Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Melanto    31/10/2007    4 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PRE-NOTA: cospargendomi il capo di cenere, mi duole informare la gentile clientela, che il tanto sponsorizzato *colpaccio* slitterà al capitolo 14  a causa… della mia terribile logorrea! XD Questo capitolo è già chilometrico da solo! XD
Vi rimando a fine capitolo! Gomen nasai! T_T

Huzi

- Capitolo 13 -

Yoshiko non ce la faceva più, arrivando addirittura a piangere per le risate.
Rick, Hisui e Toshi le stavano raccontando da ore le loro avventure in giro per il mondo e le loro continue battute erano troppo divertenti. Ma sapevano anche essere seri, qualche volta, affascinandola con i loro discorsi ed i luoghi incredibili che il lavoro di ricercatori li aveva portati a visitare.
“Fai conto…” esclamò Rick, gesticolando animatamente “…ci trovavamo in una piana piena di vacche con le corna lunghe così!” ne mimò la misura “E noi dovevamo effettuare dei rilevamenti nel sottosuolo con un radar. Allora succede che, cammina cammina, dobbiamo entrare anche nello spazio recintato appartenente ad un altro mandriano, mi segui?”.
Yoko annuì, sempre più presa dal suo racconto.
“Bene! Allora cominciamo ad aprire il cancello di quel recinto, che si reggeva per opera e virtù dello Spirito Santo, ci sei? Ecco, comincia a passare Hisui che trascinava il carrello con sopra l’apparecchiatura e fin qui, tutto liscio. Poi, mentre Toshi tenta di entrare… PATAPAM! Il cancello si rompe!”.
“Oddio!” squittì Yoshiko “E poi?!”.
Rick la guardò con serietà “Non ci scappa un vitello?!”.
E la ragazza sbottò in una sonora risata, mentre l’altro continuava. “La bestiola ha cominciato a correre felice e contenta per tutta la piana, e Yuzo tirava giù l’intero calendario in improperi!”.
“Povero Prof!”.
“Povero Prof?!” fece eco Hisui “Povero me, vorrai dire! Questi disgraziati mi hanno lasciato da solo con una cinquantina di mucche esagitate!”.
“Zitto tu!” lo ammonì Ricardo “Fammi finire di raccontare!” e poi riprese subito il discorso “Dopo un primo momento di panico, io, Toshi e Yuzo ci adoperiamo per sistemare quel benedetto recinto, dicendo ad Hisui di continuare a fare le misure mentre noi cercavamo di riacchiappare il vitello!” e cominciò a ridacchiare “Ma le mucche non erano d’accordo! Dopo nemmeno cinque minuti vediamo Hisui che cammina avanti e tutte le vacche dietro che lo seguono perché rivogliono il vitellino!”.
A Yoshiko cominciarono a spuntare le lacrime dal ridere.
“Giuro! Avevano gli sguardi da psicopatiche!” confermò il meteorologo “E continuavano a muggire sempre più forte! Ero convinto che volessero incornarmi! Meno male che il toro dominante non era nei paraggi: un mostro che, al garrese, era alto quanto Yuzo!”.
“Addirittura?!” fece eco la sorella di Misaki, mentre Hisui annuiva gravemente.
“Non credere che a noi sia andata meglio!” esclamò Toshi, attirandosi l’attenzione della ragazza. “Mentre Meteo-man faceva il conquistador di vacche, noi abbiamo cominciato a rincorrere il vitello in lungo e in largo!” e la fece sbottare a ridere di nuovo “Yuzo e Rick cercavano di accerchiarlo, ma quel dannato correva come una lepre!”.
“Santoddio! Non me lo ricordare!” appoggiò l’ispano-americano “Mai fatta tanta ginnastica in una volta sola!”.
“E Rita?!” domandò Yoko. Rick incrociò le braccia al petto. “Quella carogna se la rideva alla faccia nostra, comodamente appoggiata alla portiera di Dante!”.
“E come avete fatto a riprendere il vitello?!” domandò ancora con curiosità.
Momento di imbarazzato silenzio.
“Perché l’avete ripreso, no?” continuò Yoshiko.
“Sì, sì…” annuì Toshi “…il vitello è tornato nel recinto, ma non l’abbiamo preso noi…”.
“No? E chi allora?”.
Secondo momento di imbarazzato silenzio, scambio di sguardi.
E la ragazza propose “Non mi direte che è stata Rita, vero?”.
Tre sospiri rassegnati e Yoko che scoppiò a ridere per l’ennesima volta.
“Le sono bastati un paio di fischi talmente forti, che secondo me l’hanno sentita anche sulla Luna, ed il vitello è tornato indietro…” riprese Rick “…e, con un paio di balzi, ha scavalcato il recinto! Mentre noi tre avevamo le lingue a terra per il fiatone ed Hisui si era nascosto dietro al carrello del radar per sfuggire ai bovini!”.
“Già…” convenne Toshi “…Rita ci guardò con una faccia che sembrava dire ‘Embeh?! Ci voleva tanto?!’.” scosse il capo, rivolgendosi all’ingegnere “Oddio, cos’è che disse? Quella frase in dialetto…”.
Quatt ne siti, e nun n’apparati uno bbuono!” ripeté Rick nel suo napoletano dalla cadenza ispanica, per poi tradurre “Siete in quattro, ma messi assieme non ne fate uno buono!”.
“Ragazzi, mi fate morire!” esclamò Yoshiko asciugandosi gli occhi.
“Non le avrete raccontato quella del vitello, vero?” la voce di Yuzo si attirò subito lo sguardo della giovane, che annuì con decisione.
“Proprio quella, cow-boy!” lo prese in giro, mentre Rita ridacchiava, portandosi le mani ai fianchi.
“Non siete furbi se le raccontate le vostre figuracce!”.
Rick le fece una smorfia, mentre il Prof continuava “Per stasera, basta così. Le avrete fatto la testa come un pallone.”.
“Ma non è colpa loro!” li difese Yoshiko “Io mi sono divertita a sentire delle vostre avventure!”.
“Allora sei più pazza di noi!” sorrise Yuzo “Ma non hai visto che ore sono?” e la sorella di Misaki scosse il capo, dando un’occhiata all’orologio da polso.
“Accidenti! Già le dieci di sera! Non mi ero accorta che fosse così tardi…” il tempo le era letteralmente volato come sempre accadeva quando era in sua compagnia.
“Preparati che andiamo.” le disse quest’ultimo “Hai fame?”.
La ragazza si infilò velocemente il cappotto, avvolgendo il pesante sciarpone colorato. “Mh… ora che mi ci fai pensare…”.
“Take-away?” propose e lei annuì. “Andata!” rivolgendosi poi agli altri membri della squadra, con un largo sorriso. “E’ stato un vero piacere conoscervi!”.
“Anche per noi! E vienici a trovare: abbiamo ancora un sacco di storie da raccontarti!” salutò Rick, annuendo con decisione.
“Allora le volete male!” scherzò Yuzo, indossando il giaccone ed avviandosi in direzione delle scale, seguito da Yoko che rideva, mollandogli un colpetto sul braccio.
“Ma smettila!”.
Rick, Toshi, Hisui e Rita li osservarono andar via e l’ingegnere esclamò. “Oh, che romantico! Il Principe riaccompagna la graziosa Cenerentola!”.
I suoi colleghi ridacchiarono, ma la sismologa, che ne sapeva più di loro, disse “Non hai capito, Riccà: Cenerentola dorme dal Principe stanotte.” affermazione che si attirò immediatamente l’attenzione di tre paia di occhi.
“Che cosa?!” fu il coro unanime.
Lei si sistemò furbescamente gli occhiali sul naso.
“Rita: cosa sai che noi non sappiamo?!” domandò subito l’ispano-americano, ma lei fece spallucce, allontanandosi.
“Non ve lo dirò!” disse con fare sostenuto, mentre i tre cominciarono a tampinarla.
“Come: non ce lo dirai?!” piagnucolarono, mentre lei ridacchiava, decisa a prenderli in giro ancora per un po’, anche se, in definitiva, non era successo nulla tra i due, ma Rita era un’italiana impicciona, campana per giunta e per queste cose aveva un intuito sopraffino.
E l’intuito continuava a dirle: “Tempo, è solo questione di tempo.”.

“Me li avevi descritti come dei mentecatti, ed invece sono simpaticissimi!” decretò Yoshiko, mentre scendevano lentamente le scale diretti ai garage.
“Trovi che non siano dei matti da rinchiudere e buttare via la chiave?!”.
“Affatto!” confermò con entusiasmo “Sono solo un po’ strambi, ma mi sono divertita tantissimo con loro!”.
“Davvero?” sorrise “Credevo ti saresti annoiata dopo un po’.”.
“Non me ne hanno dato il tempo!” Yoshiko scosse il capo “Mi hanno tenuto compagnia, mostrandomi l’FVO da cima a fondo! Anzi, scusa, magari li ho distratti troppo dal loro lavoro.” ed aggrottò le sopracciglia, esibendo un’espressione dispiaciuta.
“Figurati, si sarebbero distratti ugualmente, sono degli sfaticati!” scherzò, agitando una mano “Scusami tu se non sono stato molto presente…” ma lei si affrettò a scuotere il capo, arrossendo leggermente e gesticolando.
“Ma no! Non preoccuparti, è stato…” - …bello… - “…interessante vederti all’opera! Davvero!” sorrise “Cambi espressione…” e mosse lo sguardo altrove, con imbarazzo.
“Dici riguardo al fatto che ero piuttosto alterato?” sospirò Yuzo, cavando una Marlboro dal pacchetto. “Oddio, scusami. Solitamente sono meno antipatico, è che oggi sono riusciti a farmi innervosire tutti…” spiegò, sforzando un sorriso.
Per quanto non si riferisse a quello, Yoshiko ripensò a quel particolare momento della riunione. Il Prof le era sempre sembrato una persona equilibrata e calma, per quanto malinconica, e vederlo arrabbiato l’aveva stupita. “Ti riferisci a quel Kishu che avete nominato?” domandò, sperando di non sembrare troppo invadente.
“A lui, ai miei, a quelli del Volcano Research Center. Oggi hanno fatto en-plein!” e scosse il capo, stringendo la sigaretta tra le labbra, con un sorriso “Mi consolo sapendo che passerò la serata in ottima compagnia.”.
Yoshiko si sforzò all’ennesima potenza di non arrossire, mentre lui non si rendeva minimamente conto che semplici frasi come quella appena pronunciata la mandavano nella confusione più totale. Diciamo che ogni suo complimento o minima attenzione avevano l’effetto di un tornado F5[1] o un terremoto al massimo grado dentro di lei, che poi finiva col ripetersi il mantra: ‘Non illuderti, è solo cortese!’.
Arrivarono al piano terra, dove la stessa guardia che li aveva accolti era seduta al suo posto.
“Se ne sta andando, Professore? Buona notte!” e sollevò cavallerescamente il cappello verso Yoshiko. “Spero che la visita sia stata di tuo gradimento, figliola, avrai molto da raccontare ai tuoi compagni di classe!”.
Yoko trattenne un sorriso, avvicinandosi al banco. “Interessantissima!” confermò “Ma posso confidarle un segreto?” e l’uomo annuì incuriosito, sporgendosi verso di lei. “Vado all’Università!”.
Shiguro sgranò gli occhi, spostandoli da lei a Yuzo, che tentò di non ridere.
“Confermo.” disse il Prof e la guardia si grattò un sopracciglio con imbarazzo.
“Accidenti, signorina, è così graziosa che è riuscita ad ingannarmi!”.
Yoko raggiunse il vulcanologo. “Grazie del complimento! E buona notte anche a lei!” salutò, scendendo l’ultima rampa che li avrebbe portati ai garage. Alla fine, poco le importava se tutti la prendevano per una ragazzina, l’importante era che non lo fosse per il Prof. Il resto passava in secondo piano.
I parcheggi si erano notevolmente svuotati con il passare delle ore e Dante spiccava ancora di più tra le poche vetture rimaste.
“Ad ogni modo…” riprese, mentre Yuzo faceva scattare l’antifurto del Pick-up “…quando dicevo che la tua espressione cambia, non mi riferivo al fatto che fossi arrabbiato, ma a come divenissi improvvisamente serio…”.
“Serio dici?” sorrise lui, salendo entrambi sull’auto. Lo sguardo fisso sulle chiavi che rigirava tra le mani. “Sì, forse è vero. Il fatto è che lavorando per l’FVO ho molte responsabilità, tra cui la vita di altre persone…” si volse ad incrociare i suoi occhi nocciola “Se io sbaglio, metto in pericolo la loro incolumità…” e Yoshiko avvertì sulla pelle una sensazione di sofferenza provenire dalle sue parole, dal tono cui le aveva pronunciate e dallo sguardo: le sopracciglia leggermente aggrottate e le iridi velate di quella solita malinconia che sembrava portare sempre con sé. “…ed io questo non posso permetterlo.” concluse, mentre lei rimase in silenzio, osservandolo con la stessa sensazione di dispiacere senza riuscire a spiegarsene il motivo, ma avvertendo solo una specie di groppo alla gola.
Yuzo sorrise, infilando rapidamente la chiave nell’accensione e mettendo in moto. “In definitiva, divento un noioso barbogio quando sono a lavoro!”.
“E’… è rincuorante sapere che ti preoccupi così tanto per noi… mi fa sentire al sicuro…” e lo disse senza pensarci, arrossendo subito dopo e ringraziando la bassa luminosità del garage che nascondeva il suo imbarazzo.
Ma come le era venuto?!
A questo punto poteva anche dirgli di esserne innamorata, così tagliava la testa al toro!
Attenta, doveva stare più attenta!
“Davvero?” sorrise il Prof “Grazie, ma non dirlo solo perché sono io, eh!”.
“Antipatico!” arricciò il naso Yoshiko “Lo pensavo sul serio!” ed incrociò le braccia al petto, ringraziando la sua naturale capacità di offrirle sempre una via di fuga alle situazioni imbarazzanti in cui riusciva a cacciarsi.
Yuzo fece rapidamente manovra, ma come Dante mise fuori il suo lungo muso, venne investito da uno scroscio di pioggia.
Il tempo non era stato affatto piacevole negli ultimi due giorni, ma si era limitato a qualche precipitazione sottile e al freddo, ora invece stava letteralmente diluviando e per le strade il traffico scorreva lento.
“Accidenti…” borbottò il vulcanologo, accendendo la Marlboro ed aprendo leggermente il finestrino per far uscire il fumo “…non mi ero accorto che si fosse scatenato questo tempaccio.”.
“Nemmeno io…” accordò Yoshiko, mentre i goccioloni si infrangevano sul vetro con violenza. Poi sorrise “…i tuoi colleghi mi hanno tenuta così impegnata che non ho avuto tempo di affacciarmi alla finestra per vedere il paesaggio.”.
“Allora ti sei persa la bella visuale del Fuji. È proprio alle spalle dell’FVO.”.
“Ah, sì? Adesso che è completamente innevato è uno spettacolo davvero imponente!”.
L’altro annuì con decisione alle sue parole, svoltando in una traversa e posteggiandosi nel primo posto che trovò libero.
“Ci siamo. Quello…” disse il Prof, indicando un negozio all’altro lato della strada “…è il miglior take-away che conosca. Fanno degli spaghetti con le verdure che sono la fine del mondo. Allora, cosa preferisci?”.
“A dir la verità, mi sarebbe piaciuto assaggiare qualcosa preparato da te, Mr Casalingo!” lo prese in giro “Scommetto che il ‘fare tardi’ rientrava in una tattica per non metterti ai fornelli!”.
Lui inarcò un sopracciglio con un mezzo sorriso. “Ah, sì? Quando hai detto che rientra la tua amica Saya?” si informò.
Yoko ci pensò un po’. “Nel pomeriggio…” e l’altro le agitò minacciosamente il dito sotto al naso, con la sigaretta che disperdeva una debole scia di fumo all’angolo della bocca.
“Allora hai ancora un pranzo in mia compagnia, donna di poca fede.” e lei scoppiò a ridere, mentre Yuzo si scusava. “Credimi, non era nelle mie intenzioni fare così tardi, solo che, quando lavoro, mi devono tirare di peso dalla scrivania o potrei continuare ad oltranza.”.
“Sì, me ne sono accorta, però non devi fartene un problema. Sono io quella che ti crea fastidi standoti tra i piedi. Tu sei già fin troppo gentile.”.
“Non cercare di giustificarmi.” Yuzo ciccò rapidamente dallo spiraglio di finestrino. “Dunque, cosa vorresti mangiare?”.
Lei ci pensò su per poi annuire. “Mi affido a te!”.
Il Prof sorrise. “Ok, ho capito. Aspettami qui, faccio subito.”.
“Ma… non usi un ombrello?” domandò Yoko, mentre la pioggia continuava a sbattere imperterrita sul Pick-up.
“Ombrello?” fece eco Yuzo “Mai usato uno!” ed uscì rapidamente da Dante, stringendosi nel giaccone sportivo ed attraversando la strada di corsa. In un attimo fu dall’altro lato, eclissandosi nel take-away.
Yoshiko sorrise, rilasciando un profondo sospiro.
Era magnifico. Semplicemente magnifico, ed ogni momento che passava in sua compagnia lo rendeva ancora più speciale ai suoi occhi.
Al solo pensiero che a breve avrebbe visto anche la sua casa le veniva l’ansia, una strana trepidazione.
Durante il pomeriggio, i colleghi di Yuzo erano riusciti a distrarla, confondendola con le loro chiacchiere, ma ora il momento che aveva atteso stava arrivando.
Una serata col Prof. Solo loro due. Cena e chiacchiere.
Accidenti e dire che fino a qualche giorno prima lui era solo un nome tra i tanti amici di Taro.
Ed ora? Cos’era ora?
Un pensiero costante, un battito più veloce. Amore?
Per lei di sicuro, ma altrettanta certezza era nel fatto che non lo sarebbe mai stata per lui. Yoshiko ne era convinta, ne era sempre stata convinta da quando aveva capito di provare qualcosa nei suoi confronti.
Yuzo era paradossalmente troppo distante per lei; anche se stava facendo tanti piccoli passi per avvicinarsi di più alla sua realtà e al suo mondo, il suo ‘io’ restava sempre un qualcosa di lontano e sfocato. Come era accaduto quando erano saliti sul Pick-up. Yuzo le aveva parlato in un tono diverso dal solito, confidandole il peso delle sue responsabilità e la paura di sbagliare che le sue parole avevano cercato di nascondere.
Ed aveva avvertito sofferenza da quello spiraglio di sé che le aveva aperto, come se lui avesse già commesso un grave errore in passato, come se lui avesse già sbagliato.
Poi, tutto era ritornato sfocato.
Yoshiko sospirò di nuovo, in tono grave questa volta. Forse il suo errore era quello di aver perso l’ex-moglie, forse si pentiva di non aver fatto abbastanza per tenerla con sé.
Si spettinò i capelli con stizza. Uffa! Ogni volta che pensava al Prof, finiva sempre per pensare anche alla sua fantomatica ex, trovandosi tremendamente confusa da mille congetture.
Doveva imparare ad essere meno cerebrale e più menefreghista: le piaceva il Prof? Allora al diavolo questa Aiko!
“Sì! Al diavolo!” borbottò con pseudo-decisione e sopracciglia aggrottate.
Il suono del cellulare nella borsa attirò all’improvviso la sua attenzione. Rapidamente infilò la mano nella sacca alla ricerca dell’oggetto che continuava a strepitare.
“Sì, sì! Un momento!” masticò come se il telefono potesse in qualche modo sentirla ed intanto si domandava chi potesse cercarla a quell’ora. Magari suo fratello o sua madre, ma sperò ardentemente che non fosse quest’ultima.
Finalmente trovò il cellulare, adocchiando il display.
- Saya?! - pensò piuttosto sorpresa che fosse lei. “Sa-…”.
“Yoko era ora! Porca miseria! È da oggi pomeriggio che sto provando a chiamarti, ma dove sei?! A casa non rispondevi! Al cellulare nemmeno! Insomma! Io mi sono preoccupata! Ho saputo del terremoto, come stai?!”.
La sorella di Misaki fu letteralmente sommersa dalla sua carrellata di parole, allontanando il telefono dall’orecchio e restandolo a guardare per qualche secondo con un sopracciglio inarcato. Appena si accorse che l’altra aveva smesso di parlare a raffica disse “Hai finito?”.
“Cosa?!” sbottò Saya “Io passo il pomeriggio e la sera fermamente intenzionata a chiamare la Guardia Nazionale e tu tutto quello che sai dirmi è un asettico ‘hai finito?’?!”.
“Cara, scusami, ma avevo lasciato la borsa con il cellulare nello studio di Yuzo e-…”.
“Eh?! Nello studio di Doc Hollywood[2]?!” fece eco con un tono da vecchia zitella, facendola ridere.
“Sì, proprio lui.”.
“Che cosa mi devi raccontare?!” domandò con la sua solita e terribile curiosità.
“Avrai tutte le notizie domani, sappi solo che: sto bene, il Prof è venuto a prendermi subito dopo la scossa, mi ha portato dove lavora e mi ha invitato a dormire da lui visto che sono da sola.” ed allontanò immediatamente il telefono, conoscendo fin troppo bene il tipo di reazione che l’altra avrebbe avuto nel sentire quelle novità, soprattutto l’ultima. Ed infatti non venne smentita: Saya emise un urlo che avrebbe fatto invidia ai cantanti Metal.
“Ommioddio, Yoko!” strillò ancora “E me lo dici così?! Dormi a casa sua! Ahhhhhhh!”
“Saya, piantala di urlare o i tuoi ti prenderanno per matta!” l’ammonì la sorella di Misaki con un sorriso. “E soprattutto non farti idee strane, ok?”.
“Oh, tesoro! Ora chiedi troppo!” poi bisbigliò in confidenza “Vedi di non concederti subito, eh!”.
“Cosa?!” stavolta fu Yoshiko a strillare, avvampando come un tizzone. “Cretina! Yuzo non mi ha mai considerata da quel punto di vista, non dire scemenze!”.
“Sì, sì. Staremo a vedere…” accordò l'altra con nonchalance “…la carne è debole!”.
E Yoko si passò una mano sul viso, reprimendo il desiderio di volerla strozzare per telefono. Poi si accorse che il Prof stava lasciando il locale e si affrettò a terminare la conversazione.
“Saya devo andare, vedi di non pensare baggianate! Ci vediamo domani!”.
“Va bene, va bene… e tu divertiti!” concluse con una punta di malizia, chiudendo la chiamata prima che potesse lei rispondere qualche possibile insulto.
Yoshiko osservò l’apparecchio, facendogli una linguaccia di stizza, mentre Yuzo saliva rapidamente sul Pick-up, reggendo un paio di sacchetti che disperdevano un profumo decisamente invitante.
“Ecco fatto!” esclamò, passandosi rapidamente una mano nei corti capelli scuri per togliere qualche goccia di pioggia. “Scusami ci ho messo un po’ perché ero indeciso: fanno talmente tante cose buone, lì, che non sapevo quale farti assaggiare!” poi si grattò un sopracciglio “Credo di aver comprato la cena per un reggimento.”.
Yoshiko rise, afferrando le buste ed inspirando l’odorino di cibo a pieni polmoni. “Mh! Fame!” esclamò, mentre lui metteva in moto allontanandosi sotto la pioggia battente.

Nel tempo che il Prof era rimasto nel take-away, il traffico non si era minimamente snellito e ci misero circa una ventina di minuti per arrivare nei pressi dell’abitazione di Yuzo.
Quando Yoshiko si accorse che stavano parcheggiando, cominciò a scrutare le case del quartiere dal finestrino, provando ad ipotizzare quale potesse essere la sua. Condomini, qualche villetta… oddio era agitatissima!
“Allora…” il Prof si attirò la sua attenzione, spegnendo il motore “…la nostra meta è il portone di quel palazzo giallo.” e le indicò la costruzione che lei memorizzò immediatamente con espressione quasi estasiata, per quanto fosse un semplice edificio di un color ocra scuro. “Hai un ombrello con te?” si sentì domandare e lei si riscosse, annuendo e cominciando ad armeggiare con la borsa.
“Sì… dovrei averlo…” ma le ricerche si rivelarono infruttuose “…accidenti, devo averlo dimenticato nella fretta…”.
Yuzo non si perse d’animo. “Più che altro era per te, io sono abituato ad andare in giro senza, comunque niente panico.” ed un lampo illuminò a giorno il cielo seguito dal rombo del tuono e l’intensificarsi della pioggia.
“Dicevi?” fece eco Yoshiko con ironia e lui azzardò.
“Ci toccherà una corsetta.”.
“Ok!”.
“Allora prendi le buste e non ti muovere!” e Yoshiko lo vide scendere nuovamente dal Pick-up, togliendosi il giaccone e tenendolo sollevato sulla testa a mo’ di riparo. Il Prof girò intorno alla vettura, raggiungendo il lato passeggero ed aprendo la portiera. “Ombrello improvvisato!” esclamò e la ragazza sorrise, tenendo strette la borsa e le buste ed infilandosi sotto la sua giacca che era calda ed aveva il suo profumo.
“Pronta?” si sentì domandare per sovrastare la pioggia battente, un attimo dopo stavano correndo lungo la strada semi-deserta, con gli occhi stretti per cercare di schermarsi dalle gocce lanciate controvento ed i loro passi che sollevavano schizzi nelle pozzanghere che velocemente pestavano.
Gli ultimi scalini li decretarono al sicuro, fermandoli davanti al portone coperto da una tettoia spiovente.
“Salvi!” esclamò il Prof, dando una rapida scrollata alla giacca per far scivolare via l’acqua piovana. “Ti sei bagnata?”.
“No, per niente.”.
“Il bello di questi affari supersportivi è che non saranno i più adatti per un gala, ma non lasciano passare nemmeno un fiocco di neve.” sorrise Yuzo, infilandolo e ricercando le chiavi in una delle tasche.
Lei sbirciò tra i vetri del portone con curiosità. “Così vivi in un condominio. Ti facevo uomo da villetta, sai?”.
“Villetta?”. Cavò il mazzo tintinnante, pescando quella adatta. “Ha bisogno di attenzioni che non potrei mai darle, essendo sempre in viaggio.” e si fece cavallerescamente da parte per farla entrare. “Chi si prenderebbe cura del giardino in mia assenza? Diventerebbe una foresta amazzonica!”.
Yoshiko rise, avviandosi alle scale, quando lui la fermò.
“Ascensore.” decretò, indicando il mezzo metallico. “Abito al quarto e ti ho fatto fare già fin troppa ginnastica oggi tra l’FVO e la corsetta di poco fa.” ma lei gli pungolò furbescamente un braccio.
“Di’ piuttosto che non ce la fai!”.
“Io? Ah! Ricordati che facevo parte della Generazione d’Oro ed ho passato gli ultimi dieci anni della mia vita a salire e scendere montagne con qualsiasi condizione atmosferica! Non bastano certo quattro scalini per mettermi K.O.!”.
Yoshiko ridacchiò divertita. “Ma non ero io quella permalosa?!” disse, ricordando la frecciatina che Yuzo le aveva lanciato la sera del gala, quando si erano conosciuti. A pensarci, sembrava passato un secolo ed invece non erano che pochissimi giorni ed erano successe tantissime cose… e quella serata era ben lungi dal finire.
L’ascensore avvertì con un leggero ‘plin’ l’arrivo al piano desiderato, e Yoko ebbe come una velocissima vertigine nell’uscire dal mezzo per metter piede sul pianerottolo dove si affacciavano solo due ingressi. Yuzo si diresse a quello sulla destra ed il respiro sembrò mancarle per un attimo nel sentire lo scatto della serratura. L’occhio le cadde involontariamente sul campanello. Dovevano esserci state due targhette prima, sopra al pulsante. Ora ne restava solo una, solo quella con scritto ‘Morisaki Y.’, l’altra non c’era più. Doveva essere quella di Aiko.
Chissà come faceva di cognome…
“Casa.” e la voce del Prof si attirò la sua attenzione, forse per il modo in cui aveva detto quella semplice parola. Sospirato, quasi con sforzo. Di nuovo si fece da parte per permetterle di entrare e lei avanzò un po’ titubante.
La prima cosa di cui Yoshiko si rese conto era il profumo che la permeava, così diverso da quello di Yuzo, che era più forte e maschile, mentre nell’ambiente aleggiava sottilmente un’essenza più dolce… e femminile.
Un attimo dopo, fu in grado anche di vedere l’appartamento, quando il Prof accese la luce.
Era davvero carina.
Molto semplice, colori caldi e fronzoli ridotti al minimo indispensabile.
Yoshiko avanzò di qualche passo nel salotto, guardandosi intorno con una curiosità irrefrenabile, cercando di imprimersi tutto nella mente ad una prima occhiata. C’erano un divano e delle poltrone attorno al basso tavolino sul quale erano disposte alcune rocce messe come abbellimento insieme ad un posacenere stracarico di mozziconi. Televisore, mensole e altri reperti geologici sparsi. Un’ampia libreria a giorno occupava la parete opposta al divano, le immancabili stampe di spettacolari colate laviche ed eruzioni appese alle pareti ed un balcone dalle imposte ancora aperte che lasciava intravedere l’opalescenza delle nubi esterne illuminate a giorno dai lampi del temporale.
“Ehi!” esclamò la ragazza con sorpresa, osservando il Prof che si era liberato del giaccone. “Ma… e il disordine?!”.
“Quale disordine?” fece eco lui con un sorriso trionfante. “Te l’avevo detto o no che ero un casalingo provetto?”.
“Mh… non me la racconti giusta, sai?” continuò a prenderlo in giro, liberando una mano da un guanto. “Vediamo come te la cavi con la ‘prova dell’indice’!” esclamò, avvicinandosi al tavolino con aria da furbetta.
Lui non si scompose, anzi, si prestò tranquillamente al gioco, incrociando le braccia al petto. “Prego, accomodati.” la sfidò divertito, ma Yoko non si fece intimorire e passò velocemente il dito sulla superficie di vetro.
“Vediamo, vediamo…” ridacchiò, pronta a coglierlo sul fatto, ma si ritrovò a strabuzzare gli occhi “…ma! E la polvere?!”.
“Non c’è. Ennesima riprova che io sono un buon donnino di casa!” scherzò, togliendole le buste dalle mani, mentre lei lo guardava perplessa. Nemmeno suo fratello era così ordinato! Poi sghignazzò, guardando il posacenere. “E questo, Mary Poppins? Te lo sei dimenticato?”
Yuzo inarcò un sopracciglio. “Accidenti! Non l’ho svuotato!”.
“Ma, dico… non le avrai fumate tutte in una sera, vero?” notando la quantità davvero eccessiva di cicche spente al suo interno.
“Beh… ecco…” il Prof si grattò un sopracciglio con imbarazzo “…quasi!” e la superò dirigendosi in cucina. “Ma non incominciare a farmi la paternale, eh! Piuttosto, togli pure il cappotto e fa’ come se fossi a casa tua.”.
Lei lo osservò scomparire all’interno di un’altra stanza, ridacchiando del suo imbarazzo.
Lentamente fece come le aveva detto, lasciando il cappotto sull’appendiabiti. Dopodichè pescò le moppine dalla borsa che aveva preparato di fretta, arricciando il naso: dieci a uno che lui l’avrebbe presa in giro. Forse era il caso che si procurasse anche delle pantofole… normali.
“Quanta fame hai?” le urlò Yuzo, mentre lei si toglieva gli anfibi, lasciandoli accanto alla porta.
“Tanta!” rispose a tono, alzandosi e avventurandosi nelle stanze con passo incerto. Piano fece capolino in quella che era la cucina. Il Prof stava togliendo i vari recipienti dalle buste e Yoshiko gli zampettò attorno, tenendo le mani dietro la schiena e sbirciando il suo operato con curiosità.
Era interessante vederlo impegnato in qualcosa, anche la più stupida come quella che stava appena facendo, ma a lei piaceva vedere la sua espressione concentrata, e come la mani si muovessero rapidamente per afferrare gli oggetti. Era pazza di quelle mani, grandi ed accoglienti che le avevano carezzato i capelli quando se l’era visto comparire fuori la porta di casa. E le braccia, che l’avevano fatta sentire al sicuro e l’avevano stretta, erano forti. Arrossì leggermente, pensando che fosse proprio ad un passo, ne avvertiva il profumo, ne avvertiva il calore…
“Ma sei diventata più bassa?”.
Yoshiko arricciò il naso, cadendo dalla sua nuvoletta romantica e guardandolo di traverso, mentre lui sorrideva della sua espressione. “Naaa! Ho solo tolto gli anfibi!”.
Yuzo adocchiò le moppine, cominciando a ridere.
“Come volevasi dimostrare.” sospirò la ragazza, incrociando le braccia al petto e picchiettando la punta del piede. “Beh? Cosa ci trovi di divertente nelle mie moppy? Sono un regalo di Taro!”.
“Dovrebbe vedertele Shiguro, secondo me non ci crederebbe più che vai all’Università!”.
Yoko sbuffò “Antipatico!” poi aggrottò le sopracciglia con preoccupazione “Trovi che io... sia infantile nei miei gusti?”.
“No, perché?” rispose l'interloquito, scuotendo il capo. “Hai solo ventidue anni, non puoi certo andare in giro vestita come una vecchietta o una donna in carriera. Apprezzo la tua semplicità.” e lei sembrò illuminarsi all’improvviso per questo suo complimento.
“Davvero?” domandò con un allegro sorriso.
“Certo.”.
E si gongolò di quelle parole come se le avesse detto di essere la donna più bella dell’Universo.
“Prenderesti le tovagliette?” le chiese Yuzo, cavando un paio di bicchieri dalla credenza. “Sono nel secondo cassetto.” spiegò, indicandole il mobile alle loro spalle.
La ragazza annuì, ancora euforica per il suo complimento, cercando gli oggetti, ma quando alzò lo sguardo, il suo entusiasmo si dissolse all’improvviso ed il sorriso si eclissò in un attimo.
Quando era entrata in casa, dopo la sorpresa iniziale, l’aveva inconsciamente cercata con lo sguardo, credendo di trovarne a decine ed invece non ne aveva vista nessuna. Si era convinta che, come per l’ufficio all’FVO, le avesse fatte sparire tutte; si era convinta che anche per quella sera la famosa Aiko non sarebbe rimasta che un nome, anche con un certo sollievo, perché voleva godersi totalmente quella serata con Yuzo senza pensare al fatto che lui fosse ancora pazzo di lei. Illudersi che non fosse mai esistita.
Ed invece.
Le era bastato alzare lo sguardo... ed eccola lì.
La foto che aveva tanto sperato di vedere, in quel momento avrebbe tanto voluto non averla vista.
Due figure.
Yuzo, di qualche anno prima sicuramente: il sorriso davvero felice, luminoso e non c’era traccia di quel velo di malinconia che ora adombrava i suoi occhi. Era impeccabile nel suo scuro abito da cerimonia. Tra le braccia, quelle che lei adorava, stringeva una donna bellissima. Morbidi capelli castani le scendevano mossi sulle spalle scoperte, sorriso contagioso e grandi occhi nocciola scuro. Meravigliosa come tutte le spose nel loro abito candido. Un bouquet rigoglioso tra le mani, le fedi rosse al dito.
Il giorno del loro matrimonio.
E le sembrò che il cuore le cadesse a pezzi, piccoli piccoli, in modo che la sofferenza fosse molto più lunga.
Non aveva mai pensato che Aiko potesse essere così bella.
- E’ uno scontro ad armi impari... -.
E continuava a fissare quella foto come fosse inebetita, guardava la loro felicità sentendosi la persona più triste sulla Terra… lui la stringeva con quel fare protettivo... e sorrideva...
- ...lei ha troppo vantaggio... -.
...e le sembrò che Aiko avesse un viso conosciuto. Le ricordava qualcuno, ma non sapeva chi. O forse stava solo vaneggiando.
“Le hai trovate?” la voce di Yuzo non riuscì a raggiungerla, persa com’era nell’osservare, sezionare e dolorosamente memorizzare quella fotografia.
Non ricevendo risposta, il vulcanologo si volse trovandola immobile: le tovagliette nella mano e lo sguardo fisso sulla mensola più in alto. E lui sapeva cosa potesse esserci di così interessante su quel ripiano. Aggrottò le sopracciglia.
Forse... forse doveva dirle la verità riguardo Aiko, però... non avrebbe potuto liquidare il discorso con un ‘Ehi, sono vedovo.’ senza spiegarle quello che era accaduto quattro anni prima sul Ruiz e lui... al solo formulare il nome di quel vulcano nella mente, sentiva come una mano invisibile contorcergli il cuore. E poi si era ripromesso di scacciare i ricordi almeno per quella sera, perché era stata una giornata pesante dal punto di vista dello stress emotivo: prima gli incubi, poi la discussione con i suoi genitori. Aveva bisogno di un po’ di tranquillità e la compagnia di Yoshiko riusciva miracolosamente nell’intento, non sapeva spiegarsi come, ma era così.
Forse perché era sempre allegra e vederla sorridere riusciva a mettere di buonumore anche lui. Forse era proprio per questo che non si decideva a dirle la verità, come durante la sera del gala: non voleva che quel sorriso svanisse.
Aveva già perso quello di Aiko.
Inspirò profondamente.
La prossima volta... la prossima volta sarebbe stato sincero, ma per quella sera avrebbe continuato a mentirle.
“E’ l’unica foto che mi sono concesso di tenere.” disse, raggiungendola “Le altre, ho preferito metterle via.”
Yoshiko non distolse lo sguardo, come ipnotizzata dai loro sorrisi felici. “Come mai la tieni qui invece che in salotto?”.
Lui sorrise. “Perché finirei col vederla troppo spesso e non riuscirei a lavorare. In cucina passo molto di rado...”.
“Se... se io ti chiedessi di lei, tu risponderesti o preferiresti cambiare argomento?” solo allora, riuscì finalmente a staccare gli occhi da quell’immagine per puntarli in quelli di Yuzo. La domanda s’era imposta alla sua volontà senza che riuscisse a trattenerla, fregandosene di risultare invadente.
Il Prof fissò per un lungo momento le sue iridi che tradivano uno sguardo strano che lui non riuscì ad identificare, ma che lo facevano sentire in difficoltà come se qualsiasi risposta che avesse dato sarebbe stata quella sbagliata.
Si sforzò di sorridere, rispondendo con sincerità. “Preferirei cambiare argomento.”.
Yoshiko sentì distintamente un altro frammento di cuore staccarsi e cadere giù. Anche lei sforzò un sorriso, voltando le spalle a quella fotografia e comportandosi come se non l’avesse mai vista. “Allora, si cena?”.
Non avrebbe mai immaginato di esser così brava a fingere.

“Mamma mia!” fu l'esclamazione di Yoshiko, mentre si rilassava contro lo schienale della sedia e rilasciava un pesante sospiro. “Sono piena come un uovo! Ma era tutto talmente buono che non riuscivo a fermarmi!”.
Yuzo accese una sigaretta, grattandosi un sopracciglio. “L’avevo detto di aver preso roba per un reggimento.”.
“Questo è un attentato alla mia linea!” scherzò lei, agitando minacciosamente una bacchetta.
“Ma va!” Yuzo si alzò, togliendo i piatti “Voi donne dovete sempre esagerare: prendi esempio da Rita.”.
“Ma anche Rita è una donna!” protestò Yoko.
“No, è campana!” la corresse lui, sghignazzando poco rispettosamente.
“Ti dovrebbe sentire! Sai quanti insulti ti direbbe in dialetto?!”.
“Lo so! Ed è questo il bello. Farla arrabbiare è uno spasso!”.
La ragazza si alzò, portandosi le mani ai fianchi. “Mh! E poi tu saresti quello normale, eh?” e si avvicinò a lui, cominciando ad arrotolare la maniche “Fatti in là che ti aiuto.”.
“Non se ne parla.” rifiutò l'altro categoricamente. “Io sono il padrone di casa, ed io lavo i piatti. Tu mettiti pure comoda, faccio in un attimo.”.
“Sappi che sei odioso quando fai il dittatore.” lo prese in giro, pungolandogli un fianco per poi sospirare. “Va bene, vorrà dire che approfitterò del tuo bagno... dov’è?!”.
Yuzo si asciugò rapidamente le mani, facendole un momento da cicerone, sempre con la sigaretta pendente al lato della bocca.
“Il bagno è questo.” disse, aprendo un’altra porta in un corridoio accanto alla cucina. Da un mobile cavò alcune asciugamani. “Puoi anche cambiarti in camera, se preferisci.” indicandole l’ultima porta in fondo a quello stesso andito. “Io dormirò sul divano.”.
Ma lei si affrettò subito a gesticolare. “No! Non se ne parla! Dormirò io sul divano! Tu sei già stato fin troppo gentile e-...”.
“Ma guarda che il problema non sussiste.” sorrise Yuzo “Io sono un ‘divano addicted’, dormo sempre lì.”. Yoko inarcò un sopracciglio con perplessità. “Solitamente, quando la sera lavoro, sono al divano con il portatile e finisco sempre per addormentarmici.” non che fosse tutto falso, ma si premurò di omettere perché lavorasse al divano anziché nel suo letto e, per sua fortuna, Yoshiko non glielo chiese, limitandosi ad annuire, incerta.
“Sei sicuro? Preferisci...”.
“Sì, non preoccuparti.” e tornò nuovamente in cucina, mentre lei si eclissò nel bagno dalle graziose ceramiche rosa antico.
Piano si poggiò contro il legno della porta, emettendo un profondo sospiro.
Era difficilissimo fingere di essere rilassati quando dentro ci si sentiva quasi schiacciare da un peso invisibile.
Il ritrovarsi davanti quella foto, proprio quando non era preparata a vederla, era stato un duro colpo da incassare e scoprire che Aiko fosse molto, ma molto più bella di quello che aveva immaginato era stato un colpo anche peggiore. Come avrebbe mai potuto sperare di poter lontanamente competere con lei? I loro livelli erano troppo differenti.
E poi... vederli così felici, era stato il pugno nello stomaco finale.
Yuzo preferiva addirittura glissare l’argomento.
Sospirò profondamente, cominciando a togliersi i colorati abiti da dosso per farsi una rapida doccia bollente.
La partita era già persa, per utilizzare una metafora degna di suo fratello, ma se Saya l’avesse sentita ragionare così, le avrebbe tirato qualcosa in testa urlandole che solo le ‘marmocchie fifone’ mollavano quando la situazione si faceva più difficile, e se lei non voleva essere una ‘marmocchia’ allora doveva stringere i denti e continuare a lottare per quello che voleva davvero.
Ridacchiò, immergendosi lentamente sotto il getto caldo e pensando che Saya sapesse sempre come convincerla a tirare fuori le unghie.
E va bene, cercò di auto-convincersi, avrebbe continuato a fare buon viso a cattivo gioco: teneva troppo a lui per dichiararsi definitivamente sconfitta, anche se fingere di non stare male andava oltre quello che era il suo carattere.
Un mugugno di approvazione le sfuggì, sentendo che il calore dell’acqua stava rilassano i muscoli, liberandola definitivamente dal freddo di quella giornata. Si beò di quella sensazione per qualche altro minuto, poi sgattaiolò all’esterno della cabina avvolta in una profumata nuvoletta di vapore, coprendosi con l’asciugamano.
“Mi ci voleva.” esclamò stendendo le braccia per stiracchiarsi. Effettuò rapidamente il suo rituale post-doccia, che comprendeva tutta una serie di creme e cremine, e poi si infilò nel suo caldissimo, morbidissimo... e rosissimo pigiama. Infine, agguantò le sue cose, abbandonando il tepore del bagno, e si diresse in camera.
A dir la verità, si sentiva un po’ a disagio a dormire in quello che era stato il loro letto, quasi come se profanasse un luogo sacro.
Ma, cosa si era detta poco prima?
Ah, sì! Che doveva stringere i denti e lottare!
Lentamente fece capolino nella stanza, cercando l’interruttore accanto alla porta.
Il profumo femminile che aveva avvertito appena era entrata in casa, in quella camera, era nettamente più forte.
- Deve essere quello di Aiko… - pensò, avanzando silenziosamente verso il grande letto matrimoniale - …questa casa lo conserva ancora, come se non se ne fosse mai andata… - e con quel pensiero capì perché Yuzo avesse usato quel tono rassegnato quando erano arrivati. Avvertirlo ogni volta doveva essere davvero triste per lui.
Appoggiò gli abiti, perfettamente piegati, su di una sedia e si sedette sul bordo del letto. Era morbido. Passò una mano sulle coperte, continuandosi a domandare perché lei avesse lasciato il Prof. Era divenuto un dubbio amletico ormai.
In quella foto sembravano una coppia così bella, di quelle che, anche quando sarebbero stati vecchietti, avrebbero continuato a camminare tenendosi per mano.
- Tutto questo non ha senso, accidenti! - pensò contrariata, alzandosi e lasciando la camera sempre in punta di piedi.
Dal corridoio vide la testa di Yuzo spuntare dal divano e stava già smanettando al portatile. Sorrise, era davvero uno stacanovista, ma lo amava anche per quello.
Inspirò profondamente, calandosi di nuovo la maschera della tranquillità.
“Già al lavoro?!” lo punzecchiò con finto rimprovero, raggiungendolo sul divano.
Lui sorrise senza staccare gli occhi dal monitor. “Lo so, lo so, ma non sto facendo nulla di impegnativo per il momento, anzi, è un simpatico passatempo. Prova.” propose, voltandosi quel tanto che bastava ad adocchiare il suo abbigliamento e trattenere una risata. “Bel pigiamino, sembri un confetto.” la prese in giro e lei fece una smorfia, sospirando.
“Almeno non mi associ ad un maialino come fa Taro!” fu la sua consolazione, poi agitò una mano davanti a sé, incrociando le gambe a mo’ di indiano “Su, fammi vedere questo passatempo, va!”.
Yuzo girò il monitor nella sua direzione per permetterle di vedere un’immagine del globo terrestre tutta vivacemente colorata. A lato c’erano una serie di caselle da riempire, affiancate da varie diciture ed unità di misura.
“Cos’è?” domandò Yoko non riuscendo a capire.
“Un simulatore di terremoti.” spiegò lui, pigiando rapidamente qualche tasto ed evidenziando il Giappone. La sua immagine si ingrandì, occupando lo schermo principale. “Spesso lo uso per confrontare eventi reali con quelli teorici. Non che siano perfettamente affidabili, ma danno una buona approssimazione. Vuoi provare a crearne uno?”.
Yoshiko finse di rabbrividire. “Brrr! Che cosa cattiva…” per poi avvicinarsi di più a lui ed esclamare un’entusiasta “…ok! Lo faccio!” che gli strappò un sorriso: anche Aiko si divertiva a creare catastrofi virtuali, per poi inventarsi le ipotesi più assurde che spiegassero simili fenomeni.
Yuzo ricacciò indietro quel ricordo con uno sforzo. “Dai, inserisci dei valori, quelli che vuoi.”.
“Ehi! Ricorda che io li metto senza cognizione di causa, eh!” si difese la sorella di Misaki.
“Ed è questo il bello!”.
Lei sghignazzò, inserendo numeri a caso. Soddisfatta della sua assegnazione, cliccò sul comando ‘Start Earthquake’ e, dopo poco, l’immagine cominciò a tremare, con tanto di rumore.
D’un tratto, lo schermo iniziò a brillare di rosso, facendo comparire la scritta ad intermittenza che annunciava ‘Catastrophic Event!’.
“Oh, mio Dio! Che sta succedendo?! Che ho fatto?!” squittì Yoshiko, afferrandogli il braccio, mentre osservava l’immagine che modificava la sua visuale, passando dal 2D al 3D. la grafica restituì un Giappone, spaccato in tre parti, che lentamente colava a picco sommerso da mastodontiche onde tsunami che attraversavano gli oceani raggiungendo l’Australia, le Americhe e la parte russa dell’Asia. Poco dopo, l’immagine smise di lampeggiare ed un omino armato di caschetto e martello Estwing[3] passeggiò, fermandosi al centro dello schermo e, picchiettando la punta del piede, mostrò un cartello: ‘Congratulations! You’ve just killed 5.783.521.603 human being!’ poi scosse il capo, girando il cartello: ‘You’re damned catastrophist!’ e se ne andò, così com’era arrivato, sostituito da un’altra immagine: ‘Try Again? Y/N’.
“Oh, Dio! Ho ucciso tutte quelle persone?!” scattò, strapazzandogli il braccio ed arrossendo per l’imbarazzo. “Ti prego, non dirlo a nessuno!”.
Lui rise. “Tranquilla, non preoccuparti! Hai anche battuto il mio record! Il massimo che sono riuscito a fare è stato di quattro miliardi circa!”.
“Non vantartene! Sei perfido!” lo rimproverò la giovane, non riuscendo a non ridere.
“Io perfido? Ti ricordo che hai appena affossato il Giappone!” rimbeccò Yuzo, iconizzando la schermata del programma. “Ci sono anche simulatori di eruzioni e solitamente uso quelli, ma non sembrerebbe questo il caso…” sospirò, rilassandosi contro lo schienale del divano.
Yoshiko tornò seria. “Però… avete parlato di fenomeni vulcanici, oggi, durante la riunione…”.
Lui inarcò un sopracciglio con ironia. “Ah, ma allora hai capito i nostri discorsi!”
Yoko minimizzò. “Mh… ho captato parole familiari.” poi sospirò “Soprattutto, ho visto che eri preoccupato.” e ne incrociò lo sguardo con ancora la mano stretta al suo braccio. “E’ così grave la situazione?”. In tutta sincerità, la risposta la spaventava perché a poche cose non ci si poteva in alcun modo opporre, ed una di queste era Madre Natura.
“Come ha detto Rick, non siamo ancora riusciti ad identificare il motore di questi terremoti.” spiegò Yuzo, abbozzando un sorriso e cercando di spiegarle come stavano realmente le cose senza farla ulteriormente preoccupare. “Abbiamo ipotizzato che potessero essere fenomeni associati a movimenti prettamente tettonici, ma hanno alcuni comportamenti incoerenti con questa teoria…” sospirò “…per quanto riguarda il vulcanismo, ci sono troppi pochi indizi a riguardo.” si grattò un sopracciglio “Non sappiamo più che pesci pigliare!” rise infine, ma il nervosismo della sua risata era fin troppo chiaro.
“Quindi è per questo che eri preoccupato… se non sai qual è il pericolo, non sai nemmeno come proteggerci.”. Yoshiko capì di aver centrato il bersaglio, perché il suo sorriso prese quella stessa piega sofferente di quando si trovavano nel garage dell’FVO. E le fece male vederlo così, male più di quanto avrebbe mai immaginato. Un forte desiderio di abbracciarlo e dirgli di non preoccuparsi perché era sicura che sarebbe riuscito a trovare la soluzione, si fece spazio dentro di lei con prepotenza, ma si trattenne, restando fermamente ancorata nella sua posizione; solo, strinse un po’ di più la mano attorno al suo braccio, come per fargli capire che avesse completa fiducia in lui.
“Non perderti d’animo, eroe!” ed il vulcanologo accolse quasi con gratitudine il suo tentativo di sdrammatizzare, cogliendolo al volo.
“Ah, io non mi perderei d’animo, se non dovessi anche fare da balia ai capricci di un politicante!”.
“Quindi Kishu è un politico?”.
Yuzo sbuffò. “Peggio: è il Vice Prefetto di Shizuoka.”.
“Il Vice Prefetto?!” fece eco con stupore. Ora che ci pensava, forse lo aveva anche visto in televisione… massì! Era quello che le aveva sempre fatto un’impressione strana, quello che incuteva quasi timore per il suo sguardo glaciale. “Cazzo!” si lasciò sfuggire, coprendosi subito la bocca. “Oh, scusa!”.
“Non preoccuparti: era l’esclamazione più adatta!” sorrise il Prof, scuotendo il capo. “Sta organizzando la campagna elettorale per Terobashi ed è intenzionato a tenere un comizio nello Stadio Ozora, tra un paio di settimane, infischiandosene del nostro consiglio di lasciar perdere.”.
“Ma… lui sa dei terremoti, vero? Glielo avete detto?” si informò la sorella di Misaki, quasi con incredulità del fatto che quell’uomo avesse letteralmente snobbato gli avvertimenti di persone esperte come Yuzo e la sua squadra.
“Sì, lo sa.” disse solo, confermando i suoi timori. “Ma non gli importa, quindi, non ci resta che trovare una spiegazione ben prima di quella data o il numero delle persone che potrebbero trovarsi in pericolo salirà drasticamente.”.
Yoshiko rilasciò un pesante sospiro, abbassando lo sguardo. “Sì, capisco…” esalò, mentre lui cercava di metterla nuovamente a suo agio.
“Su, forza! Non ti devi preoccupare per questo. Ci penso io.” ed aveva sempre quel tono rassicurante e quel bel sorriso a fior di labbra, che lei non poté fare altro che annuire e sorridere a sua volta.
Poi gli vide aprire un file di testo.
“A cosa stai lavorando?” domandò subito, sbirciando qualche frase che le risultò totalmente incomprensibile.
“Mentre aspetto di avere finalmente tutti i dati necessari per formulare una teoria definitiva sull’attività di Nankatsu, termino la relazione riguardante la spedizione dalla quale sono rientrato qualche giorno fa.” spiegò il Prof.
“Sei stato in Guatemala, se non ricordo male, vero?”.
“Sì, a studiare uno dei tanti vulcani della zona, dopodichè, quando avremo risolto l’attuale problema, ripartirò.”.
E a quella rivelazione Yoshiko lasciò all’istante il suo braccio, come fosse divenuto un tizzone rovente, osservando il suo profilo con la bocca semiaperta e l’espressione smarrita.
“Te ne vai?” biascicò e la voce era ridotta ad un filo.
“Chi si ferma è perduto.” citò Yuzo con solennità, per poi abbozzare un sorriso “Ed io non voglio perdermi.”. Si volse ad osservarla, inclinando leggermente il capo di lato. “Qualcosa non va?” domandò, notando il suo sguardo, ma lei lo ignorò continuando a chiedere.
“E… e dove andrai? Quanto starai via?...” non le sembrava vero che ripartisse così presto… non poteva essere vero…
“Il ‘dove’ è sicuramente l’Africa, il ‘quanto’, beh… è ancora tutto da decidere…” azzardò qualche stima con un sorriso “…due, tre anni. Magari quattro questa volta.”.
“Così tanto…”.
Lui agitò scherzosamente un dito con fare risaputo. “Ehi, un vulcano non si studia in due giorni, sai?”.
“Già… hai ragione…” il sorriso le uscì fin troppo tirato da sembrare più una smorfia che altro. E si sentì pungere agli occhi e al cuore, che batteva troppo forte e temette potesse fermarsi di colpo da un momento all’altro. Ma… ma lei doveva stringere i denti, no? Era questo che le avrebbe detto Saya, stringere i denti e tenere duro… ma non avrebbe mai pensato che lo sforzo potesse essere così sovrumano. Troppo da sostenere tutto in quell’istante e non poteva crollare proprio davanti a lui: l’avrebbe presa per una stupida ragazzina.
“Yoshiko, ti senti bene? Sei impallidita…”. Lei vide la sua mano muoversi per avvicinarsi alla fronte, ma se avesse percepito anche solo un filo del suo calore sulla pelle sarebbe esplosa a piangere, ne era sicura, chiedendogli di non andarsene. Con un balzo saltò giù dal divano, trattenendo le lacrime ancora per qualche attimo, giusto il tempo di inventare una scusa e defilarsi.
“No, no! Sto benissimo!” rispose energica “Sarà… sarà stanchezza! Oggi, wow!, è stata una giornata impegnativa, eh! Infatti, credo proprio che andrò a rifugiarmi sotto le coperte e partirò per le terre di Morfeo!”.
- Se ne andrà… -
“Sì, deve essere così.” sorrise Yuzo “Perdonami, ho dei ritmi frenetici, lo so.”.
Lei agitò una mano. “Ma, no! Ma, no! Non scusarti!”.
- …e non lo rivedrò mai più… -.
“Se hai bisogno di qualcosa, non farti problemi a chiamarmi, dormo poco ed ho il sonno leggero.”.
Yoshiko annuì. “Ma sono sicura che dormirò come un ghiro! Allora buonanotte e non lavorare troppo!”.
- …lo perderò… -.
“Buonanotte anche a te e sogni d’oro.”. Lei sorrise un’ultima volta, quasi correndo in direzione della camera da letto.
- …non voglio! -.
Passi rapidi lungo il breve corridoio, la cui immagine si fece acquosa e tremolante. Scivolò oltre la porta della camera che venne richiusa piano alle sue spalle. E poi non riuscì a trattenere un singhiozzo, mordendosi il labbro subito dopo, e le lacrime, troppe perché i suoi occhi potessero impedire loro di fuggire lungo il viso.
“Non andartene…” mormorò, scivolando al suolo con la schiena al legno e le ginocchia raccolte al petto. La testa cercò rifugio tra esse. “…non andartene via…”.
I tuoni, in lontananza, coprirono il suo pianto d’amore.

Mio cuore,
tu stai soffrendo,
cosa posso fare per te?
Mi sono
innamorata
per te pace no, no, non c'è.


Al mondo,
se rido e se piango,
solo tu dividi con me
ogni lacrima,
ogni palpito,
ogni attimo d'amor.

Sto vivendo con te
i miei primi tormenti,
le mie prime felicità,
da quando
l'ho conosciuto
per me, per me più pace non c'è.

Io gli voglio bene, sai
sai, un mondo di bene,
e tu batti dentro di me
ad ogni piccola,
ad ogni tenera
sensazione d'amor.

Ogni giorno lo so
sempre più
sempre di più tu, tu
tu soffrirai.
Oh mio povero cuor,
Oh mio povero cuor
soffrirai di più,
ogni giorno di più,
ogni giorno, ogni giorno di più
di più, di più.

ad ogni piccola,
ad ogni tenera
sensazione d'amor.
Ogni giorno lo so
sempre più
sempre di più tu, tu
tu soffrirai.
Oh mio povero cuor,
Oh mio povero cuor.


Rita Pavone – Cuore


[1]F5: nella scala del giapponese Fujita, indica il tornado con forza massima i cui venti possono spirare fino a circa 542 Km/h.

[2]DOC HOLLYWOOD: è il titolo di un simpatico film commedia del 1991 di Michael Caton-Jones ed interpretato dal mitico Michael J. Fox!

[3]ESTWING: è la marca più famosa di attrezzatura per geologi e non. I martelli Estwing sono i più utilizzati, fatti di acciaio temperato.


…E poi Bla bla bla…

Come detto all’inizio, scusatemi, ma ho dovuto far slittare il colpaccio al prossimo capitolo T_T questo è venuto lunghissimo! O_O
Oddio, spero di non avervi annoiato, era una tappa obbligata… ed un po’ troppo mielosetta, lo so! XD non sono più abituata a scrivere puccioserie etero! XD
Trattare i maschi è molto più semplice: ingropp e via! XD
Che tatto che ho! XD
Ad ogni modo, qualche specificazione: l’avventura che Rick ha raccontato… è storia di vita vissuta in prima persona durante una delle escursioni che ho fatto! XD Io mi ritrovo molto in Hisui: quelle mucche sembravano davvero psicotiche! Immaginatevi un gruppo di persone che vi accerchia lentamente guardandovi con occhi spalancati ed espressioni serie. Uguale! È stato allora che ho scoperto di aver paura dei bovini! XD
Fyko no?! XD E non scherzo: avevano corna lunghe quanto il mio braccio! O_O
Per non parlare del toro… O___________O PAURA! Ed era pure incazzoso! A quelli dell’altro gruppo ha caricato il fuoristrada perché stava litigando con l’altro toro! ‘Sti maschi! XD
Però dove alloggiavamo si mangiava… *sbav*… tutta roba casereccia *_* goduria!
Per quanto riguarda i simulatori, non so se ne esistono di pucciosi come quello che ho descritto io, ma esistono! XD In internet se ne trova qualcuno on-line molto simpatico! *sisì*

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

- Hikarisan: prima di tutto, grazie di seguire fedelmente questa storia! *_* gentilissima! E poi, grazie dei tuoi complimenti!  *arross* cercherò di sfornare il 14° nel minor tempo possibile, ma non assicuro nulla perché ho il capitolo dell’altra storia da stendere. Cerco di alternarli per correttezza! ^__^

- Eos: T_____T ma… ma… grazie! T__T santo cielo quanti complimenti! Me commossa!
Ti ringrazio davvero tanto per le tue parole, soprattutto sono contenta che i personaggi siano riusciti bene. La caratterizzazione è sempre una cosa a cui tengo molto e quindi non può che farmi piacere leggere che anche loro, che sono dei pg originali, siano riusciti a dare qualcosa al lettore. *_*
Per quanto riguarda la parte tecnica, oddio, spero di non aver scritto cose in maniera troppo criptica! XDDDDD E’ un terrore che permane sempre! XDDD E, sì: Yoshiko ha esattamente un “?” gigante in testa! Poverina! XDDD
E Taro… muahahahahahah! Tra poco si beccherà il colpo di grazia, la cosiddetta ‘goccia che farà traboccare il vaso’!
T__T mi scuso ancora per aver dovuto rimandare il colpaccio, sto diventando logorroica. Lo so! T__T

CREDIT: la canzone “Cuore” appartiene a Rita Pavone che ne detiene ogni diritto.
Non prendetemi per nonna, ma qua ci stava a pennello! *__* e poi… a me piace tanto ‘sta canzone! T__T

Ed anche per questo capitolo è tutto, vi rimando al quattordicesimo… e stavolta avrete davvero il colpaccio! *MUHAHAHAHAHAHAHAHA!*

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Melanto