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Autore: distantmemory    13/04/2013    10 recensioni
Heather e Courtney si conoscono da quando sono bambine e odiano i maschi per questioni amorose passate. Cominciano a frequentare le scuole superiori, ma riusciranno a stare alla larga dai ragazzi? E inoltre, qual è il segreto dei loro genitori?
Dal capitolo 20 (Parte III):
«Bè, mi amor, adesso sai che se ti dico qualcosa è solo per avvertirti, perché non vorrei mai che ti succedesse qualcosa. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai,» avvicinò le sue labbra al mio orecchio ed abbassò il volume della voce, in modo da non far udire le sue parole al fratello. «perché tu sei la cosa più importante che ho.»
***
E in quel momento l’unica cosa che volevo era Duncan, l’unica persona di cui mi fidassi era Duncan. In quel momento mi dissi che se mi avessero privato di lui, sarebbe stato peggio della mancanza d’ossigeno. Duncan era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Nuovo Personaggio | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Ancora non ci poteva credere. Tutti gli abbracci, le carezze, i complimenti che le aveva dedicato erano solo una bugia, una falsità, non sarebbero dovute accadere. Il giorno precedente l’aveva anche baciata, ma nessun fratello avrebbe mai osato baciare la propria sorella. E inoltre, suo padre le mentiva. Se sapeva che aveva un altro figlio, perché non gliel’aveva mai detto? Era una cosa molto, troppo importante per essere nascosta. Se l’avesse saputo, magari avrebbe evitato di andare a vivere con lui, baciarlo, provare sentimenti che tra parenti non si provano… Perché, lei che sentimenti provava verso il ragazzo? Era solo e semplice affetto, affetto tra amici, che sarebbe dovuto diventare da un momento all’altro affetto tra fratelli. Oppure, durante quelle due settimane, quest’affetto era diventato sempre più grande, fino a farle provare qualcosa che non avrebbe voluto, che non avrebbe dovuto e che non avrebbe potuto collaudare?
Duncan era scappato velocemente dall’appartamento. Courtney l’aveva seguito. Il punk aveva spalancato il portone e l’aveva lasciato rischiando di farlo sbattere contro l’ispanica ed era saltato nella sua auto. La ragazza era arrivata correndo davanti al cancello e si erano scambiati uno sguardo preoccupato, sofferente, come per scusarsi. Egli aveva acceso il motore dell’auto ed era partito, lasciando Courtney immobile. Sarebbe dovuta tornare a casa – casa di suo fratello, per precisione – a piedi, e quindi ci avrebbe impiegato una mezzoretta.
Era appena arrivata ed aveva aperto la porta. Già sulla soglia potevano udirsi le urla e le maledizioni in spagnolo di Alejandro. Nessuno in quella casa l’avrebbe capito, lei esclusa, e ciò che stava dicendo in quel momento non l’avrebbe mai ripetuto. Si recò in cucina e trovò i suoi coinquilini in preda alle discussioni. Heather era appoggiata al bancone della cucina e osservava tutto con occhi fermi e indifferenti, ma sembrava che nel suo sguardo ci fosse una punta di divertimento; anche il messicano era in piedi e teneva le mani poggiate sulla sedia dinanzi a lui, così forte che le nocche gli erano diventate bianche; il punk – suo fratello – era seduto e guardava sul piano del tavolo. Sembrava che non stesse minimamente ascoltando il suo amico e che pensasse ad altro. Aveva i lineamenti duri e uno sguardo torvo. Nessuno aveva notato la sua presenza.
«Ragazzi!» urlò allora, odiando che nessuno la osservasse. Tutti posarono i propri occhi su di lei. La sofferenza di Duncan era chiaramente visibile sul suo volto. «Che cosa sta succedendo qui?»
Alejandro aveva aperto la bocca e stava per parlare, ma il punk lo interruppe. «Niente. Alejandro ed io dobbiamo andare al Pandemonium.» disse, e si alzò. Si diresse alla sua camera e in pochi secondi tornò con due borsoni tra le mani. «Muoviti, Al, prendi le chiavi. Oggi guidi tu.»
Il suo interlocutore sussultò sentendo chiamarsi in quella maniera. Tutti sapevano che odiava essere chiamato così, ma solo Duncan sapeva il perché. Heather si rivolgeva a lui con quel nomignolo, ma usato da lei sembrava che non gli desse fastidio.
Duncan diede un calcio alla porta che si aprì di colpo. Prima di uscire parlò. «Courtney, la prossima volta chiudila a chiave.» borbottò senza guardarla ed uscì.
Il suo amico lo fissò con sconcerto, come se potesse leggergli la mente e capire che qualcosa non andava. Guardò la spagnola. «È successo qualcosa?»
Ella fece di no con la testa, osservando il pavimento. Non aveva voglia di vedere in faccia nessuno. Sentì il ragazzo salutare l’asiatica chiamandola mi amor, che ricambiò con un misero ciao.
Poi salutò anche lei e contraccambiò con un cenno del capo. Quando fu fuori, guardò Heather. Le sorrideva. Come sempre, sapeva che non stava bene, e come succedeva ogni volta le sorrideva. Sorrise anche Courtney.
«Noi dobbiamo parlare.» sussurrò l’asiatica, avvicinandosi a lei. «Ho tanto da raccontarti, e tu tanto da raccontare a me. Vero?»
Si guardarono negli occhi. Era così bello avere un’amica come lei con cui confidarsi! «Sì.» biascicò, e si avviarono verso la porta.

***

C’era un fresco vento che scompigliava i capelli alle ragazze, il quale stavano camminando da pochi minuti. Il sole splendeva e le due avevano pensato che facesse troppo caldo per prendere il giubbotto, ma si sbagliavano, però erano troppo pigre per tornare indietro e prenderlo. Inoltre, sembrava che un po’ di freddo facesse bene ad entrambe, facendo dimenticare loro i brutti momenti di quelle settimane, sottolineando che erano stati molti. L’incontro con Mark e la scoperta di un fratello, per esempio. Non erano cose che si sarebbero mai aspettate. Durante quel poco tempo di passeggiata, nessuna delle due aveva osato parlare, nemmeno chiedere come stai?. Fu Heather allora ad interrompere il silenzio.
«Perché Duncan era stranamente arrabbiato, quando è tornato a casa?» La ragazza si maledisse da sola. Tra tutte le domande che avrebbe voluto farle, quella era la più stupida e meno importante. Voleva sapere che succedesse alla sua amica, non al suo quasi fidanzato. Ma magari, pensò Heather, è lo stesso motivo per cui anche Courtney è triste.
Dal canto suo, la spagnola non sapeva che rispondere. Doveva spiegarle tutto dall’inizio? I suoi flashback, di quando ricordava che i suoi genitori parlavano di un uomo e di una donna, la sorpresa di suo padre nel sapere il nome della madre di Duncan e il fatto che lui le avesse nascosto tutto? Dirle anche che avevano mentito a lei ed Alejandro dicendo che il punk era scappato, mentre erano entrambi andati di nascosto dai suoi genitori e lì avevano incontrato anche Drew e Samantha? Con tutte quelle domande nella testa, era molto agitata e giocava con i suoi pollici, segno del suo turbamento. Decise di dire quell’unica frase e farle capire il problema vero e proprio.
«Duncan è mio fratello.» disse in un solo soffio, quasi fosse il suo ultimo respiro prima di morire. Che poi, avrebbe potuto morire da un momento all’altro dopo quella notizia, ma la curiosità di sapere di più su ciò che era successo davvero era tanta. Una volta saputo, forse sarebbe morta.
Heather aveva sgranato gli occhi. In tutta la sua vita, Courtney non l’aveva mai vista così sbalordita. La loro vita, in effetti, non aveva avuto molti alti e bassi dopo la seconda media. Non che ne avessero mai voluti, di alti e bassi, né li avevano mai avuti per caso. L’asiatica biascicò qualcosa, ma la sua amica lo riconobbe come un lieve mugolio. Non era certo una cosa che si poteva sapere da un momento all’altro, ma anche a lei era andata così. Le avevano rinfacciato di avere un fratello all’improvviso, senza nemmeno farglielo capire fin dall’inizio, senza nemmeno farglielo vagamente pensare.
«N-non me lo sarei mai aspettato.» bisbigliò Heather. Cosa avrebbe mai potuto dirle? L’incontro con il suo ex-fidanzato non era nulla in confronto a quella sconvolgente notizia. Anche lei, se avrebbe saputo che aveva un fratello, sarebbe rimasta sconvolta. Per di più, sapere che quel fratello era il ragazzo che amava, perché nonostante Courtney lo negasse, Duncan le piaceva. Lei che avrebbe fatto se avesse scoperto che Alejandro era suo fratello? Assolutamente niente!, si rispose automaticamente. Il messicano non le piaceva, non le sarebbe mai piaciuto, anche se fosse stato suo parente non avrebbe avuto nessun problema…
«Nemmeno io me lo sarei mai aspettato. È successo tutto così all’improvviso che non ho avuto nemmeno il tempo di reagire né di dire qualcosa. Duncan è scappato e ho avuto l’impulso di seguirlo, di parlargli. L’ho fatto, l’ho rincorso, ma lui era già in macchina. Ci siamo guardati ed è andato via con l’auto e io me la sono fatta a piedi. Ecco perché sono arrivata più tardi.» aveva parlato molto velocemente, la sua amica aveva fatto fatica a capire tutte le parole che aveva pronunciato ma ci era riuscita. Heather aprì la bocca per parlare, ma Courtney liquidò il discorso con un gesto della mano come se fosse di poco conto, come se non importasse, come se non le importasse. «E tu, tu perché sei così nervosa?»
Si fermarono davanti ad un chiosco che non avevano mai visto. Era molto piccolo visto dall’esterno, ma sembrava che dentro ci fosse un’aria accogliente e che fosse uno spazio molto vasto. Sembrava che ci fosse anche poca gente e la tranquillità era ciò che alle ragazze serviva. Entrarono nel locale mentre la giapponese aveva cominciato a parlare.
«Ho raccontato ad Alejandro di Mark e lui mi ha detto che lo conosce. Frequenta la nostra scuola e sta nel nostro stesso corso, in terza, ma io non l’ho mai visto. Oggi è successo, l’ho visto quando sono andata in bagno. Non mi aveva riconosciuto e mi aveva sorriso, lo stesso sorriso di due anni fa. Io gli ho dato uno schiaffo e sono entrata in classe. Ecco, tutto qui.» Se fosse una gara a chi ha la storia più tragica, Courtney vincerebbe comunque. si disse mentalmente, facendo qualche passo verso un tavolino in fondo e rispondendo al saluto del cameriere. L’altra ragazza le era davanti e non le rispose, piuttosto si bloccò all’improvviso ed Heather le fu quasi addosso. «Che succede?» Si sporse in avanti e capì. Il ragazzo si era alzato e le fissava, sconcertato. Era immobile anche lui. Poi deglutì e avanzò a fatica. Oltrepassò la spagnola e si mise al fianco della giapponese. «Heather, dobbiamo parlare.» le sussurrò accanto ad un orecchio, facendole venire le pelle d’oca.
«No, io non-»
«Heather, per favore. Dobbiamo parlare.»
La sua voce roca era quasi supplichevole e la ragazza non riuscì a farsi convincere che stare con lui non era una buona cosa. Anzi, era l’ultima cosa che voleva al mondo, ma forse sarebbe stato un ottimo passo avanti.
«È proprio questo il piano. Diventare di nuovo sua amica e colpirlo quando meno se lo aspetta.» si ripetette questa frase finchè non furono seduti ad un tavolino, allora sfoggiò il sorriso più cordiale che avesse mai avuto sul volto.

***

2 ore prima.
La donna era seduta in cucina, lo sguardo concentrato in quello dell’uomo dinanzi a sé. Il silenzio e la tensione facevano da padroni. Suo marito le aveva sempre costretto di parlare di un eventuale incontro con il suo ex-fidanzato. Se fosse successo, cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe risposto? Ma lei aveva sempre liquidato l’argomento, pensando che quel momento non sarebbe mai venuto. O almeno sperava.
Ora invece erano uno di fronte all’altro. Aveva le braccia conserte e le gambe accavallate. Forse per l’impazienza, muoveva su e giù la sua gamba libera, facendole sfiorare il piano inferiore del tavolo. Quel rumore continuo era angosciante per entrambi, ma non voleva smetterla, non ci riusciva. Milioni di domande vagavano nella sua mente. Che cosa ci faceva l’uomo che aveva abusato di lei lì? Perché l’aveva cercata? Voleva dirle qualcosa, farle qualcosa, annunciarle qualcosa, minacciarla, chiedere di tornare assieme? Qualunque cosa fosse, sperò che facesse in fretta e che quando fosse tornato suo marito lui se ne sarebbe già andato. Aveva voglia di invogliargli, ordinargli di parlare, ma lingua secca non ne voleva sapere di muoversi. Sbatté un pugno sul tavolo, il volto paonazzo per la rabbia.
«Vuoi dirmi perché sei qui?» sputò, mentre dei brividi le attraversavano la schiena. L’aveva sempre fatta tremare di paura, come in quel momento.
«Carla, non mi offri nemmeno un caffè?» disse Drew sorridendole. Cosa c’era da sorridere? La donna non rispose, si limitò a lanciargli una stilettata, la stilettata più accattivante che riuscisse a mostrare. «Non guardarmi così. Sappiamo entrambi di cosa, anzi, di chi dobbiamo parlare.»
L’espressione minacciosa di Carla venne sostituita da una perplessa. «No, non so affatto di cosa dobbiamo parlare.»
«Di chi dobbiamo parlare.» la corresse, con un sorriso sghembo. Non ricevendo risposte né domande, continuò. «Di Duncan e Courtney.»
La spagnola digrignò i denti. Non poteva tollerare l’udire il nome di sua figlia da un tipo del genere. «Non chiamarla mai più per nome!» sbraitò. «E non trovo il motivo per cui dovremmo parlare di loro.»
«Oh, dai, Carla. Sei una donna intelligente, è impossibile che non abbia notato la somiglianza tra Duncan e Roberto.»
Carla chiuse le mani a pugno e prese un respiro profondo per evitare di tirarlo in faccia a Drew. Si limitò ad abbassare le sopracciglia. «Duncan è tuo figlio.»
«Mio figlio adottivo, diciamo, e lo sai meglio di me.» sussurrò. Fu la prima frase senza una punta di ironia che Carla gli sentì pronunciare.
«Anche se Duncan è figlio di Roberto, io non litigherò con lui perché non me l’ha mai raccontato.»
«E non dovresti, perché non l’ha mai saputo fino ad una settimana fa, più o meno.»
La bruna sospirò e chiuse gli occhi per un secondo, cercando di dimenticare la faccia di quell’uomo. Se così può essere definito. «Non vedo Courtney cosa centri con que…»
«Credo che abbiamo fatto uno scambio di figli.»
Carla spalancò gli occhi. Che l’avesse capito da solo, oppure aveva parlato con Roberto? Inoltre, da quanto tempo lo sapeva? Da sempre, un anno, una settimana, un giorno, un’ora? Non ammetterò mai che Courtney è figlia di un uomo orribile come te.
«Non capisco di cosa tu stia parlando.» bisbigliò con tono poco deciso. Perché non sapeva mentire come Drew? Le avrebbe fatto comodo, specialmente in quel momento.
«Non dire bugie, non sei una brava attrice. Non lo sei mai stata.»


La ragazza stava seduta scompostamente davanti al suo fidanzato. O almeno, così lui si definiva, perché lei non avrebbe mai voluto esserlo. Ogni giorno si malediceva per aver acconsentito di diventarlo, quando glielo chiese. Si trattava di un anno prima, e dopo aver scoperto le sue bugie e tradimenti lo aveva lasciato, o meglio avrebbe voluto. Non sapeva mica che l’avrebbe picchiata, insultata, torturata, né tantomeno si aspettava che facesse del male all’uomo che davvero amava. Poteva accettare qualsiasi cosa, ma non quello. Ora si rigirava le dita e vedeva offuscato, non sapeva nemmeno dove si trovasse. Sapeva solo di essere accoccolata con le gambe davanti a sé e di tremare e avere paura. Sapeva, inoltre, che aveva compiuto un’ennesima cazzata, e se lui non le avesse voluto tanto bene l’avrebbe anche uccisa, ne era sicura.
«Te lo ripeto per un’ultima volta.» sputò Drew, agitando la sua mano. Era un coltello quello che teneva stretto? «Dove sei stata?»
«Te l’ho detto!» biascicò Carla, in preda ai singhiozzi. Non avrebbe permesso che la vedesse piangere di nuovo. «Sono stata dai miei genitori, è da tanto che non li vedo!»
«Bugiarda, traditrice!» sbraitò il ragazzo. Spinse con forza il tavolo che aveva davanti e lo fece sbattere contro la parete. «Sei stata da quello stronzo, vero? Quante volte ti ho detto che non devi vederlo? Quante volte ti ho detto che potrei fargli del male?» Gli occhi gli scintillavano per la collera. «Ma forse non vuoi il suo bene, oppure non credi che sia capace di farlo? E invece lo sono, e presto vedrai che Drew Nelson non mente mai. E ti consiglio di fare un corso di recitazione: non sei affatto una brava attrice.»



«Non sto cercando di recitare, è assolutamente vero! Courtney è mia figlia, e figlia di Roberto. Questo è tutto.» tenne duro e continuò a guardarlo negli occhi, ma gli era così difficile guardare un uomo che le aveva solo reso la vita un inferno.
Per la casa riecheggiò il rumore fastidioso del citofono. Finalmente è arrivato, ora farà andare via Drew., pensò la donna, mentre si avviava verso la fonte sonora.

***

«Forse è meglio che vada. Credo di essere solo di impiccio…» bisbigliò Courtney. Era seduta affianco alla sua migliore amica e la guardava con la coda dell’occhio. Fino a pochi minuti prima, stava parlando e maledicendo mentalmente quel ragazzo, ora stava bevendo una bibita con lui. Si chiese anche perché gli rivolgesse un sorriso smagliante, quando sapeva che avrebbe solo voluto picchiarlo fino a che non fosse morto. Si sentiva di troppo tra i due, sapeva che dovevano parlare e lei non centrava un bel niente.
«No, rimani, Courtney. Non sei affatto di impiccio.» le rispose Mark. Un brivido le percorse la schiena pensando a quando ci provò con lei. Lui l’aveva riconosciuta e forse voleva far soffrire anche lei per ciò che gli aveva fatto alle scuole medie? Il ragazzo aveva tradito la sua amica, era ovvio che gli desse punizioni a non finire, anche senza una ragione. Oppure, era stato solo un caso che flirtasse proprio con lei?
«Allora, Mark, cosa devi dirmi?» chiese Heather. Non c’era presenza di rabbia né di rancore nella sua voce, ma era come se l’avesse perdonato. Cosa che ovviamente non aveva fatto, il suo orgoglio glielo impediva. Forse voleva vendicarsi? Sì, era sicuramente così.
«Volevo chiederti scusa.» ribatté il ragazzo. L’asiatica ebbe un guizzo di meraviglia sul volto che però subito svanì.
«Va bene. Ti perdono.» Ecco, adesso Courtney era sicura che volesse vendicarsi. Non avrebbe mai perdonato Mark se non per attaccarlo di nascosto.
Egli sorrise e tornò serio in pochi secondi. «Posso farti una domanda, però? Un po’ personale, ma molto importante.» Heather alzò un sopracciglio e annuì. «Perché frequenti Alejandro? Insomma, lui ti vuole solo usare.»
La giapponese guardò la sua amica. Con uno sguardo le fece capire Che cosa intende? «In che senso, non capisco?»
«Oh, dai, non dirmi che non conosci la storia dei vostri genitori. Vuole solo farti soffrire, non capisci?»
La ragazza dagli occhi a mandorla sbatté un pugno sul tavolo, mantenendo comunque la calma. «Non so di cosa parli. Mi dispiace, ma ora io e Courtney dobbiamo andare. Ci vediamo un altro giorno.» disse con voce tranquilla.
«Va bene, ma se fossi in te, a casa gli chiederei qualche spiegazione.» ghignò.
«Lo farò.» affermò Heather. La rabbia che fino a quel momento aveva provato per Mark, si riversò completamente sul messicano.









Wow, questa volta mi sono sbalordita da sola! Ho scritto un capitolo più lungo del solito ed è solo la prima parte, e non so se sia un bene o un male. Un bene, forse, per chi ama i testi lunghi, ma se fosse per me sarebbe un male, perchè odio leggere le fiction troppo lunghe. :')
In questo capitolo la parte più importante è quella tra Carla e Drew, che ci danno un'altra importante informazione indirettamente... aggiungiamola alla frase finale del capitolo precedente, e avrete capito cosa mi frulla nella testa!
Adesso, però, cominciano anche i problemi tra Heather e Alejandro. Non pensavate mica che tra loro fosse tutto rose e fiori, eh?
Grazie a chi ha recensito il capitolo precedente e il prologo! :)
Alla prossima, malec.

   
 
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