Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: rekichan    01/11/2007    1 recensioni
Avrebbe vegliato, calcolando con la mente agile e pronta – di cui era andata sempre fiera. Troppo. – le ore, i minuti e i secondi che la distanziavano dal mattino, quando avrebbe dovuto rivedere quel bianco in disfacimento cui era circondata.
Hermione Jane Granger, ex-Grifondoro, ex membro dell’Ordine della Fenice, tutt’ora Mangiamorte, chiuse gli occhi.
E cominciò a contare.

Terza classificata al concorso Unforgivable Fate
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Finalmente quest’agonia è finita XD!

Posto la fanfiction arrivata 3^ al concorso indetto da Betagemy su manga.it.

Solo perché mi costringono ù_ù.

Grazie ai giudici per le valutazioni, a Suzako per la pazienza di commentarmi i pezzetti, a Mika che mi ha sopportato durante la stesura.

Ciao ciao!

 

Atto Primo

 

Dove, in una camera troppo bianca, si svelano segreti troppo neri.

 

 

Le tende di leggero cotone bianco ondeggiavano appena sotto la spinta del vento che, libertino, entrava dalla finestra aperta, carezzandone i bordi orlati.

Una raffica più forte fece smuovere le pagine ingiallite del libro senza copertina – a giudicare dal logoramento della carta, doveva essere molto antico – posato sul comodino, accanto al letto.

Una crepa sfregiava la parete in tutta la sua lunghezza, ramificandosi nella sua corsa svettante verso il soffitto.

Più in alto, sempre più in alto.

Ben presto, avrebbe lesionato la volta della camera.

Perfino una crepa ce la fa a raggiungere il suo obiettivo.

L’uomo no.

Ancorato al suolo, può solo aspirare al volo; ipotetico gabbiano a cui hanno spezzato le ali.

Le scarpe scure, incerate, come appena pulite per l’occasione, calpestarono il pavimento in maiolica, dirigendosi verso la finestra.

Chiuse le ante; il vetro suddiviso in riquadri dai bordi scheggiati.

Osservando attentamente il legno laccato di bianco si potevano notare quelle lievi discrepanze nello smalto che rendevano la superficie imperfetta.

Apparenza.

Mera apparenza.

Il vento smise di soffiare all’interno della stanza in contemporanea alla serratura della finestra che scattava, facendo precipitare la camera in una statica immobilità.

L’uomo vi si aggirava all’interno come un nero fantasma in un mondo bianco.

Candide le finestre.

Candide le tende.

Candide le mura.

Candido il corpo della fanciulla che riposava, presenza marmorea, nel giaciglio dalle lenzuola – il bianco sembrava averlo circondato – nivee.

Eppure non era luminosità, non era gioia quella che la stanza emanava.

Solo decadenza, indicata da tanti piccoli particolari; il libro sfatto, le pareti crepate; perfino le lenzuola erano lievemente ingiallite lungo i bordi, alternando il divino candore che permeava nella camera.

Si sedette; gli occhi scuri, acquosi si posarono sulla ragazza quiescente in quel mortuario letto d’infermeria, così simile ad una tomba.

Il giglio sul comodino cominciava ad appassire.

Si passò una mano tra i capelli neri, constatando con le proprie dita l’unto che li intrideva.

Non era sporcizia, e lui lo sapeva bene.

Era il sottile accumulo dei fumi delle pozioni in mezzo a cui viveva, unica sua fonte di gioia; molti ingredienti oleosi richiedevano tempo e pazienza per essere diluiti nei calderoni e quello era il risultato del suo continuo maneggio.

Perché lui era sempre stato un tipo pulito, a dispetto delle apparenze.

Era stata lei, col suo tradimento, a lordarlo per prima.

La pelle alabastrina sembrava rilucere di un pallore cadaverico all’infrangersi dei raggi del sole sull’epidermide.

Quanto stonavano i boccoli castani sul candore di quel cuscino e le braccia abbandonate sopra le lenzuola.

Già, perché dovevano essere ben in vista, le mani; quegli arti traditori che avevano puntato la bacchetta contro l’unica persona verso cui mai sarebbe dovuta essere alzata.

Ma, adesso, la bacchetta di Hermione Granger era stata spezzata e i suoi poteri bloccati.

Tra poco sarebbe accaduto.

«Sai, Granger…»

La voce bassa e melliflua, viscida come quella di un serpente s’insinuò nell’orecchio della ragazza.

Stordita dai sonniferi, dagli incantesimi… o semplicemente sfibrata dalla mancanza della magia che, per tutta la vita, aveva fluito in lei.

C’erano tanti modi per uccidere un uomo che, non necessariamente, includevano la morte corporea.

I regimi totalitari del XX secolo babbani usavano la tortura fisica e psicologica, il denudare e degradare la vittima, riducendola ad una semplice caricatura dell’essere umano che era stato e che non sarebbe mai tornato ad essere.

I maghi utilizzavano i dissennatori; creature che, col loro bacio, riducevano in un secolare rantolo l’uomo ad un mero guscio di carne.

Ma niente…niente di tutto questo sarebbe stato usato verso Hermione Granger.

Per lei ci voleva qualcosa di molto più sottile e raffinato.

La sua doveva essere una lenta e sfibrante decadenza verso l’inferno.

«…sei sempre stata un’allieva modello. Ligia al dovere, studiosa e intelligente.»

Riprese e il corpo addormentato ebbe un sussulto quando la mano dell’uomo le sfiorò la guancia non più florida, ma incavata e affilata.

Era sempre stata abile a recitare, quasi quanto lui a smascherarla.

Le dita scivolarono sul collo.

«Hai ingannato tutti con quella faccia da brava ragazza, con quell’atteggiamento da secchioncella indisponente…»

Giù, sempre più giù, sulla giugulare tremante.

Ora ne era certo: era sveglia.

Un ghigno si dipinse sulle labbra sottili.

Amaro, privo di gioia.

Soltanto delusione.

«Eri un’ottima strega.» mormorò.

Adesso il tono si era fatto malinconico.

«La migliore allieva che io abbia mai avuto. Pochi sono stati i cervelli che si potevano misurare con il tuo.»

Rimpianto.

Rammarico.

Una mente così brillante…

Aveva sempre visto Hermione come uno splendido diamante grezzo; affascinante nel suo non essere lavorato.

Ma l’intelligenza porta, inevitabilmente, all’ambizione e questa spinge gli uomini a ricercare il potere.

Oh, sì.

Sotto la corazza rossa e oro in superficie, scavando sotto il disperato orgoglio che esibiva, la ragazza nascondeva un cuore verde e argento.

Vanesio, ambizioso.

Assetato.

Ed era stata proprio quella sete di conoscenza a tradirla.

«Sai, più volte mi sarebbe piaciuto averti nella mia Casa…»

La voce si fece pacata; le dita ruvide ferme sulla gola riversa sul cuscino.

«…saresti stata un’ottima Serpeverde. Bella, ambiziosa, intelligente…»

Le dita candide di Hermione furono scosse da uno spasmo impercettibile; voglia di afferrare il lenzuolo, stracciarlo.

Ridurlo in mille pezzi, per poi fare lo stesso con l’uomo al suo fianco.

Ma non poteva e le dita rimasero frementi nella loro immobilità.

«Ho penato.» ammise.

I denti giallognoli morsero il labbro inferiore che, sotto la stimolazione degli incisivi, perse un poco del suo mortuario pallore.

«Ho penato vedendoti sempre in compagnia di quel Potter, sprecare la tua intelligenza – la tua mente! – con quel Weasley!» la mano sulla gola tremò; le dita si avvolsero saldamente attorno ad essa; senza stringere, ma trattenendosi dal farlo. «Tu! In quella casata! Tu che eri la mia pupilla, la mia fonte di luce! Tu…mi hai deluso.»

Lasciò il collo etereo; sottili vene bluastre si intravedevano sotto l’epidermide tesa, appena arrossata dalla presa.

La ragazza aveva trattenuto il fiato, durante la stretta.

Ora, ansimava.

Il corpo scosso da brividi sottili e impercettibili ma che lui riusciva, comunque, ad avvertire.

Oh, la delusione era palpabile; soffocava l’aria respirata dai due, rendendola pesante.

Oppressiva.

L’amaro sapore di ciò che sarebbe dovuto accadere di lì a pochi giorni si agitava nelle gole di entrambi.

Schioccò la lingua, come a togliersi l’acidità di bocca, senza riuscirci.

Lei restava lì.

Immobile.

Inerte.

Dal tessuto sottile della candida vestaglia che la rivestiva, il simbolo brunito di un teschio dalla lingua di serpente.

Le mani ruvide, percorse da lievi segni d’ustioni - vecchi di quanto? – adesso si stringevano alla stoffa nera del mantello.

Era sporco di fango sugli orli e la terra, seccandosi, si depositava sul pavimento.

Bianco.

Cominciava ad innervosirlo tutto quel candore.

Quasi a ricordargli il loro peccato.

Il suo peccato; perché era stato lui a fidarsi.

Lui, lo stupido che aveva pensato che una Grifondoro non avrebbe mai tradito i suoi amici.

Lui.

Lui che…

…aveva osato credere in qualcosa.

Un sospiro scandì la fuoriuscita del fiato dalle labbra sottili; il volto affondando nelle mani, presto occupate ad intrecciarsi tra i neri capelli.

Nervosismo.

«Chi l’avrebbe mai pensato?»

Sospiro.

«Chi?»

Hermione Jane Granger, studentessa modello, migliore amica del bambino sopravvissuto…

Mangiamorte.

Il motivo, ancora sconosciuto.

Era una mezzosangue, una Grifondoro.

La ragazza più intelligente che avesse mai incontrato sulla sua strada.

Eppure era stata così stupida.

Così.

Stupida.

«Sai, Granger…»

La voce tornò pacata; fredda nel suo lento fluire dalle secche labbra.

Stoppose per la mancata idratazione.

«…Ti ho sempre ritenuta troppo intelligente. Troppo sveglia per cadere in una trappola simile.»

La ragazza ebbe un tremito; le dita ossute dell’insegnante erano scivolate lungo il braccio sinistro.

Troppo. Troppo vicine al polso dove recava il marchio della sua infamia.

«A quanto pare, mi sono sbagliato.»

Gelo.

Parole che ferivano più di qualsiasi incantesimo.

«Dovevo accorgermene sin dall’inizio. Il tuo atteggiarti a studentessa modello, il tuo essere sempre preparata, la tua vicinanza a…- storse il naso adunco; la bocca contratta in una smorfia - …Potter.»

Pronunciò il nome col tono di una parolaccia.

Ma stavolta, oltre al disprezzo, c’era intrisa una sottile pena verso l’essere umano cui parlava.

Tradito dalla sua migliore amica, forse dalla sua amante…questo Piton non voleva saperlo.

«Una maschera stupenda. Ottimamente costruita. Proprio come ci si aspetterebbe dalla mente più brillante della scuola.»

Trattenne un ringhio tra i denti giallognoli.

Non doveva alterarsi proprio adesso.

«Quando ti sei presentata da me, chiedendomi di entrare tra le fila di Voldemort, pensavo fosse una copertura.»

Riprese.

« Logicamente, sospettavate di me, dopo la morte di Silente, quindi non ho indagato sulla tua fedeltà all’Ordine. Era per il tuo migliore amico che combattevi. Avrei dovuto dubitare? Sì. Avrei dovuto.»

I polpastrelli ruvidi sfiorarono l’epidermide liscia – così terribilmente bianca. Come tutto il resto, d’altronde – della Grifondoro.

Le lunghe dita affusolate sembravano voler saggiare la consistenza serica della pelle; gli occhi acquosi ammiravano il contrasto tra il suo candore e il pallore malaticcio, quasi giallognolo, che lo caratterizzava.

Lui era sporco.

Lei era pulita.

Lui era il traditore.

Lei era l’amica fedele.

Lui era il demonio; il capro espiatorio che doveva agire nell’ombra per non essere distrutto dai suoi stessi compagni.

Lei era la mente dietro ogni singola azione dell’Ordine; la stratega che veniva protetta a costo della vita.

Quando i ruoli si erano invertiti?

Le sue orecchie percepirono il sordo suono della saliva lungo la gola.

Hermione aveva deglutito.

«Oh, ma la colpa è mia, Hermione.»

Tremò al sentir pronunciare il proprio nome.

Con disprezzo.

Con delusione.

«Mia. Perché mi sono fidato di quella che, lo dovevo intuire subito, era solo una stupida ragazzina con manie di grandezza.»

Le palpebre della ragazza si sollevarono di scatto, mostrando alla luce soffusa della stanza le iridi dorate che riflettevano il sole in tante pagliuzze d’aureo metallo.

Lentamente, voltò il capo verso il suo insegnante.

Socchiuse le labbra rosate, come per parlare, ma nessun suono uscì dalla sua gola.

Piton la osservò; le linee bluastre delle vene si intravedevano sotto la pelle sottile del collo.

Mai, quanto in quel momento, quel collo era sembrato fragile, adesso che i riccioli ambrati non lo proteggevano più.

Fu solo un momento, quando i loro occhi si incrociarono per un debole e fragile secondo, che il pozionista poté leggervi la paura del futuro ancora sconosciuto.

Non sapeva la punizione che le spettava, né l’avrebbe conosciuta fino alla sua attuazione.

Per il momento, poteva gustarsi solo il vuoto lasciato dentro dai poteri sottrattile.

Un vuoto che un mago non augura di provare neanche al suo peggior nemico.

Senza magia, non valeva più vivere, ed Hermione leggeva i nefasti effetti di quella privazione negli occhi del suo ex-professore.

Inalò quanta più aria concessole dalla cassa toracica.

Sembrava stranamente ristretta, adesso.

«Tu…»

Fu tutto quanto riuscì a pronunciare e la sua voce suonò come il pigolio strozzato di un passerotto.

«Io, Granger.»

«…traditore.»

Rantolo.

Sollevò il braccio, in direzione della gola fremente dell’uomo.

Ricadde, riuscendo solo a stringere le dita a pugno; le unghie acuminate e ben curate conficcate nella carne, a creare arabeschi rossi sul suo palmo.

«Traditore di cosa? Di te? Dell’Ordine? – ghignò, malevolo e sprezzante come solo lui sapeva essere – Dovresti rivedere la lista delle priorità, Granger.»

«Della Causa.»

La gelò con lo sguardo.

«La Causa è un’illusione. Uno specchietto per allodole ambiziose che farebbero di tutto per un briciolo di potere.»

Hermione scostò lo sguardo.

Gli occhi dorati sembravano sfuggire a quelli dell’insegnante.

Un sarcastico sorriso sulle labbra pallide e tirate; sottoposte ad un’amara trazione.

«Scappi?»

Domandò, ottenendo come unica risposta il serrarsi ostinato delle palpebre.

«Scappi da me, Hermione

Il nome.

Il modo in cui calcava sul suo nome, come se fosse stata l’essere più abietto della terra.

«Non scappo.»

Bugia pronunciata con la consapevolezza di essere tale.

Abituata a mentire agli altri nel suo ruolo di duplice spia; serva capace di ambo le fazioni, a seconda del momento.

«Sappiamo entrambi che è una menzogna.»

Hermione non aprì gli occhi.

Il bianco aveva cominciato a darle fastidio; i raggi del sole bruciavano le iridi che avevano osato rubarne il colore.

E l’astro non sembrava voler tramontare, quel giorno troppo lungo.

Conosceva il proprio peccato e con esso la propria pena.

Eppure, continuava ostinatamente a mentire a se stessa, nel tentativo di modificare in qualche modo l’avvenire.

Come se fosse stato possibile costringere il sole a non calare lungo la linea dell’orizzonte, impedendo l’avvicinarsi della notte e il sorgere di un nuovo giorno che avrebbe portato alla sua condanna.

Ma il tempo non si può fermare; le lancette continuano a spostarsi ritmicamente, scandendo il percorso circolare delle ore.

«Puoi continuare a raccontarti frottole. Hai ancora una notte per farlo.»

Il frusciare del mantello – ovviamente nero, quando mai lo aveva visto indossare un altro colore? – avvisò la ragazza che Piton si era alzato.

«In fondo ci sei abituata, nevvero Granger? A dire bugie, intendo.»

Passi leggeri, la voce sempre più lontana per via dell’effetto doopler che ne disperdeva il suono.

La porta si chiuse ed Hermione si decise, finalmente, ad aprire gli occhi.

Il bianco la circondava.

Lenzuola.

Pareti.

Tende.

Un bianco quasi nauseante che si confondeva con il suo innaturale pallore.

Poi il mutamento e quel candido colore cominciò a screziarsi di rosato, mentre il sole, dietro la finestra, tramontava tingendo di sanguigno il cielo privo di qualsivoglia nube.

Il crepuscolo era giunto e sarebbe ritornato con l’avvicendarsi dell’alba che, inesorabile, l’avrebbe distolta dai fumi del sonno, costringendola a guardarsi nuovamente attorno.

Anche se, ne era consapevole – oh, se lo era! – non avrebbe dormito quella notte.

Avrebbe vegliato, calcolando con la mente agile e pronta – di cui era andata sempre fiera. Troppo. – le ore, i minuti e i secondi che la distanziavano dal mattino, quando avrebbe dovuto rivedere quel bianco in disfacimento cui era circondata.

Hermione Jane Granger, ex-Grifondoro, ex membro dell’Ordine della Fenice, tutt’ora Mangiamorte, chiuse gli occhi.

E cominciò a contare.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: rekichan