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Autore: Akemi_Kaires    12/04/2013    2 recensioni
{Bakuryushipping; Gold/Sandra}
Piccoli frammenti di vita quotidiana, piccole storie su una relazione insolita e speciale. Perché l'amore è imprevedibilmente sorprendente.
Nona Settimana: «Che ne dici di stare un po’ con me? O il grande Campione non ha tempo da dedicare a una sua grande fan?»
Decima Settimana: «Potevi anche dirmelo che avevi intenzione di tradirmi con mio cugino»
Undicesima Settimana: Come ogni fidanzata degna del suo nome, Sandra possedeva numerosi pregi, ma anche altrettanti difetti.
Dodicesima Settimana: «Mi manca ogni cosa di lui. La sua voce, la sua presenza, il suo amore, il suo profumo, la sua risata e, soprattutto, il suo bel corpo. Quando tornerà a casa, dovrà concedermi tutto di lui, pure con gli interessi».
Tredicesima Settimana: Sandra non avrebbe potuto fargli regalo migliore del suo amore e della sua cieca fiducia.
Quattordicesima Settimana: «Mi ricordi molto il mio Edgy, Goldy caro. Sei proprio un tipo per bene, gentile e garbato, un vero e proprio figurino. E scommetto che sei pure ben fornito».
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold, Sandra
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Io dovrei essere a studiare, ora, ma chissenefrega. Sapevo di dover scrivere questa Bakuryu, quindi neanche la genetica è stata capace di fermarmi. Eh, io mica voglio deludere i miei lettori. E poi questa raccolta mi sta particolarmente a cuore, data la coppia amorevole.

Inizialmente avevo intenzione di fare qualcosa di fluff-comico ma, siccome la mia testa bacata fa il contrario di ciò che voglio, sono arrivata a scrivere qualcosa di introspettivo (angst?). E vabbè, accontentatevi. Ultimamente sono così tanto incasinata che non so neppure da che parte sono girata. Wow.

La prima parte della storia riguarda un flashback, quindi ecco spiegato perché nell’icon qui a fianco compare Sandra bambina. Finalmente voi lettori conoscerete i genitori di Sandra (tranquilli, non sono schizzati come la figlia) o, per meglio dire, almeno verranno introdotti. Diciamo che avranno un ruolo di rilevante importanza nella raccolta, ecco.

Io li immagino così e così. Ovviamente queste sono immagini di come sarebbero da giovani, ancora prima della nascita di Sandra. Però almeno vi fate un’idea di come sono, no? Inoltre, ho scritto questo capitolo mentre ascoltavo questa canzone, che ho individuato come tematica per la famiglia di Sandra. Non so, per me è perfetta per loro.

Ci tenevo a dedicare questo capitolo alla mia Famiglia, in particolare a Aki, Cre e Koh! Buona lettura a tutti!

 

 

Ottava Settimana:

Ricordi

 

 

La bambina dai capelli azzurri gonfiò le guance a palloncino, mentre una smorfia di disappunto si dipingeva sul suo volto latteo. Scoccò un’occhiata di fuoco nei confronti dell’uomo che le stava di fronte, puntando i suoi occhi ghiacciati in quelli smeraldini dell’altro.

«Perché non posso venire con te, papà?» protestò la piccola, per poi afferrare il mantello del padre e strattonarlo più volte con forza – un gesto infantile e buffo che suscitò una certa ilarità nell’adulto, che a stento soffocò una risatina divertita. «Voglio partecipare anche io alla missione!».

Il Capopalestra di Ebanopoli si chinò all’altezza della figlia e curvò le labbra in un sorriso carico di dolcezza, quando le scompigliò i capelli con affettuosa giocosità. Il volto della sua piccola era rosso e iroso, contratto in un’espressione di profonda rabbia. Per quanto il suo carattere fosse piuttosto indomabile, specie quando faceva i capricci, la trovava a dir poco adorabile. «San, è troppo pericoloso. Non voglio che ti faccia male».

«Ma io non voglio restare qui» sbuffò Sandra, rifiutando le carezze gentili del genitore. Strinse le piccole mani in due pugnetti, furibonda come non mai. «Voglio venire con te!».

Edgar scosse la testa, mentre dalle sue labbra sfuggiva un sospiro esasperato. Per quanto adorasse il carattere determinato e irruente della pargola, in quel frangente lo considerò come un ostacolo fastidioso e difficile da superare. Conosceva bene il sangue del suo sangue e sapeva benissimo che difficilmente avrebbe retrocesso: pur di ottenere ciò che desiderava per capriccio, non avrebbe esitato a seguirlo anche senza il suo permesso. Sebbene fosse un’infante di pochi anni di vita, aveva già dimostrato in passato di essere in grado di compiere simili gesti – cosa che aveva suscitato lo stupore e al contempo l’ira del suddetto papà.

«Non puoi lasciare sola la mamma» le ricordò, giocando la carta del sentimentalismo e del legame che correva tra madre e figlia. Toccando quel punto sensibile del suo animo, forse l’avrebbe convinta a restare a Ebanopoli e attendere il suo ritorno. «E poi qualcuno deve pur proteggere il paese, no? E tu sei l’unica in grado di farlo».

L’orgoglio della bambina crebbe a dismisura, come da previsione del Domadraghi. Con gli occhi luccicanti di gioia e di entusiasmo, annuì con vigore, mostrandosi combattiva come non mai. Suo padre stava riponendo enorme fiducia in lei, affidandole perfino famiglia e cittadini! Non avrebbe potuto desiderare di meglio.

«E va bene, lo farò» esclamò la piccola, mostrandosi però ancora insoddisfatta. L’idea di dover trascorrere le giornate al fianco della madre Draigen senza potersi allenare con il suo Maestro la disturbava alquanto. Ammiccò con un cenno di capo al piccolo Pokémon al suo fianco, mentre le sue labbra si curvavano nell’accenno di un sorrisetto beffardo. «Horsea ed io proteggeremo il villaggio, ma solo perché ti voglio bene».

Ed entrambi scoppiarono a ridere fragorosamente, prima di abbracciarsi un’ultima volta con calore e affetto.

 

«Che cosa stai guardando, San?».

La giovane donna sobbalzò per lo stupore, colta alla sprovvista da quella domanda inaspettata. Volse il capo verso la porta, dove sulla soglia si trovava un Gold sorridente e felice come non mai. A quanto pareva, non aveva sentito il suo arrivo. Magari aveva perfino bussato alla porta, eppure lei era stata troppo concentrata sui suoi ricordi da isolarsi da tutto ciò che la circondava.

Il suo volto si dipinse di un’espressione radiosa, mentre il suo sguardo si fondeva con quello carico d’affetto dell’altro. Scrutò quegli occhi color miele con una certa curiosità, per poi confrontarli con quelli smeraldini dell’uomo che compariva in un’immagine dell’album fotografico che ancora reggeva tra le mani. Non si mostrò stupita, quando constatò come il suo ragazzo e suo padre fossero così simili tra loro. Seppur fieri e di animo nobile, erano dotati di un’innata sensibilità e di grande dolcezza – caratteristiche che l’avevano sempre attratta e che amava con tutto il cuore, sebbene lo avesse sempre omesso per orgoglio.

«Sembra un album dei ricordi, a giudicare dalla copertina» dedusse l’Allenatore, non udendo alcuna risposta dalla parte della Capopalestra. Una volta avvicinatosi a lei, aguzzò la vista, per poter scorgere ciò che la sua fidanzata osservava con tanto interesse. La sua espressione, per quanto assorta e beata fosse, tradiva una certa tristezza.

«Stavo pensando di aggiornarlo con nuove fotografie» confessò lei, riscuotendosi dai suoi pensieri. Cominciò a sfogliare le pagine sottili e ingiallite di quel libro prezioso, osservando di sfuggita quelle immagini ormai antiche raffiguranti frammenti del suo passato. «E ho cominciato a riguardare le vecchie, così, per curiosità».

Mai avrebbe ammesso davanti al suo caro che, invece, a spingerla a rievocare gli anni trascorsi era stata la malinconia. Per quanto alcuni scatti suscitassero il suo divertimento, in quanto buffi ed esilaranti, un’ombra di tristezza era calata sul suo cuore. Senza farsi cogliere in flagrante dal suo amato, accarezzò il volto di suo padre con un dito, ammirando la determinazione che si leggeva in ogni suo gesto, in ogni sua posa, in ogni sua espressione.

«Quelli sono i tuoi genitori?» domandò ingenuamente Gold, ammiccando con un gesto del capo alle figure giovani di Edgar e Draigen. «Somigli tanto a loro».

Sandra sondò l’espressione dell’Allenatore, in quel momento assorto nello studio di tutti quelle fotografie che si presentavano davanti a lui. Annuì impercettibilmente, dopo aver scorto gioia e curiosità dipinte sul suo volto.

«Un giorno mi piacerebbe conoscerli» esclamò di conseguenza lui, per poi invitarla a sedersi al suo fianco sul divano. «Non li ho mai visti, fino ad ora, e non mi hai mai parlato di loro».

Effettivamente, lei non lo aveva mai fatto, per riservatezza. L’idea di parlare a Gold dei suoi genitori non le aveva mai sfiorato la mente neanche per un secondo. Tuttavia, non si mostrò affatto stupita di fronte a quella legittima curiosità. Dopotutto, era diritto del ragazzo conoscere quelli che – con tutti i se e i ma di rito – forse un giorno sarebbero diventati i suoi suoceri.

«Un giorno ti farò conoscere mia madre, allora» ridacchiò la giovane donna, mentre nella sua mente già si formava la prima fantasia di un ipotetico incontro con tra le genitrice e il ragazzo. «Ti piacerà, vedrai. Sarebbe felice di fare la tua conoscenza».

Draigen avrebbe gradito sicuramente l’idea di incontrare e confrontarsi con colui che aveva preso possesso del cuore di sua figlia. Dato il carattere del suo compagno, poi, la Domadraghi dava quasi per certo che sarebbe piaciuto alla madre. Forse lo avrebbe messo inizialmente in soggezione, ma tutto si sarebbe risolto con una risata e la tensione sarebbe svanita come d’incanto.

«E tuo padre, invece?» chiese ingenuamente lui, urtando – seppur non volendolo – l’animo della futura Maestra Drago.

Lo sguardo della ragazza tornò a posarsi sul volto di quell’uomo che un tempo era stato il suo modello. Un’ombra di tristezza opacizzò le sue iridi color ghiaccio, tramutando immediatamente la sua gioia in antico dolore. Le sue labbra curve in un mesto sorriso preoccuparono alquanto il giovane, che temette di aver compiuto un atroce errore ponendo quella domanda.

Prima che lui potesse scusarsi e farsi perdonare, la Capopalestra posò un dito sulle sue labbra morbide, costringendolo a non fiatare. «Il fatto che non sia qui e non possa presentartelo non significa necessariamente che sia morto» mormorò tutt’un fiato, mostrandosi improvvisamente fiera e seriosa come non mai. Incrociò le braccia al petto e sollevò lo sguardo verso il soffitto, come per non permettere al fidanzato di leggere ciò che traspariva dai suoi occhi mentre parole tristi sgorgavano a fiotti dalla sua bocca. «Manca a Ebanopoli da un bel po’ di tempo, ormai. È partito per una missione quando io avevo solo undici anni circa. Nonostante avesse promesso a me e a mia madre che sarebbe tornato presto, fino ad ora non l’abbiamo visto. C’era perfino stato un momento in cui avevamo pensato che fosse morto».

Edgar aveva anteposto la sicurezza del suo paese a ogni cosa. Quando era piccola, Sandra aveva più volte ascoltato i suoi discorsi di pace e speranza con una certa ammirazione, incantata dalle sue parole toccanti. Eppure, mai avrebbe pensato che quell’ideale di benessere sarebbe stata la rovina della sua famiglia. Sua madre e lei erano persone forti e erano state in grado di cavarsela perfettamente da sole, ovviamente, però la mancanza di quell’uomo, di quella guida e del suo sorriso era impossibile da ignorare.

«Per fortuna un giorno mia madre ha ricevuto una chiamata da parte sua, così abbiamo saputo che non avrebbe mai più fatto ritorno da noi. Anche adesso sta facendo il guardiano a non voglio sapere cosa. In questi dodici anni non mi sono minimamente interessata agli sviluppi della loro missione e ho lasciato che fosse mio nonno  a farlo» proseguì, alzandosi poi dal divano ove era seduta e avviandosi verso la finestra, per guardare il panorama primaverile che si stagliava davanti ai suoi occhi. «So che i miei genitori si tengono sempre in contatto via telefono, però mi sono rifiutata categoricamente di parlare con lui. Io sto ancora aspettando il suo ritorno e non intendo accettare l’idea che forse lui rimarrà lì dov’è per sempre».

Le braccia di Gold avvolsero inaspettatamente il suo corpo, stringendolo con dolcezza. Lacrime calde accennarono a sgorgare dagli occhi della Domadraghi, mentre il suo ragazzo la cullava e cercava di lenire il forte dolore che avvertiva nel petto. Ricambiò quel contatto con un certo vigore, sentendo l’urgenza di averlo al suo fianco, di essere certa che almeno lui fosse lì e che non se ne sarebbe mai andato. Non te ne andare, avrebbe voluto sussurrargli, se solo non avesse temuto di singhiozzare da un momento all’altro.

Le labbra dell’Allenatore cercarono le sue, intrappolandole in un bacio lieve e carico di promesse taciute. Quel contatto intimo bastò per sugellare quel giuramento silenzioso, che testimoniava la loro eterna unione. Lui non sarebbe mai partito, non sarebbe mai svanito nel nulla, a differenza di come aveva fatto suo padre. Bastò questa certezza per permettere alla Capopalestra di scacciare ogni pensiero oscuro e di dedicarsi solo al suo grande amore.

«Giusto per cambiare argomento» mormorò il ragazzo sulle sue labbra, ridacchiando divertito tra sé e sé. «Eri già bellissima da piccola. E molto buffa, anche. Un amore».

«Smettila di dire ovvietà» replicò l’altra, tra una carezza e l’altra, mostrandosi leggermente scocciata di fronte a quell’affermazione. «È ovvio che io fossi divina anche da piccola, no? Si nasce così, non lo si diventa. Comunque sia, ora abbiamo molto da fare».

«Che cosa?» domandò l’altro, facendosi curioso. Mai si sarebbe aspettato una simile affermazione da parte della sua bella, o almeno non in quel momento. «Vuoi combattere proprio ora?».

Sandra sospirò, portandosi una mano al viso e scuotendo il capo con vigore. «Ma no, idiota» mugugnò, per poi afferrare la macchina fotografica dal tavolo e sbattergliela praticamente in faccia. «Abbiamo un album di ricordi da riempire con la nostra storia».

«Ci sto. Basta solo che non cominci a metterti in pose provocanti e invitanti» - altrimenti potrei saltarti addosso, avrebbe voluto aggiungere, ma optò per il silenzio.

E, dopo avergli assestato un leggero schiaffo sulla nuca, la futura Maestra Drago si unì alla sua fragorosa risata.

  
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