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Autore: InsertACasualUsernameHere    13/04/2013    2 recensioni
"Quando era molto piccolo credeva che orrendi mostri l’avrebbero potuto ferire, se percorreva i corridoi a notte fonda, ma non poteva confessare le sue debolezze a nessuno così aveva imparato a superare la fobia, lo aveva fatto da solo, affrontando la propria paura.
...
E poi c’erano loro, seduti uno di fianco all’altra, con il loro figlio raggiante e dallo sguardo curioso, sempre intento a sfogliare libri e conoscere, ed erano sereni; loro erano gli unici a essere una famiglia.
Non si amarono da subito, ma impararono a farlo con il tempo, condividendo segreti e passioni, confidandosi sogni e timori, e quando nacque Scorpius, si amarono appieno; senza timore e senza menzogna. Draco era felice, ora che aveva sconfitto anche la sua ultima paura."
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nel grande giardino, che circondava l’imponente dimora, simile alla reggia di un re, due bambini giocavano sereni.
Avevano la medesima età, erano entrambi troppo piccoli e non avevano il permesso di assistere alle riunioni familiari.
Ed erano entrambi troppo innocenti, per poter intuire che seduti nel vasto salotto, i loro padri, decidevano per loro quale sarebbe stato il percorso che dovevano intraprendere.
E così, in quel caldo pomeriggio estivo, mentre due bambini giocavano sereni, due padri avevano delineato le vite dei loro figli; sino a deciderne il matrimonio combinato.
E le genuine risate di anime innocenti e pure, si confondevano con i consueti sorrisi accondiscendenti di anime ormai corrotte, che avevano dimenticato che persino loro un tempo erano stati bambini.
Nel grande salotto, dalle mura rivestite d’araldi raffiguranti la nobiltà della famiglia, dai preziosi lampadari e l’aria sterile e fredda di quel posto; una madre posava la sua mano sinistra sulla piccola spalla di un bambino minuto.
-Ti sei divertito?- sussurrò, abbozzando un sorriso, che sembrava sincero seppur tempro e quasi spaventato
-Sì, madre- il volto serio di quel bambino, dall’aspetto minuto e i corti capelli biondo platino, era così diverso dal sorriso sereno e quieto che aveva poco fa.
-Arrivederci signor e signora Zabini, arrivederci Blaise- la rigidità con la quale saluto gli ospiti, era ben diversa dalla semplicità che possedeva durante il gioco.
La figura austera di un uomo alto, dal volto cinico, i capelli biondi, lisci, che gli ricadevano lungo le spalle, accompagnò i tre membri della famiglia Zabini al portone e, con tono rigido, li salutò.
Fece segno alla donna dal volto cupo, l’aspetto inquieto e malinconico, di recarsi nella stanza adiacente e attendere lì.
Invitò poi, con un ampio gesto della mano, il bambino a sedersi in una delle due poltrone nere che si trovavano a pochi passi da loro.
Si sedette di fronte a lui, poggiando il bastone da passeggio al bracciolo.
-Figlio, è giunto il momento che tu comprende i tuoi doveri di purosangue- gli occhi grigi, freddi e distaccati, osservavano seri ed autoritari la figura di quel bambino, fin troppo rigido per poter essere considerato tale
-Nell’anno che verrà, il cinque giugno, compierai undici anni e riceverai dalla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts la lettera, che ti comunicherà che è giunto il momento di intraprendere gli studi.
Parteciperai alla cerimonia di smistamento, ovviamente sarai smistato nella nobile casata dei Serpeverde e dovrai dimostrare di essere il degno erede della dinastia Malfoy, dando mostra delle tue abilità-
-Padre- il tono di voce sicuro contrastava con il volto, che presentava un’ombra di incertezza –sono già consapevole-
-Non devi interrompermi- tuonò l’uomo, donando al figlio uno sguardo glaciale che non ammetteva repliche –so benissimo che questo discorso ti viene ripetuto sin da quando avevi sei anni, ma è bene rinfrescare la memoria di tanto in tanto, in modo da evitare errori che potrebbero arrecare danno al prestigio della nostra nobile famiglia.
Per questo motivo, Draco, ti ripeto queste nozioni fondamentali.
Quando sarai ad Hogwarts ricordati che non dovrai mai concedere attenzioni ai nati babbani o ai mezzosangue, né ai traditori del proprio sangue.
Il tuo unico scopo, all’interno della scuola, sarà quello di dimostrarti superiore in ogni attività e di guadagnare il maggior numero di punti casata.
Odierai ogni Grifondoro, reputerai insignificante ogni Tassorosso e sarai indifferente ad ogni Corvonero; ma sarai fedele ad ogni Serpeverde.
Dovrai circondarti e portare rispetto solo ai tuoi pari, solo a chi è purosangue e avere alleati e non amici.
Ricordati ogni parola e non arrecarmi delusioni, non costringermi a doverti ripudiare e disconoscere-
Padre e figlio si osservarono a lungo, con austerità, si scambiarono un cenno di comprensione e fu concesso al piccolo Draco di continuare a svolgere l’attività quotidiana di lettura; attività obbligatoria poiché ritenuta propedeutica al futuro scolastico del figlio.

 

 

 

 

-E’ impossibile!- un urlo rassegnato spezzò la tranquillità che aleggiava all’interno della stanza.
Una donna dai lunghi capelli mori, di media altezza, avvolta in un elegante abito blu notte di seta pregiata, camminava adirata in circolo, gesticolando nervosa.
-Cosa?- chiese pacato un uomo, elegantemente seduto in un’imponente poltrona di pelle nera, che sorseggiava un buon bicchiere di burrobirra.
-Trovare tuo figlio!- tuonò la donna, fermandosi al centro della sala e poggiando le mani ai fianchi con fare adirato.
L’uomo sorrise, trovava buffo il modo in cui veniva denominato il figlio, in occasioni come queste, in cui commetteva l’errore di infastidire la madre con la sua indole solitaria.
Si sollevò pacato, si diresse vero la donna e le poggiò una mano sulla spalla sinistra.
-Lascia fare me- sussurrò, donandole un lieve bacio a fior di labbra. Quest’ultima sembrò riacquistare la serenità perduta e le sorrise con dolcezza, annuendo conscia del fatto che non sarebbe mai riuscita a memorizzare ogni anfratto dei quell’imponente dimora.
L’uomo proseguì sicuro, attraverso i lunghi corridoi e le ripide scale, sino a giungere alla libreria; posta al secondo piano dell’edificio.
Era certo che avrebbe trovato il figlio assorto nella lettura di qualche vecchio libro, del quale neppure lui conosceva l’esistenza, era un bambino curioso e d’indole introversa; la biblioteca era il suo rifugio.
Vagò per un po’ tra gli scaffali, finché non notò una figura mingherlina, seduta a gambe incrociate, intenta a sorreggere un libro più grande di lui. Si avvicinò cauto e si sedette al suo fianco.
-Cosa leggi questa volta?- chiese con dolcezza, il bambino sollevò lo sguardo dalle pagine ingiallite e lo posò sul volto sereno del padre
-Un libro che parla di creature magiche- sorrise, gli occhi brillavano di vivace curiosità –papà è vero che alcune creature sono visibili soltanto a chi ha visto qualcuno morire?- chiese, indicando la pagina che fino a poco fa stava leggendo.
L’uomo annui –sì Scrorpius, è così- poi sospirando continuò –tua madre ti ha cercato, l’hai fatta arrabbiata, so che non ti piace partecipare alle cene che organizza tua nonna, non piace neppure a me, ma devo farlo- il tono calmo, pacato, dolce convinse il bambino a chiudere il libro e sollevarsi a fatica, a causa del peso di quel tomo antico.
Con prontezza il padre aiutò Scorpius a reggere il volume e, sfilandoglielo dalle piccole mani affusolate, lo ripose.
-Andiamo, prima che tua madre ci sgridi entrambi- disse, scapigliando con dolcezza la chioma biondo platino del figlio, che rise sereno; seguendo il padre lungo le stanze buie della grande villa.

 

 

 

 

-Malfoy Draco!- la voce autoritaria del padre fece sobbalzare il bambino, che sollevò lo sguardo dal libro che era intento studiare e si voltò con timore.
-Padre io- balbettò insicuro, affrettandosi a riporre con fatica il pesante tomo nello scaffale dal quale era stato preso
-Non cercare di giustificarti, sai benissimo che questa non è l’ora giusta di recarsi in libreria- tuonò furente l’uomo, battendo con forza il bastone da passeggio al suolo –ti avevo detto di indossare il completo nero e recarti in salotto-
Draco abbassò il volto, concentrando la propria attenzione al suolo, e con passo rigido, senza attendere che il padre lo seguisse, discese le scale buie e ripide ed il lungo corridoio illuminato da flebili fiammelle.
Quando era molto piccolo credeva che orrendi mostri l’avrebbero potuto ferire, se percorreva i corridoi a notte fonda, ma non poteva confessare le sue debolezze a nessuno così aveva imparato a superare la fobia, lo aveva fatto da solo, affrontando la propria paura.
-Madre, perdona il ritardo- aveva ancora il capo chino quando fece il suo ingresso nel salotto principale –necessiti di aiuto?- chiese, ripeteva quel rituale ogni volta che il padre decideva di organizzare riunioni con altri purosangue; era diventata una meccanica routine priva di significato.
-Draco- il tono di voce con cui il padre, sopraggiunto alle sue spalle, lo chiamò era atono privo di valenza affettiva –vai ad indossare l’abito che è poggiato sopra il tuo letto e fai in fretta, attendiamo ospiti molto importanti- una meccanica routine, un ambiente sterile, freddo, come il tono di voce con il quale suo padre si rivolgeva a lui; suo figlio.
La donna, fasciata in un elegante e raffinato abito verde smeraldo, dai capelli mori su sfondo biondo raccolti in un delicato chignon. Erta, al centro dell’imponente salotto, osservava con volto rattristato la scena, si sentiva madre; ma non poteva comportarsi come tale.

 

 

 

Scorpius nascose il proprio volto al grembo materno, cingendo la donna con le esili braccia e sussurrando delle timide scuse. Quest’ultima le carezzò i capelli biondi, sorrise, lo afferrò per mano e si condussero assieme nella sala da pranzo.
Draco osservava la scena con un misto di serenità e malinconia, credeva che mai nella sua vita sarebbe stato in grado di vedere simili gesti di puro affetto in quella villa così grande e così vuota; fredda.
Eppure, dal giorno in cui si era sposato con Asteria, dal giorno in cui era nato loro figlio, quell’imponente dimora era diventata un posto un po’ più caldo.
Quando aveva saputo dal padre che avrebbe dovuto sposare una donna che aveva solo visto, ma con la quale non aveva mai comunicato, fu certo che avrebbe creato una famiglia come quella nella quale era cresciuto; e un brivido gli traversò la schiena.
Eppure ora stava assistendo ad una dimostrazione di affetto tra madre e figlio, eppure ora amava Asteria per la donna astuta, erudita e particolare qual era; aveva creato una famiglia e l’aveva resa tale.
Si recò sereno verso la sala da pranzo e si sedette al fianco di sua moglie, com’era solito fare in quelle occasioni, osservò con volto serio ogni ospite che sedeva alla grande tavola in legno.
Vedeva  la stessa scena da quando aveva sei anni, ripeteva lo stesso rituale di sorrisi fasulli e chiacchiere prive d’interesse.
Ora osservava i volti di quelli che un tempo erano suoi compagni ad Hogwarts, Serpeverdi come lui, purosangue come lui; seduti lì al suo stesso tavolo che parlavano di cose che non interessavano neppure a loro.
Vide Pansy Parkinson sorridere all’uomo che gli sedeva affianco, un purosangue anche lui, Gregory Goyle che sedeva tra la moglie ed il figlio, avevano i medesimi occhi; ma quelli del piccolo erano leggermente più vispi.
Lo sguardo di Draco si posò poi su Daphne, sorella di sua moglie, sposata ed infelice con Theodore Nott, sedeva nel mezzo la loro figlia così simile alla madre; ma dal volto timido come il padre.
E poi c’erano loro, seduti uno di fianco all’altra, con il loro figlio raggiante e dallo sguardo curioso, sempre intento a sfogliare libri e conoscere, ed erano sereni; loro erano gli unici a essere una famiglia.
Non si amarono da subito, ma impararono a farlo con il tempo, condividendo segreti e passioni, confidandosi sogni e timori, e quando nacque Scorpius, si amarono appieno; senza timore e senza menzogna. Draco era felice, ora che aveva sconfitto anche la sua ultima paura.

 

 

 

Aveva quindici anni Draco ed era ancora convinto che Hogwarts fosse un posto migliore di Malfoy Manor.
Detestava quel treno, quella parete magica, quel lungo tragitto che lo riconduceva a casa.
Ogni anno, durante le vacanze, il padre lo costringeva a migliorare, a spingersi sino all’estremo, sino al limite delle proprie capacita.
Ogni anno, durante le vacanze, il padre gli ripeteva il solito discorso sulla purezza del sangue e sulle doti di un Malfoy e di un Serpeverde e Draco, nel profondo, iniziava a detestare quei concetti.
La villa diventava sempre più fredda e vuota, ogni anno che passava, e quando il signor Oscuro risorse dalle proprie ceneri e iniziò a utilizzare la dimora Malfoy come luogo di ritrovo, Draco si ritrovò costretto a partecipare, suo malgrado, a quelle riunioni tra mangiamorte e a diventare come suo padre.
Al suo sesto anno, Lucius fu fatto prigioniero e rinchiuso ad Azkaban, Draco fu costretto a occuparne il posto, tatuarsi quel marchio indelebile all’avambraccio e diventare parte attiva; compiere missioni in segno di fedeltà.
Il suo primo incarico fu quello di uccidere Albus Silente, preside di Hogwarts, e Malfoy tentò di mostrarsi pronto e di essere fiero del compito che gli era stato assegnato; ma aveva l’animo tormentato. Sapeva di non esserne in grado, lui non era un assassino e non lo sarebbe mai stato; non voleva esserlo.
Sua madre lo capì, fece un patto inviolabile con Piton, costringendolo a giurare di proteggere il figlio e di adempiere ai suoi doveri qual ora Draco non ne fosse stato in grado.
E fu ciò che accadde.
Quella notte lo specchio rifletteva l’immagine di un giovane costretto a diventare adulto, sin troppo presto.
-Devi farlo- continuava a ripetere al riflesso di sé
–è la tua occasione- cercava di convincersi, d’infondersi coraggio
-tu sei come loro- sputò acido alla propria immagine riflessa su vetro appannato.
Aveva riparato l’armadio svanitore, chissà come c’era riuscito proprio lui, Draco Malfoy.
Ora, però, era pietrificato di fronte a quel riflesso che non rappresentava più ciò che credeva di essere, ma ciò che suo padre desiderava lui fosse.
E ora doveva adempiere al suo compito, non poteva deludere l’onore di suo padre, non poteva lasciare che sua madre pagasse per errori che non aveva mai commesso.
Quando Potter lo colpì e lo fece giacere al suolo, ferito, sperò per un solo istante di morire; sperò che Piton lo lasciasse lì esanime.
 

 

 

-Draco, cos’hai?- la voce turbata di Asteria lo ricondusse alla realtà, distogliendolo dai suoi pensieri.
Scosse la testa e non rispose, si limitò ad osservarla con volto turbato.
La donna si sedette al suo fianco, gli ospiti erano ormai tornati nelle rispettive dimore, Scorpius dormiva sereno, tutto taceva ed il silenzio gravava in quell’imponente sala.
-Non è mai positivo reprimere i propri pensieri, i propri timori- sussurrò Asteria, carezzandogli amorevole la guancia e lasciando che il grigio degli occhi del marito la avvolgessero in un muto abbraccio.
-E se un giorno nostro figlio dovesse venire a conoscenza di tutto ciò che di sbagliato ho fatto, di tutto il male che la mia famiglia ha causato, di tutti gli errori che in passato ho commesso?- confessò in un soffio, leggero come il vento, lasciandosi trasportare tra le braccia della moglie e nascondendo il proprio viso nell’incavo del suo collo, come fanno i bambini quando hanno bisogno di sicurezze.
-Indubbiamente lo verrà a sapere- sospirò la donna, stringendo a sé il marito –come è solito fare chiederà spiegazioni, desidererà delucidazioni, e come facesti con me confesserai anche a lui tutti i demoni del tuo passato e ammetterai di esserne ancora turbato. Vedrai che lui saprà capire, sarà in grado di perdonare ed avrà la saggezza necessaria per riconoscere che la colpa di tutto ciò non è tua, ma del mondo in cui eri cresciuto- gli carezzò i capelli e lo cullò a sé, com’era solita fare. Col tempo, infatti, Asteria aveva compreso che con lui doveva essere sia moglie sia madre, doveva essere ciò di cui Draco aveva sempre avuto bisogno e non aveva mai potuto confessare, non aveva mai avuto l’occasione di avere.
E così col tempo imparò ad amare Draco Malfoy per ciò che era, un uomo tormentato, turbato dal ricordo di un passato avvolto dall’oscuro e intimorito all’idea di commettere gli stessi errori del padre; ma anche un uomo sensibile ed in grado di amare in silenzio senza chiedere nulla in cambio.
-Asteria- sussurrò il biondo, ancora avvolto tra le braccia della moglie –e se non riuscissi ad essere un buon padre?-
-Draco, tu lo sei già- sollevò il volto del marito, delicatamente, lo carezzò con dolcezza ed infine lo baciò con passione.

 

 

 

-Madre, padre, chiedo perdono, per non essere riuscito a compiere ciò che mi era stato chiesto-
-Draco, non posso perdonarti per colpe che non hai-
Il volto del biondo si contrasse in una smorfia interrogativa, rivolse poi lo sguardo al padre, che lo osservava con lo stesso sguardo che gli donava quando da piccolo sbagliava; quando lo deludeva.
-Narcissa nostro figlio ha sbagliato ed è giusto che sappia, deve imparare a riconoscere i propri errori, per rimediare dovrai sposare Asteria Greengrass e far sì che la nostra famiglia riacquisti la rispettabilità che merita-
Lucius Malfoy viveva da rinnegato ormai da alcuni mesi, era certo che ormai tutti credessero alla sua versione, di ex mangiamorte pentito, non sospettava che né il figlio né la moglie l’avessero potuto tradire; consegnadolo alla giustizia.
Narcissa Malfoy aveva dimostrato di essere madre, forse troppo tardi, forse nel momento sbagliato, ma aveva dimostrato di esserlo. Era stata abile nel mascherare i propri reali sentimenti, nel fingere, nello sperare di nascosto che Potter riuscisse a sconfiggere Lord Voldemort.
Draco Malfoy, abile al pari di sua madre, era riuscito a tenere nascosti i sentimenti che provava persino a se stesso.
Ed ora erano riuniti nell’imponente sala da pranzo, ricevevano le ultime direttive di un padre padrone ed attendevano l’arrivo del ministero della magia; in un tacito silenzio.
Avevano tradito entrambi l’uomo che credevano di amare, come padre o come marito, ma che non era in grado di svolgere né l’uno né l’altro ruolo.
Aveva scelto di vivere, di liberarsi, di rimediare agli errori commessi.

 

 

 

-Ho paura, Asteria. Temo che sarò come mio padre, che non riuscirò a lasciar crescere mio figlio, a farlo vivere, a insegnarli a camminare con le proprie gambe e pensare con la propria mente- aveva più di trenta anni ormai Draco e non aveva mai pianto, credeva di non esserne in grado, eppure ora era lì, il volto racchiuso tra le mani affusolate della moglie, ed un calore intenso gli rigava le guance ed un sapore salato gli inumidiva le labbra.
-Draco, tu non sarai mai come tuo padre, non lo sei mai stato- Asteria premette le sue labbra a quelle del marito, portandogli via quel sapore aspro e donandogliene uno più dolce –tu sei e sarai un buon padre ed un marito perfetto-
-Come puoi esserne certa?- chiese titubante, come mai l’era stato sino allora, lasciando che gli occhi nocciola lo scrutassero sino a scoprire ogni anfratto della sua anima.
-Perché ti amo e mi fido di te- le sorrise sincera, prendendolo per mano e attendendo che anche l’uomo si alzasse.
Draco sospirò, lasciò che quell’ombra di timore e paura svanisse dai suoi occhi e inspirò quell’aria serena, sincera e pura che mai prima d’ora aveva fatto parte di quella dimora, di quella famiglia.
Non disse nulla, non aggiunse parole che sarebbero risultate inadeguate, con spontanetà e sincerità la baciò come fece la prima volta in cui capì che l’amava e che l’avrebbe amata per il resto della sua vita.
Era sereno ora, era spontaneo ora, era se stesso finalmente. Temeva di non possederla neppure una personalità, eppure Asteria gli aveva insegnato a conoscerci, ad amare, gli aveva fatto scoprire la libertà e lo aveva amato nonostante tutto; sopra ogni cosa.
Ed ora era certo che suo figlio sarebbe cresciuto come lui avrebbe sempre desiderato, circondato solo dall’affetto di una famiglia serena, che aveva appreso l’importanza del presente, l’insegnamento del passato e la speranza nel futuro e l’inutilità dei retaggi del passato; della purezza di sangue o dell’appartenenza ad una data casata.
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Note:

Mi scuso per eventuali e probabili errori di sintassi, grammatica o logica.

Mi scuso anche per aver modificato alcune parti della storia originale, era necessario ai fini del racconto da me pensato.

Inoltre è la prima volta che scrivo e pubblico qualcosa che riguarda la saga di Harry Potter, sebbene io amo sia i libri che i film, non sono mai riuscita a scrivere nulla a riguardo; forse per paura di rovinare il capolavoro di J.K. Rowling.

Perciò questa mia storia potrà risultare, a molti di voi, banale e mal riuscita; ho trovato il coraggio di pubblicarla solo per rendere felice una mia cara amica.

Sono aperta ad ogni critica, perciò non abbiate pietà, giuratemi di non avere buone intenzioni!

 
  
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