Serie TV > I Cesaroni
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Autore: ChiaraMad    14/04/2013    3 recensioni
E' una storia diversa. Parte dalla scena in cui Eva, seduta sul suo letto in camera sua, messa alle strette dalla madre, decide di confessarle di Parigi, e del motivo del suo in'aspettato ma atteso ritorno. Con una differenza però, per quanto riguarda la spiegazione data alla madre. Vi dico solo che qui, Eva, non è l' egoista che hanno dipinto in questa quinta serie. Ed è un'ipotetica sesta serie..
In'utile dire che chi è per Marco e Maya, qui non ha nulla da cercare.
Buona lettura -spero D: - a tutti voi! Recensioni e critiche, sempre ben accette. (:
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cudicini, Eva Cudicini, Marco Cesaroni, Nuovo personaggio, Rodolfo Cesaroni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sole di Giugno alto nel cielo. Quel caldo percettibile, quel caldo afoso che scaldava le giornate. 
Un ragazzo si rigirava nel sonno, infastidito da quei raggi di luce provenienti dalla finestra socchiusa. Quel Sabato mattina appena iniziato, giorno di riposo per chi tutta la settimana aveva impegni a non finire. Gli occhi socchiusi, stanco. Si rigirò dall'altra parte, mettendosi la testa sotto al cuscino. Voleva starsene a letto, voleva non fare niente almeno per quel giorno. Voleva rimanere a casa, non aveva nessuna voglia di aprire gli occhi e svegliarsi. 
Ma a rendergli le cose impossibili, ci pensò la sveglia che suonava nervosa sul comodino. E allora mugugnando infastidito, Marco mosse il braccio a tentoni, cercando di beccare quella sveglia e spegnerla. Niente, non ci riuscì. La bocca aperta sul cuscino, gli occhi socchiusi. Si mise a sedere, assonnato, prendendo quell'oggetto tra le mani, facendolo smettere di suonare. Guardò l'ora segnata in rosso: Le sette e mezza. Lo appoggiò di nuovo sul comodino, cercando piano di alzarsi dal letto. Camminò piano, cercando di raggiungere la porta. Si portò una mano sulla spalla nuda, massaggiandola. Si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente. Uscì dalla stanza, scendendo le scale per arrivare al piano di sotto. Aprì la porta della cucina, trovandosi davanti Rudi e Alice, seduti al tavolo a fare colazione, sorridenti.
"Buongiorno fratellone! Un po' di caffè?"
Rudi salutò il fratello maggiore, porgendogli la caffettiera. Marco scosse la testa rifiutando.
"Ciao ragazzi.. Come mai siete già.." Non riuscì a terminare la frase, uno sbadiglio rumoroso che fece sorridere divertiti i suoi fratelli.
"In piedi?" Continuò Alice, portandosi la tazza di caffè alle labbra. 
Marco annuì, confuso.
"Oggi andiamo a studiare a casa di Regina! Sai, la maturità è vicina, e così.."
"Ti prego amore, non me lo ricordare!"
Alice sorrise, avvicinandosi a lui, baciandolo leggermente. Marco alzò gli occhi al cielo, facendoli sorridere.
"Mamma mia, pure di primo.." Un altro sbadiglio di lui.
"Mattino?" Concluse Rudi, guardandolo divertito.
"Ma che Marta vi ha tenuti svegli tutta la notte?"
Marco annuì, ad occhi chiusi. 
"C'aveva la febbre, e così io ed Eva siamo rimasti svegli con lei fino alle tre.."
Rudi spalancò gli occhi, addentando un biscotto.
"Certo che però solo Marta potrebbe prendersi la febbre in piena estate! Ma adesso come sta?"
"Ieri sera aveva 39.8 di febbre.. Poi quando si è addormentata, per fortuna è scesa. Adesso per fortuna sta bene.."
Rudi e Alice sospirarono sollevati, guardandolo. 
"Secondo me è per il caldo.. E' impossibile dormire di notte."
"Non dirlo a me guarda, stanotte per addormentarmi mi sarò fatto almeno tre docce fredde! Manco dormire senza maglietta aiuta!"
Sorrise divertito, guardando verso Rudi.
"Va beh, io vado a farmi una doccia. Ho bisogno di svegliarmi.."
"Vai da qualche parte?"
Alice lo guardò curiosa, vedendolo sorridere.
"Alla casa discografica. Oggi ci sono le ultime cose da fare per il cd."
"Hai già finito di scrivere le canzoni che ti hanno chiesto?"
Marco scosse la testa, facendo una smorfia.
"Non proprio.. Ne ho tolte alcune, e di conseguenza dovrei scriverne altre tre.."
Rudi alzò gli occhi verso il soffitto, contando le canzoni già scritte dal fratello.
"Mi chiedo perchè.."
"Quella l'ho tolta."
"Non sento più niente.."
"Togli pure quella!"
Rudi lo guardò, spalancando gli occhi.
"Ma allora che cavolo ci metti dentro al cd?"
Marco sorrise guardandolo.
"Una l'ho già scritta. Poi ci sarebbero un paio di remake che dovrei fare, ma non vi voglio anticipare niente. E sono tre. Poi ci sarebbe un duetto.. E sono quattro. Il resto è tutto sul mio moleskine, in attesa di essere musicato."
Sospirò sommessamente, pensando a quelle canzoni che ancora aveva da scrivere. 
"Ma quanto tempo hai ancora?"
"Un mese e qualche giorno.. Ma non è un problema, anzi.." Poi continuò, allontanandosi verso le scale. "Va beh, io vado su! A dopo!"
Salì velocemente le scale, dirigendosi in bagno. Aveva bisogno di una doccia fredda, per riuscire ad ingranare in quella che sarebbe stata una giornata pesante. Aveva passato la notte sveglio accanto a sua figlia, e l'avrebbe rifatto altre mille volte. E poi con lui, c'èra anche lei. Avevano passato la notte assieme, svegli, con Marta che non ne voleva sapere di dormire. Vicini, complici come non lo erano stati da tempo. Avevano trascorso quella notte a prendersi cura della loro bambina, segno indelebile del loro amore. 
 
E quello, era un giorno importante. "E' il compleanno di Carlotta!" 
L'aveva detto ai suoi fratelli, uscendo da casa di corsa per dirigersi dall'amica. Marta quella mattina, aveva deciso di rimanere a casa con Mimmo, a giocare. 
E arrivò veloce da lei, abbracciandola forte, stringendola. Ventiquattro anni e non sentirli, proprio come si sentiva Carlotta. Non vedeva niente di diverso, si sentiva esattamente come sempre. 
Passò parte di quella giornata assieme ai suoi amici. Risate, battute, in un momento che pareva esser proprio spensierato. 
"Mi raccomando, di pure a quell'altro di essere puntuale stasera!"
Walter precisò un'altra volta quella frase, facendo sorridere Eva, che annuì semplicemente, prima di stampare un altro bacio a Carlotta ed uscire dalla porta, con la promessa che si sarebbero visti la sera stessa per festeggiare il compleanno dell'amica.
 
"Cesaroni, un mese e due settimane. Ci fidiamo di lei, e siamo più che sicuri che riuscirà a portare a termine le canzoni che le abbiamo chiesto, prima dello scadere del tempo."
Marco si alzò in piedi, stringendo forte la mano del produttore davanti a lui. Sorrise educatamente, rispondendo.
"Si, farò del mio meglio signore. Non la deluderò."
"Ne siamo convinti."
"Buona giornata."
"Arrivederci."
Uscì veloce dallo studio discografico, sorridendo. Sentiva di farcela, sentiva che l'unica cosa che doveva fare, era dar sfogo alle sue emozioni su quel moleskine, compagno di sempre. Scese le scale correndo, dirigendosi alla macchina. Si fermò poco prima, frugando dentro a quella borsa nera che portava a tracolla. E sorrise di più, trovando il moleskine tra le sue cose. Uno sguardo veloce al cielo. 
"E' un posto perfetto per scrivere una canzone."
Ripose il quadernetto nella borsa, salendo velocemente in macchina. Guidò per un po', arrivando in un posto per lui familiare. 
"Hai mai visto un canestro più grande di questo?" Ricordava ancora bene le parole di Simona, quel pomeriggio di mezz'autunno di qualche anno prima. Un grande campo in mezzo al nulla, silenzioso e tranquillo. Un posto rilassante, un posto nella quale non andava da tempo. Ci aveva scritto alcune delle sue canzoni li, appoggiato al tronco di quel grande albero in mezzo a quel grande campo verde. 
Prese la chitarra dal portabagli, iniziando piano a scendere quella grande distesa d'erba davanti a lui, arrivando sotto quell'albero che riusciva a proteggerlo dal sole, riparandolo dai raggi, all'ombra. 
Il profumo dell'erba, seduto sotto quel grande albero, prese la chitarra iniziando ad intonare qualche accordo. La penna tra le labbra, il moleskine aperto sull'erba. Sorrise, trovando un giro niente male, iniziando a scrivere alcuni versi.
 
Sabato mattina 
La sveglia suona da impazzire
E' iniziato un giorno
Che non voleva iniziare
 
Canticchiò piano, accompagnato dalla chitarra. 
 
"E' Sabato oggi. La sveglia che suona ogni mattina, che segna però finalmente quel giorno che tanto aspettavo. La settimana è finita, portandosi via quei giorni stanchi, pesanti, che sono costretto ogni giorno ad affrontare tra casa discografica e studio di registrazione."
 
Presto per alzarsi
Ma troppo tardi per dormire
Nei miei occhi spenti
Un altro sogno da finire
 
"La notte dura sempre troppo poco, e il mattino arriva sempre troppo in fretta. E proprio questa mattina quando quella maledetta sveglia ha suonato ancora risvegliandomi, un sogno meraviglioso stava scorrendo davanti ai miei occhi. Io, lei, noi. Stretti in un abbraccio, persi in un bacio. Quel bacio sulla quale da tanto fantastico, chiedendomi se mai un giorno sarà possibile risfiorare le sue labbra. Perchè senza di lei, senza quel sogno di noi, i miei occhi sono spenti. Senza luce, quasi senza vita. Perchè vorrei sognare ancora, vorrei vivere ancora per un istante quello che era un semplicissimo sogno dettato dalla voglia di riaverla ancora mia, per me, soltanto per me. Un sogno lasciato a metà, un sogno infranto non abbastanza forte per affrontare la realtà che ci circonda."
 
E ripenso ancora un po'
A quant'era bello
Quando mi svegliavi tu
Ed aspetto ancora un po'
Ad accendere il cervello
Che mi perdo qui nel blu
 
"Provo a non farlo, provo a dire a me stesso di smettere. Ma non ce la faccio. Non riesco a smettere di pensare a quanto era dannatamente bello vedere il suo sorriso al mio risveglio. I suoi occhi color nocciola, specchiarsi nei miei occhi scuri. Continuo a pensare alla sua voce, al dolce tocco della sua mano, alle sue morbide e calde labbra lievemente appoggiate sulle mie, per svegliarmi come solo lei era capace di fare, facendomi iniziare la giornata col piede giusto, l'umore perfetto ed il cuore a mille, pronto a battere e vivere quella giornata assieme a lei. Spesso al mattino, rimango a letto chiudendo gli occhi, immaginandoti accanto a me. E' solo una dolce illusione che non dura più di qualche attimo, perchè poi muovo la mano cercando di trovare qualcosa di caldo accanto a me, e rimango subito deluso perchè sotto al palmo della mia mano sento solo un lenzuolo freddo e triste, e niente più. Non ci sei tu, non c'è il tuo corpo caldo, non c'è l'abbraccio di ogni mattina, quello che ci scambiavamo innamorati solo fino all'anno scorso.
Alzo gli occhi al cielo, e guardo questo cielo azzurro e limpido sorridermi. E mi perdo, guardando questo blu perfetto che in silenzio mi accompagna in questa giornata ancora una volta dedicata completamente a te."
 
 
Tanto sai che mi incontrerai
Quando il mondo si addormenterà
E ogni notte mi seguirai
La mia luce non è spenta
Non è spenta
 
"E' stupido, lo so. Ma è come se una parte di me sapesse che ci sei ancora. Che ancora mi cerchi, che ancora mi sogni, magari di notte, quando il mondo non c'è perchè anche lui stacca la spina, addormentandosi. 
E magari un giorno, mi incontrerai davvero. Guarderai nei miei occhi, e riuscirai a leggerci dentro ciò che è inciso sul mio cuore e nella mia anima. Quelle parole, quelle frasi che non riesco a dirti. Quelle frasi rimaste a mezz'aria, tra uno sguardo ed un sorriso che non posso fare a meno di dedicarti ogni volta. Vorrei dimenticare che tu hai scelto un altro, hai scelto lui. Ma non ci riesco. Non ce la faccio a dimenticare. Ha fatto male, mi hai fatto male. Ma nonostante tutto, - non chiedermi perchè - non riesco ad odiarti. Non riesco a detestarti, non ce la faccio a non amarti. Perchè poi mi ricordo che ho sbagliato anche io, perchè mi ricordo che la prima a sbagliare, non sei stata tu. C'è nostra figlia, segno indelebile del nostro amore. Ed è forse proprio per questo che la mia luce, è ancora nonostante tutto accesa. Nonostante gli sbagli miei, nonostante quelli tuoi, noi siamo ancora qui. Forse non come vorrei, ma tu sei ancora qui. Ci sei sempre, ci sei sempre stata. Di notte, quando le emozioni sembrano più dense, quando tutto tace e niente si muove, quando fuori è buio e ad illuminare ci sono solo le stelle. Mi seguirai, nei miei sogni più nascosti, quei sogni che parlano sempre e soltanto di te."
 
Sabato mattina
E la sveglia suona ancora
Recito preghiere
Per dormire ancora un'ora
 
"E sempre di Sabato, quella sveglia non vuole proprio saperne di smettere di suonare. Spesso mi ritrovo a pregare silenziosamente che la notte scenda ancora, che l'inizio di quella giornata sia ancora lontano, e che quel sogno iniziato e rimasto a metà non abbia mai fine. 
Basterebbe ogni volta un'ora, un'ora soltanto per tornare a vivere quella realtà distorta che mi parla in un modo o nell'altro di te. Noi insieme, noi amici, noi genitori felici ed innamorati, a spingere nostra figlia sull'altalena al parco. Noi amanti, travolti da quella passione forte ed incontenibile. Noi a litigare furiosamente, come pazzi, urlando in preda alla rabbia. Noi a fare pace, scusandoci l'un con l'altra, a volte disperati, altre tranquilli, stringendoci forte, unendo i nostri respiri ed i battiti dei nostri cuori. 
E giuro che vorrei avere il coraggio di venire da te, per dirtelo e basta. Per dirti che mi manchi, che ho bisogno di te, che senza di te, noi, io non sono niente. Che l'aria che respiro, non basta a tenermi vivo, che tutto quello di cui ho bisogno per essere felice sono stato capace di lasciarmelo sfuggire dalle mani un'altra volta, come un idiota. Solo te e Marta, nostra figlia. 
Ma è tardi, il nostro tempo è passato. Tu sei andata avanti, dimenticandomi, dimenticandoti di noi. Mentre io non riesco a fare un pensiero che non includa il tuo sorriso rivolto una volta a me. Soltanto a me."
 
Tanti impegni 
Ma nessuna voglia di iniziare
Piovono pensieri
In un diluvio universale
 
"Tanti, troppi pensieri che ancora dopo tempo riescono a tenermi sveglio la notte. Piovono forte, decisi e dolorosi, schiantandosi in un tonfo sordo nella mia mente. E sono senza protezione, senza ombrello, senza niente con cui ripararmi da questi pensieri che martellano forte, quasi facendo male, in una sorta di diluvio inarrestabile. "
 
Ed ammetto che non so
Dare forma al giorno
Ed ho un po' paura anche io
Ma non mi preoccuperò
Di fare questo o quello
Perchè adesso sto volando qui con te
Sopra un cielo che non c'è
 
"E lo devo riconoscere, devo ammettere che senza te non riesco a dare forma ai miei giorni, travolto da quei pensieri fissi che riescono ogni volta a scaraventarmi dentro ad una realtà distorta. E sai cosa? Ho paura, ho tanta paura di non riuscire a costruire, a finire niente, senza l'aiuto della tua mano tesa verso di me. Quella stretta calda, capace di infondermi forza e coraggio. 
Ma cercherò di non pensarci, di non preoccuparmi, perchè farò tutto quello che c'è bisogno di fare per starti accanto, per vivere ogni mio respiro godendo del tuo sorriso.
E alzo un'altra volta lo sguardo verso questo cielo limpido e blu, sorridendo. E in un attimo, chiudo gli occhi, e vedo l'immagine di te e me assieme, a volare felici e spensierati in questo bellissimo cielo azzurro, coperto da tante, tantissime nuvole bianche che come direbbe Marta, sembrano piccole pecorelle."
 
Tanto sai che mi incontrerai
Quando il mondo si addormenterà
E ogni notte mi seguirai 
La mia luce non è spenta
Non è spenta
 
Ed era felice, era sorridente e soddisfatto di quella che era la sua nuova canzone. Uscita di getto, lasciando libero sfogo a quelli che erano i suoi pensieri. 
La schiena e la testa appoggiate a quell'albero, sospirò ad occhi chiusi, la chitarra tra le braccia, e quel quadernetto testimone dei suoi pensieri più nascosti aperto sull'erba fresca. 
Ce l'aveva fatta, era riuscito a scrivere un'altra canzone liberandosi di quel peso dentro al petto. 
In quel Sabato mattina da poco iniziato, sentiva finalmente quella sensazione di leggerezza e tranquillità, di semplicità e benessere, travolgerlo completamente. 
Rimase ancora li, a godere di quel venticello fresco che filtrava dai rami di quell'albero. 
 
"Muovetevi, che Walter e Carlotta stanno aspettando!"
Marco che davanti all'ingresso guardava nervosamente l'orologio al polso, cercando di far sbrigare i suoi fratelli che ancora non avevano finito di prepararsi. Le otto di sera, quel venticello fresco che entrava dalle finestre tenute aperte per il caldo. La camicia bianca leggermente sbottonata, i jeans scuri quasi eleganti, e i capelli corti lasciati alti. 
"E datte na calmata! Che all'età tua fa male agitasse!"
Rudi che stava scendendo le scale, sistemandosi il colletto della camicia, si avvicinò a lui prendendolo in giro, facendo sorridere Alice dietro di lui. Un vestitino corto, color verde chiaro, e delle scarpe col tacco nere. 
"Ha ha ha, molto divertente."
Marco fece una smorfia, infastidito dal sorrisetto vincente del fratello. Si rivolse ad Alice, prima di guardare un'altra volta l'orologio al polso.
"Eva?"
"Ha quasi finito, adesso scende. Ma.. Per che ora ci aspettano?"
"Walter mi ha detto per le otto e qualcosa."
E proprio in quel momento, Eva scese le scale con Marta in braccio. Entrambe sorridenti, guardavano davanti a loro i sorrisi di tutti.
Un vestito a fascia bejge, la borsa nera sulla spalla, e i capelli lasciati sciolti e mossi sulle spalle, ancora leggermente bagnati. 
"E' bellissima." Pensò lui, guardandola scendere quelle scale per l'ennesima volta. E guardò sua figlia, sorridendo, andandole in contro.
"Ma siete bellissime!"
"Siii, ma mamma di più!"
Marta che era scesa dalle braccia della mamma, per correre verso gli zii davanti a lei, sorridenti. Uno sguardo, un altro, un altro ancora, seguito poi da un sorriso imbarazzato, e da un "grazie" a fil di labbra da parte di lei. 
Marco si risvegliò da quel momento, scuotendo leggermente la testa, guardando verso i suoi fratelli.
"Oh, e Mimmo?"
"Eccomi, eccomi, scusate!"
Scese velocemente le scale, raggiungendo i suoi fratelli con un sorriso. 
"Ammazza quanto stai bene elegante oh!"
Rudi si avvicinò a lui, facendolo sorridere, imbarazzato. Era ogni volta più forte di lui, i complimenti lo facevano sempre arrossire. 
 
"Ce ne avete messo di tempo!" Esordì Walter, sorridendo. E tutti corsero ad abbracciare Carlotta, sorridenti. Muniti di buste, bustone, pacchetti e pacchettini colorati.  Seduti tutti al tavolo di quel ristorante in centro, guardavano Carlotta scartare felice i suoi regali di compleanno. E sembrava una bambina, gli occhi illuminati e lucidi, e quel sorriso spontaneo e allegro che non l'aveva abbandonata nemmeno per un attimo. La collana regalatale da Walter, che la fece sorridere commossa. Poi gli orecchini da parte di Eva, quel vestito di chanel da parte di Rudi ed Alice, che sapevano quanto Carlotta l'amasse. Quel cd di Eros, autografato con tanto di dedica, da parte di Marco. Poi quel profumo acquistato lo stesso pomeriggio da Mimmo, in una profumeria in via Condotti, e quel disegno tanto dolce e tenero di Marta, che fece sorridere tutti inteneriti. 
E Carlotta, si sentiva bene. Si sentiva amata, sentiva quel legame forte dentro di lei. Eppure, mancavano tante persone quella sera. I suoi genitori, sempre in giro per il mondo per affari. Sua sorella, che non sentiva più ormai da mesi. 
Ma del resto, non le importava. Aveva l'amore della sua vita accanto, l'amica di sempre che per lei era una sorella. Un amico meraviglioso, - un po' tonto pensò silenziosamente, guardandolo accanto ad Eva, sorridente - che assieme alla sua amica era sempre stato presente nella vita sua e di Walter. E poi Rudi, Alice e Mimmo, che considerava dei fratellini minori da proteggere, che erano sempre stati capaci di strapparle un sorriso anche nei momenti più tristi. E poi lei, quella piccola meraviglia di bambina che amava alla follia, e alla quale si sentiva legata in modo speciale. Marta, alla quale voleva così tanto bene.
"Stasera la porti li?" Marco si avvicinò piano a Walter, bisbigliando. Sorrise guardando verso Carlotta, affianco ad Eva, che di quella sorpresa non sapeva niente.
"Si, si, ma parla piano che se te sente te corco!" Uno sguardo minaccioso verso l'amico, che sorrise divertito alzando le braccia al cielo, in segno di resa.
E le ore scorrevano veloci, in quella serata d'estate trascorsa in quel ristorante dalle luci soffuse e l'aria tranquilla. 
Eva guardò l'orologio al polso che segnava le undici e quaranta. Guardò verso Marta, visibilmente stanca, tra le braccia di Mimmo. 
"Ragazzi, si è fatto tardi, e Marta è stanca.. Perchè non venite da noi?" Disse a Carlotta, sorridendo.
"E' un'idea, ma.. Noi dobbiamo andare in un altro posto." Walter che nervoso, aveva cercato di rifiutare l'offerta di Eva. L'aiutò Marco, alzandosi in piedi.
"E' tardi, è vero.."
Carlotta guardò verso Walter, non capendo.
"E dove? A quest'ora?"
Si alzò in piedi, sorridente, avvicinandosi a lei.
"E' una sorpresa.."Gli occhi illumitati da quello che sarebbe stato un segreto ancora per poco.
Eva si avvicinò a lei, abbracciandola. Il sorriso luminoso di entrambe, strette in quell'abbraccio forte. 
"Grazie per la bella serata tesoro.."
"Grazie a te, festeggiata.. Chissà di che sorpresa parla.."
"Non ne ho idea, ma dai sorrisi che si sono scambiati tutta la sera, credo che anche "Il tonto" ne sappia qualcosa.."
Eva sorrise divertita, guardandola indicare Marco con lo sguardo, poco più distante. 
"Può darsi.. Ma ora vai, che il tuo uomo aspetta!"
"Ti chiamo più tardi, così ti racconto tutto!"
"Ci conto!"
Un bacio sulla guancia, prima di lasciarsi abbracciare da tutti gli altri. Lasciò un bacio sulla fronte di Marta, vedendola beatamente addormentata tra le braccia di Marco. Una pacca sulla spalla all'amico, sorridente, accanto a lui. 
"Mi raccomando eh.."
"Speriamo bene.."
"Dai, sta tranquillo che sò sicuro che le piacerà!"
Uscirono poi da quel ristorante, diretti alle macchine. Si salutarono con la promessa di rivedersi il giorno dopo. 
 
Aprì piano la porta della camera, cercando di non far rumore. L'appoggiò piano nel lettino, accendendo la luce accanto a lui. La spogliò piano, cercando di non svegliarla, infilandole quel pigiamino rosa con gli orsetti, che lei tanto amava. E rimase a guardarla, quasi contemplandola, sorridendo a braccia conserte davanti a quel lettino, in silenzio. Venne distratto solo dal leggero rumore di passi nella stanza che si avvicinavano piano a lui. E voltò la testa, guardando Eva accanto a lui, sorridente, guardando verso la piccola addormentata. 
Si abbassò poi su Marta, lasciandole un leggero bacio sulla fronte. Eva si avvicinò a lei, baciandole piano la testa, sorridendo. Loro figlia, così piccola e dolce, così tanto simile a loro, così tanto essenziale nelle vite di entrambi. 
Sorrisero guardandosi un attimo, prima di avviarsi piano all'uscita di quella stanza, scendendo al piano di sotto. 
E trovarono i loro fratelli in cucina, seduti a quel tavolo, con una coppa di gelato davanti. 
"Ma che c'avete ancora fame?" Marco li guardò stupito, la fronte corrucciata.
"No, è per il caldo!" Una risata generale di tutti, seduti a quel tavolo. Vennero distratti solo da un rumore strano proveniente dall'ingresso. Si alzarono spaventati, dirigendosi verso la porta all'entrata. Immobili, in attesa che si aprisse. Sospirarono tutti sollevati, trovandosi davanti i loro genitori. L'aria stanca di entrambi, e quelle due valigie scure dietro di loro. 
"Ciao ragazzi!"
Corsero tutti sorridenti, ad abbracciarli. Eva guardò verso sua madre, incredula.
"Ma non dovevate tornare domani?"
"Si tesoro, ma siamo riusciti ad andarcene prima." 
"E per fortuna! Non sapete che settimana d'inferno abbiamo passato a Milano!" Disse Giulio sospirando, guardando verso i figli.
"Appunto, ci dovete raccontare che è successo! Ma che siete andati a fare a Milano?" 
"Vi prego, fateci prima andare a fare una doccia e a riposarci. Poi domani ve spieghiamo tutto per filo e per segno, che è pure tardi! Ma com'è che siete vestiti così? N'do annate a sta ora?" Li guardò incredulo, facendoli sorridere.
Intervenne Alice, accanto a Lucia, ancora sorridente.
"Noi siamo appena tornati."
Poi continuò Eva.
"Oggi era il compleanno di Carlotta, e siamo stati con lei e Walter fino ad adesso."
"Si lo sappiamo tesoro, questa mattina Ezio e Stefania l'hanno chiamata per farle gli auguri!"
"Dai amore su, annamo a dormì che sto crollando." Un rumoroso sbadiglio che fece sorridere tutti, prima di lasciarli andare al piano di sopra. Un "buonanotte" da parte di tutti, prima di rientrare in cucina e sedersi un'altra volta a quel tavolo.
"Finalmente, camera mia! E' na settimana che dormo sul divano, non ce la facevo più!"
"Nano, se te sente qualcuno e poi viene a chiedere perchè, t'ammazzo!"
 
E il giorno dopo come promesso, a colazione, Giulio e Lucia spiegarono ai figli di quell'inaspettata partenza per Milano. Raccontarono del testamento fatto da Romolo, loro nonno, e di quel cugino di nome Flavio alla quale aveva lasciato una parte della casa. 
Spiegarono che senza la sua firma, nella quale dichiarava di essere al corrente di quel lascito da parte dello zio, non avrebbero più potuto viverci, e sarebbero stati poi costretti a condividere la loro casa con lui. 
Raccontarono poi delle disavventure da agenti di borsa, che assieme ad Ezio e Cesare avevano avuto modo di vivere, assieme a loro cugino.  
Risero tutti divertiti, ascoltando la storia interessati. Marta, in braccio a Lucia che la stringeva forte. Rudi e Alice vicini, complici, custodi di quel segreto assieme ai loro fratelli, che prima o poi doveva esser svelato anche a loro, ai loro genitori, che forse potevano non capire, non accettare la loro storia. Le mani strette ed unite sotto al tavolo, attenti a non farsi vedere dagli occhi dei genitori, ignari di quel legame forte, e di quell'amore finalmente sbocciato, tra quelli che mai avrebbero visto assieme, come coppia.
Quelle mani che però non sfuggirono agli occhi di Mimmo, Eva e Marco, seduti vicini, sorridenti, anche loro a modo loro complici. 
Tanti erano i silenzi, tanti erano i segreti che l'uno non era riuscito a confessare all'altra. Tante erano le emozioni nascoste dentro loro, come tanta era la voglia di entrambi di togliere quel velo per mostrarsi all'altro, senza più nessuna paura o segreto taciuto e nascosto.
 
La redazione sempre affollata di gente che sale e scende nervosamente le scale, chi si concede una pausa davanti alla macchinetta del caffè, chi seduto alla sua scrivania a scrivere un articolo, a fare ricerche, chi poi nel suo ufficio sfogliava delle fotografie, indeciso assieme ad un gruppo di colleghi quale mettere come copertina della rivista quella settimana. 
Eva, seduta alla scrivania nel suo ufficio, intenta a finire di scrivere un articolo iniziato qualche giorno prima. 
E da quando i suoi genitori erano tornati, erano passate due settimane. La vita di tutti era ripartita da dove l'avevano lasciata. Giulio in bottiglieria, Lucia in libreria assieme a Stefania. Rudi ed Alice, che da quel giorno non si erano più staccati dai libri per studiare. E quel giorno, era arrivato. Guardò l'orologio appeso al muro vicino alla porta che segnava le undici in punto. E pensò subito a loro, seduti in quella classe, tesi e nervosi come li aveva visti poche ore prima al mattino, in cucina. 
Sapeva bene che ce l'avrebbero fatta, ma era curiosa di sapere com'era andata. Pensò poi a Marco, che quel giorno aveva deciso di portarsi Marta con lui e Walter, per gli ultimi preparativi per il matrimonio. Sorrise pensando all'eccitazione di Carlotta in quei giorni, che di pomeriggio l'aveva trascinata per negozi di abiti da sposa, sempre indecisa su quale scegliere, assolutamente proiettata verso la perfezione di quel giorno. 
E poi da tanti, tantissimi fiorai per tutta Roma per scegliere i fiori con la quale addobbare la chiesa, ed il boquet per quel giorno. Risultato? Non era riuscita a scegliere niente, troppo indecisa e titubante su tutto. 
Venne distratta dal suo collega, Matteo, che si avvicinò piano a lei, risvegliandola, porgendole un caffè, sorridendo. 
"E' da sta mattina che non ti sei mossa da qui. Finito l'articolo?"
Sorrise ringraziandolo, portandosi il bicchierino alle labbra. 
"Si, si, l'ho finito. Devo solo stamparlo e portarlo alla Zavattini."
"Allora muoviti a portarglielo, oggi è di buon umore!" Disse lui divertito, facendola ridere.
"Ha detto Cinzia che è uscita un attimo, dovrebbe tornare tra poco."
"Ma tu stasera vai alla cena?"
"Dici quella coi redattori?" Lui annuì semplicemente, guardandola. Lei sbuffò contrariata, facendolo sorridere.
"Non ci penso nemmeno! Oggi i miei fratelli hanno la maturità, e dato che sono sicura che l'hanno superata, vorrei festeggiare con loro stasera. E tu? Hai intenzione di andarci?"
"Beh, avrei di meglio da fare, ma.. Si, devo, la "Strega" mi ha esplicitamente detto che sono obbligato, e quindi.."
"Insomma, sei fregato!" Rise lei, guardandolo. In quelle settimane passate a lavorare assieme, sempre vicini, erano riusciti ad instaurare un ottimo rapporto tra colleghi. Dopo gli screzi iniziali, conoscendosi poi meglio, iniziarono poi ad andare d'accordo. 
Due amici, e niente più. - continuava a dire Eva a Carlotta -
Lui, era sempre gentile con lei. E in quell'ufficio frequentato da persone della quale non ci si poteva fidare più di tanto, Eva capì che l'unico ad esserle amico, era Matteo. Simpatico, intelligente, un ragazzo affascinante - come spesso diceva Carlotta -.
Eva ci si trovava bene. Un ragazzo con la quale si sentiva a suo agio, e che spesso riusciva a farla ridere. 
"Hai ragione, hai ragione.."
"Lo so, io ho sempre ragione!"
"Che fai, te la tiri pure?"
"No, quello che se la tira perchè è riuscito a finire in copertina, sei tu!"
"Ah giusto, dimenticavo che tu in copertina ci sei sempre!"
Un'altra risata, un altro sguardo, travolta dalla semplicità di quel momento. Riusciva ad infonderle una sensazione di benessere. A volte le sembrava di vedere Walter, solo qualche anno prima, leggermente più alto, coi capelli più scuri e gli occhi verdi.
"Dai, non esagerare, non sono poi così brava.." Disse lei, alzandosi in piedi.
"Stai scherzando spero! Guarda che secondo me qui dentro l'unica che riesce a scrivere così bene, sei tu!" Lei sorrise, abbassando la testa, leggermente imbarazzata.
"Non mi dirai che hai letto un mio articolo!" Lui annuì, guardandola con un sorriso. 
"Ma non mi avevi detto che tu certe cose non le leggi?" Lo prese in giro lei, guardandolo divertita. 
"C'è sempre l'eccezione alla regola, ricordatelo.." Sorrise ancora lui, prima di voltarsi e tornare nel suo ufficio, lasciandola sola in piedi davanti a quella scrivania, visibilmente sorpresa da quell'ultima frase da lui quasi sussurrata. 
 
Aprirono quel portone entrando di corsa, felici, sorridenti e allegri, contenti per quella che era una prova superata. 
Avevano faticato tanto, studiando giorno e notte per quell'esame che finalmente era finito, andato, portandosi dietro le paure e le incertezze di due ragazzi giovani quasi diciannovenni, che non vedevano l'ora di godersi quell'estate finalmente appieno, stando fino a notte fonda sulla spiaggia assieme ai loro amici, oppure partire finalmente per quel viaggio sulla quale entrambi fantasticavano da tempo, assieme.
Correvano vicini, tenendosi per mano. Spalancarono la porta d'ingresso facendo voltare tutti, in salotto. 
Lucia balzò in piedi, notando i loro visi illuminati da quella felicità estrema, correndo ad abbracciare entrambi, contenta e visibilmente orgogliosa. Giulio li raggiunse, felice anche lui per quella che sembrava una nuova conquista fatta dai suoi figli.
"Allora? Com'è andata ragazzi?" Lucia, che quasi saltellava assieme ad Alice, all'ingresso.
"Cento! Cento! Cento e ancora cento!" Incontenibile, fece sorridere divertito Giulio accanto a lei.
"E te? Devo prendere o scopettino?" Finse di esser minaccioso, guardando verso suo figlio.
"No, per niente! Ho preso settantasei!" Disse abbracciando forte suo padre, che lo stringeva orgoglioso.
"Ragazzi, siamo davvero orgogliosi di voi!" Iniziò Lucia, ancora abbracciata ad entrambi. 
"E quindi.." Continuò Giulio, sorridendo.
"Come promesso avete il permesso per organizzare la più grande festa del quartiere, perchè gli adulti si leveranno dalle palle!"
Ancora più felici, abbracciarono di nuovo i loro genitori. 
Nemmeno si accorsero di Marco e Marta, che aperta la porta, guardò verso di loro confuso.
"Ciao a tutti!" Poi sorrise, ricordando la di che giorno si trattava. Si avvicinò veloce a loro, con Marta in braccio che scalciava per correre dai nonni. La lasciò andare, guardando verso di loro.
"Allora? Che mi dite?" Notò i loro visi sorridenti. Rudi e Alice si guardarono un attimo, prima di urlare forte il loro risultato dell'esame, abbracciandolo forte.
"Cento/Settantasei!"
Un altro abbraccio, anche lui orgoglioso dei suoi fratelli. E in un attimo, ricordò quel giorno di qualche anno prima. Lui, Eva, Walter e Carlotta, e la maturità passata. Per Eva a pieni voti, con quel cento alla quale aveva sperato da mesi. Lui con un settantotto, e Walter e Carlotta con sessanta. Senza di Eva - lo sapeva benissimo - non ce l'avrebbe mai fatta a superarla.
"E indovina un po'?! Stasera c'abbiamo casa libera per na festa!" Quasi urlò Rudi, ancora euforico. 
"Ragazzi, sono davvero felice per voi! E' meraviglioso! Ma la festa l'hai autorizzata te?" Guardò verso Giulio, sorridendo sospettoso.
"Eh certo! E mica potevo dirglie de no dopo che a te e Eva ho detto si, no?"
"Cos'è che ho fatto io?" Aprì la porta vedendoli all'ingresso, sorridenti, corse verso i suoi fratelli, ansiosa.
"E allora? Com'è andata?" Le mani strette a quelle di entrambi, vedeva solo i sorrisi sui loro volti. E un'altra volta urlarono assieme quei numeri, tanto importanti per loro. 
"Cento/settantasei!" E l'abbracciarono, facendola sorridere, contenta anche lei assieme a loro di quella prova superata. Ora, erano degli adulti.
"E papà ci lascia organizzare una festa, perchè loro si levano dalle palle!" Una risata generale di tutti, prima di andare ad avvertire i loro amici di quella festa, lasciando sorridere orgogliosi i loro fratelli e i loro genitori. 
Eva si avvicinò veloce a Marta, prendendola in braccio, facendola sorridere.
"Ciao amore mio! Ti sei divertita oggi con papà?"
E Marco rimase a guardarla, sorpreso dalla dolcezza con la quale aveva pronunciato la parola papà, e da quello sguardo furtivo che gli aveva rivolto prima di iniziare a riempire di baci la piccola. Sorrise, non potendo farne a meno. 
"Sii! E papà e zio hanno fatto arrabbiare un signore!" Disse lei con le braccia sul collo di Eva, che guardò verso di lui confusa.
"Beh.." Iniziò lui, guardandola. "Walter non riusciva a scegliere niente, e non so quanti giri inutili abbia fatto fare al commesso. Ad un certo punto è sbottato, e l'ha mandato a quel paese! E mica potevamo dargli torto, così ci ha cacciato, e siamo usciti per andare in un altro negozio!"
Giulio e Lucia scossero la testa, sorridendo, tornando in soggiorno. Eva rise divertita, immaginando la scena del commesso che li sbatteva fuori a calci. Marta scese dalle sue braccia, per correre da Lucia, seduta sul divano. 
E finirono a guardarsi, sorridendo quasi imbarazzati, come ormai accadeva da qualche giorno.
"Com'è andata in redazione?" Provò ad iniziare lui, avvicinandosi a lei che rimase immobile, con la mano destra stretta alla borsa sulla spalla. 
"Bene, bene grazie. Un po' stancante ma.. E te? A parte l'incidente col commesso?" Sorrise ancora, non potendo farne a meno, divertita da quell'immagine nella sua testa.
"La smetti di ridere? Guarda che non è colpa mia!" Fintamente offeso, le puntò il dito contro scherzosamente, divertito.
"Scusa, ma non posso fare a meno di pensare alla scena!" 
"Te lo giuro, Walter è impossibile!" Disse lui alzando le braccia al cielo. 
"Non so quanti abiti abbia provato!" 
"Guarda che anche Carlotta è indecisa su tutto.. L'altro giorno si sarà provata una ventina di vestiti!" Disse lei sorridendo, ricordando quel momento. 
"Beh, voi donne siete sempre indecise su tutto!" La prese in giro, guadagnandosi una finta occhiataccia seguita da uno spintone leggero.
"Devi però ammettere che il vestito da sposa è importante!" 
"Va bene, va bene, hai vinto! Anche se sono sempre e comunque dell'idea che voi donne siete sempre più indecise degli uomini!"
"Certo, le donne sono intelligenti, e gli uomini no!"
Travolti da quello scambio di battute e risate, di sguardi e di sorrisi, dalla semplicità di quel momento. Completamente presi da quel gioco, e dalla naturalezza con la quale tutto si stava svolgendo. Nessun imbarazzo, nessun disagio. Erano di nuovo tornati ragazzini, anche loro assieme ai loro fratelli. Ad entrambi sembrava di essere tornati a quel giorno di qualche anno prima. La maturità, i preparativi per la festa, gli sguardi, i sorrisi, e quei momenti passati assieme a ridere, complici. Con l'unica differenza che però ora, non c'era nessun Alex, e nessuna partenza prevista per il giorno dopo. 
 
E come promesso, la sera, Giulio e Lucia uscirono di casa, portandosi dietro Marta, raccomandando ad Eva e Marco di tenere d'occhio la situazione. "Me raccomando! Se c'è qualcosa fuori posto, il primo che ammazzo sei te!" Disse Giulio a Marco, prima di uscire di casa assieme a Lucia con Marta in braccio, facendo sorridere lei ed Eva divertite.
E durante tutto il giorno, Alice e Rudi aiutati dai loro amici, organizzarono quella che sarebbe stata "La festa più grande di Roma".
Le casse posizionate in soggiorno, il tavolo pieno zeppo di cose da mangiare, da bere, compreso di alcolici.
L'orologio appeso in soggiorno che segnava le nove in punto, e la casa che piano si riempiva di ragazzi e ragazze, pronti a festeggiare quella prova di maturità superata. 
Le note di "Scream e shout" che si spargevano alte per tutta la casa. Chi ballava a ritmo della musica, chi cantava a squarcia gola quella canzone allegra, divertendosi. "I wanna scream, and shout, and let it all out" Chi gridava, chi seduto sul divano con un bicchiere in mano. Chi invece in giardino, a giocare a calcetto, o disteso su una sdraio a parlare tranquillamente. 
Marco, che faceva su e giù per le scale, andando a controllare il piano di sopra. "Marco, me raccomando!" Ricordava bene le parole di suo padre, prima di uscire di casa. 
Eva che invece controllava la situazione in giardino, seduta su quel muretto in pietra, guardava verso Rudi e Alice più distanti, vicini, complici. 
Guardò poi verso quelle sdraio poco più distanti da lei. E l'immagine di lei, Marco, Alex, Walter e Carlotta, si ripropose velocemente nella sua testa. Loro, lo stesso giorno, qualche anno prima, distesi su quelle stesse sedie a parlare dei tempi passati, e di quello che sarebbe stato il loro futuro dopo la maturità. 
Poi ricordava gli sguardi, i sorrisi tra lei e lui quella notte, il calore intenso provocato dallo sfiorarsi delle loro mani.
"Come mai una bella ragazza come te, se ne sta tutta sola?" Venne distratta da un ragazzo. La guardò avvicinandosi. Lei, con i capelli sciolti e mossi a ricadere sulle spalle. Una camicetta marrone, leggera, legata in vita, e dei pantaloncini in jeans molto corti. 
Guardò davanti a lei, risvegliandosi, trovandosi davanti un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi chiari, con una birra in mano, che non doveva avere più di diciotto anni. 
Sorrise guardandolo, rispondendo educatamente.
"Non sono sola, infatti.."
"Ah no? Ma com'è che non t'ho mai vista a scuola?" Disse lui, avvicinandosi a lei.
"Veramente, è da un po' che non ci vado a scuola." Sorrise ancora. Possibile che non avesse notato che era più grande di lui?
"Manco io ci vado spesso, ma alla maturità m'hanno dato settanta! E te?" Disse guardandola, continuando a sorridere.
"Cento.." Sorrise lei, lasciandolo stupito.
"Bella, e intelligente. Cos'altro potrebbe chiedere un uomo da una donna?" Disse lui, ancora sorridente, chiaramente provandoci. 
Eva lo guardò qualche attimo, trattenendo una risata.
"Hai ragione, ma.. Se ti dicessi che sono troppo grande per te?" Sorrise lei, prendendolo leggermente in giro, divertita da quella situazione.
"Ti direi che mi piacciono le sfide, e che ti avrei dato diciassette, diciott'anni al massimo!" 
Lei scosse la testa, ancora sorridendo.
"No, sono più grande.."
"Ma scusa, quanti anni c'hai?" La guardò confuso, facendola sorridere divertita.
"Ventiquattro, tra due settimane e qualche giorno!" Rise divertita, guardando la faccia allibita di lui.
Annuì semplicemente, distogliendo lo sguardo per qualche attimo, prima di tornare a guardarla.
"E se ti dicessi che non mi interessa?" Sorrise lui, avvicinandosi ancora a lei. Eva alzò gli occhi al cielo, sorridendo, prima di alzarsi in piedi e andare davanti a lui. Solo pochi attimi dopo, sentì una stretta familiare stringere piano sulla sua vita. Appoggiò istintivamente le sue mani, su quelle grandi e calde di lui, sobbalzando leggermente. 
Sorrise poi, guardando verso il ragazzo che guardò verso Marco, quasi schifato.
"Ti direi che sono impegnata.." Ancora sorridente, tra le braccia di lui.
"Con questo qui?" Lo guardò schifato, portandosi la birra alle labbra.
"Si, con me!" Marco che finse di esser minaccioso, guardandolo male, finse di muoversi verso di lui, facendolo scappare via spaventato.
E qualche attimo dopo, entrambi scoppiarono in una grande risata, divertiti da quel momento. La voltò velocemente tra le sue braccia, appoggiando di nuovo le mani sulla sua vita. Le mani di lei, appoggiate sulle spalle di lui.
"Hai visto com'è scappato?!" Rise lui, indicando con lo sguardo la direzione in cui il ragazzo era corso, scappando.
"Mi sa che l'hai spaventato un po' troppo!" Entrambi divertiti, travolti da quella risata, nemmeno si accorsero di quella vicinanza, di quello sfiorarsi dei corpi, e dei respiri di entrambi sul punto di essere mischiati.
"E volevo spaventarlo!" Ancora vicini, nessuno dei due si era ancora reso conto di quella vicinanza. 
"Poverino, dai!" 
"Non è colpa mia se attiri pure i minorenni!" Rise ancora lui, prendola in giro, con le mani ancora appoggiate alla sua vita.
"Non è colpa mia, scemo!"
"No, certo che no! Guarda come ti sei vestita, dai!" Alzò e abbassò velocemente il capo, guardandola dalla testa ai piedi, indicando verso il suo corpo, divertito.
"Non è vero! Guarda che sono una semplice camicetta e dei pantaloncini!" Ancora divertita e presa da quel momento, non si era ancora accorta dello sfiorarsi dei loro visi.
E in un attimo, lui tornò quasi serio, guardandola negli occhi. Si era finalmente reso conto di quella vicinanza, di quelle labbra così vicine, della punta del suo naso che quasi sfiorava quello di lei. 
"Lo sò che non è colpa tua.. E' semplicemente perchè sei bellissima."
E finalmente anche lei, si accorse di quel respiro caldo che soffiava sul suo viso, leggero, quasi solleticandola. Rimase sorpresa da quella frase, quasi sussurrata sulle sue labbra. E in un attimo, i cuori di entrambi avevano iniziato a battere furiosi. Era quello il momento perfetto, era quello l'attimo che aspettavano da tempo. Proprio come in quella notte, la notte della loro maturità. 
Non si erano più ritrovati così vicini da quella notte in mansarda. Quando Marta aveva la febbre, e loro erano stati costretti a star svegli con lei tutta la notte. 
Le mani di lei ancora strette sulle sue spalle. Le sarebbe bastato spingersi sulle punte, per sfiorare le labbra di lui, distanti un niente dalle sue. E lui avrebbe solo dovuto abbassarsi di poco, per incontrare le morbide labbra di lei in un bacio. Ed era quello che volevano entrambi, quello che desideravano in quel momento. Le palpebre di entrambi che si socchiudono piano, i respiri sempre più vicini, i visi che piano si avvicinano, lenti. Stava per succedere, dopo quasi un anno di lontananza. Tutto era perfetto, e le paure di entrambi sembravano essersi accantonate almeno momentaneamente in un angolo per far vivere loro quel momento. 
Ma il destino, si era divertito un'altra volta a giocare. Erano vicini, così vicini che sarebbe bastato un solo ed unico soffio per unire quelle labbra. Vennero interrotti dalla suoneria di un telefono, che vibrava nervoso nella tasca dei jeans di lui. Aprirono entrambi gli occhi, risvegliandosi. Quel rumore la fece voltare meccanicamente, allontanandosi velocemente dalla stretta di lui. E lui rimase immobile, incredulo. 
"Quando si dice il momento perfetto.." Sorrise amaramente, visibilmente infastidito, prima di infilare la mano in tasca e prendere il telefono, rispondendo alla telefonata di Walter, che non poteva scegliere momento più sbagliato di quello per chiamare.
Lei rimase voltata di spalle, ancora incredula per quello che stava per succedere. Chiuse gli occhi, inveendo silenziosamente contro se stessa. 
"Pronto, Walter!"
"Ciao! Ti disturbo?"
"No, tu non disturbi MAI Walter!" Sottolineò quel "mai", ancora infastidito per l'interruzione di quel momento.
"Ah bene! T'ho telefonato per dirti che stiamo arrivando!" Walter, che come al solito non capiva mai niente, non si accorse del tono sarcastico dell'amico.
Marco spalancò gli occhi incredulo. 
"E non potevi venire e basta, senza chiamarmi?!" 
"Si ok, a dopo!" Attaccò, senza lasciargli il tempo di rispondere. Richiuse il telefono, ancora allibito per la risposta di Walter. 
"Ma in che mondo vive?" Scosse la testa, ancora incredulo, guardando verso Eva, ancora voltata di spalle, con le mani appoggiate a quel muretto. 
"Vi state divertendo?" Si girò verso Rudi e Alice, guardandoli.
Annuì semplicemente, sorridendo poco convinto. Eva si voltò verso di loro, cercando di sorridere. Non riusciva a smettere di pensare a quel momento.
"Ho visto che Riccardo ci ha provato con te!" Rise Alice, avvicinandosi ad Eva. Lei la guardò divertita, ridendo.
"Si chiamava così? Si, ci ha provato, ma Marco l'ha fatto scappare via!"
Rise divertito anche lui, sedendosi sul muretto accanto a lei. 
"E certo! Mica potevo lasciarla con un minorenne!" 
"Guarda che ne aveva diciotto!" Lo corresse Rudi, divertito. 
"Va beh, era comunque troppo piccolo!" Eva che rideva ancora divertita, accanto a lui, aveva cercato di nascondere quell'imbarazzo dovuto a quell'istante di qualche minuto prima. E anche lui - diventato un bravo attore - riuscì a far finta di niente, parlando con i suoi fratelli, sempre seduto accanto a lei. 
E qualche attimo dopo, entrambi si erano lasciati trascinare da Alice e Rudi, che li avevano costretti a ballare. Alice con Marco, e Rudi con Eva. Divertiti, iniziarono a muoversi a ritmo di quella canzone vecchia di qualche anno. "When love takes over". 
 
"E' complicato, lo è sempre." 
 
"Sarebbe bastato un attimo. Un solo attimo per sfiorare di nuovo le tue labbra, Marco. Un attimo per mandare in fumo questi mesi di buoni propositi, un attimo per tornare a vivere solo di te. Eravamo vicini, e io che non me ne ero accorta subito, non ho nemmeno visto quanto fossero state vicine le nostre labbra in quel momento. E' complicato, tra te e me lo è sempre. Sono troppi i segreti che ti sto tenendo nascosti, facendoti ancora del male. E' ancora troppa la mia paura di guardarti negli occhi, e di urlarti che non c'è mai stato nessun Jean che abbia preso il tuo posto. Che ci sei sempre stato solo tu. Che prima quando Walter ti ha chiamato, ho sentito un'enorme e fastidiosa sensazione di fastidio pervadermi il corpo ed il cuore."
 
"E adesso sotto acqua posso respirare, non è mai stato così bello."
 
"E' strano, ma prima quando ero sul punto di baciarti, ho sentito una sensazione strana. Era come se fossi sott'acqua, come se quel respiro subacqueo me l'avessi donato un'altra volta tu col tuo sguardo ed il tuo sorriso. Il tuo respiro unito al mio, a formarne l'eco di uno solo. E sarebbe bastato un solo attimo. Sarei potuto tornare a vivere, sarei potuto tornare quel ragazzo che vive solo e soltando dei tuoi baci e delle tue carezze. Ma il destino non ha voluto, e ha giocato un'altra con me, Eva. Eri vicina, ti stavo toccando, stavo finalmente vivendo uno dei miei sogni tanto pieni di te, ma finalmente ad occhi aperti. C'eri tu, c'eravamo noi, stretti in un abbraccio, c'erano le stelle, e c'era quest'aria fresca in questa notte calda, che me ne ricorda un'altra. E non è mai stato così bello, così perfetto. Non ti ho più sentita così vicina, non come stasera. Perchè sembra assurdo, lo so, ma sento che anche tu volevi quel bacio quanto lo volevo io. Magari è solo una mia sensazione, ma l'unica cosa che so davvero, è che strozzerò sicuramente Walter appena lo vedrò arrivare da quella porta."
 
"Quando l'amore prende il controllo, si, sai che non puoi negarlo."
 
"E' come se quella parte di me che cerco di tenerti nascosta, prima, avesse preso per un attimo il sopravvento, scavalcando la mente, e la parte razionale di me. Non so a cosa ho pensato in quel momento, perchè l'unica cosa che ho sentito dentro me, è stata solo la voglia di sfiorare ancora le tue labbra. Per un istante solo, appoggiarci le mie, provando poi a mischiarci piano, come abbiamo sempre fatto io e te assieme. E' come una seconda notte della maturità. Perchè come in quella notte, sento che qualcosa accadrà. Forse non stasera, e forse nemmeno domani. Ma prima o poi succederà qualcosa, prima o poi riuscirò a guardarti negli occhi e a dirti tutta la verità. Lo farò, perchè è giusto così. L'ha detto anche Carlotta, continua a dirmelo. E' giusto che tu sappia. Che ti ho sempre amato, che ti amo ora, che ti amo stanotte, e che ti amerò per il resto della mia vita. E forse la notte, questa notte, mi sta dicendo silenziosamente che ora posso. Che la notte porta tutto via con se, che devo vivere di nuovo, almeno per questa notte."
 
"Quando l'amore prende il controllo, si, perchè c'è qualcosa qui stanotte."
 
"E finalmente qualche attimo fa, ho perso il controllo di me. L'ho perso, e ho lasciato volontareamente che quella sensazione, che quella voglia irrefrenabile prendesse il sopravvento. Mi sono lasciato andare, ascoltando solo il battito impazzito del mio cuore, che mi urlava silenziosamente di farlo e basta, di abbassarmi, di chiudere piano gli occhi, e di mischiare un'altra volta il mio respiro al tuo. 
E' bastato un attimo, la magia si è spezzata. Eppure qui, stanotte c'è qualcosa. E' nell'aria, e la stiamo respirando piano entrambi, Eva. 
Quell'attimo di eterno che abbiamo sfiorato assieme, lasciandoci trasportare dall'aria fresca che accarezzava piano la nostra pelle sotto le nostre camicie. Ti ho sentita vicina, ti ho sentita mia per davvero. E se anche questo è durato per un solo attimo, non voglio più privarmi di questa dolce illusione che riesci ad infondermi solo tu, con uno sguardo, un sorriso o un abbraccio caldo, anche se innocente."
 
"Dammi una ragione, devo saperlo, senti lo stesso?"
 
"Vorrei chiederti se anche tu prima hai sentito ciò che ho sentito, e tutt'ora sento io. Vorrei sapere se quello sguardo, se quella stretta che si faceva sempre più forte sulla mia vita, ha significato qualcosa per te, quanto ha significato per me. Se quel quasi mischiarsi dei nostri sorrisi, ha fatto battere il tuo cuore quanto il mio. 
Vorrei davvero sapere se quando l'altro giorno ti ho detto che ho deciso di andare a vivere in un appartamento qui a Roma assieme a Marta, il tuo sorriso è stato sincero, o l'hai fatto solo per nascondere che non fossi d'accordo, e che non volevi star lontano da nostra figlia. 
Dovrei chiederti se senti lo stesso, dovrei chiederti se tu ami ancora me quando io ogni giorno di più amo te. Forse ha ragione Carlotta, quando dice che l'unica cosa che fare è dirti la verità. Ma non ce la faccio, non riesco. Non posso guardarti negli occhi, e dire di averti mentito per tutti questi mesi. Una settimana, e assieme a Marta andrò a vivere in quel grande appartamento che mi ha trovato Carlotta. Forse non vedendo i tuoi occhi, questa sensazione fastidiosa se ne andrà lasciandomi in pace."
 
"Adesso amami come so che sai fare, possiamo lasciarci tutto alle spalle."
 
Entrambi travolti da quella canzone e da quei pensieri, nemmeno si accorsero di Walter e Carlotta che avanzavano verso di loro, sorridenti. Una maglietta azzurra e dei pantaloncini bianchi lui, e una canottiera rossa con una minigonna in jeans lei. Si guardarono attorno stupiti, guardando tutti quei ragazzi intenti a divertirsi senza freni. Salutarono Rudi e Alice, che si erano allontanati mano nella mano, tornando dai loro amici. 
Videro solo i loro due amici vicini, seri. Si guardarono un attimo confusi, prima di andare da loro, risvegliandoli da quel momento.
"Ma buona sera eh! Anvedi che festa hanno organizzato i ragazzi!" Disse Walter accanto all'amico, guardandosi attorno sorpreso.
"Già, sembra quella della nostra maturità!" Sorrise Carlotta, risvegliando l'amica. Eva annuì, cercando di sorridere. Marco fece lo stesso, con le mani in tasca, come faceva sempre quando era nervoso.
"E' vero, sono riusciti ad organizzarla bene.." Annuì Marco, abbozzando un sorriso.
"Già.. Davvero bene." Eva guardò verso Carlotta, sorridendo leggermente. Capita l'aria, e il comportamento strano dei due amici, decisero di sequestrarli separatamente, con una scusa.
"Mo me dici che c'hai?" Seduti al tavolo in giardino, Walter guardò Marco, aspettando di sentirlo parlare.
"Niente! Che dovrei avere?" Cercò di sembrare tranquillo, poco convinto.
"A Marco, ti conosco da quando sei nato! E lo capisco meglio di te quando stai dicendo una cazzata!" Si avvicinò a lui, serio. E allora Marco alzò gli occhi al cielo, sospirando. 
"Ce l'ho con te, va bene?" Disse fintamente arrabbiato, guardandolo. Walter corrucciò la fronte, non capendo.
Poi continuò.
"Non potevi scegliere momento più sbagliato per chiamare, lo sai?" Sospirò ancora, lasciando Walter ancora confuso.
"Ma che ho fatto?" Disse lui non capendo.
"Mi hai chiamato!" 
"E allora?" Con un cenno del capo, lo guardò ancora confuso. Marco alzò un'altra volta gli occhi al cielo, portandosi una mano sul volto, esasperato.
"Hai interrotto un momento meraviglioso." 
"Ma che, eri in bagno?" Disse lui, non capendo ancora.
"No!"
"E allora che cos'è che ho interrotto di così importante?"
"Io e Eva.."
"Stavate parlando?"
"No!"
"E allora che stavate facendo?"
"Walter, ci stavamo per baciare!" Spalancò poi gli occhi, guardandosi attorno, sperando di non vedere Eva nelle vicinanze. Walter spalancò gli occhi, incredulo.
"Coosa?! Ma che è successo?" Scosse la testa, incredulo ma contento, guardando verso l'amico.
Marco scosse la testa, nervoso, iniziando a parlare a raffica.
"Non lo so! Cera un ragazzino che c'ha provato, e l'ho mandato via spaventandolo! Siamo scoppiati a ridere, vicini, ti giuro non mi sono reso conto di niente! Non avevo nemmeno sentito le sue mani sulle mie spalle! E poi non so come, in un attimo mi sono reso conto di quanto eravamo vicini, e di quanto mi fosse bastato tanto così per baciarla Walter!" Avvicinò il pollice e l'indice di una mano, davanti gli occhi di Walter che lo ascoltava allibito. Rimase in silenzio per qualche attimo, prima di scoppiare in una risata, che riuscì ad infastidire l'amico.
"Beh? E adesso perchè ridi? Non c'è niente da ridere!" Disse seccato, guardando verso Walter.
"E invece si! Lo sai perchè rido? Perchè sei un cretino! A Marco, guarda che ormai ce l'hanno chiaro tutti che la ami!"
"Oh certo, l'unica che non se ne è accorta, infatti è lei!"
 
E poco più distante, sedute vicine sul divano in soggiorno, Eva e Carlotta stavano avendo una conversazione simile.
"Oh ma mi dici che c'hai? Sei strana! E per favore non dirmi che sei stanca per il lavoro, perchè con me non attacca!" Carlotta le agitò un dito davanti la faccia, guardandola vincente. Eva sospirò, arrendendosi.
"E' che prima, io e Marco.." Cominciò.
"Si?"
"In giardino.."
"Va avanti!"
"Eravamo.."
"Eva, ti prego! Non parlare a monosillabi!" Alzò gli occhi al cielo, guardando verso di lei, tenendo le sue mani strette alle proprie.
Iniziò a parlare a raffica, nervosa.
"Ero seduta in giardino, sul muretto in pietra! Poi arriva un ragazzo, avrà avuto diciott'anni al massimo, che si avvicina a me per provarci! Poi ad un certo punto, sento qualcuno stringermi la vita, dietro di me! Ti giuro, io non lo so com'è successo! Marco l'ha spaventato, e questo è corso via! E poi mi ha voltata verso di lui, e siamo scoppiati a ridere assieme per quella situazione! Eravamo vicini, tanto vicini, ma non me ne sono resa conto subito! E poi ho sentito il suo respiro sulle mie labbra, ti giuro stavo impazzendo! E non so come, abbiamo iniziato ad avvicinarci piano, e non mi sono resa conto di niente! Se Walter non l'avesse chiamato in quell'istante, io e lui ci saremmo baciati!"
Sospirò sommessamente, prima di vedere l'espressione allibita ma contenta di Carlotta, che si alzò dal divano iniziando a saltellare sul posto, lasciandola stupita.
"Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!" 
Poi continuò, euforica.
"Devo però ricordarmi di sequestrare il telefono a Walter!" Continuava a muovere la testa, sorridente.
"Carlotta, non c'è niente di divertente! Non posso cancellare questi mesi con una passata di spugna! Gli ho mentito, e sto continuando a farlo!" Sbuffo nervosa, portandosi le mani sul viso.
"Perchè sei tu a volerlo! Sei tu che ti ostini a mentirgli, quando sai benissimo che l'unica cosa che tu possa fare, è dirgli questa cavolo di verità che tieni nascosta, neanche avessi ammazzato qualcuno guarda!"
"Ma pensi davvero che per me sia facile?! Eh? Non posso andare li e dirgli: Oh Marco, sai non è mai esistito nessun Jean, e in tutti questi mesi ti ho solo preso in giro perchè non volevo che tu buttassi all'aria il tuo futuro!" Disse sarcastica, guardando verso Carlotta.
Sapeva di dover dire la verità, ma non riusciva a trovare il modo, e ne tanto meno le parole per farlo. Conosceva bene Marco, sapeva quanto era orgoglioso e vendicativo. Se gli avesse detto la verità - lo sapeva bene - lui non le avrebbe più rivolto la parola. Si sarebbe chiuso in se stesso, evitandola proprio come quando appena tornata da New York qualche anno prima, nemmeno la guardava più in faccia, rivolgendole la parola appena. 
Certo, li però ne aveva tutte le ragioni. Se n'era andata, era partita lo stesso dopo aver fatto l'amore con lui su quella scrivania la notte della maturità. L'aveva respinto a New York, buttando quel cappellino a righe colorate che aveva trovato sullo zerbino di casa sua. 
Non si erano sentiti per mesi. E la notte in cui l'aveva vista di nuovo seduta su quella sedia all'ingresso, l'aveva lasciata li, salendo le scale, rivolgendole poche parole. "Quanto ti fermi?" "Sono tornata per restare." "Ben tornata".
"Eva, sono sicura che capirà! Tu almeno dagli la possibilità. Parlagli, digli la verità, digli quanto in questi mesi hai sofferto anche tu, sapendo di avergli mentito. Spiegagli che l'hai fatto per lui, e che non volevi che lui buttasse all'aria la musica per te."
 
"Walter, lo vuoi capire che per me non è facile starle vicino, facendo finta di nulla?"
"E chi t'ha detto che devi far finta di nulla! Tu vai la, e le dici quello che provi, punto e basta!" Disse agitandogli nervosamente le mani davanti agli occhi.
Marco alzò gli occhi al cielo, infastidito.
"Non posso dirle quello che provo, perchè lei è innamorata di un altro! Ti devo ricordare Jean?!" Lo guardò sarcastico, agitando la testa.
E allora Walter abbassò lo sguardo, sospirando. Non ce la faceva più. Non riusciva più a guardarlo negli occhi e a mentirgli. Il suo migliore amico, suo fratello, era tutto questo per lui. E meritava di sapere la verità. Meritava di essere felice, e solo lui poteva dargli le chiavi per aprire quella porta che sembrava quasi sbarrata, tenuta chiusa da un lucchetto troppo grande e resistente. 
Era arrivato il momento, non riusciva più a tenersi dentro quella verità troppo grande. 
Decise però non dire tutto. Di dargli piccoli indizi, piccoli segnali per portarlo sulla strada giusta. Non poteva tradire la promessa fatta ad Eva qualche mese prima. Le voleva troppo bene.
"Ma poi tu che cazzo sai davvero di sto Jean?" Lo guardò serio, provocandolo.
"Oh ma ti sei rincoglionito pure tu? Che devo sapere? Che è francese, era un suo collega, e che se chiama Jean! Che cazzo di domande sono?!" Portò le mani sul tavolo, nervoso ed infastidito da quelle domande che gli sembravano assurde.
"Ma te l'hai mai visto in faccia sto tipo?" Eccola la domanda giusta.
"No, sinceramente non l'ho mai incontrato! Ma a te che te frega?!" Sbuffò ancora infastidito, fulminando l'amico con lo sguardo. Poi continuò.
"E per favore, possiamo evitare di parlare del francese? Sai, non è una gran figata ricordare chi è riuscito a portarmela via Walter!"
Walter alzò gli occhi al cielo, sospirando. Doveva andarci giù pesante.
"Io al posto tuo, avrei voluto guardarlo negli occhi almeno na volta! E che ne so, magari pure un cazzotto ce stava bene, no?"
"La smetti di fare il deficiente almeno per una volta? Si va bene, avrei voluto anche io riempirlo di botte, ok? Ma non ci siamo mai incontrati! Eva non ha mai voluto!" Disse sbuffando, appoggiando la testa al tavolo.
"E te sei mai chiesto perchè?" Forse aveva esagerato, ma era l'unico modo per aiutarlo.
"Perchè? Ma che ne so! Ti pare che adesso mi chiedo pure perchè non me l'abbia presentato? Ma meglio! Vivo lo stesso!"
"Potevi almeno chiederle di presentartelo!"
"Senti, non mi interessa ok?! Adesso voglio solo bere una birra, e non pensare più a niente! M'accompagni dentro?" Si alzò dal tavolo, invitandolo a seguirlo. Walter annuì, sconsolato. Ciò che diceva Carlotta, era vero. L'amico, era proprio tonto.
 
In piedi davanti al tavolo in soggiorno, con due drink in mano. Le note di "My first kiss"  a risuonare alte per tutta la casa. 
"Allora? Quando hai intenzione di dirglielo?" Carlotta si portò il bicchiere alle labbra, guardando verso Eva che la guardava contrariata.
"Io non lo so, ma per favore, almeno per stasera non pensiamoci!" La pregò, sorridendo, trascinandola a ballare sulle note di quella canzone. 
E Carlotta si era lasciata convincere, anche se poco convinta. Sapeva quanto l'amica ci stesse male, sapeva bene quanto Eva si sentiva in colpa ogni giorno. Ma decise almeno per quella sera di assecondarla. Di lasciarsi andare assieme a lei, e di godersi quella festa che gli e ne riportava in mente un'altra. Ballavano vicine, divertendosi. Nessuna delle due voleva pensare a niente. Eva evitava di pensare a quel momento di qualche attimo prima, alle labbra di lui così vicine, ai respiri sul punto di confondersi ancora, al continuo sfiorarsi dei loro corpi vicini. Sarebbe bastato un attimo, e tutti quei mesi e quelle bugie per copione sarebbero andate all'aria. 
Ma non era pronta, ancora non se la sentiva di affrontare tutto. Ancora non se la sentiva di tornare indietro, non aveva ancora la forza per guardarlo negli occhi ed urlargli in faccia la verità che gli aveva tenuto nascosta in tutti quei mesi. 
Doveva allontanarsi da lui, doveva allontanarsi da quella forte tentazione di prenderlo e baciarlo, lasciandolo immobile, godendo di quell'attimo. Non poteva stargli così vicina ancora, facendo finta di nulla. Doveva allontanarsi, perchè lui era vicino. Troppo vicino. 
Si voltò un attimo verso l'ingresso, notandolo appoggiato allo stipite della porta con una birra in mano. Guardava verso Walter, serio davanti a lui. Lo vide scuotere la testa, seccato. Notò poi una ragazza mora, alta, molto bella, avvicinarsi a lui. Si avvicinò all'orecchio di lui dicendo qualcosa. E poi una sensazione fastidiosa, non appena vide la mano di lei appoggiata al petto di lui. Lo vide immobile per qualche attimo. Lei rimase col fiato sospeso per qualche attimo, la bocca socchiusa, guardando il viso serio, ma visibilmente imbarazzato di lui ancora appoggiato allo stipite della porta. Chiuse gli occhi non appena vide la mano di lui raggiungere quella della ragazza sorridente davanti a lui. Carlotta si voltò verso di lei, confusa. 
Riaprì gli occhi qualche attimo dopo, ancora in attesa. Vide lui sorridere, e allontanare la mano della ragazza, scuotendo la testa.
E sospirò all'improvviso, non potendo farne a meno. Sollevata dalla reazione di lui. Era inutile nasconderlo, era inutile fingere anche con se stessa. Non ce la faceva a vederlo con un'altra, non di nuovo. 
Lo vide allontanarsi assieme a Walter, lasciando la ragazza visibilmente stupita. Carlotta seguì lo sguardo di Eva, capendo finalmente quell'espressione strana sul viso dell'amica. Le appoggiò una mano sulla spalla, sorridendo.
"Hai visto? L'ha praticamente liquidata." Disse tranquillizzandola.
Eva si portò i capelli indietro, scuotendo la testa. Sospirò, guardando verso l'amica.
"Si, ho visto.." Chiuse gli occhi, voltandosi. Poi continuò.
"Ma non significa niente Carlotta. Fino a quando non troverò la forza per dirgli la verità, non ho il diritto di avanzare nessuna pretesa verso di lui. E' libero, e.. Se avesse voluto passare la notte con quella ragazza, io non avrei di certo potuto fare nulla per impedirlo, perchè non ne ho nessun diritto." Disse tristemente, alzando le spalle.
Carlotta, esasperata, alzò gli occhi al cielo. Contrariata, decise di spiazzarla.
"Ah si? Non vuoi dirgli niente?" La sfidò, avvicinandosi al suo viso. Eva annuì, sostenendo il suo sguardo. 
"Si, è così!" Disse poi, cercando di sembrare sicura e convincente.
"Bene, allora non mi dai altra scelta." Incrociò le braccia, guardandola. Eva tornò seria, preoccupata.
"Che vuoi dire?" Quasi terrorizzata dalle parole di Carlotta, si avvicinò a lei sperando di aver frainteso quel "non mi dai altra scelta".
"Se davvero non hai intenzione di dirgli la verità.." Eva la bloccò, prima che potesse finire la frase.
"Non avrai intenzione di dirglielo tu vero?" La guardò terrorizzata, non potendo credere a quello che stava sentendo.
Carlotta sospirò, chiudendo gli occhi. Fece un passo, abbracciandola forte. Eva si lasciò andare a quella stretta, stringendo forte l'amica. 
"Sai che non potrei mai farti qualcosa del genere.." Vicina al suo orecchio, sussurrò piano quelle parole, abbozzando un sorriso.
"Tesoro, io voglio solo vederti felice. So bene quanto per te sia difficile. Ma.. Vuoi davvero vederlo felice con un'altra donna che non sei tu? Vuoi ancora continuare a mentirgli, tenendogli nascosto che quel Jean non è mai esistito? Sai bene anche tu che è la cosa giusta da fare. Ma non hai il coraggio di farlo, e ti capisco. Anche se ancora non ho capito bene di quello che hai paura."
La scostò dalla sua spalla, guardandola negli occhi. Li vide lucidi, sul punto di piangere. 
"La verità è che io.. Non ho mai pensato alle parole giuste da usare."
"Le parole giuste non esistono. Devi solo andare da lui, e lasciare che.. Che sia il cuore a parlare. Tu hai parlato anche troppo, non credi?" Sorrise prendendola leggermente in giro, appoggiandole una mano sulla spalla. E allora Eva annuì, passandosi velocemente la lingua tra le labbra. Avrebbe dovuto trovare quel coraggio, quella forza, per riuscire ad andare prima o poi da lui, per dirgli la verità. 
"Si.. Si, ho.. Deciso di dirgli la verità Carlotta. Non stasera, non domani, non tra qualche giorno.. Non lo so quando, ma ho deciso che gli dirò la verità. Sono stanca di portarmi dietro questo peso. Hai ragione, non merita che io gli menta, ma.. Ho bisogno di tempo, ho bisogno di riflettere per trovare le parole più giuste da usare. Ho bisogno poi di trovare la forza per affrontare la sua rabbia. So già come la prenderà, lo conosco, so bene quale sarà la sua reazione nel sapere che per tutto questo tempo, gli ho mentito. E' orgoglioso. E nessuno meglio di me sa quanto possa essere anche stronzo.." Alzò gli occhi al cielo, ricordando in un attimo quei momenti di rabbia, vendetta e rancore che avevano provato l'uno verso l'altra, in quegli anni passati assieme.
"Anche tu però non scherzi in quanto saper esser stronza.. Ti devo ricordare quella volta a scuola che l'hai sedotto, e poi l'hai chiuso in bagno nudo?!" E risero entrambe divertite, ricordando quel giorno. 
"Ok, forse li è stato troppo.. Anche se bisogna ammettere che è stato divertente!" E rise ancora, guardando verso Carlotta, divertita.
"Visto? Non avrai nessun problema a tenergli testa!" 
"Ma che c'èntra? Eravamo dei ragazzini immaturi! Ora siamo genitori Carlotta! Non credo farò più qualcosa del genere!" 
"Va bene, va bene! Senti, e ti ricordi poi quando io e Walter vi abbiamo chiusi dentro alla casa sul Tevere?" E ridevano ancora entrambe, ricordando quelle settimane di qualche anno prima. 

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Hoplà! :D Ok ok ok, lo so lo so, sono scomparsa! D: Chiedo scusa in ginocchio, davvero! -.-" Ma non ho avuto un attimo, e in più ispirazione zero! o.O 
E' lungo, molto lungo, più degli altri! xD
Non mi è venuto proprio come volevo! -.-" Ma ahimè.. Tralasciamo. o.O
Ecco a voi, comunque! :D Ditemi che ne pensate: A me non piace. -.-"
Vorrei dedicare questo capitolo ad Eliessa, che mi ha aspettato impazientemente, come la sto aspettando io! Ecco, questo è per te! **

Un bacione a tutti voi, grazie! <3
Chiara. <3 
  
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