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Autore: Medea00    14/04/2013    10 recensioni
“Ci siamo ubriacati.” Constatò Blaine: lo fissò come se cercasse nell’altro una conferma. O una risposta. O, piuttosto, un modo per giustificare le cose.
“Avevamo caldo, e... abbiamo dormito insieme senza vestiti. Tutto qui.”
“Certo. Dormito.”
“Sebastian stai sogghignando?”
“No, affatto.”
“Non ti azzardare a ridere.”
“Non sto ridendo.”
“Ti giuro che se ridi mi alzo e me ne vado.”
“Ti alzi nudo oppure ti passo un paio di pantaloni?”
Genere: Commedia, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due: Non me lo ricordavo così Babbo Natale.





I ragazzi vogliono fare sesso.
E’ un fatto universalmente riconosciuto al giorno d’oggi, mettendo da parte ipocrisie, bigottismo e quant’altro. I giovani, specialmente i liceali, si trovano a scoprire loro stessi, una parte di quel mondo che fino ad allora non avevano mai considerato più di tanto: perchè improvvisamente la mattina si svegliano e qualcosa non va. O perchè i computer si riempiono gradualmente di cartelle nascoste contenenti video scaricati da Emule, Youporn, oppure copie masterizzate di dvd prestati ad amici. E se resistere a quest’impulso era già difficile, per un ragazzo qualsiasi, per un ragazzo gay frequentare la Dalton era sinonimo di vivere in costante tentazione fisica e psicologica.
Chi prima, chi poi, arrivano a un punto di non ritorno in cui l’unica cosa che vogliono è il sesso.
C’è chi lo fa di nascosto, dopo le prove di qualche Club, o al sicuro tra le pareti del proprio dormitorio; c’è chi è più ostinato, chi non è sceso a patti con la sua sessualità, e preferisce negare i propri desideri in cambio di rabbia repressa e frustrazione.
Ad ogni modo che ci fosse o non ci fosse materialmente, rimaneva un pensiero fisso e costante nella mente di tutti.
 
Blaine e Sebastian rappresentavano le due facce della stessa medaglia. La stessa cosa, deliziosa e eccitante, ma vista da due prospettive molto differenti.
 
Sebastian Smythe era passione. Era lenzuola disfatte e gemiti che si sentivano oltre la porta; era l’eccitazione che passava attraverso il sangue caldo, la pelle d’oca, il respiro affannato. Sebastian era quel bacio fugace che ti lasciava insoddisfatto, ma bisognoso. Era la soddisfazione di vedere esaudite le tue preghiere più recondite, facendoti arrivare dritto in Paradiso. Sebastian ti apriva a un mondo del tutto nuovo, ti faceva provare cose mai conosciute prima.
Ma se lui rappresentava il sesso, quello vero, quello carnale, Blaine Anderson era il desiderio.
Era l’innocenza rinchiusa in un corpo caldo e invitante. Era quel sogno che ti faceva visita tutte le notti, uno di quelli sporchi, di quelli che non hai il coraggio di dire nemmeno ai tuoi amici, che rende le lenzuola bagnate di sudore, costringendoti a sfogarti sotto il getto freddo di una doccia. Era il diavolo e l’acqua santa, perchè lui non seduceva mai volontariamente, ma lo faceva attraverso sguardi, sorrisi, una particolare vibrazione nella voce bassa e particolare. Il sesso che si poteva fare con lui era quello che ti restava impresso per giorni, che si incollava alla mente senza avere la forsa di staccarsi.
Blaine e Sebastian avevano fatto un accordo, il giorno in cui si erano trovati in mano la chiave che portava alla stessa stanza del dormitorio. Era successo sei mesi prima, quando i loro ex compagni di stanza avevano chiesto un trasferimento più o meno nello stesso periodo: quello di Blaine si era stancato di sentire vocalizzi alle sette di mattina; quello di Sebastian, invece, non ce la faceva più a sopportare le notti di sesso sfrenato, che fossero con lui o con qualcun altro.
E così si erano ritrovati a dormire insieme i due ragazzi più ambiti della scuola. E chiaramente già si conoscevano: facevano parte del Glee Club, avevano delle classi in comune, e spesso venivano citati insieme, sotto la voce “con chi vorresti fare sesso”.
Proprio per quel motivo furono molto chiari sin dall’inizio. Blaine aveva guardato Sebastian, il suo ghigno compiaciuto, i suoi occhi verdi e gli aveva detto: “Noi due non faremo mai sesso insieme”, e Sebastian non si lamentò. Non voleva un altro coinquilino che lo piantasse in asso nel bel mezzo dell’anno scolastico, costringendolo a cambiare stanza: detestava i traslochi.
Dopotutto, Blaine Anderson era un ragazzo come tutti gli altri. Forse giusto un po’ più sexy.
Gli aveva stretto la mano, con il suo sorrisetto impeccabile, e l’altro ricambiò, gli sorrise di rimando. E in quel momento presero la stessa identica decisione: dal momento che non potevano andare a letto insieme, sarebbero diventati amici.



Blaine quel giorno si era alzato col piede sbagliato.
Non sapeva dire se la sua giornata fosse cominciata male nel momento in cui camera sua era stata invasa da mezzo gruppo di Warblers, o se era successo quando, andando in bagno, aveva scoperto di aver terminato il gel e, chiaramente, i negozi erano chiusi. Venticinque Dicembre, giusto? Grande festa, con tante sorprese...
Ne aveva avute già troppe di sorprese, per i suoi gusti. A pensarci bene, forse quella giornata era cominciata male sin dagli arbori.
... No. Non doveva pensare a Sebastian.
Controllò il cellulare cercando di distrarsi: Cooper gli aveva mandato il solito messaggio di auguri, in cui gli diceva che il suo regalo di Natale erano i centesimi che aveva speso per inviare lo sms.
Son soddisfazioni.
Sua madre e suo padre erano rimasti bloccati in montagna per una tempesta di neve, dicendogli che non sarebbero riusciti a tornare a casa se non prima del ventisei sera. Putacaso ogni volta che andavano a sciare succedeva sempre qualcosa che li tratteneva, così da poter rimanere loro due da soli per qualche altro giorno: non poteva biasimarli del tutto. Anche lui avrebbe voluto tanto isolarsi in qualche eremo sperduto con cioccolata calda e coperta di lana. Così non avrebbe dovuto sopportare cartoline d’auguri a cui non sapeva come rispondere, zabaioni con uova andate a male – ricordava ancora perfettamente l’anno in cui si era preso la salmonella, grazie tante Dalton Academy - e ragazzi che casualmente finivano sotto al vischio insieme a lui. Quell’ultima parte, in particolare, era sempre piuttosto snervante, per colpa degli Warbler.
Avevano questo strano istinto a volerlo accoppiare con qualsiasi cosa respirasse. Ma in quel Natale, a quanto pareva, avevano focalizzato le loro attenzioni su una persona soltanto.
 
Nel momento in cui aprì le porte della grande sala comune Thad Harwood si avvicinò con un cappellino da Babbo Natale comprato ai mercatini e un bastoncino di zucchero rosicchiato. Oltre lui c’erano soltanto altri cinque o sei ragazzi.
"Buon Natale Blaine!"
Certo. Buon Natale. Forse l'anno scorso, o quello che doveva ancora venire; decisamente, quel Natale gli sembrava tutto tranne che buono. Perchè buono implicava altri termini quali pacifico, innocente, rilassante, con Babbo Natale che ti chiedeva "Sei stato un bambino buono quest'anno?"
E lui avrebbe rispoto: 'Oh, non so. Ho fatto sesso con diverse persone, tra cui il mio migliore amico. Ah, tra parentesi, erano tutti uomini. Posso vedere Tudor la renna?'
“... Sì. Anche a te. Non viene nessun altro?” Domandò un po’ amareggiato, perchè ogni anno era sempre così, durante le vacanze natalizie il club si svuotava e restavano sempre in quattro gatti. Chiaramente, per un coro come il loro, in quelle condizioni diventava impossibile lavorare.
“Non lo so.” Mormorò Thad. “Volevo chiederti, per l’appunto, se sapevi dove fosse Sebastian.”
E in quel momento tutto l’autocontrollo di Blaine crollò. Le sue labbra si serrarono in una smorfia; le sue mani si strinsero a pugno. Perchè quella giornata era iniziata sin troppo male, aveva la pazienza di uno spillo e non aveva proprio voglia di sorbirsi il resto del Glee Club che lo prendeva in giro per ore.
“Ma cosa vuoi che ne sappia?!” Esclamò: “È vero, siamo stati a letto insieme, e allora?! Eravamo ubriachi e questo non conta assolutamente niente!”
Thad lo guardò allibito e per poco non gli scivolò la caramella dalla bocca.
“Sei stato a letto con Sebastian?”
Perfetto. Aveva appena spifferato tutto all’unica persona sulla faccia della terra che ancora non lo sapeva.
“Blaine guarda che te lo chiedevo soltanto perchè siete compagni di stanza.” Continuò Thad. “Ma ora che me l’hai detto... non ci posso credere! Quando è successo?”
“È successo proprio la scorsa notte, mio caro Thad.” Nick comparve letteralmente dal nulla, cingendo le spalle di Blaine con un braccio e sorridendo come se avesse appena vinto alla lotteria. Jeff e Wes erano a qualche passo da lui, con le braccia incrociate un’espressione molto simile.
“Li abbiamo colti proprio sul fatto.”
“Voi non avete colto un bel niente!”
Wes inclinò leggermente la testa da un lato, sogghignando appena.
“Blaine, si intravede un succhiotto sotto al colletto della camicia.”
Si coprì automaticamente con una mano, arrossendo fino alla punta dei capelli e facendo scoppiare a ridere gli altri ragazzi. Non c’era niente di divertente, i suoi amici erano dei grandi stronzi, e stava già meditando di fargliela pagare magari bruciandogli le cravatte quando, all’improvviso, Thad guardò qualcosa alle sue spalle.
“Ecco finalmente l’uomo di questo Natale!”
Blaine strizzò gli occhi come un bambino di fronte alla sua prima candelina. Fa che non sia Sebastian. Fa che non sia Sebastian.
Ma avrebbe saputo riconoscere quella voce tra mille.
“Ma siamo solo noi? E come caspita facciamo le prove?”
... In effetti non si erano mai avverati i desideri che esprimeva alle candeline.
Sebastian era esattamente come sempre: la sua giacca un po’ sgualcita, i suoi capelli pettinati svogliatamente, le mani in tasca e un’espressione indecifrabile in viso. Blaine si ritrovò a trattenere il respiro, mentre evitava con tutte le sue forze il suo sguardo e fissava intensamente i lacci delle scarpe.
“Sebastian!” Jeff si voltò verso di lui, con un tono di voce quasi melenso e uno sguardo inquisitore, mentre gli puntava un indice sul petto: “Dì un po’, che cosa hai fatto al povero Anderson qui? Come lo hai ridotto?”
Sebastian esitò solo per un momento, prima di rispondergli con un tono estremamente calmo: “Ma di che parli?”
Jeff non se lo fece ripetere due volte: in un battito di ciglia aveva sguainato il cellulare e la foto di lui e Blaine sul letto, coperti da un lenzuolo stropicciato e stravolti apparve chiara e lampante.
“Cancellala subito.”
“Cavolo Jeff, mandamela su Whatsapp!”
“Thad. Ti taglio le mani.”
Lo disse con talmente tanta freddezza da farlo arretrare di un passo, leggermente intimorito.
“Oh andiamo”, intervenne Jeff, “È inutile che fai così, tanto lo sappiamo tutti che sicuramente è stata colpa tua!”
“Ma perchè dovrebbe essere colpa mia?!” Sbottò allora, aggrottando leggermente le sopracciglia: “È assurdo. Io non ho fatto assolutamente niente.”
Jeff posizionò Blaine esattamente di fronte a lui, e gli indicò il volto imbarazzato e gli occhi ancora puntati verso terra: “Vuoi farci credere che quello che è successo ieri sera è stato per colpa di questo cucciolo qui?”
E Blaine ci provò davvero a non guardare Sebastian; i suoi occhi erano ben piantati, senza nessuna voglia di muoversi da lì, quella mattonella stava cominciando ad essere davvero interessante.
Ma poi calò il silenzio, e sapeva bene che tutti gli sguardi dei presenti erano rivolti verso di lui; sapeva bene che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare quel terribile momento in cui si sarebbe sentito confuso, imbarazzato, mortificato perfino, ma contava sul fatto che Sebastian avrebbe agito come sempre: avrebbe fatto una battuta, forse due, e tutto si sarebbe concluso lì.
Non era cambiato nulla. Assolutamente nulla.
Alzò la testa, socchiudendo le labbra in un minuscolo sorriso: “... Ciao.”
“Ciao.” Fece allora lui, con un cenno.
C’era un silenzio glaciale.
Dì qualcosa Blaine, continuava a ripetere dentro di sè. Qualunque cosa.
“Credo proprio che non verrà più nessuno”, mormorò indicando la porta e gli altri Warbler, che adesso li stavano osservando: “Siamo troppo pochi per provare... cosa facciamo?”
Sebastian esitò giusto un secondo, come se stesse riflettendo sulla risposta da dare. Non era da lui esitare, o riflettere sulle parole, o in generale apparire così... così poco Sebastian.
“Sì... hai ragione.”
Cosa?
Un momento.
Sebastian che dava ragione a qualcuno? A qualcun altro che non fosse il suo ego?
“Potremmo sistemare un po’ la stanza e... non lo so. Wes?”
“Per ora direi di iniziare da qui”, suggerì il rappresentante del consiglio. “Abbiamo tutte le vacanze per darci da fare.”
Era una frase talmente ambigua che nessuno ebbe la sconsiderata idea di trovarla divertente; nemmeno Sebastian, che di solito era il re dei doppi sensi. Blaine lo guardò per un ultimo secondo e, oh, allora era ufficiale: erano ufficialmente a disagio.
“Guardateli, i due piccioncini!”
“Piantatela adesso.” Sebastian si allontanò da Blaine, rimettendosi le mani in tasca e dirigendosi verso lo stanzino delle scope. “Non è successo niente. Adesso pensiamo a lavorare.”
Non è successo niente. Per Sebastian non contava niente.
Blaine doveva essere sollevato nel sentire quelle parole. E lo era, davvero. Forse, però, era giusto un po’ deluso. Ma non troppo. Un minimo.
Niente di allarmante.
 
 
 
“Mi spieghi esattamente cosa ti è saltato in mente?”
Wes e Blaine erano seduti sul divanetto della sala comune, mentre gli altri ragazzi appendevano i tipici festoni natalizi accompagnati da un cd di Barry White. Nell’aria si respirava un profumo di canditi e il caminetto era acceso e scoppiettante; chiunque avrebbe trovato quell’atmosfera confortevole, adatta agli sfoghi.
Così Blaine, semplicemente, appoggiò la tazza di caffè sul tavolino di fronte a loro, bisbigliando: “Io non ne ho idea, Wes. Ti giuro che non ci capisco più niente.”
“Beh se non lo capisci tu, figurati io. Quando sono andato via ieri pomeriggio mi hai detto che dovevi vederti con quel Thomas.”
Oh, giusto, Thomas. Blaine ci impiegò qualche secondo per focalizzare il ragazzo nella sua mente: alto, occhi scuri, del secondo anno. Un fisico niente male. Gli faceva la corte da quasi due mesi e alla fine aveva deciso di cedere dopo che gli aveva regalato la discografia completa di Freddie Mercury. Niente di serio, chiaramente, si trattava di una botta e via: è solo che gli piaceva far penare un po’ i suoi pretendenti.
“Thomas è... carino. Siamo stati il pomeriggio insieme. Mi ha regalato un cd e-“
“Blaine, voglio sapere i dettagli sull’ennesima scopata con un ragazzo insignificante, ma quell’altra. Quella importante. Quella con il tuo migliore amico, hai presente? Quella di cui parla mezza scuola?”
Sentendo quelle parole strabuzzò gli occhi, per poi sospirare affranto: “Oh beh... se ne parla solo mezza scuola posso ritenermi fortunato.”
“In realtà l’altra metà è partita per le vacanze, ma sono sicuro che a loro provvederà la foto di Jeff e Twitter.”
Blaine si morse un labbro, combattendo contro l’istinto di affondare il viso sul cuscino accanto. Aveva bisogno di tempo, doveva rielaborare bene le cose, non aveva nessuna voglia di parlarne con Wes ma, forse, raccontarlo a qualcuno avrebbe quanto meno schiarito le idee.
“Allora?” Incalzò lui, dandogli perfino una leggera spinta: “Com’è successo?”
“Avevo bevuto... tanto.” Troppo, aggiunse mentalmente: si portava ancora dietro quel classico doposbronza da superalcolici che rendeva la bocca amara e impastata, per non parlare del mal di testa.
“Lo immaginavo. Ma qualcosa dovrai pur ricordare, no?”
Non rispose. Non sapeva esattamente cosa dire. Si ricordava ben poco, in realtà, e quel poco era a dir poco confuso e annebbiato; provò a spremere le meningi, a tornare con la mente a quella serata, a ripensare agli shottini, alla tequila, a lui e Sebastian che entravano in camera con le cravatte completamente andate e il passo ciondolante...
 
 

 
“Oh baby...”
“Dio, quanto amo quando mi chiami così.”
“Aspetta, oh Dio...”
Venne preso per la vita e sbattuto senza troppo ritegno contro la porta di camera, mentre Sebasitan cominciava a leccare e succhiare un punto preciso del suo collo. Si aggrappò a lui con entrambe le braccia, la camera era silenziosa e buia, riempita soltanto dal suono dei loro gemiti e sospiri.
“Sì, proprio lì, continua, ti prego.”
“Shhhhh”, bisbigliò Sebastian contro il suo orecchio, prima di mordere affettuosamente il lobo e scendere giù, verso la bocca. “Fai piano. Ci sentiranno.”
Decise di fare come ordinatogli, ottenendo quel silenzio facendo combaciare le loro labbra in un bacio languido, affamato, che si trasformò velocemente in qualcosa di più, gli fece venire voglia di abbassarsi facendo scorrere la lingua lungo il petto nudo di Sebastian e-

 

 
“Blaine?”
Quando si ridestò dai propri pensieri Wes lo stava ancora fissando.
“Terra chiama Blaine? Devo portarti in infermeria?”
“No... sto bene.”, balbettò lui. Anche perchè non credeva che sarebbero riusciti a fare granchè, viste le condizioni.
“Ti sei ricordato qualcosa?”
A malincuore, e dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte, ammise di sì. Ma era un ricordo molto strano. Era stato come vivere un dejà-vu; qualcosa che era già successo, ma di cui non si avvertiva il minimo contatto.
Non ricordava nessuna sensazione fisica, o sensoriale, di quanto appena ricordato. C’era solo un’immagine, quella di loro due, ma lui era uno spettatore esterno, era un po’ come vedere la scena di un film.
E poi c’era quel dialogo.
Dio. Non riusciva a credere di aver chiamato Sebastian “Baby”. Non aveva mai chiamato nessuno baby, mai, nella sua vita, non era proprio da lui. Voleva prendersi a schiaffi.
“Senti, andrà tutto bene.” Wes cercò di consolarlo mettendogli una mano sulla spalla, cercando di riacquistare la sua attenzione: “Anche se è successo quello che è successo... tu e Sebastian siete amici, no? Non è cambiato proprio niente.”
No, infatti.
Per dar conto ai consigli di Wes, decise di alzarsi in piedi e dare una mano a Sebastian nel preparare l’aula per la festa di Santo Stefano: avrebbe dimostrato a se stesso che, superato l’imbarazzo momentaneo e facendolo superare a Sebastian, sarebbero andati come se niente fosse accaduto.
Dopotutto non poteva essere tanto difficile, no?
“Hai bisogno di una mano?” Gli chiese gentilmente, guardandolo da sotto la scala a pioli e avvertendo le occhiate guardinghe di tutti gli altri ragazzi.
Sebastian all’inizio sembrò un po’ sorpreso, ma poi si limitò a passargli l’annaffiatoio che stava usando per innaffiare le piantine di vischio che stavano sui balconi delle finestre più alte.
“Uhm, sì... mi andresti a riempire questo?”
“Sicuro! Nessun problema.”
“Grazie, B.”
Gli rivolse un piccolo sorriso. Un solo, innocente, rapido sorriso.
E poi Blaine immaginò Sebastian scendere da quella scala. Sarebbe arrivato da lui lentamente. Si sarebbe allentato un po’ la cravatta e, sempre con quel maledetto sorriso stampato su quel viso dai lineamenti perfetti, gli avrebbe sfilato l’annaffiatoio di mano. Sfiorandogli le dita, nel frattempo.
Poi se lo sarebbe versato addosso. Si sarebbe bagnato tutta la camicia che avrebbe aderito perfettamente ai suoi addominali e pettorali.
Lo avrebbe guardato. Quello sguardo intenso, da far alzare immediatamente la temperatura di venti gradi.
Si sarebbe avvicinato a lui e-
 
 
“B, ma che hai? Ho qualcosa sul viso?”
E lui si era incantato per tutto quel tempo. Con Sebastian davanti a lui che lo aveva fissato perplesso. Con Wes, Thad, Nick Jeff e tutti gli altri che soffocavano malamente delle risate.
Aveva appena fatto una fantasia ad occhi aperti su Sebastian. Una vera.
Ecco, quello era un problema.









***

Angolo di Fra


Visto che sono le 01.27 è ufficialmente domenica quindi aggiorno. Buona Seblaine Sunday! Questo capitolo mi piace da matti. Questa ff, in generale, mi piace da matti. E mi sta facendo tornare lo spirito natalizio.
   
 
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