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Autore: Laylath    11/04/2013    1 recensioni
Che cosa sarebbe successo a tutti loro? Potevano continuare a proteggersi a vicenda?
In poche ore gli uomini di Mustang ricevono l'ordine di trasferirsi negli angoli più pericolosi del paese: gli scacchi vengono allontanati dal loro re.
E' il pedone che, in poche ore, deve fare i conti con le paure e i dolori della separazione e alcuni tremendi sospetti; perché ogni pezzo è indispensabile alla vittoria finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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La sveglia iniziò a suonare prepotentemente nel comodino accanto al letto.
Fury da sotto le coperte tirò fuori un braccio e cercò a tentoni quel maledetto apparecchio che l’aveva svegliato così crudelmente. Dopo qualche tentativo lo trovò e lo spense per poi riappallotolarsi su se stesso e riprendere a dormire.
Ma dopo dieci secondi un bolide di circa cinque chili gli arrivò dritto sopra lo stomaco e le coperte iniziarono ad essere tirate.
“Va bene! Va bene! – borbottò portando la testa fuori da quel groviglio – Sono sveglio, sei contento?”
Black Hayate si sedette sopra il suo petto, iniziando a leccargli affettuosamente il mento. Con una risatina Fury lo abbracciò e si ridistese sul cuscino, concedendosi ancora qualche minuto di riposo.
“Ci pensi? – chiese rivolto al cane – sono già passate due settimane…”
A volte non gli sembrava vero che tutto era finito.
Dopo che le loro anime erano tornate nei corpi, perché era successo davvero questo, avevano dovuto attendere ancora alcune ore prima che le truppe di Central City levassero l’assedio alla sede della radio. Anche se era sfinito, ricordava che aveva avuto un’ultima forte scarica di adrenalina quando Breda gli aveva detto che era il momento di andare a cercare i loro compagni.
E poi tutto quel disastro e quei morti e feriti nel quartier generale: quando aveva visto il tenente in barella e sanguinante per quella ferita al collo era quasi scoppiato in lacrime e solo il forte pizzico che Breda gli aveva dato al braccio l’aveva fatto resistere. E la ciecità del colonnello? Anche quello era stato un duro colpo, nonostante il suo superiore non mostrasse il minimo tentennamento, mentre veniva accompagnato in ospedale e anzi, iniziasse già a dar loro nuove disposizioni.
“Ma per lo meno non ci sono state solo scene brutte…” sospirò mentre il cane gli infilava il muso nel colletto della maglietta, annusandogli la spalla.
Mentre con Breda prendeva commiato dal sottotenente Ross, che stava tornando ad aiutare il maggiore Amstrong, si era girato e aveva visto un gruppo di soldati di Briggs: tra di loro spiccava per altezza un uomo dai capelli bianchi e neri, col viso magro e gli occhi allungati. Falman si era girato verso di lui, probabilmente attratto dal suo sguardo, e aveva sorriso. Sì, forse quell’abbraccio a tre, con lui mezzo soffocato tra Falman e Breda era stata la cosa più bella che avesse mai provato negli ultimi tempi. Rideva e piangeva allo stesso tempo, senza dire niente, senza chiedere a Falman che cosa era successo mentre erano separati. Sapevano che ci sarebbe stato tempo: in quel momento l’unica cosa che importava era sentirsi di nuovo uniti in quel meraviglioso, dannato, unico senso di fratellanza e cameratismo che avevano creato in anni di lavoro assieme.
“Va bene, direi che è il momento di alzarsi. Altrimenti rischio di fare tardi!” dichiarò sedendosi nel letto e facendo scendere il cane sul pavimento. Si stiracchiò, prese gli occhiali dal comodino e si alzò, pronto ad inziare la giornata.
Dopo la doccia si sistemò i capelli dritti passandoci le dita leggermente bagnate. Finalmente guardarsi allo specchio non era più sconvolgente come due settimane fa. Non aveva più i cerotti, il viso era pulito e rilassato, senza occhiaie e senza più quella magrezza che mal si adattava a lui; i capelli erano stati tagliati e ora erano di nuovo gestibili. Decisamente un’altra persona rispetto a quando era tornato nel suo appartamento, all’alba del giorno dopo la vittoria, praticamente sostenuto da Breda, e si era buttato nel suo letto del tutto vestito e senza nemmeno levarsi gli occhiali.
Uscito dal bagno, indossò i pantaloni, la camicia e la giacca: in ospedale non era il caso di indossare la divisa.
Sulla sua scrivania c’erano diversi libri che si era procurato la sera prima e che avrebbe dovuto portare al colonnello.
Prese dall’armadio uno zaino azzurro, che usava ai tempi della scuola e si girò verso Black Hayate che lo fissava incuriosito.
“Oggi ho una missione speciale da compiere: – gli disse – mi dai una mano?”
 
“Buongiorno, signore. Stamattina è più mattiniero del solito!” lo salutò l’infermiera alla reception
“Buongiorno! – rispose Fury – Ehm, sì dobbiamo lavorare parecchio!”
“Vedo che anche oggi ha un bel carico di libri. Addirittura uno zaino! Le serve una mano?”
“Cosa?! – esclamò sbiancando – No! No… volevo dire… grazie mille ma ce la faccio da solo!”
Senza aspettare risposta si avviò per il corridoio, con il viso rovente. Rischiò per due volte di far cadere la pila di libri che portava, provocando risatine delle infermiere sui corridoi.
“Stai calmo, stai calmo – mormorò – andrà tutto bene”
Finalmente giunse alla stanza dove erano ricoverati il colonnello e il tenente. Impossibilitato a bussare, con una manovra ormai collaudata riuscì a portare il gomito alla maniglia e ad aprire.
“Buongiorno, Fury” lo salutò il tenente.
Ma invece di rispodere subito il ragazzo si affrettò verso il punto del pavimento dove stavano gli altri libri, accumulati lì nel corso dei giorni, e dopo aver poggiato quelli appena portati corse a chiudere la porta, guardandosi attorno con aria circospetta.
“Ma che ti succede?” chiese la donna
“Perché? Che è successo, sergente?” chiese il colonnello dal suo letto girando il volto verso di lui. Come erano strani quegli occhi grigi per la cecità… Fortunatamente tra qualche giorno sarebbero guariti, grazie alla pietra filosofale, e sarebbero tornati scuri e carichi di quel magnetismo che era capace di intrappolare Fury sin da quando aveva conosciuto il suo superiore anni prima.
“Niente di particolare” rispose il giovane imbarazzato, rinsavendo dai suoi pensieri, levandosi lo zaino dalle spalle e tenendolo stretto tra le braccia
“No? – sorrise il tenente con aria indulgente – E allora perché sei così mattiniero e soprattutto hai l’aria di uno che l’ha appena fatta grossa?”
“Ma siamo sicuri di parlare con il vero Fury?” chiese il colonnello
“Oh sì. Ha la faccia di quando viene coinvolto da Havoc e Breda in qualche follia e poi ha paura di essere scoperto”
“Havoc non è qui… che cosa ti ha fatto fare Breda?” chiese il colonnello mettendosi a braccia conserte.
“Veramente niente, signore. – scosse la testa Fury. Poi si sedette accanto al tenente – L’iniziativa è solo mia e forse non avrei dovuto, però…”
Armeggiò con i lacci dello zaino, che sembrava stranamente vivo tra le sue mani, e subito un muso bianco e nero sgusciò fuori.
“Piano! Piano! – esclamò mentre il cane impazziva di gioia nel rivedere la padrona e cercava di uscire dallo zaino – Aspetta che ti aiuto… e attento a non far male con le zampe”
Il tenente scoppiò a ridere e abbracciò il suo cane
“Spero che questi guaiti li stia facendo Black Hayate e non tu, Fury” disse il colonnello
“Sì, è proprio lui – rispose il tenente – adesso capisco perché eri così a disagio quando sei entrato. Non si possono portare animali in ospedale”
“Lo so… però Hayate sentiva la sua mancanza, signora – disse Fury con un sorriso imbarazzato – E ho pensato che uno strappo alla regola si poteva fare!”
“Proprio tipico di te, sergente” ridacchiò il colonnello
“E’ stato un gesto davvero gentile. – sorrise lei – Grazie davvero”
Il sergente arrossì e guardò felice quell’incontro tra cane e padrona. Nonostante avesse ancora il collo fasciato, il viso della donna aveva un colorito sano e lo sguardo era finalmente sereno: vederla in quelle condizioni era un grande sollievo.
Lei e il colonnello avevano affrontato delle dure prove nei sotterranei del quartier generale e Fury era sicuro che di diverse cose non avrebbero parlato mai con i loro sottoposti. Ma era altrettanto sicuro che, nonostante tutto, il legame tra quei due era sempre forte, forse ancora di più e la cosa non poteva che confortarlo.
Le sue riflessioni furono interrotte dalla porta che si apriva.
“Buongiorno capo!” salutò Breda entrando insieme a Falman
“Ehi Fury, sei mattiniero oggi” disse Falman
“Dovevo accompagnare un visitatore clandestino” ammise il ragazzo accennando all’animale accucciato tra le braccia del tenente.
“Che… che ci fa lui qui!?” esclamò Breda spostandosi all’angolo opposto della stanza
“Volevo portarlo al tenente, è da due settimane che non lo vede” rispose innocentemente
“Va bene… ma tenetelo lontano da me! Chiaro?”
“Che cos’è questo odore, Breda?” chiese il colonnello
“Ah sì. La colazione per tutti… certo, se qualcuno non vuole queste focacce appena uscite dal negozio, non mi offendo, sia chiaro!”
“Decisamente meglio dei pasti dell’ospedale – sorrise Mustang – e per studiare ho bisogno di essere in forma. Dammene una!”
“Certo capo! E invece questa doppia è per te, Fury… devi ancora riprendere qualche chilo, ragazzo. Mangia e riempiti: il magro della squadra è Falman, non tu!”
Fury addentò con soddisfazione la focaccia, gustandosi quell’esplosione calda di sapori. Nell’ultima settimana stava divorando tutto come un lupo: finalmente aveva la possibilità di fare pasti decenti e il sottotenente Breda si era autonominato “supervisore della sua dieta rigenerativa”.
“Bene, adesso possiamo iniziare. Fury hai portato i libri che ti avevo chiesto?”
“Certo, signore! Ho preso dalla biblioteca tutto il materiale relativo all’economia di Ishbar, come voleva.”
 
“Va bene, riportalo a casa. E niente più visite clandestine: tanto staremo qui solo per qualche giorno ancora” sospirò il tenente, quella sera, ridando il cane a Fury
“Non lo farò più, tenente… mi scusi ancora” sospirò a sua volta il sergente aprendo lo zaino per far rientrare la bestiola.
“Non posso credere che abbiamo fatto una simile figuraccia…” borbottò il colonnello dal suo letto
“E’ colpa di questo cretino! Ma io dico, che cosa porti il cane sapendo che io odio queste bestie!?” esclamò Breda
“Ci siamo fatti riconoscere. - mormorò Falman - Spero che l’infermiera non si sia arrabbiata troppo”
“Arrabbiata!? Secondo te? – chiese ironicamente Mustang – Una bellissima infermiera, perché dalla voce si capiva chiaramente, entra qui per portare il pranzo e voi rovinate tutto con questo casino.”
“Non volevo vedesse Hayate…” iniziò Fury
“E così lo prendi e lo porti proprio vicino a me?!” si infuriò Breda
“Perché volevo nasconderlo in mezzo ai libri… ma lei era proprio lì accanto”
E l’ovvia conseguenza era stata che Breda aveva cacciato un urlo degno di altra causa, buttando per aria i volumi che aveva in mano e facendo urlare anche l’infermiera che aveva fatto cadere il vassoio. Falman aveva cercato di riprenderlo al volo, con il concreto risultato di rovesciare il suo contenuto addosso alla ragazza. Il tutto mentre Black Hayate approfittava della confusione per sgusciare via dalle braccia di uno sconcertatissimo Fury e correre fuori nel corridoio, scatenando il caos in metà ospedale.
“Chiedo scusa a tutti” balbettò il giovane
“Forza, andate… - ordinò il colonnello – prima che vi dia fuoco! E meno male che non c’è anche Havoc… altrimenti quell’imbecille non avrebbe fatto altro che aumentare il danno”
“Colonnello, non si agiti troppo: le ricordo che è in ospedale e deve stare calmo”
“Tenente, per favore… non ti ci mettere anche tu!”
 
“Dannazione! Non prendere mai più iniziative, Fury! Sei un pericolo pubblico!” sbottò Breda prima di afferrare il bicchiere e mandare giù una sorsata di vino
“Volevo solo fare una sorpresa al tenente. – si scusò Fury per l’ennesima volta fissando imbarazzato il suo bicchiere d’acqua – Proprio l’altro giorno aveva chieso di Black Hayate e si capiva che sentiva la sua mancanza”
“A Briggs per una cosa del genere, il generale Amstrong ti avrebbe fatto a fette con la spada” dichiarò Falman
“Vuol dire la sorella del maggiore? Quella donna che ho intravisto al quartier generale?” sbiancò il sergente ricordando quegli occhi di ghiaccio e soprattutto quella spada affilata.
“Quella secondo me farebbe a fette anche il colonnello, anche se lui tirasse fuori tutto il suo fascino” annuì Breda
“Chissà cosa penserebbe il sottotenente Havoc di lei. -  si chiese Fury – Del resto una volta ha avuto una spiacevole disavventura con la sorella minore del maggiore, vi ricordate?”
“Quel cretino è stato fidanzato anche con un homunculus… - sogghignò Breda – ma forse il generale non ha abbastanza tette per lui”
Risero di gusto, mentre la cameriera del locale portava un vassoio carico di roba da mangiare
“Accidenti! – esclamò Fury mentre gli occhi gli brillavano – Questo cibo dell’ovest sembra davvero eccezionale come diceva, signore!”
“Vero? Per fortuna qui a Central ho scoperto questo ristorante gestito da una famiglia originaria di West City. Buona cena, signori.”
“Devo ammettere che non è affatto male” ammise Falman addentando un boccone
“Dovremo portarci anche Havoc quando arriverà qui” dichiarò Breda
“Giusto! Che meraviglia, non mi sembra vero! Tra qualche giorno saremo di nuovo tutti insieme – sorrise Fury poggiandosi sullo schienale della sedia – e Havoc e il colonnello guariranno! Non finirò mai di ringraziare il dottor Marcoh e la sua pietra filosofale per questo miracolo!”
“Ti è mancata la squadra, eh piccolo?” sorrise Breda
“Non può immaginare quanto! – arrossì il ragazzo – E soprattutto sono felice che tutta questa storia di mostri, cerchi di trasmutazione e quanto altro sia finalmente finita! Tutto è tornato alla normalità”
“Alla normalità… Beh di certo alcune cose cambieranno. – disse Falman con uno strano sorriso – Per come stanno le cose penso, anzi sono certo, che presto il colonnello diventerà generale dell’Est. Il vecchio Grumman sarà Comandante Supremo, ma solo per qualche anno. Poi sarà una vera lotta di potere tra Amstrong e Mustang”
“E tu da che parte starai, Falman?” chiese Breda
“Eh? – esclamò Fury – ma che domande sono? Maresciallo…”
“Sottotenente, prego” corresse l’interessato
“Sottotenente, mi scusi. Insomma lei fa parte del nostro team, non c’è nemmeno bisogno di chiederlo… vero?”
“Beh, ammetto che il generale Amstrong mi ha proposto di continuare a prestare servizio a Briggs”
“Capisco” borbottò Breda
Fury abbassò lo sguardo sul tavolo
“Ma noi… hanno fatto di tutto per separarci e adesso che è finalmente tornato tutto a posto…”
“Ho rifiutato, infatti” disse Falman
“Sul serio?” esclamò Fury
“Uomo coraggioso. E la donna non ti ha tagliato in due con la sua lama?”
“Ho corso il rischio. Ma se davvero tra qualche anno dovrò dare il mio sostegno a uno dei due per diventare comandante supremo, questo sarà il colonnello. Dopo vedrò cosa fare.”
“Wah! Meno male, signore – sospirò Fury – per un secondo ho avuto paura che lei avesse perso di vista la stella polare!”
“Ma che cosa stai delirando?” chiese Breda addentando un pezzo di carne
“Lascia stare sottotenente – sorrise Falman – credo di aver capito che cosa intendesse il sergente. Concordo Fury, la stella polare non sempre porta a nord.”
“Nord… stella polare… bah, pensate invece che presto torneremo ad Est. Appena sarà in piedi, il capo diventerà generale e noi dovremo aiutarlo con la questione di Ishbar. I libri che stiamo studiando saranno ben poco in confronto al lavoro che ci sarà da fare… si tratta di rimediare a più di dieci anni di guerra e odio.”
“East City, che meraviglia! – disse Fury con gli occhi che brillavano di aspettativa – Ve lo immaginate? Al massimo tra qualche mese saremo a casa!”
“Sai già cosa farai appena arrivato?” chiese Falman
“Riprenderò possesso della mia scrivania e rimetterò le mie radio dove è giusto che stiano – rise il ragazzo - …e poi prenderò un paio di giorni di congedo”
“Ah si?”
“Sì, devo fare una cosa molto importante. – stette in silenzio per qualche secondo e poi prese il bicchiere e lo sollevò –  Alla nostra squadra, alla nostra amicizia… Alla semplice gioia della normalità!” esclamò
Falman e Breda lo osservarono e poi con un sorriso presero i bicchieri e toccarono il suo
“Alla squadra e all’amicizia! Alla semplice gioia della normalità!” dissero in coro
  
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