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Autore: now_here    11/04/2013    0 recensioni
Chi ha mai deto che si può recitare solo sopra un palco?
Io ci riesco benissimo anche nella vita vera, senza problemi.
O meglio, forse lei è un problema.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono già sette minuti che la sveglia suona. Eppure, non ho voglia di alzarmi. In questo letto ho creato un microcosmo tutto mio, che non può essere espugnato da nessuno, perché nessuno ne è a conoscenza.
Io sono Edgar, come Poe, ma per la maggior parte delle persone sono semplicemente Ed.
Un soprannome che non mi piace affatto, anzi che mi dà piuttosto fastidio. Eppure sono costretto a tenermelo, come se fosse stampato su tutto il mio corpo. O come se la gente si rifiutasse di imparare un nome di cinque semplici lettere.
Dieci minuti che la sveglia suona: è ora di alzarmi. Addio, tanto agognato mondo dove io sono primo e anche unico cittadino, benvenuta vita reale.
A dirla tutta non amo più di tanto la mia vita vera, è una continua farsa, proprio come se stessi inscenando una storia di Poe, come se già con la scelta del mio nome mia madre e mio padre avessero delineato bene i caratteri della mia vita. Come se, appena nato, mi avessero sussurrato   « Tu devi imparare a fingere, Edgar. »
Eppure fingere mi riesce davvero bene. In questi anni non ho fatto altro che allenarmi per diventare un perfetto bugiardo, che vive bene con sé stesso e che fa sembrare di stare bene anche con gli altri, anche se “gli altri” non mi capiscono affatto. Pensano a bere, fumare, trovare la tipa di turno. Io invece no. Se diceste ad un qualsiasi mio amico (e non che ne abbia tanti) che sono un probabile pazzo che si esterna dalla società vivendo una vita parallela -  che preferisce di gran lunga a quella reale, aggiungerei – vi riderebbero in faccia per forse un quarto d’ora.
Per loro sono Ed il figo, Ed che si ubriaca (con dell’acqua non gassata), Ed che fuma a più non posso, Ed che è il terrore di ogni ragazza nel giro di venti chilometri.
Forse dovrebbero candidarmi all’Oscar.
7 e 14 minuti: l’ ora della colazione. Trovo divertente il modo di versare il latte.  Se lo si versa troppo piano si impiegherà un’ eternità a riempire tutta la tazza. Se invece lo si versa troppo velocemente, ci sono buone probabilità che si debba cambiar maglia. Mentre fisso l’orologio, sentendo le notizie del telegiornale, inizio a stilare il copione della giornata. Oggi, ad esempio, so di dover aiutare Karen per il progetto di scienze, per non offenderla. E’ strano come basti invitare a pranzo una ragazza per una sola volta per farle credere di essere follemente innamorati di lei.
7 e 30 minuti. Manca mezzora all’inizio dello spettacolo di oggi. E’ così belo che i miei genitori la mattina siano completamente assenti. Posso gestire il mio tempo come voglio io, senza la paura di critiche o rimproveri. Posso svegliarmi alle 6 in punto così come alle 7:45, basta che non faccia tardi a scuola.
7 e 47. Come ogni giorno prendo la borsa, indosso la maschera ed esco di casa, mentre ascolto Bowie. Anche stamattina il pullman farà tardi, ne sono sicuro. Stamattina la fermata è più solitaria del solito, si vede che inizia l’inverno e le persone iniziano a spostarsi con mezzi propri. Ma è così bello stare soli nel pullman, senza strane facce che t’osservano stranite, senza signore che urlano contro i figli e anziani che imprecano perché hanno fatto tardi per le Poste.
Intanto il pullman si intravede in lontananza. Sono le 7 e 52. Accendete le luci, alzate i microfoni. Si entra in scena. 
  
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