Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Heilig__    14/04/2013    7 recensioni
- Salve!- disse questa, alzandosi – Io sono Vera Cooper- si presentò, porgendo la mano ai due ragazzi – Voi dovete essere Bill e... Madison?- disse guardando confusa Tom.
Il viso del chitarrista s'imporporò, mentre il fratello tentava di soffocare una risata.
- No, io sono Tom- spiegò il moro.
- Oh...- disse semplicemente Vera – Lawrence deve essersi sbagliato... Non mi aveva detto che eravate... sì, insomma...-
Bill e Tom sgranarono gli occhi, inorriditi: quella ragazza stava forse pensando che loro due erano...?
- Tom è mio fratello!- si affrettò a dire Bill, cercando di risolvere qualsiasi fraintendimento– La mia ragazza, Madison, non è potuta venire, e quindi mi ha accompagnato lui.
- Sì, è come dice lui- aggiunse Tom.
Vera guardò prima Bill e poi Tom, per poi scoppiare in una risata fragorosa.
- Scusate, non volevo offendervi. È che... sembrava tutto molto equivoco!- disse, andando a sedersi dietro la scrivania – Prego sedetevi- disse, indicando ai due delle poltroncine di pelle nera.
I gemelli si sedettero, e Vera prese un taccuino su cui prendere appunti.
- Allora, Bill. Quando e dove si terrà il matrimonio?
Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=Uny-NTReVRg&feature=youtu.be
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Two

 
Quando Bill entrò in casa, Madison era in cucina, intenta a preparare la cena.
Il biondo si tolse scarpe e giacca, senza far rumore, e con passo felpato entrò in cucina, dove trovò la sua ragazza ai fornelli mentre aggiungeva delle spezie nel sugo per la pasta. In punta di piedi si avvicinò alle sue spalle, deciso a farla spaventare un po', ma quando giunse ad un soffio da lei, Madison disse:
- Ciao, Bill. Com'è andata?-
Il cantante sbuffò, scocciato, e scrollò le spalle.
- Bene- borbottò, prendendo una lattina di RedBull dal frigorifero.
Da sempre tentava di fare quello scherzetto, senza mai riuscendoci; era diventata una specie di questione di principio.
Madison si voltò, divertita, scuotendo la testa.
- Bill, sai che non ci riuscirai mai. Rinuncia, è la cosa migliore- disse, con un sorriso, per poi tornare a cucinare – Cosa ha detto la wedding planner?- chiese dopo qualche istante.
- Dice che si terrà in contatto con noi- rispose Bill – E' simpatica- aggiunse poi – Tranne per il fatto che ha pensato che i due sposi fossimo io e Tom- disse, suscitando grasse risate in Madison.
- Ho sempre pensato che foste una bella coppia- commentò la ragazza.
- Amo il tuo sarcasmo.
- Non volevo essere sarcastica- ribatté Madison, spegnendo il fornello – Vado un attimo in bagno, tu comincia ad apparecchiare- disse poi, uscendo dalla cucina.
Bill osservò la sua figura sparire dietro la porta, poi aprì la credenza, prese piatti e bicchieri e cominciò ad apparecchiare la tavola.
Notò che, senza neanche farlo apposta, aveva preso il piatto su cui un paio di settimane prima aveva messo una scatolina contenente l'anello con cui aveva fatto alla sua ragazza la fatidica domanda.
Ancora si ricordava delle lacrime che Madison aveva versato mentre lo abbracciava e la sua voce che diceva "Sì, certo che voglio sposarti”
Stavano insieme da cinque anni, ormai.
Si erano conosciuti per caso, in un albergo a Roma. Lui era nel bel mezzo di un tour, lei era lì in vacanza.
Erano bastati una caduta piuttosto imbarazzante sulle scale di Madison, una risata e uno sguardo per farli innamorare.
Bill si era immediatamente invaghito degli occhi nocciola della ragazza, così simili ai suoi, che s'illuminavano ogni volta che rideva. Madison, d'altro canto, non era riuscita a resistere al suo bellissimo sorriso.
Era stato semplice, all'inizio. Poi, però, erano entrati in scena i giornalisti, le fan e le foto sempre più compromettenti, tanto che alla fine i due erano dovuti uscire allo scoperto.
Col senno di poi, Bill pensava che, in realtà, forse era meglio che tutti sapessero di lui e Madison, al contrario di ciò che pensava qualche tempo prima.
Mentre era immerso in questi pensieri, il biondo sentì una mano sulla sua spalla, accompagnata da un urlo.
- Aaaah!- gridò, spaventato.
Quando si accorse di Madison che si spanciava dalle risa, tenendosi aggrappata ad una sedia per non cadere, assunse un'espressione offesa.
- Non sei per niente simpatica- disse, aggrottando la fronte.
- Oh, e invece sì- replicò la ragazza, ricomponendosi – Forza, mangiamo, prima che si raffreddi.



* * *
il pomeriggio seguente

Mentre sistemava le ultime scartoffie, Vera sentii qualcuno bussare alla sua porta.
- Avanti- disse, chiudendo uno dei raccoglitori.
- Ehi, Cooper-
Nel suo ufficio aveva fatto il suo ingresso Lawrance, in tutto il suo metro e ottantacinque di altezza.
- Ciao, Lawrence- salutò Vera con un sorriso – Come stai?
- Bene- rispose il ragazzo, avvicinandosi – Hai finito?- chiese, dando un'occhiata alla pila di fogli sulla scrivania.
- Sì, grazie a Dio, sì- disse la mora, annuendo.
- Beh, che ne dici di un caffè, allora? Devi ancora raccontarmi del colloquio di ieri con i nuovi clienti.
- L'avrei fatto, se tu non fossi sparito a metà giornata.
- Ho avvertito Susan, e comunque avevo degli impegni- si giustificò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli biondi.
- E che genere di impegni?- domandò dubbiosa Vera, inarcando un sopracciglio.
- Non importa, e comunque non sono affari tuoi- replicò secco Lawrence.
- Sì, certo...- commentò ironica l'amica – Comunque, vengo volentieri. A patto che il caffè me lo offra tu.




- Allora,- disse Lawrence, mentre sorseggiava il suo cappuccino – Che tipi sono?
- Bill è molto simpatico e gentile- rispose Vera, versando dello zucchero nella sua tazza.
- E Madison?
- Non è venuta, devo ancora conoscerla.
- Quindi c'era solo Bill?
- No, c'era anche suo fratello- disse la ragazza – Tom- aggiunse, con una smorfia.
- Oh,- disse Lawrence – non ho sentito delle belle cose sul suo conto.
- Mi dà l'idea di un arrogante- commentò Vera, per poi bere un sorso del suo caffè – Ho fatto una piccola gaffe e mi ha guardato come se fossi una marziana. Neanche avessi detto chissà quale oscenità- aggiunse - “Io sono Tom”- disse poi, imitando la voce del chitarrista.
- Ha davvero fatto così?- rise l'amico.
Lei si limitò ad annuire, continuando a bere.
- Spero di non doverlo più incontrare. Non mi ispira simpatia-
Lawrance roteò gli occhi:
- Non fare la melodrammatica.
- Non sto facendo la melodrammatica- ribatté Vera – Dico solo la verità- concluse, poggiando la tazza vuota sul tavolo.
- In ogni caso, penso che tra poco fisserò un appuntamento con Madison. Credo che Bill fosse lievemente confuso.
- Perfetto- disse Lawrence – Ora,- aggiunse, terminando di bere il suo cappuccino – cambiamo argomento- continuò guardando Vera dritta negli occhi – Che mi dici di Phil?-
Vera sgranò gli occhi e cominciò a tossire convulsamente, temendo di soffocare con la sua stessa saliva.
Un cameriere le portò un bicchiere d'acqua e lei lo trangugiò in un sol sorso.
- Lawrence! Hai detto che non ne avremmo più parlato!- esclamò, con le gote ancora rosse.
- Vi siete sentiti?- insistette il ragazzo, ignorandola.
Lei sbuffò, rassegnata: ogni volta finiva così.
Philip Underwood era un amico di vecchia data di Vera. Si erano conosciuti ad una festa ed erano diventati amici. Si piacevano, indubbiamente, ma non c'era nulla al di là dell'attrazione fisica, quindi avevano ben pensato di non implicarsi in relazioni troppo complicate.
Erano amici, punto.
Una sera, però, qualche drink in più era bastato a far perdere loro il controllo ed erano finiti a letto insieme.
Avevano deciso di non parlare più di quella notte, e di far finta che nulla fosse successo, ma come si può ben immaginare, tutto era cambiato tra loro.
Qualche tempo dopo, Phil era dovuto partire per lavoro e da allora non si erano più visti. Ogni tanto si sentivano via Facebook, ma succedeva raramente.
Vera aveva cercato di farsene una ragione e di dimenticare quella storia.
Ma era piuttosto difficile con un Lawrence Williams tra i piedi.
- No, non ci siamo sentiti- disse con tono scocciato.
- Peccato...- commentò l'amico.
- In che lingua devo dirti che, comunque sia, siamo solo amici?!
- Beh, ma siete stati a letto- le ricordò Lawrence.
Il ragazzo credeva che a volte la sua amica si scordava di quel piccolo dettaglio.
- E' successo una volta- disse Vera – Ed eravamo ubriachi fradici. Niente di più.
- Però ti piace, non è così?
- E' un bel ragazzo!- esclamò la mora, allargando le braccia, come se fosse ovvio.
- Sai che non mi riferisco a quello- disse Lawrence, con sguardo quasi severo.
Sentendosi punta sul vivo, Vera decise di bypassare il discorso.
- Sono stanca, e ho voglia di una bella doccia. Che ne dici, andiamo?-
Lawrence storse il naso, ma prima che potesse replicare, Vera si era già alzata, e stava mettendo la giacca.
Sbuffò, contrariato, e dopo aver preso il suo giubbetto, seguì la ragazza fuori dal locale.
I due salirono nella macchina della mora, e partirono verso casa del ragazzo.
- Che fai stasera?- chiese Vera, fermandosi ad un semaforo.
- Christopher dovrebbe venire da me- rispose il ragazzo – E tu?-
Vera scrollò le spalle, mentre ripartiva.
- Niente di che. Forse mi sforzerò e cucinerò qualcosa di commestibile, poi passerò la serata davanti ad un film ed infine mi trascinerò stancamente al mio letto.
- La tua vita è sempre così piena d'azione...- disse Lawrence, divertito – Sai, del sano sesso potrebbe aiutarti. Magari diventi meno scorbutica.
- Guarda che tra i due quello scorbutico sei tu- replicò la mora – Di' a Chris di darsi una mossa, il tuo nervosismo a volte è esasperante.
- Acida- borbottò Lawrence, ammutolendosi.
Vera fece un sorrisino compiaciuto e continuò a guidare in assoluta tranquillità.
Quando giunse davanti a casa dell'amico, Lawrence le lasciò un piccolo baciò sulla tempia.
- A domani, Cooper- le disse, scendendo dall'auto.
- Ciao, Lawrence- rispose lei.
Seguì con lo sguardo la figura dell'amico entrare nell'appartamento, per poi scomparire dietro il pesante portone di legno.
E adesso, si va a casa”


* * *
Questa è stata decisamente una delle migliori scopate di tutta la mia vita”
Con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto e le mani infilate nelle enormi tasche dei jeans, Tom scendeva le scale del palazzo dove abitava Mya, la sua ultima fiamma, una rossa tutta curve e con il quoziente intellettivo di un pollo. L'ideale per uno come lui.
Una volta fuori dall'edificio, si calcò il cappellino sulla fronte e raggiunse velocemente la sua macchina, controllando di non essere seguito o fotografato.
Dopo essere salito, mise in moto e partì verso casa sua, dove l'aspettava un rigenerante doccia calda.
D'un tratto, il suo telefonino vibrò. Cercando di non uscire fuori strada, lo prese e rispose.
- Pronto?
- Tom! Mi stavo preoccupando, accidenti! Perché non rispondi?!
- Oh, ciao Bill. Scusa, io... uhm.. avevo da fare- cercò di giustificarsi il moro.
Sentì il fratello sospirare pesantemente.
- E' mai possibile che non puoi tenertelo dentro i pantaloni?
- E privare così delle dolci fanciulle di un piacere così immenso? Non credo proprio-
Bill sospirò una seconda volta, rassegnato: Tom era davvero senza speranze.
- Senti,- disse, cambiando argomento – Dave ha detto che domani ci vuole in studio alle otto del mattino-
Tom sgranò gli occhi, incredulo.
- Vuoi scherzare? Non ci penso nemmeno!-
Il chitarrista sentì il fratello comunicare la sua risposta a qualcuno. Quel qualcuno dopo pochi istanti strappò il telefono dalle mani di Bill e trapanò le orecchie di Tom tuonando:
- Kaulitz! Cazzo, azzardati a saltare le registrazioni di domani e giuro che ti castro con le mie mani!
- David, ascolta...
- No, non ti ascolto. Fa' come ti ho detto. A domani-
Il manager chiuse bruscamente la chiamata senza nemmeno lasciare il tempo a Tom di replicare.
Il ragazzo sospirò cercò di rimettere il cellulare in tasca, ma gli sfuggì dalle mani, cadendo sotto il sedile.
- Maledizione- borbottò, allungando un braccio per prenderlo.
Non riuscendoci, finì col abbassarsi del tutto, perdendo di vista la strada ed entrando, senza accorgersene, in una strada a senso unico.
Mentre cercava a tentoni il telefonino, Tom sentì un clacson strombazzare, Si alzò di scatto e vide una piccola utilitaria blu che avanzava a verso di lui.
Afferrò in fretta il volante e cercò di evitare lo schianto, andando a frenare ad un soffio dalla vetrina di un negozio.
Appoggiò il capo sul poggiatesta del sedile, traendo respiri profondi, cercando di calmarsi.
Intanto alcune persone erano usciti dai negozi e dalle loro auto per andare a soccorrere l'altro automobilista.
Tom uscì dalla sua vettura e si avvicinò a quella dell'altro guidatore, o meglio ciò che ne rimaneva.
L'auto era finita fuori strada, andando a schiantarsi contro un albero. Il muso era accartocciato e il paraurti si era staccato, finendo in mezzo alla strada.
Tom contò i danni e rabbrividì, sperando che l'automobilista non si fosse fatto male.
- Forza, cara, vieni- disse una signora, mentre aiutava quest'ultimo ad uscire dall'auto.
Tom si fece spazio tra la piccola folla che si era creata intorno, ricevendo qualche occhiataccia e commenti poco carini.
- Che irresponsabile... Avrà appeno preso la patente- dicevano.
Il ragazzo cercò di non badarvici e si avvicinò alla signora che sosteneva una ragazza mora.
- Ehm... scusa, io...- cominciò a dire, accorgendosi poi di qualcosa di strano.
Ma... non può essere!”
La ragazza alzò la testa e spalancò la bocca, incredula.
- Tu?!






Ehi :)
Vedo che il primo capitolo vi ha incuriositi, bene :) Spero solo che il secondo si stato all'altezza delle aspettative! Scusate se ho tardato un po', cercherò di postare più regolarmente :)
Grazie a chi mi ha recensito e a chi ha già inserito questa ff tra le seguite :)
Alla prossima!
Addicted__TH
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Heilig__