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Autore: FantasyMind    12/04/2013    1 recensioni
Tu, mortale. Tu che sei abituato ad immaginarti mondi di fantasia dipinti dalle menti sane di autori e scrittori di storie, ove la magia è bella, affascinante, utile, armonica, magica, appunto. Devi essere Folle per vedere Shyawdra, un mondo che nasconde della magia il suo aspetto più malsano, instabile e malato. Dove la magia sono arti sacre e profane, sangue, sacrifici, sacrileghi patti e pozioni dagli innumerevoli effetti mistici e medici. Shyawdra esiste da qualche parte, anche se tu, mortale della dimensione Omega credi il contrario. Esiste e continuerà ad esistere, dipenderà tutto da te e dai tuoi occhi che si posano su queste pagine. -Citazione della settima pergamena di Shyawdra-
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di solito, in una discoteca, si è abituati al baccano, all'ebrezza della vita, dove i problemi scivolano via, il più lontano possibile.
In una delle tante in quell'immensa città, capitale, metropoli, una sera si assistette ad una situazione imbarazzante, quantomeno che fece sudare freddo ai presenti.
Le luci abbagliavano di mille colori gli occhi confusi, la musica distorta e continua, mescolata al brusio generale saturava l'aria ed i timpani. 
"Per lui invece, signorina?"
tranquilla lei gli rispose "oh, per lui niente, non beve!"
Prese il cocktail afferrandolo nella foga di tornarsene a ballare, con sole due dita, poi si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò di starsene lì fermo, ad aspettarla.
Mi ha capito? pensò la ragazza, sua sorella, 17 anni, alta e longilinea, capelli lisci lunghi e marron castano raccolti in una coda, dalle labbra carnose e intrise di rossetto brillante.
Lui aveva capito da molto prima. Il ragazzino se ne stette lì fermo in una posizione che faceva venire il mal d'ossa solo a guardarlo. Era basso, certo di statura normale per la sua età di giovane quattordicenne. Accovacciato sui ginocchi  sullo sgabello, davanti il bancone del barman, fissava la superficie con uno sguardo perso nel vuoto.
Spesso, ogni tre minuti e mezzo circa, chi passava di lì ad ordinare un altro drink buttava lo sguardo su di lui, rabbrividendo.
Aveva delle occhiaie terribili, un velo nero che contornava i suoi occhi come un anello buio. Forse sta male, pensavano. Forse ha bevuto più di noi, un ragazzino in una discoteca, il regno della notte per teenagers, caotica estasi, alcol e baldorie incontrollate, a volte pericolose.
Che ci fa lì? Ma alla fine, l'alcol come è giusto che sia, cancellava come una possente gomma bianca i problemi, manovrandoli come burattini e facendoli ritornare a ballare.
Intanto lui teneva un sasso, raccolto chissà dove, nella mano destra, battendolo ad un ritmo lento e flemmatico su un foglio di carta bianca, trattenuta sul tavolo con i soli indice e pollice dell'altra.
Altri gli chiesero cosa stesse facendo, nell'euforia del bere.
Ignorò le loro parole, continuò a battere sul tavolo per qualche altro secondo. Alzò la testa e la girò lentamente, solamente per il gusto di guardarli in faccia. Risaltarono i suoi occhi piccoli e giovani e buii dall'alone di occhiaie, sotto la sua foltissima chioma albina, bianca come il latte. 
Arrivò anche la sorella, evidentemente faceva parte di quel gruppo.
"Insomma, ci dici che fai?" chiese al fratello minore, poi si mise a ridere senza motivo.
"Vi sto uccidendo tutti.".
  
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