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Autore: cupofteah    12/04/2013    0 recensioni
Forse ne valeva la pena, forse era arrivato il tempo di lasciarsi andare e di vivere la vita senza più avere quella compostezza e quel rigore che tanto piaceva a quegli occhi smeraldini.
Forse, non era tanto sicura, che ne valesse veramente la pena.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Celeste,
che, nonostante i chilometri, è come se fosse qui con me. 
Sempre.

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Prati verdi, alberi in fiore.
Sembrerebbe una giornata come tutte le altre, in una Londra che ormai si avviava alla primavera.
Il cielo azzurro, il sole faceva capolino fra gli alberi in fiore.
Era una di quelle giornate in cui le persone si sentivano felici, lasciavano da parte la tristezza per dar spazio ai colori di quel parco.
Eppure, per lei,  non era una giornata come tutte le altre.
Lei era lì, in mezzo a tutti quei fiori, in mezzo a tutti quei profumi, in attesa.
Neanche lei sapeva cosa aspettarsi, era lì, come tante altre persone, e aspettava.
La lettera diceva chiaramente ‘Hyde Park alle 17.00’. E lei era li, alle 17 in punto.
Si sedette sull’erba incrociando le gambe.
Si accese una sigaretta buttando fuori il fumo che il vento portò via in un soffio.
Lei aspettava e, più il tempo si faceva veloce, il sole girava l’angolo, l’ansia si faceva largo nel suo petto.
Le persone la guardavano, non capivano cosa stesse facendo, cosa stesse aspettando.
Ma lei sentiva quelle persone: parlavano di lei.
“Quanto ha intenzione di aspettare?”  - “Non lo so, ma è una ragazza strana.”
Lei, viso angelico e occhi verdi, era stata definita strana da un gruppetto di vecchie pettegole.
“Non sono strana.” infilò le cuffie indispettita, lasciandosi coinvolgere dal rock.
No, io non sono strana.
Molti la definivano strana, ma la ragazza non era poi così strana e diversa dalle altre persone.
Era strana perché ascoltava i The Script invece di omologarsi alla massa ascoltando gli One Direction.
Era strana perché  non aveva un Iphone ma un comune Samsung.
Era strana perché le sue calze non erano bucate.
Era strana perché i suoi capelli non avevano le tinte più eccentriche.
Era strana perché si era iscritta all’università invece di creare video su Youtube.
Era strana perché suonava la chitarra con la destra nonostante fosse mancina.
Era strana perché viveva di musica e non per gli artisti che la creavano.
Era strana perché badava prima alla melodia invece di pensare alle parole.
Lei era strana? O forse era il mondo strano?
Troppe omologazioni e troppi pensieri comuni.
Lei aveva un’opinione sulla politica. Amava Margaret Thatcher e odiava chi non rispettava le sue scelte.
Conosceva lo sport, amava il calcio e andava a ogni partita dell’Arsenal.
Ma no, lei non era una ragazza normale. Lei era strana.
Si era stufata di stare ad aspettare. Erano passate ormai tre ore e il sole si stava allontanando.
Le luci iniziavano ad accendersi e le persone rincasavano, stanche da quella giornata di sole.
Lei era lì, sola. I The Script suonavano ‘Before The Worst’ e lei era stanca.
La ragazza prese la borsa, arrotolò le cuffie e ve le gettò dentro.
Chiunque avesse cercato di ingannarla con quella lettera non ci sarebbe riuscito una seconda volta.
Lei era strana sì, perché non dava ampio spazio alle persone.
Lei era strana perché non si fidava dei ragazzi.
In realtà non aveva mai avuto un buon rapporto con i ragazzi.
Più che altro la evitavano, nessuno voleva avere a che fare con una ragazza così difficile, così complessa.
E lei, non voleva una relazione con persone così superficiali.
Si era ripromessa che avrebbe avuto una storia solamente con la persona che le avesse fatto provare quelle famose farfalle.
Le farfalle sono sintomo di emozione, un’ emozione viscerale, che parte da dentro e non puoi fermarla.
Lei aspettava, aspettava quelle dannate farfalle.
Ma quelle farfalle non arrivavano mai e lei perdeva sempre di più la fiducia sui ragazzi, ma soprattutto sull’amore.
Aveva paura delle delusioni, aveva paura di essere ferita e di non riuscirsi più a rialzare.
Le delusioni d’amore non ci rendono più forti. Sono cazzate! Soffriamo, soffriamo fino a stare male, fino a non sentire il terreno sotto i piedi. Soffriamo fin quando non arriva una nuova persona che andrà a deluderci una seconda volta.
Per lei era quello l’amore, era un circolo dal quale non si riusciva ad uscire: un vicolo cieco.
E, anche se non l’avrebbe ammesso mai, aveva paura di entrare in quel vicolo.
Rilesse la lettera ancora una volta.  Si era stufata.
“Lo so che sei stanca, ma è straordinario vedere come ti comporti davanti a tutte queste persone.”
La ragazza incrociò gli occhi smeraldini di un ricciolino fin troppo alto.
Lei non vedeva altro che i suoi occhi illuminati da un’esile luce.
“Scusa?”  - “Hai capito bene.” sorrise.
Le fossette ai lati della bocca, anche quelle riusciva a vedere.
Quelle fossette erano un qualcosa di familiare.
“Sei tu..” “.. quella stupida lettera.” accese un’altra sigaretta.
Ancora le fossette.
“Smettila di sorridere.” ordinò buttando fuori il fumo.
Non smetteva. Le fossette c’erano ancora.
“Basta, me ne vado.” si era stancata.
Stanca di tutti quei giochetti, di quei sotterfugi, di aspettare.
Aspettare, aspettare.
Lei non faceva altro che aspettare.
Aspettava il pullman alla fermata che puntualmente arrivava in ritardo.
Aspettava che i denti del giudizio crescessero.
Aspettava che i suoi capelli crescessero oltre le spalle.
Aspettava che qualcuno venisse a prenderla, qualcuno che l’amasse realmente.
Aspettava quella persona che eliminasse quel rigore che si portava dentro.
 “Aspetta!” la bloccò per una mano.
“Dovrei aspettare ancora? Ti ricordo che sono qui dalle cinque.”
“Ed io ero dietro di te tutto il tempo.”  batté le palpebre lasciando che le ciglia accarezzassero l’aria circostante.
E le fossette, quelle c’erano ancora.
“Spiegami perché proprio a me? – fece un tiro – Potevi prendere per il culo altre ragazze.” fece una pausa osservandolo. “Il mondo è pieno di ragazze, proprio me devi tormentare con questi giochetti?”
“Non sono come te.” rispose secco. “Le altre, intendo.”
“Certo, io sono così strana da attrarre anche gli sconosciuti. Hai ragione.” spense la sigaretta. “ Senti, ricciolo delle mie tasche, fai meno il misterioso. Ho fretta.”
Le fossette erano riapparse e le labbra del ragazzo posate sulle sue.
Non riusciva a staccarsi, voleva ma non ci riusciva.
Non cascarci.
La borsa cadde nel prato.
Non cascarci.
Nel cielo c’era la luna.
Non cascarci.
Forse era troppo tardi.
Le loro labbra si staccarono e sotto la luce della luna lei lo riconobbe.
Erano quelle fossette che facevano impazzire il mondo intero.
Quei denti bianchi che risplendevano sotto la luce della luna.
“Ora me lo spieghi: hai il mondo ai tuoi piedi e tra tutti i miliardi di persone tu.. tu vai a baciare me? Ti ricordo, come hanno detto quelle pettegole, che sono una tipa fin troppo strana.” fece una pausa osservando meglio il suo viso. “I ragazzi mi stanno alla larga perché sono troppo complicata, scappa finché sei in tempo. Fidati, è un consiglio.”
“Sei perfetta per me.” il cielo blu sopra di loro si riempiva di stelle ancora più luminose.
“Non mi conosci.”
“So che ti piacciono le brioche calde alla marmellata, so che ami la tua chitarra, so che odi tingerti i capelli, so che sei mancina, so che non hai passato l’esame di statistica perché tu odi i numeri, so che eri al concerto dei The Script la scorsa sera, so che dormi a pancia in giù, so che non bevi il caffè perché non ti lascia dormire la notte, so che hai paura del buio, so che hai paura dell’ascensore..”
“Fermo, fermo. Come sai tutte queste cose?” era sbalordita.
Ma non solo sbalordita era impressionata, per il semplice fatto che una persona si era interessata realmente al suo essere. Sapeva così tante cose della sua vita, della sua personalità che neanche lei, ormai, ne era più a conoscenza.
Per la prima volta, nella sua vita, non era più sicura che l’amore fosse una cosa terribile, tragica.
Sentiva che qualcuno l’aveva apprezzata per com’era veramente.
Lei diceva sempre: non cambio per nessuno, le persone mi dovranno accettare per come sono.
Quel rigore stava sparendo, non era più così rigida. Tutt’altro, si sentiva leggera come una farfalla.
“Le so.” sorrise. Le fossette erano lì e non se ne sarebbero andate via, per nulla al mondo.
“Lo sai che non sarà un bacio al parco a farmi innamorare di te.” confessò.
Forse ne valeva la pena, forse era arrivato il tempo di lasciarsi andare e di vivere la vita senza più avere quella compostezza e quel rigore che tanto piaceva a quegli occhi smeraldini.
Forse, non era tanto sicura, che ne valesseveramente la pena.
Si sentiva un po’ come quella farfalla che lui aveva tatuata nello stomaco.
Nonostante tutto ciò che sosteneva, lei sapeva dell’esistenza di quella farfalla.
Lei era lì posata in attesa della famosa sensazione che, poche persone, sanno dare.
Quella sensazione che lei non aveva mai provato.
La farfalla che in realtà aveva un significato ben preciso: tutto il dolore e il sangue versato per tatuarla aveva un senso. Un senso che ora riusciva a dare anche lei a tutta quell’attesa.
Ma, a contrario di ciò che poteva pensare sull’amore, l’aveva sempre voluta provare, e ora lei non capiva se quello allo stomaco era solo un brontolio per aver saltato la merenda o le famose farfalle.
Se quella era la vera sensazione allora le sue più che volare e volteggiare facevano a pugni.
Del resto lei non era come le altre, era diversa, era strana e le sue farfalle erano come lei: strane.
Si avvicinò di più a lui, era convinta.
E se fosse andata male?
Non le importava, voleva solo godersi quella sensazione strana nello stomaco, voleva accarezzare i suoi morbidi ricci e disegnare sulla pelle il contorno dei suoi tatuaggi.
Non le importava più di niente se non della mano intrecciata sulla sua.
“Ti avviso, io odio gli One Direction.”
 
 
It's not a walk in the park
To love each other.
But when our fingers interlock,
Can't deny, can't deny you're worth it.
Paramore  - Still Into you





 
Non ho niente da dire sennonché ci tengo tantissimo a questa one shot.
Spero possiate apprezzarla, così come la apprezzo io.
Grazie a chi la leggerà, a chi la recensirà e a chi s’immedesimerà. 

  
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