fare, doveva sapere anche che lui avrebbe potuto ammirare tutti i culi del mondo senza mai realmente tradirla (cosa che intanto aveva fatto!). Sosteneva anche che il loro litigio era colpa della sua ex fidanzata e del suo “carattere di merda”. «Quella stupida avrebbe dovuto solo ringraziare di avere un fidanzato con le mie capacità! Le ho dimostrato che sono un buon lavoratore, che non sono solo un ammasso di muscoli senza cervello... e questa è la stima che ha di me! Sono solo un dongiovanni, per lei!»
Siamo alle solite: in circostanze del genere, entrambe le parti interessate sono convinte di avere ragione, ed in parte è sicuramente così. D'altronde, entrambe  hanno anche una parte di torto, ma nessuno dei due è disposto a riconoscerlo davanti alla propria coscienza, e davanti all’altro. Morale della favola: i due ex fidanzati accompagnarono la rottura al grido di “Che liberazione!”.
Da speranzoso ambasciatore Crilin si rassegnò ad essere lo sconfitto di turno: sconfitto dall'idea che la coppia storica composta dai suoi due amici era scoppiata, che quei due non si sarebbero mai più rimessi assieme e che quella benedetta telenovela era ormai giunta al termine. Anzi, sulla testa pelata del nostro beniamino piombò una conseguenza negativa: visto come erano andate le cose in una coppia più che consolidata, la sua baldanza nei confronti di Soya dovette subire una leggera battuta d'arresto, all’insegna della cautela: “Devo andarci piano... devo andarci piano con lei, cavolo!” si ripeteva. Poveretto, gli altri si lasciavano e lui era quello che si faceva carico dei maggiori problemi! Lo atterriva l'idea che tra lui e Soya prima o poi potesse esplodere una pesante litigata, o che si verificasse una rottura insormontabile fra loro; lo terrorizzava in modo letale l'idea che Soya potesse soffrire per colpa sua, o rimanere profondamente delusa lui. Conoscersi bene, frequentandosi con calma e a poco a poco, costruire la fiducia reciproca giorno dopo giorno, senza affrettare i tempi: questa doveva essere la strategia vincente da seguire.
Dopo alcuni giorni, Bulma cominciò ad avvertire la pesantezza della situazione. La giovane scienziata, nonostante la sua testardaggine iniziale, nonostante si fosse imposta di essere forte e di non dare più importanza a “quello stronzo”, in poco tempo accusò il colpo ed ebbe un crollo psicologico: e infatti fu proprio in quei giorni che Goku visualizzò l'amica, scontenta ed infelice, mediante i poteri telepatici di Re Kaioh. Quando ancora stava con Yamcha e la loro frequentazione si andava affievolendo, era agitata dallo spettro della solitudine; questo timore alla fine era diventato l'inconsolabile certezza di essere davvero rimasta sola. Pual ormai da un bel pezzo aveva abbandonato quella casa, andandosene con Yamcha, naturalmente; Olong, dacché la casa si era svuotata di colpo, visto l'umore perennemente nervoso e intrattabile di Bulma, aveva deciso di trasferirsi alla Kame House, con il caro vecchio Muten. Di conseguenza, Bulma visse alcune settimane abbandonata a sé stessa, a riflettere, a ragionare, a lasciar sbollire la rabbia.
 
Una sera, Bulma stava trascorrendo sul divano il suo ormai consueto dopocena casalingo, guardando un film in TV. Si trattava di una scialba e banale commedia romantica, di quelle in cui il protagonista maschile cerca di conquistare la ragazza conosciuta nei primi cinque minuti del film: evidentemente ci sarebbe riuscito solo alla fine, dopo un'ora e quaranta minuti di alterne vicende, dopo una corsa pazzesca contro il tempo e un gesto eclatante e clamoroso tale da permettergli di vincere il cuore della sua bella. Dopo qualche minuto le fu chiaro dove la trama volesse andare a parare; l'idea di sprecare così quella serata non la elettrizzava, ma si rassegnò, non avendo alternative migliori... Il film era da poco iniziato, quando sentì nella cucina, adiacente al salotto, un rumore di passi e di qualcuno che armeggiava tra gli sportelli. Sollevò la testa e lanciò uno sguardo: era Vegeta che, dopo gli allenamenti e la solita doccia serale, si era vestito in comodi pantaloni di tuta e maglietta, e si era avventurato in cucina a caccia della cena.
«Ah, sei tu... avevo sentito dei rumori...» A queste parole egli rispose solo guardandola, senza reale interesse, giusto per farle capire che non l'aveva ignorata. Non le disse nulla non perché non l’avesse notata, ma solo perché non gli andava di sprecare il fiato... come al solito.
Avrebbe voluto incalzare con un pungente “Guarda che puoi anche rispondermi a parole, eh?!”, ma evitò: un'istintiva ispirazione momentanea le suggerì di tentare un approccio amichevole piuttosto che sarcastico con lui, onde evitare che scappasse via scocciato. Quindi gli chiese: «Che fai?»
«Mi procuro qualcosa per cena.» rispose lui, con la freddezza di chi non teneva presente che quella cena, anzi che ogni singolo pasto da due anni a questa parte, gli veniva generosamente offerta da quella sua interlocutrice.
«Che programmi hai per stasera?»
«Quelli di tutte le sere... mangiare e addormentarmi.»
«Perché non resti qui e guardi questo film con me? Vorrei sapere che ne pensi... puoi anche mangiare qua,  seduto davanti alla TV...» propose la ragazza, dando qualche pacca al cuscinone del divano in segno di invito. Cercava un pretesto per conoscere meglio ciò che passava per la testa del suo misterioso inquilino.
Il Principe la fissò con uno sguardo diffidente e ritroso, che a Bulma ricordò con improvvisa nostalgia i suoi primi giorni con il piccolo Goku, quando il ragazzino guardava ogni innovazione tecnologica, o meglio ogni manifestazione della “civiltà umana”, come se fosse una stregoneria. «Guarda che non succede nulla di male, se mi fai compagnia per una volta...»
«Basta che mi lasci mangiare in pace, però...» borbottò il Saiyan, che non aveva voglia di discutere o di sentirla alterarsi per una sciocchezza del genere; quindi si accomodò sul divano, poggiò il cibo sul tavolinetto davanti a lui e cominciò a lavorare di mascelle, mentre osservava il susseguirsi delle vicende sullo schermo. Sorprendentemente, rimase a seguire la trasmissione fino alla fine, pur avendo terminato da un pezzo la cena. Alla fine Vegeta si alzò e fece per andarsene, mentre Bulma era ancora adagiata sul divano: «Buonanotte» disse lui, con un passo avanti diretto fuori dalla stanza.
«Beh, aspetta...» lo fermò lei, per poi chiedergli: «…che te ne sembrava?». Così lo costrinse a fermarsi e a prestarle orecchio. «Era carino, no? Personalmente temevo peggio...»
«Bah... noioso, più che altro...» rispose lui, con la noia che gli si leggeva in volto. «Si faceva fatica a seguirlo...»
«Forse non ti era chiaro qualche passaggio della trama?»
«Guarda che non sono scemo...» ribatté lui con annoiata irritazione. «Sono solo extraterrestre! Forse ti aspetti che adesso io faccia l'alienato che vive fuori dal mondo e non capisce la mentalità terrestre, e ti chieda “che senso avevano questo e quello”, però capisco bene tutto del vostro modo di ragionare, anche se non condivido un bel niente!» E con questo concluse il suo giudizio sul film romantico, abbandonando la stanza e strappando inevitabilmente a Bulma un sorriso a stento soffocato.
Strano a raccontarsi, ma quel singolo, isolato, quasi casuale episodio segnò l'inizio di una consuetudine per quella strana coppia, la scienziata terrestre e il Principe dei Saiyan. Più volte alla settimana, sempre e solo per la sera, vedeva Vegeta far capolino in cucina, possibilmente in prima serata, spinto dalla pressante necessità della cena; Bulma lo informava di ciò che le interessava seguire quella sera, e lo invitava a restare; lui restava, con fare distaccato (vero o artefatto che fosse tale atteggiamento, nessuno avrebbe saputo capirlo). Col passare di qualche settimana, talvolta era lui a prendere l'iniziativa e a chiederle “cosa danno in TV?”. Una situazione buffissima, non c'è che dire, che nessuno avrebbe mai creduto possibile! Una volta davano un film di guerra, con mitragliatrici, dinamite e carri armati; commento sarcastico di Vegeta: «Vediamo un po' la guerra nella preistoria della tecnologia!» Un'altra volta, un film di alieni e fantascienza; commento pungente di Vegeta: «Sono curioso di vedere come un popolo di primitivi dipinge noi extraterrestri.» Il suo ghigno stava cominciando a diventare una componente immancabile di quelle serate, di quelle visioni in compagnia, e la ragazza trovava a modo loro interessanti i suoi commenti ironici sull'inferiorità della razza terrestre. Il sarcasmo era una sua propensione naturale. Una volta Bulma gli aveva chiesto come trascorresse il suo tempo libero, aspettandosi come risposta un “Fatti gli affari tuoi” o “Un Saiyan non ha mai tempo libero”. Invece, lui rispose in modo conciso: «Ammazzo...», per poi, all'espressione scioccata della sua interlocutrice, proseguire: «... il tempo.» Incredibile, Vegeta l'aveva fatta ridere! E ancora, durante quelle ore serali trascorse insieme, Bulma aveva supposto che - per quanto Vegeta fosse un guerriero, un vero guerriero, sicuramente il re dei guerrieri - essendo di lignaggio reale, doveva essere anche una persona dotata di acume ed ingegno... e lo era, in effetti. A volte lui abbandonava annoiato il divano, ben prima che lo spettacolo fosse finito; altre volte, Bulma lo beccava con la coda dell'occhio mentre teneva lo sguardo fisso sullo schermo e nel frattempo allungava la mano dentro il sacchetto delle patatine che lei stava mangiando, il tutto dopo essersi già abbuffato di un'abbondante cena. La ragazza era contenta, comunque: le sembrava di aver iniziato a sciogliere almeno in parte il ghiaccio di cui quell'uomo era costituito.
Quella consuetudine e quella familiarità a lei risultavano molto piacevoli, per quanto fosse un po' ritrosa ad ammetterlo; per lui inveceera un'abitudine che... “non gli riusciva troppo molesta”, come avrebbe potuto definirla con altrettanta ritrosia. Trascorsero così un paio di mesi.
 
Bagliori, bagliori dorati. Quando cercava di trasformarsi in Super Saiyan, Vegeta non vedeva altro che bagliori dorati, uno dopo l'altro, che baluginavano e poi abortivano attorno a lui in modo tristemente inconcludente. “Così non ci siamo... sto solo aumentando la mia aura! Cosa mi manca per diventare Super Saiyan? Cosa ha permesso a Kakaroth di riuscirci? Ormai sono ancora più forte di quanto non fosse lui all'epoca, e per di più ho fatto una fatica immane per arrivare a questo livello... non è passato giorno senza che io sottoponessi tutti i miei muscoli ad uno strenuo allenamento...”
I mesi, gli anni erano volati, letteralmente volati, come i fogli di un calendario che, sospinti dall’impeto violento del vento del tempo, si scollano e vengono spazzati via, per non fare più ritorno. Il tempo possiede questa caratteristica: passa, fugge a rotta di collo, scorre in un flusso continuo, e nel frattempo non ci si rende conto di ciò; quando si pensa ad un tempo prossimo venturo, questo è già trascorso prima ancora che te ne possa rendere conto. Una tragica caratteristica, secondo chi vi narra questa storia, ma anche secondo Vegeta: il quale aveva trascorso mesi e mesi senza riuscire a raggiungere l'agognato livello di Super Saiyan. Non è per niente gradevole vivere trascinando sulle proprie spalle questo carico da mille tonnellate di frustrazione allo stato puro. Ciò che frustra e delude ancor più non è soltanto il fluire drammatico dei mesi e degli anni, quanto il fatto che essi scorrano invano, senza vedere realizzati i propri obiettivi.
“Guardami, Kakaroth... guardami dall'Aldilà! Sono molto più forte di quanto fossi tu, senza trasformazione...” e tirò un pugno, con la consapevolezza che Kakaroth dall'Altro Mondo avrebbe davvero potuto guardarlo, assistere ai suoi progressi ma soprattutto ai suoi fallimenti. “Sono molto, molto più veloce... questa gravità 200 non la sento nemmeno, è come se il mio corpo fosse una piuma!” Effettuò rapidi spostamenti a super velocità per provarlo al suo ipotetico spettatore dal regno dei morti,  ma soprattutto per provarlo a sé stesso.
Di punto in bianco si bloccò. Si era reso conto di aver trovato una falla nel suo allenamento perfetto, ed era quella falla che gli impediva di migliorare... Dannazione! “Ormai sono giunto al punto in cui nemmeno la super gravità forza 200 mi aiuta a migliorare! Anche se mi allenassi per anni in queste condizioni, non farei più il salto di qualità che ho fatto nel periodo iniziale di allenamenti. Certo... i miglioramenti sono stati evidenti soprattutto nel primo periodo, quando mi allenavo aumentando gradualmente la gravità e il mio corpo si abituava a pesi via via crescenti. Ma ormai anche la gravità 200 volte superiore a quella naturale terrestre non mi aiuta più... allenandomi ancora, potrei incrementare sicuramente il mio livello col tempo, ma sempre di poco... altro che salto di qualità! No, non ci siamo... con questo metodo non diventerò un Super Saiyan! In fin dei conti, anche Kakaroth per raggiungere quel livello non ha mai superato una gravità superiore a 100 volte quella terrestre!”
La sera in cui Vegeta era reduce da quelle sconfortanti riflessioni, con un certo rammarico andò a procurarsi la cena in cucina. Proprio quella sera, però, Bulma aveva stabilito di osare un approccio più approfondito, con la puntualità con cui tipicamente vengono posti i quesiti più scomodi ed inopportuni: «Come vanno i tuoi allenamenti?»
«Una meraviglia.» rispose con un tono in lapidario contrasto con il contenuto della sua affermazione.
«Mi chiedevo...» improvvisò lei, imbarazzata a muoversi su un terreno di cui capiva poco. «Ma di preciso a che livello di potenza vuoi arrivare? Ti sei prefisso un traguardo?»
«Secondo te?» chiese lui di rimando, inarcando un sopracciglio.
«Forse vuoi eguagliare o superare il livello di Goku?» tirò ad indovinare Bulma con candore, senza pensare che l'argomento avrebbe potuto sollevare un polverone, un litigio o qualcosa di analogamente seccante.
«Non è che voglio... ci riuscirò sicuramente!» esclamò Vegeta, rivolgendo l'aspro cipiglio verso la ragazza.
«Forse non sono un'intenditrice e non dovrei parlare...» azzardò la donna, un po' timorosa «…ma non dovresti prima raggiungere lo stadio di Super Saiyan? Che io sappia, a quel livello la forza di un Saiyan è notevolmente diversa da...»
«Zitta, donna!» la interruppe seccamente il Principe; era da tanto che l'epiteto “donna” non faceva capolino sulle sue labbra, e questo non era un buon segno. «Non voglio la tua compassione! Lasciami in pace!» aggiunse poi, cominciando a muovere qualche lento e nervoso passo nella direzione di Bulma, che invece indietreggiava, involontariamente.
«Ma no... Non fraintendermi! E comunque sei tenace... credo che chiunque altro avrebbe rinunciato, a questo punto... tu invece...» aggiunse, non rendendosi conto che questa insistenza, lungi dall’elogiare Vegeta, non faceva che scocciarlo ancora di più.
«Taci! Non tollero assolutamente consolazioni per i miei fallimenti!» disse alzando la voce, continuando ad avanzare lentamente di qualche passo, con uno sguardo da tempesta, costringendola ad indietreggiare ulteriormente fino ad appiattirsi intimorita contro la parete della stanza. «Non avere il coraggio di dubitare delle mie capacità, Bulma!»
Un momento di silenzio. Lui era vicinissimo lì, davanti a lei, e col pugno puntato sulla parete sembrava vietarle tacitamente ogni iniziativa di movimento.... e come la fissava! Nessuno dei due seppe spiegarsi allora, né sarebbe mai riuscito a spiegarsi in seguito, il perché di quel che avvenne nel giro di un istante. Non importava il perché: sta di fatto che negli anni a venire Bulma avrebbe ringraziato la sorte che tutto ciò fosse accaduto, sebbene all'inizio non l'avrebbe mai creduto. Nel giro di quel breve istante si erano ritrovati così, lei spalle a muro, lui davanti a lei, con un pugno poggiato al muro accanto al suo volto, l'altro palmo sulla sua pancia, che la spingeva con delicata forza contro la parete; erano faccia a faccia, davvero pochi i centimetri che li distaccavano. Lei non riusciva ad urlare quanto si sentisse prigioniera in quel momento, riusciva a parlare solo di gola; non usciva la sua caratteristica voce squillante, trapelava tra i denti solo un timbro  basso e sommesso: «Vegeta, io ti odio... io ti... io ti...» iniziò a balbettare, non sapendo nemmeno lei cosa avrebbe voluto dirgli, fargli, minacciargli. E adesso perché gli aveva detto che lo odiava? Cosa c'entrava? Voleva solo dirgli “Togliti dalla mia vista - lasciami andare”, voleva gridarglielo, ma in fondo non era ciò che lei voleva. Lo voleva, ma non lo voleva: cose da pazzi! Gli occhi neri del Saiyan avevano su Bulma un magnetismo a cui gli occhi azzurri rispondevano con un fascino indescrivibile... quegli occhi azzurri dai quali, basta negarlo!, Vegeta era attratto con una forza istintiva e naturale...
...No. No, non era possibile. Non era vero e non stava accadendo. Non riusciva a crederci, che in quel momento si era venuta a combinare quella situazione. Non poteva essere vero che lui e lei si stessero offrendo e restituendo scambievolmente quei gesti, quei movimenti; non doveva essere vero che entrambi tenessero gli occhi chiusi e stessero continuando a percorrere con le mani l’uno il corpo dell’altra, nella maniera più naturale possibile, e che i loro visi fossero più che vicini, senza mai separarsi; lei non aveva realmente la mano sul petto di lui, lui non palpava davvero il seno di lei da sotto la maglia. Non poteva essere così sottile la linea che divideva la repulsione e l'attrazione, eros e thanatos, odi et amo, Bulma e Vegeta; il crepuscolo doveva esistere, ma dov'è che finiva il giorno e iniziava la notte? Come distinguere l'odio dal... Fermarsi, prima che tutto andasse avanti, o andare avanti prima che tutto si decidesse a fermarsi? A lei furono sufficienti alcuni lunghissimi nanosecondi per smettere di parlare, e anche solo di pensare, di porsi innocenti domande, e cedere al ritmo istintivo dell'amplesso.
 
Luogo comune numero uno: di solito nei film, quando capita un fatto di questo tipo, il giorno dopo i protagonisti della vicenda sentono il bisogno di parlare di quello che ciò ha significato per loro. Anche Bulma – da brava terrestre - avvertì questo bisogno, ma Vegeta – da altrettanto bravo Saiyan - non la cercò e continuò a comportarsi secondo le proprie abitudini, come se nulla fosse. Tutto questo per lui non rappresentava un evento sensazionale o di qualche rilevanza morale; era stato un fatto che dal suo punto di vista non avrebbe avuto ricadute concrete o un significato speciale; non aveva nemmeno un millesimo del valore che Bulma gli attribuiva. Bulma, dal canto suo, era attratta dal Saiyan, anche se faticava a credere che avessero fatto quel che avevano fatto; ma se fosse potuta tornare indietro nel tempo, era sicura che ci sarebbe ricascata volentieri altre cento volte.
 
Luogo comune numero due, qualche settimana dopo: accadde l'imprevisto prevedibile, la classica ed implacabile sequenza. Il mese che salta un turno, la visita specialistica dal ginecologo di fiducia e una cicogna in arrivo; una volta qualcuno scrisse che uno dei modi più sicuri per avere una gravidanza è non aspettarla e non desiderarla affatto. E allora si può stare sicuri che la gravidanza arriverà.
C'è da dire che Bulma, la principale diretta interessata, non ne fece una tragedia. Tutt'altro: accolse la notizia per quello che era, ossia una splendida, stupenda notizia. Aveva centomila buoni motivi per essere felice, e chiunque potrebbe intuirne ben più di uno. Coinvolgere Vegeta? Sicuramente, ci avrebbe provato, perché no? La missione avrebbe richiesto una dose industriale di pazienza, ma la ragazza, nonostante la sua indole irascibile, era disposta ad impegnarsi per far capire a quel cocciuto che la creatura che stava crescendo nel suo grembo era sempre suo figlio, era sempre un nuovo appartenente alla razza Saiyan, come lo era Gohan, del quale non si poteva dire che fosse un guerriero mediocre per la sua età. E comunque, da un punto di vista più pratico, i suoi genitori l'avrebbero aiutata in qualsiasi cosa: sua madre diveniva una vera esagitata all'idea di poter avere un piccolo Vegeta in miniatura da portare in giro per la casa, da coccolare, a cui dare il biberon e poi farlo giocare con i cani, i gatti e i dinosauri domestici! Così anche il Dr. Brief bofonchiava felice che non vedeva l'ora che il piccolo nascesse.
Le aspettative di Bulma su Vegeta come padre vennero ben presto deluse. Vegeta fin dall'inizio non aveva mostrato particolare interesse per il nascituro, per il figlio del Principe dei Saiyan, e lo scorrere dei mesi non mutava quell'atteggiamento. L'idea non lo attirava, non lo spaventava né tantomeno lo esaltava. Niente: la sua vita quotidiana proseguiva senza che la gravidanza lo toccasse; sembrava che il figlio non fosse suo, ma di una persona che lui conosceva molto alla lontana. Continuava ad avvicinarsi a Bulma solo la sera, ed ogni tanto poneva qualche domanda sul bambino; il semplice “Come stai?” oppure “Quanto tempo manca ancora?” erano per lei delle perle rarissime e, per questo, preziosissime.
 
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L'ANGOLO DELL'AUTORE
Mi ero ripromesso di racchiudere il travagliato racconto di Bulma e Vegeta in un unico capitolo, ma la vicenda è diventata un po' più lunghetta di quello che prevedevo. O facevo un unico capitolo lunghissimo, o lo spezzavo in due più brevi... quindi ho optato per la seconda alternativa. Il titolo del capitolo è una citazione tratta da un famoso verso di un poeta latino, Catullo, che con l'espressione "Odi et amo" ("Odio ed amo"... allo stesso tempo, s'intende) intendeva quel sentimento misto e ambiguo di amore talmente passionale da non essere distinguibile dalla sofferenza che arreca all'amante, e che quindi sfocia nell'odio.
Dimenticavo: la battuta di Vegeta "Ammazzo. Il tempo." è una citazione del primo leggendario Scary Movie. :-D 
  
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