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Autore: _Graysoul    14/04/2013    12 recensioni
Kitten!Harry
Larry // accenni Ziam. Molto OT5.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Louis premette sull’acceleratore del suo meraviglioso fuoristrada nuovo. Non che se ne facesse un vanto, eh. Solo che gli era costato così tanti sforzi, così tanta fatica, che quel fuoristrada grigio metallizzato lo amava proprio. Accese la radio ma la tenne a volume basso. Trovò una canzone degli Script che gli piaceva e iniziò a canticchiarla. Non che fosse di buon umore.  Semplicemente non aveva più voglia di vivere in quel silenzio opprimente che lo accompagnava in ogni momento della sua vita.
Perché sì. Louis Tomlinson, 21 anni, bello da mozzare il fiato persino ai cavalli, viveva nel silenzio. Ed era davvero strano per una persona come lui. Adorava la vita, ne era innamorato. Le cose più semplici lo entusiasmavano. Adorava conoscere cose nuove, persone nuove, canzoni nuove. Adorava anche parlare, e quando iniziava non si fermava più. Avrebbe potuto fare discorsi di ore ed ore su qualsiasi cosa, dalle borsette firmate di Paris Hilton all’importanza della raccolta indifferenziata, che comunque lui non faceva.
Nonostante ciò, Louis viveva nel silenzio del suo minuscolo appartamento –o come preferiva chiamarlo Niall monoloculo- da solo. E spesso si ritrovava a chiedere perché, ma la risposta era sempre la stessa. Non ne valeva la pena. Non valeva la pena sprecarsi per gli altri. Tutti coloro che lo circondavano erano persone insipide, grigie, inutili. Non ci trovava gusto. Erano quasi tutte uguali. Magari qualcuna si distingueva per il modo di vestire, o per la musica tenuta ad un volume troppo alto nelle cuffie, ma poco dopo te le dimenticavi. Gli argomenti erano sempre gli stessi, che scivolavano di bocca in bocca, sempre più consumati. Si sentiva circondato da ombre grigie, tutte uguali. Quindi Louis stava zitto. Si confondeva in quell’enorme massa di individui che sembravano usciti dalla stessa, ormai vecchia e malandata, fotocopiatrice.
Così quella sera, mentre tornava da lavoro, iniziò a canticchiare “For the first time” nell’abitacolo del suo novo fuoristrada. Qualche goccia aveva iniziato a scendere, pigra, giusto per il gusto di aver fatto la sua comparsa anche quell’inutile venerdì sera. Poco dopo però, la pioggia decise che sarebbe stato bello essere la protagonista della serata, così iniziò a cadere copiosa. Louis rallentò un pochino. Di fretta davvero non ne aveva e la strada era deserta. C’era ancora un po’ di luce, biancastra, che traspariva da quella coltre di nuvole opprimenti. Iniziò a tirare anche un certo vento. Caldo. Che non c’entrava assolutamente niente.
Louis percepì una sensazione strana. Rallentò e puntò lo sguardo dritto davanti a sé. C’era qualcosa sul ciglio della strada, poco più avanti. Rallentò ancora un po’, fino a quasi fermarsi del tutto.
Sul bordo della strada c’era qualcuno.  Quel qualcuno stava raggomitolato, per terra, ormai fradicio. Pareva un ragazzo, anche abbastanza giovane.
“Hey! Va.. ehm.. va tutto bene?” Louis si sporse dal finestrino per vedere se stesse bene, nonostante la situazione apparisse tutto tranne che positiva. Il ragazzo si mosse impercettibilmente, sollevando leggermente il capo e Louis pensò di avere un’allucinazione. Quel ragazzo aveva… delle orecchie feline? Oh mio dio, non era umanamente possibile. Louis scese dalla macchina, fregandosene un momento della pioggia. Si chinò cautamente su di lui e lo osservò. Non potevano essere orecchie vere.
“Ehmm… senti, amico. Ti.. ti serve un passaggio?” Il ragazzo si raggomitolò ulteriormente su se stesso, stringendosi le ginocchia al petto. Louis notò che indossava vestiti leggeri, forse una volta di marca, ma adesso strappati, completamente bagnati e sporchi di.. sangue? Era sangue quello? Oh, mio dio sì. Il suo istinto da crocerossina prese il sopravvento.
“Occielo, sei ferito! Vieni, Sali in macchina. Ti porto a casa mia così vediamo cos’è successo…” ma quello non diede segni di vita se non.. un impercettibile movimento a quelle che Louis aveva codificato come vere orecchie bianche da gatto. “Ehi? Ci sei? Sei ferito, su forza. Ti aiuto io.” Così non ottenendo ancora risposta, cercò di tirarlo su alla meno peggio, prendendolo per una mano. Quello che Louis definiva per rigore di logica ancora un ragazzo, emise qualche verso lamentoso, ma quando un rivolo di sangue infradiciò ulteriormente la polo, non oppose più resistenza e si fece trascinare nella macchina.
Ora: Louis di persone ne aveva incontrate tante nella sua vita,  ma era quasi del tutto certo che tutte quelle che aveva incontrato, nonostante avessero i difetti più strani, non avevano anche una coda.
Cercò di non pensare a quanto la situazione fosse anomala, e lo aiutò a salire nei sedili posteriori dell’auto, cercando di ignorare di proposito la coda o le orecchie da gatto. Così, una volta salito, lo vide appallottolarsi sui suoi costosissimi sedili nuovi in pelle, bagnandoli e sporcandoli tutti, chiuse la portiera, salì a sua volta al posto del conducente e partì sgommando verso casa.
Nel tragitto continuò a lanciare sguardi preoccupati allo specchietto retrovisore, che mostrava quella… creatura. Il viso, appartenente ad un diciottenne circa, senz’ombra di dubbio splendido, era però deformato da una smorfia di dolore, contornato da quelli che dovrebbero essere stati dei ricci castani.
Per qualche secondo il pensiero “che cosa diavolo sto facendo?” gli balenò in testa, ma i lamenti che provenivano da dietro accompagnati dal suono sordo di singhiozzi, lo spronavano ad accelerare per arrivare a casa il prima possibile. Quando vi arrivò, dopo aver parcheggiato in un modo che dovrebbe essere vietato anche nel mondo degli alieni, aiutò il ragazzo-creatura a scendere.
“Hey, siamo arrivati. Ce la fai a scendere?” ma non ricevette risposta. Così lo dovette prendere in braccio. Era così… leggero. Troppo, per la sua statura. Il viso, oltre dalla pioggia, era bagnato di lacrime. Stravolto dal dolore, dalla stanchezza, da qualcos’altro che Louis ancora non poteva cogliere. Richiuse in fretta la portiera dell’auto e si diresse a passo di marcia verso la porta di casa. L’aprì senza troppi complimenti e si fiondò in bagno con il suo corpo abbandonato tra le braccia. Lo adagiò il più delicatamente possibile nella vasca da bagno e aprì il getto dell’acqua calda. Lo vide agitarsi, spaventato, ma poi si lasciò andare, troppo stanco per combattere. Louis gli tolse quei vestiti logori, cercando di fare attenzione con quella che ancora non riusciva a identificare come una coda, e lo lavò per bene. Riportava diverse ferite: c’erano un paio di lividi qua e là sul torace, ma quello che più lo preoccupavano erano i tagli sulle braccia, sulla schiena, sulle spalle. Venne assalito dalle domande. Cosa significava? Chi era questo strano ragazzo?, ma decise che per ora era meglio agire; per pensare ci sarebbe stato tempo dopo.
Una volta lavato per bene, aiutò quell’indifeso corpo quasi esanime a tirarsi su. Lo avvolse in un asciugamano, lo asciugò rapidamente e lo portò in camera sua, poggiandolo nel suo letto. Corse a prendere il suo piccolo kit da pronto soccorso e lo medicò nel miglior modo possibile, ringraziando quel corso alla croce rossa che Liam l’aveva obbligato a fare. Disinfettò il tutto per bene, mise qualche cerotto, qualche benda, una bella crema per i gonfiori e lo mise sotto coperte. Lo vide rannicchiarsi come ormai sembrava gli fosse istintivo fare; il corpo parve rilassarsi quasi completamente ma gli occhi erano sbarrati.
Louis si perse nel guardarli. Erano enormi e... felini. Di un verde sconvolgente. Intensi, profondissimi. Sembravano scavati nello smeraldo, ma frammentato di mille altre tonalità diverse. La pupilla però era sottilissima, nera come la pece, quasi invisibile. Sembravano quasi folli, quegli occhi assurdi; Louis però ne era affascinato ma al tempo stesso lo facevano.. stare male. Lo facevano stare terribilmente male perché sembrava sprofondassero nella paura, nel terrore e nella paura.
Allungò lentamente la mano per scostargli i ricci umidi dal volto, ma quello si scostò rapidamente, spaventato. “Hey.. va tutto bene, tranquillo. Non ti voglio fare alcun male” gli sorrise dolcemente, cercando di rassicurarlo e parve riuscirsi almeno in parte. “Comunque io sono Louis! Tu sei..?”
Ma il ragazzo non rispose, si limitò a guardarlo, drizzando le sue… orecchie bianche. Sollevò il braccio tremante e gli sventolò il polso davanti agli occhi. Appeso ad esso vi era un braccialetto d’oro con un ciondolo: una placchetta argentata con inciso sopra Harry.
“Harry?” Louis alzò lo sguardo, incontrando il suo “ti chiami così?” e l’altro annuì.  “Ehmm.. senti Harry, non per essere indiscreto ma.. quelle orecchie sono.. vere?” in risposta quelle due orecchie che stava meticolosamente osservando, si abbassarono di colpo, come offese. Il suo sguardo scapò via e lo vide rannicchiarsi ulteriormente. “Hey! Nulla in contrario alle tue orecchie.. o alla tua coda. E’ che sono così.. insolite. Mi piacciono.”
Harry le drizzò di colpo, facendo nascere l’ombra di un sorriso, rilassandosi. Scalciò lentamente le coperte, sentendo un certo fastidio al fianco; sollevò la coda e prese ad agitarla docilmente. Louis rimase incantato nel vedere quella coda folta tutta bianca, dall’aspetto soffice. Si lasciò sfuggire un sospiro che lo fece subito arrossire. Tornò a guardare Harry negli occhi, decisamente più calmi ma non del tutto sereni. Vi era ancora qualcosa di spaventato in essi, riusciva a vederlo, ma non riusciva a comprendere il perché. Avrebbe voluto fargli mille domande, ma si disse che non era il caso. Non in quel momento. C’era però una domanda che voleva assolutamente porgli.
“Senti Harry, tu… non vorrei far sembrare la domanda maleducata o qualcosa del genere, credimi ma… tu cosa sei?” pronunciandola ad alta voce sembrava davvero sbagliata. Harry fermò la coda. “Non fraintendere! Non volevo che la domanda suonasse così, davvero… ero solo curioso… insomma, hai una coda e delle orecchie da gatto… non sono delle caratteristiche comuni a tutti. A me piacciono molto, sul serio. Ti donano proprio” e non si accorse di aver iniziato a farneticare “non nel modo in cui pensi tu! Cioè, ti stanno bene! A me penso starebbero malissimo…” ma a Harry non dispiaceva ascoltarlo “…però tu ce le hai e mi chiedevo… perché ce le avessi. Cioè, sei nato così? Con coda e orecchie?” gli sorrise, timido, cercando di nascondere il lieve rossore comparso sulle sue guance. Harry annuì lievemente, un po’ a disagio. Nessuno gli aveva mai fatto complimenti sulle sue orecchie o la sua coda; al contrario proprio per questo l’avevano sempre disprezzato, preso in giro, era spesso stato vittima di bullismo e maltrattamenti. Per tutti era sempre stato un mostro, un ibrido, una creatura orribile, uno scherzo della natura. Poi aveva trovato qualcuno che l’aveva amato, coccolato, apprezzato per ciò che davvero era… ma era finita male.
Così ora si ritrovava ad ascoltare quello strano –perché si, quello strano era lui- ragazzo che lo aveva raccolto dalla strada, ferito e abbandonato, l’aveva lavato, medicato, l’aveva poggiato nel suo letto, sotto le sue coperte e ora gli stava facendo dei complimenti. Lo guardava, curioso. Non lo guardava come se fosse stato chissà quale alieno o scherzo della natura. Semplicemente era curioso. Voleva sapere di lui, chi fosse, come fosse, cosa facesse, da dove venisse, cose così.
“Non hai niente di cui vergognarti, anzi. Ti rendono… speciale.” Ora Louis gli regalò un sorriso autentico, sperando di tranquillizzarlo del tutto, riuscendoci. Harry si tranquillizzò, sentendosi al sicuro. “Beh, ti lascio riposare! A dopo, Harry” e scese dal letto, rimboccandogli le coperte. Uscì dalla stanza, sorridendogli ancora una volta prima di richiudersi la porta alle spalle. Si diresse in cucina, preparò un caffè fregandosene che fossero già le nove di sera e decise di chiamare il suo confidente, il suo migliore amico, Zayn.
Recuperò il telefono dalla tasca della giacca e digitò in fretta il numero. Uno squillo… due… tre… dai Zayn.
“Pronto?”
“Zayn, sono io.”
“Lo so che sei tu. Dimmi.”
Silenzio.
“Louis? Tutto bene?”
Silenzio.
“Louis, cristo santo. Non farmi preoccupare! Cos’è successo?”
“Stai tranquillo. Non è successo nulla di terribile. E’ solo che…” cosa? Cosa gli avrebbe potuto dire? Hey amico, ho trovato per strada un ragazzo bellissimo che però ha una coda e delle orecchie da gatto, l’ho portato a casa e ora sta dormendo nel mio letto, ma per il resto tutto okay. Quale essere sano di mente gli avrebbe poi creduto? “… senti, è una faccenda un po’ difficile da spiegare a parole…”
“Louis Tomlinson che non riesce a spiegare qualcosa a parole. Questa è proprio bella,”
“Non sei divertente. Senti, vieni domani pomeriggio a casa mia.”
“Ma…”
“Niente ma. Domani pomeriggio da me. E porta un gomitolo di lana, okay? Ciao.” E riattaccò.
Si passò le mani sul viso, stravolto. In che diamine di situazione si era ritrovato.
Chiuse un momento gli occhi. Li riaprì quattro ore dopo.
Era l’una passata e il caffè era decisamente sbollito. Si alzò, se possibile ancora più a pezzi di prima e con un terribile dolore alla schiena e si fece un nuovo caffè. Si sedette scompostamente su una delle scricchiolanti sedie della cucina. Quando il caffè venne su, lo versò nella sua tazza a forma di cane preferita e iniziò a bere quello che sarebbe dovuto essere un caffè; in realtà aveva lo stesso gusto dell’inchiostro di giornale bollito.
Un fruscio lo distrasse. Karma, il suo gatto nero. Lo prese in braccio, grattandogli il punto in mezzo alle orecchie che tanto gli piaceva. “Che fine avevi fatto?” il gatto fece qualche fusa prima di acciambellarsi sulle sue gambe, tranquillo. Louis bevve ancora qualche sorso di quella brodaglia scura quando un rumore lo fece sobbalzare. Si girò di scatto, ritrovandosi davanti Harry in piedi con le orecchie piegate, la coda che ondeggiava di qua e di là, e un’espressione tranquilla, appena uscita da un dolce sonno.
“Oh. Hey! Come.. stai meglio?” Harry annuì e si sedette di fronte a lui. Louis si concesse un attimo per osservarlo bene. Era decisamente più alto di lui, ora che notava. Aveva un fisico compatto, massiccio, quasi muscoloso. Eppure quando lo aveva preso in braccio era sembrato così leggero…  aveva anche due belle chiappe sode, ora che notava, rivestite da.. hey, quelli erano i pantaloni della sua tuta? Si portò alle labbra la tazza, bevendo ancora un po’ di caffè. Harry guardò storto la sua tazza.
“Che c’è? Non ti piacciono le tazze a forma di cane?” e gli venne da ridacchiare per la sua strana domanda. L’altro scosse leggermente la testa, stropicciandosi gli occhi in un modo… adorabile. Poi però si bloccò, spalancandoli. “Cosa succede?” poi si rese conto che quello sguardo era diretto a Karma. “Oh.”
Karma, il suo gatto, e Harry, il ragazzo per metà gatto si stavano guardando… beh, in cagnesco, per quanto potesse essere strano. “Ehmm… Harry, lui è Karma. Karma, Harry.” Il micio dal pelo nero soffiò indignato contro il riccio e balzò via. “Non prendertela… fa così con tutti.”
Per un po’ regnò il silenzio, accompagnato solo dal fruscio della sua coda. Stranamente Louis si sentiva… tranquillo. Affatto a disagio o in imbarazzo. Harry, che se ne stava lì in silenzio a guardarlo con quegli occhi quasi fosforescenti, gli trasmetteva uno strano senso di calma. Era piacevole.
“Senti un po’, ma tu non parli mai?” quello fece un mezzo sorriso senza aggiungere altro, piagando leggermente l’orecchio destro “almeno sai parlare?” allora Harry gli rivolse uno sguardo indignato. “Hey, chiedevo solo” si scusò con un’alzata di spalle. Rimasero ancora in silenzio, ma era troppo curioso di sentire il suono della sua voce. “Beh? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
Inaspettatamente Harry esplose in una grassa risata. Una risata forte, fortissima. Davvero Louis non si aspettava che quella creatura talmente  delicata, quasi di cristallo, potesse avere una risata così rumorosa e scomposta. Ma al tempo stesso bellissima, coinvolgente, calda. Ne rimase incantato.
Intanto Harry cercava di ricomporsi, asciugandosi le lacrime dagli occhi, riprendendo fiato. “Di battute orrende ne ho sentite tante, ma questa credimi, è la peggiore.”
E Louis rimase ancora più esterrefatto. Perché si sarebbe aspettato di tutto, tranne che quella voce. Una voce profonda, più lenta del normale, roca… terribilmente sexy.
Cercò di ricomporsi in fretta. “Beh, intanto ti ho fatto parlare!” squittì. Harry annuì, sorridente.
“comunque volevo dirti grazie per… ehm… avermi dato una mano. Io non… ce l’avrei fatta; probabilmente ora sarei ancora lì se tu non mi avessi… aiutato.” Louis agitò una mano, liquidandolo.
“Oh, figurati. Come stai, adesso?” annuì in risposta, così si azzardò a chiedere “Posso.. posso sapere cosa ti è successo?” ma il suo sguardo all’improvviso di tre tonalità più scuro gli suggerì di lasciar perdere “tranquillo, potrai parlarmene quando vuoi” si schiarì la voce e proseguì, cambiando argomento “comunque se non hai dove andare, puoi restare quanto ti pare. Io vivo da solo e magari un po’ di compagnia non farebbe male. Io dormirò sul divano, tu stai pure sul mio letto finché non ti sarai ripreso per bene” Harry gli sorrise riconoscente, e stavolta Louis poté scoprire due bellissime fossette profonde, che incorniciavano quel viso da angelo. Distolse in fretta lo sguardo per paura di essere arrossito. “comunque, io vado al lavoro nel primo pomeriggio, anche se ultimamente sto facendo qualche turno extra… ma posso sospenderli per un po’. Per il resto, cosa ti piace mangiare?”
La risposta fu immediata. “Pesce.”
“Oh, beh. Logico. Bene, farò scorta di pesce. Devo comprare anche qualche croccantino?”
Harry rispose con una smorfia e “fallo e quella tazza farà una brutta, bruttissima fine” esplodendo di nuovo a ridere. Louis lo accompagnò, di cuore. Questo strano Harry gli piaceva. Lo vide alzarsi e dirigersi verso la sua camera, agitando pigramente la coda in un modo che Louis trovò estremamente sensuale. Gli squadrò le spalle, forti e compatte, scendendo lungo la schiena, arrivando fino a quel sedere mozzafiato.
“’Notte Louis” e scomparve nel buio della casa.
Sì. Questo strano Harry gli piaceva proprio.
 
 
Il mattino dopo Louis si svegliò con un dolore alla schiena atroce. Si diresse in cucina, si preparò una bella caraffa di caffè, mise a tostare il pane e decise di andare a vedere come se la passasse Harry.
Bussò delicatamente ma non ottenne risposta, allora entrò. Quello che vide lo disarmò.
Harry era letteralmente acciambellato su se stesso nel bel mezzo del letto con la lunga e folta coda a fargli da protezione, le orecchie basse e sul viso un’espressione di pura estasi. Dormiva sereno. Louis pensò che fosse la cosa più bella mai vista fino ad ora.
Da una parte gli dispiaceva svegliarlo.
“Harry?” sussurrò “svegliati” ma l’altro non rispose. “yuu huu? Harry?” ancora niente. Si avvicinò, sedendosi sul bordo del letto. Gli poggiò una mano sulla spalla, accarezzandolo dolcemente quando sentì un suono. Oh, mio dio. Non possono essere davvero… no. Louis riaccarezzò la spalla di Harry ed ecco di nuovo quel suono. Fusa. Harry gli stava facendo le fusa. No. Non era possibile. Spostò lo sguardo sulle due tenere orecchie bianche. Parevano così soffici. Allungò una mano e ne accarezzò una. Sembravano finte. Intanto Harry faceva altre fusa, mentre un sorriso si allungava pigramente sul suo viso. Così prese a fargli de teneri grattini sulla testa, in mezzo alle orecchie. Era così bello coccolarlo in quel modo, riempirsi gli occhi di quella visione che sembrava un ritaglio di paradiso. Poi però, Harry aprì lentamente gli occhi, di un verde travolgente. Louis ritrasse di scatto la mano, arrossendo fino alla punta dei capelli.
“Oh. Ehmm. Io… tu… ti stavo chiamando ma tu non ti svegliavi e… beh, buongiorno!”
Harry annuì brevemente, ancora con quel sorrisetto soddisfatto stampato in faccia e iniziò a stiracchiarsi, eseguendo un repertorio di smorfie ed espressioni che Louis trovò tenerissime ma sexy al tempo stesso.  “Comunque quando sei pronto vieni pure di là, che sto preparando la colazione” detto questo si dileguò in fretta, ancora lievemente in imbarazzo. Preparò la colazione per entrambi, a base di pancakes, caffè  e biscotti. Quando Harry arrivò in cucina, barcollante e con i ricci tutti scompigliati, prese posto sulla sedia della sera prima e iniziò a mangiare con foga i pancackes.
“Purtroppo non ho trovato una colazione a base di pesce… spero che coì vada bene lo stesso!” Il riccio sogghignò sotto i baffi –questa volta metaforicamente parlando- e continuò ad ingozzarsi. Sembrava non mangiasse da secoli. In poco tempo aveva già sbranato tutto. “Ehmm.. se hai ancora fame serviti pure dal mio piatto” e così fece. Poco dopo aveva finito anche il piatto di Louis.
“Altro che mezzo gatto. Tu sei mezzo leone!” Harry proruppe in un’altra fragorosa risata, molto più roca di quella dell’altra sera, profonda, quasi eccitante. No. Rimosse immediatamente quel pensiero.
Si schiarì la voce e “allora. Oggi è sabato, non vado a lavoro, quindi se c’è qualcosa che ti va di fare o vedere… non so..”
“Dormire. Poltrire. Stare sotto le coperte. Guardare un film. Ricevere coccole.”
Louis quasi si soffocò con l’ultima affermazione e alzò un sopracciglio, scettico.
“Beh? Sono comunque per metà gatto. Sono pigro.”
“Vada per il film. Però questo pomeriggio viene qua il mio amico, Zayn. Così lo conosci anche.” Ma a quel punto Harry si ghiacciò completamente. Estranei? Non gli piacevano gli estranei. Lo avevano sempre guardato male, giudicato, preso in giro. Mai accettato. Ha sempre avuto paura nel conoscere nuove persone. Ma Louis parve leggergli nella mente.
“Stai tranquillo. Zayn è un tipo a posto, molto tranquillo, non si fa problemi. Vedrai che ci andrai subito d’accordo. Che film ti andrebbe di vedere?” la risposta fu un’alzata di spalle, così una volta finita la colazione si spaparanzarono sul divano in sala e si misero a guardare il primo film capitato, The Avengers.
“Oh, mio dio! Amo questo film” Louis si sistemò per bene sul suo angolo di divano, con Harry seduto accanto “voglio dire, quanto è bella Scarlett Johansson rossa? Io la preferisco mille volte così che bionda, anche se quasi nessuno la pensa così… oh, cielo! Guarda! Guarda quanto è bello Capitan America.. avercelo un fisico del genere. Però non credo mi starebbe bene… nel senso, non per fare la parte della volpe con l’uva, ma davvero dubito che degli addominali del genere mi donerebbero…” e mentre Louis blaterava in continuazione Harry si addormentò di nuovo, cullato dal suono di quella voce che già gli piaceva.
Finito il film, Harry dormiva ancora. Così Louis si decise a fare qualche pulizia qua e là, sotto le note dell’ultimo disco che aveva preso al negozio, Babel dei Mumford & Sons. Louis infatti lavorava in un conosciuto negozio di dischi nel centro di Londra; adorava la musica. Ne ascoltava di tutti i tipo, dal pop, alla classica, dall’indie al rap. Così ogni settimana si portava a casa un disco nuovo che ascoltava per sette giorni in continuazione per poi metterlo sulla mensola in sala e passare al prossimo. Ormai era un rito. Poi una voce “questa mi piace” lo fece voltare di scatto mentre spolverava la sua amata collezione di dischi.
“Oh, si. Lover eyes. E’ molto bella. Comunque pensavo dormissi…”
“Sono per metà gatto, ho un udito molto sviluppato. Non posso dormire con la musica” spiegò con gli occhi socchiusi.
“Oh! Mi.. mi dispiace.. non lo sapevo..”
“Tranquillo” passarono ancora un paio di canzoni, quando l’album finì ed Harry stranamente iniziò a parlare. Non seppe bene il perché, ma ne aveva bisogno. Aveva voglia di raccontare a qualcuno di lui. Era stanco di tenersi tutto dentro, dover vivere nel silenzio.
“Prima stavo con un ragazzo..” Louis si voltò, sorpreso, gli si avvicinò, si sedette affianco a lui e iniziò ad ascoltarlo attentamente “..mi piaceva davvero. Pensavo mi accettasse per ciò che ero, con tutte le mie... caratteristiche particolari-e agitò la coda, un po’ nervoso. Così mi ero trasferito da lui e avevamo iniziato a vivere insieme. Stavamo bene. Ci capivamo. Ci confidavamo spesso. O almeno lo pensavo. Siamo stati insieme per diversi mesi ed io mi sentivo felice, quasi completo. Poi però… non lo so. Sembrava non volesse farsi vedere con me. Cioè, mi amava, mi rispettava e tutto… ma non voleva farsi vedere in giro con me. Penso ancora che si vergognasse, da una parte. Ogni volta che usciva con i suoi amici, gli chiedevo se potevo venire anch’io, ma si inventava sempre qualcosa per farmi stare a casa. Non voleva che mi vedessero. Lo capivo. Non sono uno stupido..” Louis ascoltava rapito quella triste storia. Era molto confuso. Perché ne stava parlando con lui? Era una cosa privata, sentimentale, molto profonda. E lui non era proprio nessuno per avere l’onore di riempirsi le orecchie di quelle parole tanto dolorose. Ma Harry continuava, imperterrito “… così una volta sono uscito di casa e sono andato a cercare i suoi amici. Quando mi videro rimasero scioccati. Chiesi loro se conoscessero un certo Tom Harris –il mio ex ragazzo, per l’appunto- e loro mi dissero che sì, lo conoscevano e anche molto bene. Così chiesi se per caso sapessero se Tom avesse un  fidanzato. E sai cosa mi risposero? Che si, ce l’aveva. Un deficiente che si lasciava abbindolare dalle sue romanticherie da quattro soldi, tanto bello quanto stupido. Mi dissero che l’avrebbe presto portato al circo, giusto per farsi un po’ di soldi. Un circo. Ti rendi conto? Voleva spedirmi in un dannatissimo circo! Allora quella sera lo affrontai. Gli dissi tutto quello che avevo scoperto e aggiunsi quanto mi faceva schifo,” sogghignò, probabilmente soddisfatto per tutte le cose che glia aveva detto; poi però quel sorriso sghembo sparì, e gli occhi divennero fragili, quasi liquidi, la voce tremante. “poi però si arrabbiò, terribilmente. E… beh, si, iniziò a picchiarmi. Voglio dire, sono grande e grosso, ma sono anche tanto fragile. Indifeso. Così mi prese in macchina e mi gettò in strada. Letteralmente. Ho vagato un po’ qua e là, cercando qualcosa con cui ‘sopravvivere’ ma ero così… stanco. Mi sono lasciato andare lì, per strada. E poi ieri sera mi hai trovato tu e.. beh, eccoci qui.” Fece un lungo sospiro liberatorio e guardò Louis negli occhi. Quei bellissimi occhi celesti che lo avevano salvato. Si sentiva meglio.
Louis, d’altro canto, non sapeva cosa dire. Era esterrefatto. Come potrebbe una persona fare una cosa così orribile? A Harry, poi. Talmente bello, delicato. Sembrava quasi un angelo. Come si potrebbe mai fare una cosa del genere a lui? Gli guardò i graffi sulle braccia, e la fasciatura al polso, preoccupato. Harry lo notò.
“Stai tranquillo, ora sto bene… grazie a te.” Alzò lo sguardo e incontrò quegli occhi felini, ora dalla pupilla enorme, essendo giorno, di un verde indescrivibile. Meravigliosi. E Louis proprio non riuscì a resistere e... lo abbracciò. Delicatamente, per paura di fargli male. Timidamente, perché non si sentiva in pieno diritto per farlo. Amorevolmente, perché non riusciva a capire come si potesse fare del male ad Harry, che dopo tutto conosceva da nemmeno un giorno. L’altro, nonostante lo stupore, accettò di buon grado quel dolcissimo gesto, facendo involontariamente qualche fusa. Poi si staccarono, leggermente commossi senza nemmeno sapere il perché e “bene! Penso sia ora di preparare il pranzo.”
Lo prepararono insieme –anche se forse “insieme” non era il termine adatto, dato che Harry si era limitato a guardarlo muoversi per la cucina, rapito- mangiarono, Harry fece un altro pisolino da buon gatto qual era non prima di aver litigato con Karma per il posto sulla poltrona accanto al termosifone e Louis sbrigò qualche futile faccenda al computer, cercando di fare meno rumore possibile. Ogni tanto gli lanciava qualche sguardo curioso e si perdeva osservandolo. Era talmente bello.
Qualche tempo dopo, mentre uno giocava con la play (“Louis, non guardarmi così. Solo perché sono per metà gatto non significa che io non sappia giocare alla playstation!), qualcuno bussò alla porta. Zayn.
Il padrone di casa andò ad aprire la porta.
“Zayn! Eccoti finalmente!”
“Ciao Lou!” entrò come se fosse a casa sua “senti, purtroppo di gomitoli di lana non e ho trovati, ma ho preso qualche pasta in pasticceria venendo qua. Vanno bene lo stesso?”
“Ehmm… io… sì, credo di sì.” Il moro andò a sistemarsi al suo solito posto sulla poltrona ma qualcun altro lo stava già occupando.
“Oh, mio dio! Amico! Tu hai delle orecchie da gatto! E.. no! Quella… non sarà mica una coda vera? Insomma, una vera coda da gatto?” Harry si appiattì istintivamente alla poltrona, un po’ spaventato e ansioso. E se l’amico di Louis non l’avrebbe accettato? E se… ma non ebbe il tempo di formulare un altro terribile pensiero che quello Zayn riparlò. “Santo cielo! Ma sono fantastiche! E sono proprio tue?”
Zayn era un tipo taciturno, preferiva ascoltare ed osservare, piuttosto che parlare –l’esatto opposto del migliore amico. Era anche difficilmente impressionabile ma, santo cielo!, quel ragazzo era per metà gatto. “Che forza. Dovrebbero esserci più persone così. Tutti gli altri sono così.. comuni, così noiosi. Comunque, pasta? Ah, per la cronaca, sono Zayn.” e gli offrii con nonchalance il vassoio pieno di dolcetti.
“Oh. Io Harry. Ehm. Sì, grazie mille. Sì sono mie… comunque a me piacciono i tuoi tatuaggi… molto forti.” Zayn ringraziò con un occhiolino e si rivolse adesso a Louis, che aveva attentamente osservato la scena tutto questo tempo, tirando alla fine un sospiro di sollievo. “beh? Che mi dovevi dire?”
“Nulla, tranquillo. Volevo solo presentarti il mio nuovo… amico, Harry. Ma vedo che hai fatto tutto da solo. Come va tra te e Liam?”
L’amico rispose con un sorriso particolare, un misto tra il malizioso e il soddisfatto. “Non puoi immaginare come vada bene…” la voce era piena, completa. Decisa. Ricca di passione, amore, ma anche fedeltà, amicizia. Harry lo capiva; il suo sesto senso glielo faceva intuire. Capì subito che tra lui e questo Liam c’era qualcosa di più, molto di più, che una semplice amicizia.
Così trascorse quel tranquillo pomeriggio, tra chiacchere, storielle, aneddoti -tutti per lo più di Louis. Verso sera Zayn se ne andò, salutando Harry con un altro occhiolino e un “a presto!”.
Dopo cena, il riccio si abbandonò sul letto, sereno. Louis si sedette accanto a lui.
“Mi piace Zayn. E’ un tipo interessante” soffiò, mentre si acciambellava, circondandosi con la sua stessa coda.
“Sì.. siamo amici da davvero molto tempo. Comunque col tempo conoscerai anche Liam e Niall. Anche loro sono fantastici” ricevendo in cambio un sorriso mezzo addormentato ma davvero contento. Gli piaceva che Louis lo volesse coinvolgere così nella sua vita. Dopo essersi augurati la buonanotte, dopo che Louis se ne andò a dormire in salotto, prima di addormentarsi Harry percepì che le cose sarebbero presto migliorate.
 
Trascorsero i primi giorni e l’aggettivo giusto per definirli era “impacciati”. Iniziavano ad abituarsi l’un l’altro, a prendere il ritmo, a capirsi, a conoscersi. Ogni volta che però Louis sfiorava Harry, questo si scostava automaticamente, come intimidito da un qualche tipo di contatto. Comunque, tra i due vi era sintonia. C’era qualcosa che li attirava; capivano che col tempo tra loro si sarebbe creato un bel legame. Quando Louis si muoveva in casa, si spostava o faceva un qualche gesto, Harry lo memorizzava, imprimendolo nella memoria. Sembrava avido di lui. Louis, dal canto suo, era affascinato da Harry. Ogni tanto si fermava a guardarlo e si chiedeva come avesse fatto a trovare una creatura così bella; anche se ammetterlo gli costava un certo sforzo. Giorno dopo giorno, imparavano cose nuove su di loro. Per esempio, Louis aveva notato che il riccio, da buon felino quale fosse, adorava la poltrona vicino al termosifone, che stava imparando a condividere con Karma; del pesce mangiava anche le lische; aveva terribilmente paura del temporali; quando era nervoso o in imbarazzo scuoteva la testa cercando di sistemarsi i ricci, scompigliandoseli ancora di più. Harry invece aveva assolutamente capito che Louis fosse irrimediabilmente gay –anche se questa scoperta era dovuta dalle continue conversazioni telefoniche tra il castano e Zayn che non si contenevano affatto, in quanto a commenti-; adorava il suo lavoro e tutto ciò che riguardasse la musica; portava gli occhiali che però non metteva quasi mai perché si sentiva stupido, quando invece Harry pensava che lo rendessero ancora più bello di quanto già non fosse; ma la cosa che più gli piaceva era che non riusciva a stare un attimo zitto. Anche mettendocisi d’impegno, non ci riusciva. E spesso si rendeva conto di star straparlando, così si mordeva il labbro con gli incisivi con due occhioni enormi e taceva… riprendendo due minuti dopo. Era adorabile.
 
Arrivò il giorno in cui gli vennero presentati gli alti due amici di Louis, Niall e Liam. Ovviamente c’era anche Zayn. Harry si trovò subito a suo agio. Era incredibile. Non si era mai sentito così bene con persone che non conosceva. Aveva sempre temuto nuovi incontri per i pregiudizi che era solito a ricevere, ma con loro no. Si sentiva accettato, quasi come uno di loro. Forse era proprio ciò che Louis desiderava.
Comunque Harry, almeno dopo cinque minuti che si trovarono tutti insieme in salotto a mangiare pizza e guardare una partita, tra le imprecazioni irlandesi di Niall –che, personalmente, trovava davvero un personaggio— aveva subito capito che tra Liam e Zayn c’era qualcosa. Anzi. Molto più di qualcosa. Qualcosa di mastodontico. Lo aveva subito capito dal modo in cui si guardavano; sembrava esistessero solo loro. Ma non solo nella stanza, proprio nell’Universo. Sembravano due calamite. Terribilmente opposti ma indispensabili l’uno per l’altro. I sorrisi che si scambiavano erano semplicemente… perfetti. Carichi di una dolcezza sovrumana, misti ad un pizzico di malizia e tantissimo amore. Sguardi pieni di “ti amo” e “sono qui”. Erano migliori amici, amanti, fidanzati.. anime gemelle. E tra una risata e l’altra, tutti e cinque insieme, Harry si chiese se qualcuno prima o poi l’avrebbe mai guardato in quel modo, sorridendogli così.
Ma mente formulava quel pensiero, non si accorse che Louis lo stava osservando in tralice dietro una gommosa fetta di pizza.
 
Trascorsero poi i primi mesi, e la situazione divenne stabile. Louis andava a lavorare nel primo pomeriggio e tornava la sera, prima di cena. Ogni venerdì portava a casa un nuovo disco che si mettevano ad ascoltare insieme il giorno successivo; a Harry piacevano tantissimo i Beatles così Louis glieli portava spesso a casa. Si erano perfettamente abituati l’un l’altro. C’era una sorta d’intesa silenziosa, tra loro. A volte si guardavano solo, ma se quello sguardo diceva “hey, ho fame” allora uno si alzava e andava a prendere un pacco di patatine. Sembrava quasi che si conoscessero da sempre. Spesso capitava che quando erano con i loro amici –perché Harry ormai li considerava anche suoi- se dovevano dire qualcosa la dicevano all’unisono e Niall “siete inquietanti. Sembra che i vostri cervelli siano collegati” diceva, senza staccare gli occhi dalla TV che aveva ormai monopolizzato; i due si guardavano complici sotto gli sguardi attenti di Zayn e Liam.
 
 
 
Un sabato sera di fine marzo si era ormai concluso. I ragazzi se ne stavano tornando a casa.
“Ragazzi, sta per piovere” osservò Harry sulla porta di casa con un tono sofferente e gli occhi puntati al cielo.
“Che ne sai?” chiese curioso Liam, trafficando con i cartoni di pizza da buttare “le previsioni davano bel tempo per tutto il fine set…” ma non terminò la frase perché un lampo illuminò il cielo, accompagnato da un forte tuono che fece sobbalzare tutti. All’improvviso iniziò a diluviare. “Ah.”
Zayn confuso “ora spiegami come hai fatto” non trovando le chiavi della macchina e iniziando ad infradiciarsi.
“Un felino certe cose se le sente” fu la semplice risposa, accompagnata da un nervoso movimento della coda, e scappò in casa ripudiando giustamente la pioggia e salutando i ragazzi con un veloce sventolio della mano.
“Grande! Vorrei poter predire anch’io il tempo… Harry è davvero forte” l’esclamazione di Niall fece sorridere Louis. “Amico, sei venuto a piedi e sta diluviando.. vuoi fermarti a dormire da noi? Magari Harry ti ospita nel mio letto…”
“No, tranquillo.. mi faccio portare da Zay e Lì in macchina… ciao Louis!” e gli schioccò il classico bacio sulla guancia alla Niall e scappò dentro alla decrepita macchina di Zayn che lo salutava dal finestrino.
 
Liam si scompigliò i capelli, bagnando il conducente.
“Molto carino da parte tua, Lilì” si lamentò Zayn senza ottenere alcuna scusa. “Ehi? Ci sei? Sto aspettando delle scuse,” niente. L’unico rumore che si sentiva era lo sgranocchiare delle patatine rimaste di Niall dai sedili posteriori. “Liam? Ci sei?”
L’altro si riscosse “si, scusa… è che stavo pensando a quei due là, Harry e Louis” il silenziò che seguì spronò Liam a continuare “Insomma, li avete visti? Si conoscono da.. quanto? Due mesi circa? E sembra che si conoscano da una vita intera. Quando si muove uno, si muove l’altro. Se uno parla l’altro gli presta la massima attenzione e forse voi non l’avete notato mentre fate le bestie tra cibo e TV” e qui un’espressione indignata da parte delle due bestie “ma si tirano sguardi in continuazione… sul serio, è impressionante. Sembra non riescano a staccare gli occhi l’uno dall’altro per più di due minuti,” sospirò, con un tenero sorriso “solo che non se ne rendono conto nemmeno loro stessi.”
Zayn fermò la macchina davanti a casa di Niall, si passò una mano sul ciuffo ancora umido e “in effetti hai ragione… ma stai tranquillo, prima o poi se ne renderanno conto. Quanto tempo ci ho messo io per capire di amarti?” domandò con un sorriso sornione.
“Troppo, brutto deficiente” lo schiaffeggiò l’altro “ma n’è valsa la pena aspettare” constatò, regalandogli un bacio pieno di amore.
Intanto il biondo si godeva la scena, mangiucchiando le ultime patatine. E prima di scendere dall’auto sgangherata salutando con la manina i suoi amici “Larry” sussurrò. I due gli risposero con un’espressione confusa. “Larry!” ripeté Niall convinto. “Louis ed Harry insieme. Larry. Non vi sembrano anche a voi una persona sola? Pensano insieme, si muovono insieme, si guardano eccetera. Larry.” e richiuse la portiera dell’auto, rintanandosi in casa, lasciando uno Zayn e un Liam alquanto meravigliati, ma completamente d’accordo.
 
A Harry i temporali non erano mai piaciuti, davvero. Già il fatto che fosse per metà gatto non aiutava, ma proprio li aveva sempre detestati. Odiava l’incessante rumore della pioggia, la sensazione di umido e bagnato che aleggiava intorno a lui, ma le cose che più odiava erano i tuoni e i lampi che lo facevano sobbalzare in continuazione, rendendolo schiavo di una terribile notte insonne.
Quella sera si ritrovò in quella tragica situazione. Raggomitolato sul lettone di Louis, ancora impregnato del suo profumo buonissimo, Harry tremava spaventato con la coda a fargli da barriera e le orecchie piegate all’ingiù. Al rimbombo dell’ennesimo tuono, emise un imbarazzante miagolio disperato.
Louis, che ora dormiva sul materasso prestatogli da Liam –ora che ci pensava, qualche straordinario per soldi in più non sarebbero stati troppo male- non riusciva a dormire per tutti quei tuoni, mentre si rigirava nervoso tra le coperte. Poi lo sentì. Un miagolio sommesso. Si alzò di scatto. Quello doveva essere Harry. Si alzò e si diresse, in precario equilibro, verso la sua camera, cercando di non uccidersi tra mensole e credenze. Aprì la porta di camera sua e incontrò due verdissimi occhi felini fosforescenti spaventati.
“Harry…?”
“Non riesco a dormire bene… con il temporale… sai, io… insomma, mi spaventa un po’…” Louis si sedette affianco a lui.
“Oh. Beh, se vuoi ti faccio compagnia” si offrì, indeciso su cosa dire o fare. Gli occhioni di Harry fecero su e giù. Louis si infilò sotto le coperte e lo affiancò. Rimasero a guardarsi per un po’ negli occhi, in un silenzio un po’ pieno d’imbarazzo ma affatto pesante. Il rumore della pioggia accompagnava i loro respiri, quando la mano di Louis si sollevò e si posò sulle soffici orecchie di Harry, questo si fece scappare qualche fusa, che gli strapparono a sua volta un sorriso. Così Louis iniziò a coccolarlo, non pensando a quando potesse sembrare strano. Era una sensazione stupenda. Sapeva che il riccio si scostava sempre se veniva toccato, ma non quella volta. Anzi. Harry si avvicinò maggiormente a lui, intensificando il rumore delle fusa e iniziando a muovere lentamente la coda, provocandogli solletico. Louis ridacchiò e spinto da chissà quale forza, se lo portò addosso, abbracciandolo stretto e continuando a carezzarlo in mezzo alle orecchie o sotto al collo, dove tanto gli piaceva. Harry rise di cuore, lasciando passare in secondo, se non in terzo, piano il temporale. Si sentiva… completo. Sembrava che Louis lo completasse, davvero. Lo faceva sentire a casa. Apprezzato. Coccolato. Lo faceva sentire come nessuno l’aveva mai fatto sentire prima d’ora. Con il suo finissimo udito riusciva a percepire il battito del suo cuore, appoggiato sul suo, veloce. Era la prima volta che gli succedeva una cosa del genere. Era strano, insolito… bellissimo. Li avvolse entrambi con la sua morbida coda, e si appoggiò al suo petto, ora completamente tranquillo e al sicuro. Ispirò quel profumo che amava e sorrise nell’incavo del collo che si ritrovò ad amare inconsapevolmente.
Poco dopo si erano già addormentati entrambi, abbracciati, sereni. Insieme.
Da quel giorno Louis ricominciò a dormire nel suo letto, insieme ad Harry.
 
 
Trascorse altro tempo e le cose rimasero stazionarie. O meglio. Le cose rimasero stazionarie per chi non era in grado di osservare. Un buon osservatore avrebbe subito capito che di cose ne erano cambiate eccome. Louis si svegliava sempre prima di Harry; si alzava e andava a preparare la colazione per entrambi, senza prima avergli regalato una dolce carezza. Non sapeva perché lo facesse ogni mattina. E’ solo che svegliarsi con una creatura così meravigliosa affianco era qualcosa di… speciale. Così gli accarezzava quelle guance che tanto gli piacevano con la punta delle dita, e scappava in cucina. Poi, quando Harry si svegliava andava a sedersi al suo solito posto regalando al maggiore un sorriso splendente. Mangiavano tranquilli, lanciandosi certi sguardi da sopra le tazze di caffè –per Harry una bella tazza di latte fresco- a forma di cane. Si guardavano un film o a volte, se il tempo era bello, andavano a farsi qualche passeggiata al parco, quando ancora c’era poca gente ad importunarli. Ridevano, scherzavano come sempre, camminando fianco a fianco, lasciando che le loro mani si sfiorassero involontariamente –o forse no?-. Si scattavano mille foto con l’autoscatto, facendo le facce più assurde e improponibili, per poi andarle ad appendere sul muro del corridoio, vicino all’entrata. La loro preferita era quella dove Harry aveva gli occhi chiusi e una smorfia dolcissima, accompagnata da un sorriso luminoso e Louis sorrideva felice, accanto a lui, tenendolo per le orecchie. Ogni volta che Louis rientrava da lavoro, guardava quella foto e sorrideva spontaneamente.
Niall, Liam e Zayn, che continuavano a venire ogni sabato pomeriggio come da regola, avevano notato tutto. Logico. Ora notavano i loro sempre più frequenti sguardi che si incrociavano, nonostante ora si sedessero sempre affianco; Niall notava le loro mani che restavano in contatto qualche secondo di più quando si sfioravano prendendo i pop corn; Zayn capiva quanto Harry fosse contento quando l’altro lo accarezzava in mezzo alle orecchie o la coda; Liam vedeva come si mordessero le labbra per non far nascere sorrisi involontari. Insomma, la situazione stava diventando davvero evidente.
Talmente evidente, che i sottoscritti non se l’erano ancora data.
“Questione di tempo” diceva Liam una volta in macchina con i suoi compari, diretti a casa “questione di tempo, lads.”
 
 
Era già metà aprile e finalmente il cielo era costantemente azzurro e il sole illuminava le giornate, migliorando l’umore di tutti. Quel giorno il capo aveva concesso a Louis di chiudere un paio d’ore prima. Decise che avrebbe fatto una sorpresa a Harry. Prese la macchina e andò in quella pasticceria in centro, quella dove fanno quei biscotti bellissimi a forma di pesciolini. Ne prese una ventina, sempre più contento ed emozionato nel vedere la reazione del suo Harry –ormai l’aggettivo possessivo gli veniva automatico-, pagò e si diresse a razzo verso casa. Entrò, sorridendo davanti al muro di foto, gettò cappotto eccetera sul divano e con il pacchettino (incartato su richiesta) “Harry?” chiamò “ho una sorpresa per te!”
Non ottenne risposta. La casa sembrava deserta.
“Harry? Micio, ci sei?” Forse era uscito a fare due passi, data la bella giornata. Infondo non sapeva che sarebbe tornato da lavoro prima.
Ma c’era qualcosa che non quadrava. Un senso d’ansia iniziò ad invaderlo, facendogli sudare le mani e accelerare il battito cardiaco. “Harry, dove sei? Non è divertente…”
L’ansia si trasformò in vera e propria preoccupazione. A passo di carica perlustrò l’intera casa, senza trovare anima viva. Si fiondò in camera ma non trovò nessuno. Stava per richiudersi la porta alle spalle diretto a casa di Liam e Zayn quando sentì un singhiozzo sommesso. Si voltò di scatto. Non vide nessuno. Che cosa…?
Un altro singhiozzo spezzò l’aria, accompagnato da un fruscio. Louis guardò bene e lo vide.
Nell’angolo della stanza dietro al letto, sotto alla finestra che illuminava tutto, c’era Harry scosso dai singhiozzi, tremante, in lacrime. Fece cadere il pacco di biscotti di colpo, fiondandosi su di lui.
“Harry! Oddiomio, Harry, cosa succede?” gli prese il viso tra le mani, sconvolto dalle lacrime. Il riccio scosse la testa, in preda ad una crisi di pianto. Si teneva le ginocchia strette al petto, con il cuore che batteva a mille e lo sguardo basso. “Harry. Harry, guardami, ti prego” lo pregò, tremante.
Così alzò lo sguardo, rivelando due occhi rossisimi, dalle pupille enormi, impregnate di panico. A Louis mancò il fiato. Si sentì come se gli avessero poggiato il peso del cielo sulle spalle. Lo accarezzo dolcemente, sul punto di piangere anche lui, cullandolo.
“Shhhh, tranquillo. Sono qui, non ti preoccupare..” sussurrava, cercando di calmarlo “…micino, calma. Shhh, ci sono qui io, il tuo Louis…” mentre la sua maglietta grondava di lacrime amare.
Poco dopo i singhiozzi di Harry si trasformarono in un pianto silenzioso. Louis lo aiutò ad alzarsi, anche se dovette quasi prenderlo in braccio, posandolo sul lettone e affiancandolo subito, riprendendo ad accarezzarlo dove tanto gli piace.
“Hey.. va tutto bene. Vuoi dirmi cosa succede?” Harry scosse ancora la testa, ma parlò lo stesso.
“Non vado bene Lou..” la voce impastata “sono terribilmente sbagliato..”
“No. No! Cosa stai dicendo? Harry.. tu.. io, non è vero..”
“Sì invece!” scattò “Si! Ho una dannata coda e delle stupide orecchie! Sono un mostro. Quante persone ci sono come me? Nessuna! Sono anormale, Louis. Sono terribilmente sbagliato. Tutti mi hanno sempre disprezzato, preso in giro, schifato per questo. Non posso più sopportarlo… non voglio che succeda più. Ma sai qual è il punto? C’è che succederà sempre! Sarò sempre emarginato per questo… e io non voglio capisci? Sono così terribilmente sbagliato, in tutto ciò che faccio o dico.. non va bene, Louis… non vado bene.” Quelle parole, spezzate in continuazione da lacrime e qualche singhiozzo, trapassarono il cuore di Louis. Come.. come poteva pensare delle cose del genere? Come faceva questo mondo a fare talmente schifo? Non riusciva a capirlo, ad accettarlo. Non poteva vedere Harry, il suo Harry, il suo micio, ridotto in quello stato per le cattiverie della gente. Gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi, a pochi centimetri da lui.
“Harry, no.” E quello stava per riprendere a parlare, dicendo chissà quale assurdità, ma lo fermò. “No, Harry, non è vero. Tu… io…” prese un respiro profondo. Era arrivato il momento delle parole. “senti. Quel giorno, quando ti ho trovato ridotto in quello stato, non ti ho guardato per la coda o le orecchie… cioè, si, ho guardato anche quelle. Ma lì per lì ho semplicemente visto un ragazzo, un bellissimo ragazzo, che aveva bisogno di aiuto. Ti ho portato con me. Ti ho ospitato qui e adesso viviamo insieme. Harry, tu sei perfetto. Sei bellissimo, dolcissimo. Tutte queste caratteristiche che hai… quella morbida coda in più che agiti in continuazione mentre dormiamo, facendomi il solletico,” un lieve sorriso bagnato di lacrime “ quelle orecchie meravigliose che pieghi sempre quando ascoltiamo i miei dischi insieme, i tuoi occhi felini che sembrano smeraldi vivi sono tutte caratteristiche che ti rendono speciale. E solo perché gli altri non sono in grado di apprezzarle non vuol dire che tu sia sbagliato. Solo perché sei diverso, e bada bene che diverso non è una parolaccia, non significa che tu sia da buttare. Al contrario! Sei unico, Harry. Quante persone possono vantasti di vedere anche al buio? O di pesare così poco nonostante tutti quei muscoli sexy? Eh?” una risata, intorpidita dal pianto “insomma. Non devi vivere su ciò che dicono gli altri. Vivi per te stesso e per chi ti ama per ciò che sei davvero. E’ per questo che io ti amo. Sei così… meraviglioso. E spesso mi chiedo come possa una come me, normale e comune, aver avuto la fortuna di incontrare una creatura così perfetta e dolce come te. Sei bellissimo, Harry.” Riprese fiato, con la gola secca per le troppe parole, con il cuore un po’ più leggero. Harry, che aveva smesso di piangere, aveva un sorriso sghembo e un espressione più serena, nonostante le guance fossero ancora bagnate e gli occhi felini terribilmente arrossati.
“Louis?” la voce era tremante, ancora spezzata, ma in fondo molto più sicura.
“Dimmi” soffiò, continuando ad accarezzarlo, smeraldo immerso nell’oceano.
“Hai appena detto di amarmi, lo sai vero?” un sorriso autentico, adesso.
Louis si bloccò di colpo. Cosa? Cos’aveva detto? Non se n’era nemmeno accorto. Il cuore riprese a battergli a mille, la mente in tilt.
“Io.. cosa? Cioè.. io non… Harry..”
“Oh, stai zitto” e il riccio gli si fiondò sopra, facendolo stendere sul loro lettone, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, ancora bagnato delle sue lacrime, ormai lontane; lo avvolse nella sua coda e prese a fare le fusa. “Credo di amarti anch’io, Lou. Tantissimo. Più del pesce” e prese a baciargli la tempia, famelico. Oh, quanto lo amava. Come aveva fatto a non rendersene conto? O forse lo aveva fatto, ma non era riuscito ad ammetterlo a se stesso. Louis esplose in una risata cristallina, di cuore. Invertì le posizioni e gli si piazzò sopra. Occhi negli occhi, cuore contro cuore.
“Assì? Più del pesce, eh? Non sono il tuo gomitolo , sai?” gli sorrise, avvicinandosi lentamente, fino a far scontrare le loro labbra. Era come rinascere di nuovo. Un bacio bellissimo, pieno di amore. Presto la lingua ruvida, da gatto di Harry, incontrò quella di Louis, e presero ad amarsi lentamente, con tutta la calma del mondo, promettendosi amore, amore e ancora amore, insaziabile ed infinito amore.
Erano perfetti, l’uno per l’altro. Anime gemelle.
Harry si sentiva estremamente felice, per aver trovato qualcuno che lo amava veramente, che lo guardava come se fosse la cosa più bella del mondo –e quando glielo diceva il suo Lou, lui ci credeva davvero- lo curava, lo trattava da migliore amico, da fratello, da amante.
Anche Louis era finalmente felice, per aver trovato qualcuno di speciale con cui poter parlare ma anche condividere i suoi silenzi, la sua vita. Qualcuno di meraviglioso, che rendeva ogni suo giorno qualcosa di indimenticabile.
 
 
Quel sabato sera, quando Liam Zayn e Niall arrivarono, capirono che quei due avevano finalmente aperto gli occhi. Cercarono di comportarsi il più normalmente possibile, cercando di trattenere qualche sorrisino o risatina in eccesso. Liam pregò con gli occhi Zayn di tener per sé le mille battutine che si era preparato nel corso dei mesi. Purtroppo però, non ci riuscì. Harry e Louis, “seduti” vicini sul divano come sempre, erano una scena incredibile. Il riccio era sdraiato sul divano, con la testa appoggiata sulle gambe di Lou; agitava pigramente la coda, accarezzandogli il braccio e facendolo ridacchiare; il maggiore giocava con le sue mani, rigirandole e intrecciandole, posandovi delicati baci ogni tanto, facendo increspare le loro labbra in un sorriso d’intesa.
“Oh, mio dio, voi due!” sbottò il morettino, al limite della sopportazione “solo perché dopo mesi e mesi avete capito di amarvi, venerarvi e rispettarvi reciprocamente, non avete il diritto di renderci partecipi a una scena che sembra tratta dal peggior film di romanticherie scadenti.” Incrociò le braccia, scocciato.
Harry esplose nella sua solita risata spaccatimpani, facendo sobbalzare Niall, tutto concentrato sulla partita e fino a quel momento alle prese con stravaganti insulti irlandesi.
“Zayn non ha tutti i torti..” borbottò Liam sorridente.
“Ma che antipatici! Noi ci stiamo solo facendo gli affari nostri. Fatevi anche voi i vostri, no?” ribatté piccato Louis, riprendendo a giocherellare con le mani del suo ragazzo –perché si, ora Harry era il suo ragazzo.
Allora Zayn, ancora imbronciato, si scagliò su Liam, prendendo a baciarlo con traposto. L’altro all’inizio si oppose, in imbarazzo, ma alla fine si lasciò andare, ricambiando quel bacio scherzoso ma comunque pieno di amore. Harry e Louis presero a fare lo stesso, felici, circondati dai loro migliori amici.
Intanto la partita era finita e Niall si stava guardando la scena, da una parte orripilato, dall’altra divertito, invaso da un immenso senso di amore verso i suoi quattro froci preferiti e “ehmm, Harry… non è che sotto quella tua coda hai qualche grammo di erba gatta?” chiese, interessato, facendo riesplodere Harry in una fragorosa risata in faccia a Louis, suscitando le risate generali.
Cosa si può chiedere di meglio dalla vita, si chiese Louis, che un fidanzato che lo amava incondizionatamente per metà gatto e tre lads, più fratelli che amici?
Niente, si rispose, ridendo di cuore. Davvero niente. 





Amiiiiici, salve. Ancora non posso credere di aver scritto una OS-long. Kitten!Harry, poi.
Io, personalmente, la amo. Sul serio. Penso sia il mio scritto migliore.
Spero nelle vostre caritatevoli recensioni per sapere cos ane pensate di tutto ciò.
kjiuhytreszxdcfvhjk #gettinemotional
Boh, non so più cosa dire. Sono felice che finalmente faccia bel tempo :3
Aspetto con ansia i vostri commenti, a preeesto! C ya!
-Claire

  
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