Somewhere I have never traveled
somehwere i have
never traveled, gladly beyond
any experience, your
eyes have their silence:
in your most frail
gesture are things which enclose me,
or which i cannot
touch because they are too near
E. E. Cummings
La luce entrava di sbieco dai finestroni
posti su un solo lato dell'enorme edificio antico che ospitava la biblioteca
universitaria. Quello era il momento che a Louis piaceva di più, quando
iniziava a scendere il buio e la gente cominciava ad andarsene.
Lui però era ancora
lì. Il ragazzo dagli occhi verdi e sorridenti e dalla ridicola zazzera riccia che
ormai veniva ogni giorno in biblioteca era ancora lì. Indossava una maglia
bianca semplicissima e un po' scollata sul davanti, a dire il vero persino
leggermente trasparente, jeans neri fin troppo attillati (non che Louis avesse
guardato con attenzione il suo fondoschiena, semplicemente gli era caduto
l'occhio proprio lì), scarpe nere anonime e portava una collanina sottile al
collo, con il ciondolo a forma di aeroplanino di carta. A Louis non era mai
piaciuto il tipo di ragazzo che portava collanine, si era detto con una smorfia.
E quella maglia che faceva risaltare i muscoli del ragazzo e intravedere un
tatuaggio sul suo petto… no, non era proprio il suo genere.
Il ragazzo, dopo
essere entrato col suo passo sicuro, era andato dritto verso il primo imponente
scaffale di legno e vi si era nascosto dietro. Louis, però, in piedi dietro il
bancone con la targhetta con scritto "bibliotecario" appuntata sulla
camicia azzurra a maniche corte, avrebbe potuto giurare di averlo visto, di
tanto in tanto, sbirciare da sopra le file di libri. Che cosa sbirciava? In
effetti a Louis era sembrato che guardasse verso di lui, ma… non poteva essere.
Sapeva benissimo che non sarebbe mai successo niente tra lui e il misterioso
ragazzo dagli occhi verdi, a cui comunque, ci teneva a sottolinearlo, non era
interessato. Era semplicemente impossibile: loro due, insieme, sarebbero stati
un paradosso vivente. Nonostante captasse una certa vibrazione provenire da
lui, Louis non era nemmeno certo che quel tipo fosse effettivamente interessato
al genere maschile. D'altra parte, lo vedeva benissimo il modo in cui lo osservavano praticamente
tutte le ragazze quando passava, come gli sorridevano e cercavano di attaccare
bottone con scuse futili. Ridicolo capellone, pensò Louis spostandosi un ciuffo
di capelli dagli occhi. Come sembravano sciogliersi quando lui rivolgeva loro
la parola con la sua voce roca e profonda! Più di una volta, Louis si era
ritrovato a troncare sul nascere con uno "Sssshhh" indignato
conversazioni che poi in fondo non erano nemmeno così rumorose. Il fatto che lo
facesse quasi esclusivamente quando queste conversazioni includevano il riccio
era, ovviamente, puramente casuale.
Se quindi non era
certo degli orientamenti del ragazzo, Louis era invece sicuro che, anche se lo
fosse stato, non sarebbe stato interessato a lui: ai suoi occhiali dalla
montatura sottile, alla sua bassa statura, almeno una spanna in meno di lui, al
suo sorriso appena accennato e alla sua voce che era quasi un sussurro, anche
fuori dalla biblioteca. Non avrebbe potuto essere interessato a lui, quel
ragazzo che sembrava possedere uno charme innato, uno strano magnetismo che
costituiva gran parte del suo fascino, a parte il bel visino e il fisico decisamente...
Be'. Louis era comunque convinto che sotto quell’apparenza da sciupafemmine non
ci fosse proprio nulla di interessante, nonostante non ci tenesse a
verificarlo.
Scosse la testa tra sè
e sè e decise a lasciar perdere una buona volta, proprio nel momento in cui il
ragazzo misterioso si era silenziosamente appoggiato al banco con un nuovo
libro in mano, come faceva ogni giorno da qualche tempo.
«Ciao» disse quello con un sorriso al quale Louis non potè fare a meno di
adeguarsi, dopo un piccolo sobbalzo per la sorpresa. Gli capitava spesso di
perdersi nei suoi pensieri e di non accorgersi di quello che gli accadeva
intorno, per essere poi riportato al mondo reale in modo brutale. Il ragazzo ridacchiò
lievemente di lui, con gli occhi che brillavano. Be’, quello, in fondo, non era
un modo così brutale di essere riportati al presente. Louis rimase in silenzio anche
mentre l’altro faceva scivolare il tomo che poco prima teneva in mano verso di
lui. Senza dire una parola lo prese, stando bene attento a non sfiorare la mano
del ragazzo, e inizió a digitare il codice sulla tastera del computer,
fingendosi totalmente assorto in quell’azione. Aveva già dovuto ripetere l’operazione
tre volte, a causa delle sue dita che non volevano collaborare e continuavano a
schiacciare i tasti sbagliati, quando il ragazzo dalla pettinatura ridicola
parlò.
«Ormai avrai capito perchè vengo qui tutti i giorni, no?» esordì dal nulla, abbassando
lo sguardo sulle sue dita lunghe e esili, appoggiate sul bancone. Louis deglutì
forte e sbarró gli occhi.
«Per... prendere in prestito dei libri?» rispose incerto. L'altro lo guardó con
la sua stessa espressione di poco prima, per un attimo, trattenendosi a stento dal
ridacchiare: «Pensi davvero che legga un libro al giorno?» chiese stupito, come
se fosse impossibile che qualcuno lo pensasse. Poi fece un sorriso strano, che,
nella sua mente, Louis catalogó con due aggettivi che, prima di allora, per lui
era stato inconcepibile immaginare insieme: malizioso e innocente. Un paradosso
completo, qualcosa di impossibile. Ma ancora, eccola lì, la prova tangibile che
era possibile, in piedi davanti a lui in quel momento, con i suoi jeans stretti
e quella maledetta collanina. Louis era ancora zitto a bocca aperta, perso nei
suoi pensieri, quando l’altro iniziò a parlare.
«(i do not know what it is about you
that closes
and opens; only something in me understands
the voice of your eyes is deeper than all roses)
nobody, not even the rain, has such small hands»*,
recitò all’improvviso
il ragazzo con voce seria e musicale, sorridendo lievemente al pavimento. Louis
rimase turbato dal suono morbido della sua voce, che sembrava, pensò, fatta
apposta per recitare poesie. Fissò per un attimo di troppo le lunghe ciglia
scure dell’altro rivolte verso il basso, mentre quella voce e quei versi gli accarezzavano
le orecchie e gli occhi gli si inumidirono per tutta quella bellezza, tutta
insieme in un solo, piccolo, fragile momento.
Poi, appena il
significato delle parole pronunciate dall’altro si depositò nella sua mente, rimase
ancora più sbigottito e arrossì violentemente, proprio mentre il riccio alzava
lo sguardo limpido su di lui. Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire o fare,
questa era la più sorprendente, quella che Louis si sarebbe meno aspettato da
un tipo come lui.
«Piacere, sono Harry»
disse finalmente il ragazzo, sorridendogli e tendendo la mano. Louis allungò
timidamente la sua, sussurrando «Louis» con un filo di voce, e quando le loro
mani si unirono non potè fare a meno di fissarle, incuriosito e inebetito.
Era un paradosso, nelle
loro mani intrecciate, la sua sembrava così piccola e fragile stretta in quella
di Harry. Eppure sembrava così bello, naturale, giusto.
* Trad. di L. D’Incà:
(non so cosa sia di te che
chiude
e apre; solo qualcosa mi dice
che la voce dei tuoi occhi è più profonda di tutte
le rose)
nessuno, nemmeno la pioggia, ha mani tanto piccole
N.d.Summer
Tutto ció è partito dalla
mia profonda convinzione che Harry Styles sia una walking contradiction, ovvero
una contraddizione ambulante, da una poesia di E. E. Cummings che, come si sarà
capito, mi fa emozionare immensamente e da questo prompt
louis the librarian is not interested in harry's
ridiculous hair and obvious charm
except that he totally is
http://1dkinkmeme.livejournal.com/648.html?thread=53128#t53128
Tutto il resto poi è un
venuto da solo, trasformandosi in una college!AU con librarian!Louis (sono la
prima ad ammetterlo, molto OOC) e... Harry. Il tema principale è, ovviamente,
il paradosso, che è un po’ il filo conduttore di tutta la fic. Spero vi sia
piaciuta :)